Gaetano Montefusco
Un Miracolo Italiano

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Bassolino e il dissesto, parte seconda

 

L’amministrazione Bassolino, convinta che le cause del fenomeno del dissesto siano imputabili solo al malgoverno di chi ha amministrato Napoli in passato, si è attestata dal primo momento del suo insediamento su posizioni di intransigenza. L’orgoglioso sindaco sostiene "dobbiamo farcela da soli", ma perché usare la prima persona plurale se, poi, il sacrificio "per farcela da soli" viene chiesto solo ai creditori, dal momento che il maggiore gettito fiscale al quale è costretta la collettività viene dirottato altrove e non utilizzato per ripiananre i debiti? "Dobbiamo farcela da soli" ricorda un po’ troppo "l’armiamoci e partite". E’ facile fare le guerre quando sono gli altri che vanno a morire. I supporters dell’amministrazione comunale sostengono, però, tale atteggiamento con una serie di argomentazioni che vengono riportate di seguito con le relative risposte:
PRIMA ARGOMENTAZIONE: Gran parte dei crediti sono fasulli e dovuti alla finanza allegra ed alla cattiva gestione della cosa pubblica.
RISPOSTA: Bene, non si paghino i crediti fasulli e si proceda quindi ad un veloce esame delle singole posizioni. Esistono crediti accertati da sentenze inoppugnabili e crediti già riconosciuti legittimi dal comune medesimo e dalla commissione liquidatrice. Si insista sul governo per ottenere una modifica legislativa che dia la possibilità di pagare tali crediti legittimi, sia pure ratealmente, consegnando alla commisssione liquidatrice gli avanzi di amministrazione resi possibili dalle norme per il risanamento finanziario. Si accertino i crediti fasulli e si mandino gli atti relativi alla Procura della Repubblica.
SECONDA ARGOMENTAZIONE: Offrire un pagamento del 40-60% del capitale da parte di un comune fallito equivale ad un buon concordato fallimentare. Non si vede quindi il motivo delle recriminazioni dei creditori che, quando vantano crediti nei confronti di un privato imprenditore fallito, molte volte non recuperano niente, mentre spesso valutano un 10% di recupero del credito come buono. Figurarsi se possono mai dolersi di recuperare un 40-60%, percentuale ben superiore a quel 25% del capitale che la legge richiede per l’approvazione di un qualunque concordato fallimentare.
RISPOSTA: l’argomentazione è estremamente scorretta, sotto il profilo tecnico, perché non tiene conto, nel minimo, delle due considerazioni che si espongono di seguito.

1) OPERATIVITÀ RETROATTIVA DELLE NORME SUL DISSESTO
La legge è stata introdotta all’improvviso, quando i fornitori avevano già concesso ampio credito agli enti, proprio sul presupposto che, non potendo fallire un ente pubblico, prima o poi comunque avrebbe pagato.
Avrebbe pagato per intero e con gli interessi e quindi molti fornitori si sono indebitati, in tutta tranquillità, con le banche, per milioni e talvolta per miliardi, concedendo un ingentissimo credito al comune.
Se avessero saputo prima, o se avessero solo potuto immaginare che un comune poteva fallire, non avrebbero mai eseguito prestazioni o fornito merci per milioni o miliardi di lire senza alcuna garanzia o comunque avrebbero, scientemente, scelto se fornire, o meno, le loro merci e prestazioni al comune.

