Gaetano Montefusco
Un Miracolo Italiano

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Il miracolo di Bassolino, un miracolo italiano

 

Se circa due anni fa Bassolino era convinto che il dissesto del comune di Napoli fosse solo formale e che il più era stato sistemato con l’approvazione di qualche bilancio, non c’è da sorprendersi se non sono molti a sapere che tale situazione di dissesto continua a persistere anche alla scadenza del mandato di Antonio Bassolino e che anzi durante tutti questi anni nulla è stato ancora fatto tant’è che ancora si ignora l’ammontare dei debiti.
E così, quei pochi che avranno la pazienza e la possibilità di leggere questo scritto scopriranno che Napoli è ancora oggi un comune in dissesto finanziario cioè un comune fallito.
Per la legge italiana un comune è "dissestato" o "fallito" quando il Consiglio Comunale, preso atto che non è più possibile garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e appurato che, con le normali procedure di salvaguardia degli equilibri di bilancio, non si può più fare fronte al pagamento dei crediti liquidi ed esigibili, è costretto ad adottare (in mancanza vi provvede un commissario) una deliberazione con la quale dichiara che il comune è dissestato ed invoca la legge speciale per i comuni insolventi.
Il dissesto finanziario degli enti locali è quindi una sorta di fallimento previsto per quegli enti che, trovandosi in una situazione insanabile d’insolvenza, devono ottenere il pareggio finanziario.
Per effetto di tale legge i creditori non possono più promuovere alcuna azione esecutiva, neanche se sono in possesso di ineccepibili sentenze non più impugnabili, mentre il Presidente della Repubblica nomina delle commissioni liquidatrici che si insediano nel comune per liquidare l’attivo e per pagare i debiti senza maggiorazione per interessi.
Tali commissioni liquidatrici sono, in buona sostanza, come i curatori fallimentari ed il dissesto è simile al fallimento, solo che mentre il privato imprenditore fallito non può più operare, un comune fallito può e deve continuare ad operare perché deve fornire servizi ai cittadini, nonostante il fallimento in corso.
Qualche dettaglio della normativa, per i lettori che vogliono approfondire l’argomento, lo forniamo al penultimo capitolo. Qui proseguiamo evidenziando come, per un comune "dissestato" o "fallito", i debiti vecchi non costituiscano un ostacolo a creare nuovi debiti.
Infatti il comune di Napoli, nonostante fosse dissestato, ha avuto la possibilità di fare nuovi debiti emettendo i Buoni Ordinari Comunali che sono stati abilmente collocati in un altro continente, sul mercato finanziario statunitense dove gli esperti analisti d’oltreoceano si sono limitati a verificare i bilanci degli ultimi due anni dell’amministrazione napoletana, bilanci dai quali è stato possibile eliminare, grazie a questa legge molto generosa, i debiti pregressi.
Ma come è possibile che un comune dissestato, cioè fallito, possa fare nuovi debiti prima ancora di aver saldato i vecchi debiti?
Ciò è possibile perché i bilanci di questi comuni insolventi risultano buoni, nonostante siano enti indebitatissimi.
IL TRUCCO DELLE DUE AMMINISTRAZIONI
Perché ciò? Perché con un trucco legale-contabile i debiti vengono cancellati.
Ecco come: si sdoppia l’ente e così in un comune dissestato ci sono due contabilità, due amministrazioni contabili. Noi le chiameremo, per rendere comprensibile la spiegazione: Prima Amministrazione e Seconda Amministrazione.
LA PRIMA AMMINISTRAZIONE
La prima amministrazione, quella indebitata, viene gestita da commissioni governative, nominate direttamente dal Capo dello Stato e denominate commissioni di liquidazione ed in questo bilancio vanno tutti i debiti ed i crediti fino all’anno precedente alla data del dissesto (nel caso di Napoli la data è il 3.5.1993) o alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
Le commissioni governative dovranno svolgere l’attività liquidativa provvedendo a:
- realizzare le attività esistenti alla data del dissesto, attività nelle quali sarà inserito anche un contributo statale, determinato in base al numero degli abitanti ed incrementato da una quota fissa.
- pagare i creditori, senza però corrispondere interessi legali ed in proporzione all’attivo che sono riuscite a realizzare, se l’attivo realizzato sarà insufficiente, i pagamenti verranno effettuati solo parzialmente ed in proporzione.
Le commissioni liquidatrici sono lentissime ed impiegano anni ed anni per il loro lavoro, basti pensare che a 4 anni e mezzo dalla data di dissesto del comune di Napoli la commissione di liquidazione è appena al 40-50% del lavoro di accertamento dei debiti, mentre in un piccolo comune di 15.000 abitanti, come Monte di Procida, in provincia di Napoli, dopo otto anni e mezzo i creditori ancora non hanno incassato una lira.
LA SECONDA AMMINISTRAZIONE
La seconda amministrazione, invece, viene gestita dal Sindaco e dalla giunta ed i debiti precedenti non figurano più.