2) NASCITA DI CREDITI PER ATTI DI IMPERIO DELL’ENTE
Un comune, in quanto parte dello Stato (art.114 Costituzione) ha poteri di imperio. Può imporre tasse e può espropriare beni di privati.
Se un comune può espropriare un suolo o un palazzo perché deve realizzare una strada, una scuola, una piazza, deve poi pagare il cittadino che viene privato del bene.
Se il comune fallisce non si può pretendere che il cittadino privato dei suoi beni debba fare un concordato fallimentare. Il soggetto espropriato non è un creditore per scelta, non ha mai deciso di fare credito al comune. Egli è un creditore forzato, obbligato, per legge, a perdere i suoi beni ed obbligato, sempre per legge, a vantare un credito, nei confronti del comune che se ne è impossessato.
Anche in tema di tasse e di altri comportamenti imperativi può accadere al cittadino di trovarsi creditore del comune.
E’ emblematico in, proposito, il caso delle attività di macellazione delle carni: ai sensi del Regio Decreto 20.12.1928 n. 3298 art. 40 e della Legge 25.3.1959 n.125 art.11, le ditte di macellazione provvedevano ad effettuare presso i propri macelli privati la controvisita sanitaria delle carni foranee, seguendo pure le indicazioni di due circolari del Ministero della sanità (n.9/76) e della Regione Campania (n.137/75).
Il Comune di Napoli impose, invece, che la controvisita fosse effettuata presso il macello pubblico con una maggiorazione di costi non indifferente per i macellatori, inizialmente tenuti al solo versamento del diritto sanitario. Tale imposizione dell’ente provocò una reazione giudiziaria degli operatori del settore che, dopo anni ed anni di battaglie nei tribunali, si videro riconosciute le proprie ragioni dalla Cassazione, pronunziatasi a sezioni unite. Essi avevano pagato miliardi non dovuti ed avevano ottenuto che il comune fosse condannato a restituire tali importi.
Senonché con la dichiarazione di dissesto il comune non ha pagato niente e qualche macellatore è fallito pur avendo diritto alla restituzione di svariati miliardi.
Le argomentazioni che precedono dimostrano che, se proprio si vuole che i comuni debbano subire l’onta del fallimento, è necessario disporre che la legge sia operativa solo per i crediti maturati nei confronti dei comuni successivamente alla sua entrata in vigore.
Allo stesso tempo si dovranno privare, però, i comuni dei loro poteri di imperio per evitare che possano, con la loro autorità, costringere un cittadino a diventare loro creditore, come nel caso di espropriazione di suoli per pubblica utilità e nel caso di imposizione di prestazioni pecuniarie.
Solo in questo caso nessuno potrà lamentarsi se ha fatto credito ad un comune che si è poi rivelato insolvente ed è fallito. Diversamente si verificheranno sempre ingiustizie evidenti e comportamenti non in linea con il dettato costituzionale.
TERZA ARGOMENTAZIONE: I debiti non li ha fatti Bassolino che in proposito parla di "sciagure delle precedenti amministrazioni". Roberto Barbieri, assessore alle risorse strategiche, diventato onorevole nel corso dell’opera di risanamento finanziario dell’ente, fa invece ricorso a Tangentopoli per individuare la natura del debito pregresso. L’argomentazione non è priva di fascino; abbiamo visto che ne è rimasto folgorato anche il Presidente Dini.
RISPOSTA: E’ innegabile che l’amministrazione di Antonio Bassolino non ha fatto, nè avrebbe potuto fare, i debiti pregressi, proprio perché tali. Tralasciando qualunque considerazione giuridica, si può accedere sul piano logico a questo tipo di argomentazione e concludere che se i debiti non li ha fatti Bassolino è anche giusto che non li paghi. Però vediamo se le precedenti amministrazioni hanno accumulato solo passivo o se c’è, per caso, anche qualche posta attiva. Ed ecco che troviamo subito un patrimonio immobiliare formato di centinaia di immobili con un valore superiore ai 3.000 miliardi. Qualcuno dice addirittura 6.200 miliardi. Bene, se la logica è tale, le considerazioni che valgono per il passivo devono valere anche per l’attivo: questi fabbricati, al pari dei debiti, non li ha costruiti l’amministrazione di Antonio Bassolino.
Si vendano parte di tali cespiti e si paghino i debiti.
E le quote azionarie della GESAC s.p.a. la società di gestione dei servizi aereoportuali di Capodichino? Le aveva forse acquistate l’amministrazione di Bassolino? Anche quelle azioni GESAC, che sono state vendute agli Inglesi, facevano parte dell’attivo precedente. Perché il sindaco se le è vendute?
A questo punto è doveroso precisare, ad onta di ogni possibile equivoco, che non mi sfiora neanche per un momento l’idea di difendere l’operato delle passate amministrazioni e che non si può non concordare con chi sostiene che la "mala gestio" abbia imperversato al comune di Napoli. E’ un fatto sul quale tutti concordano.
Ma, ciònonostante, non è troppo comodo, per gli attuali amministratori, rifiutare di far fronte alle poste passive accumulate dai loro predecessori ed al tempo stesso appropriarsi invece delle poste attive? I debiti non li ha fatti l’amministrazione di Antonio Bassolino? Bene allora non li paghi!
Ma, per cortesia, giù le mani dai palazzi comunali e, soprattutto, giù le mani dalla GESAC. Si ripiani il passivo pregresso con l’attivo pregresso!

 
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