Passività    
Presunti crediti vantati dai creditori Lit. 1.603.085.990.310
Presunti crediti vantati dai dipendenti Lit. 5.569.386.283
Debiti aziende municipalizzate Lit. 516.564.990.380
TOTALE Lit. 2.125.220.336.973
     
Attività    
Totale entrate trasferite al netto degli importi vincolati: Lit. 16.153.721.388
     
Fonte: Commissione liquidatrice nominata dal Presidente della Repubblica Italiana

Inoltre la seconda amministrazione, per legge, aumenta al massimo i tributi comunali ed incassa molto danaro in più del normale. Nella tabella sottostante si è provato a dare qualche indicazione.

COSTI
I.C.I. +2%
I.C.I.A.P. +100%
T.O.S.A.P. +50%
SPAZZATURA +350.000 a famiglia (onere medio)
   +1.000.000 per attività commerciale (onere medio)
ed inoltre maggiori oneri per Tasse di concessioni comunali, diritti servizi fognature e depurazione, addizionale consumi E.N.E.L.
La tabella è stata redatta dal Dott. commercialista Vincenzo Romano

Se un analista contabile vede il bilancio di un comune come quello di Napoli e non sa che esiste un’altra situazione precedente trova così un ottimo bilancio, con insignificanti debiti per spese correnti e con un saldo attivo. Ma queste seconde amministrazioni, tra uno, due, o tre anni, ed al massimo quando l’attivita della prima amministrazione sarà cessata, dovranno pagare migliaia di miliardi per interessi maturati sui debiti vecchi rientrati nella gestione della prima amministrazione perché così ha deciso la Corte Costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Il massimo giudice italiano è la Corte Costituzionale che verifica se le leggi emanate dal Parlamento o dal Governo sono compatibili con la Carta Costituzionale.
Quando ha esaminato questa particolarità della doppia amministrazione la Consulta ha deciso che la legge sul dissesto finanziario degli enti locali è compatibile con la costituzione, ma ha pure deciso che i creditori non devono perdere nulla e che quindi gli interessi legali e quella parte di debito che non pagheranno quelle che abbiamo chiamato le Prime amministrazioni, dovranno essere pagati dalle Seconde Amministrazioni gestite dai Sindaci, quando queste ritorneranno "in bonis".
Su quando avvenga tale ritorno "in bonis" vi è incertezza; chi dice dopo cinque anni, chi sostiene, invece, alla ultimazione della procedure commissariali e chi, infine, come me che ho dedicato l’ultimo capitolo all’esame di questo problema, afferma che il ritorno in bonis dell’ente, ai fini del pagamento degli interessi, oggi è immediato.
Quale che sia il momento in cui l’ente, definito seconda amministrazione, tornerà in bonis, comunque prima o poi ciò accadrà. E’ inevitabile. Quale beneficio riceverà, allora, la collettività da tale normativa se comunque gli enti dovranno pagare integralmente l’intera sorta capitale maggiorata da interessi e danno da svalutazione monetaria? Nessun beneficio! La collettività avrà solo visto differire i termini dell’adempimento delle obbligazioni degli enti locali ad altra data, ed avrà caricato, ancora una volta, le generazioni future di altri oneri e preoccupazioni. E’ come faranno ,poi , gli enti in dissesto, una volta tornati in bonis, a pagare questi importi per interessi e svalutazione, complessivamente - in molti casi e per il decorso del tempo - maggiori del capitale medesimo? Ci sarà, dunque, quello che, da più parti è stata definito "Il dissesto del dissesto".
Tutto ciò a meno che non si costringano i creditori, in qualsiasi modo, sia esso eticamente riprovevole o meno, ad accettare un pagamento a stralcio e senza interessi. Di qui la costruzione di veri e propri campi di concentramento giuridico-normativi per imprigionare i diritti dei creditori con aguzzini pronti a farli fallire purché si salvi il piano di pulizia dei debiti degli enti locali. Ma di ciò ne parleremo poi, avendo bisogno, ora di evidenziare come il fenomeno degli enti in dissesto si concentri, in maniera preoccupante, nel solo Mezzogiorno d’Italia.

 
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