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I "passi" di Famiglie Insieme
Anno 2013 - 2014 |
Inizio pagina | ||
I “passi” di Famiglie Insieme nel 2013-2014 |
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“Le dieci parole dell'amore” |
12 ottobre 2013 | Io sono il Signore Dio tuo |
9 novembre 2013 | Non avrai altri dei di fronte di me |
14 dicembre 2013 | Non avrai altri dei di fronte di me |
11 gennaio 2014 | Ricordo di don Giovanni Sansone |
22 febbraio 2014 | FilmInsieme: La leggenda del Santo bevitore |
8 marzo 2014 | Non nominare il nome di Dio invano |
10 maggio 2014 | Ricordati di santificare le feste |
28 maggio 2014 | FilmInsieme: Monsieur Lazhar |
Indice anno | ||
Io sono il Signore Dio tuo |
12 ottobre 2013 |
d.G.i |
La rivelazione di Dio nella storia introduce all'accoglienza e alla comprensione della sua infinita trascendenza che è, nello stesso tempo, infinita condiscendenza. La rivelazione dell'Essere e del Nome è dirsi Essere Vivente e santo nel dono di se (Es. 20; Dt 5): "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti; conosco la sofferenza. Sono sceso per liberarlo (Es. 3,7-8). Nella rivelazione del Nome di Dio c'è perciò l'affermazione della:
Da questa affermazione nasce la certezza della sua unicità:
Il profilo del Decalogo indica
l'orizzonte in cui Dio invita a leggere le dieci parole non come
precetti isolati l'uno dall'altro, ma come strumenti e segnali dello
sviluppo della relazione di Dio con il suo popolo, e viceversa nella
reciprocità. Una relazione che non è l'espressione d una legge naturale
universale, pensata e istituzionalizzata filosoficamente, ma si radica
nella storia di un popolo, liberato dalla schiavitù e messo in
condizione di avere la gioia, di godere la libertà nella terra ricevuta
in dono per grazia ("quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati
dal dimenticare il Signore tuo Dio"). L'opera di Dio è significata
concretamente nel dono della terra.
"Io sono il Signore tuo Dio"
Scopriamo, nella fede, che il
riconoscimento del Dio unico che deriva dalla voce che esprime la Parola
nel libro dell'Esodo, al Dio che avviene nella storia, è la garanzia
della libertà dell'uomo. Io posso riconoscere Dio come tale, e questa è
l'adorazione nel senso più intimo e radicale che apre all'accoglienza e
a lasciarlo agire nella sua libertà sovrana. L'impegno per la dignità e
i diritti dell'uomo, quello per la giustizia, nascono da questa
adorazione. Gesù propone con decisione il Nome di Dio, con
l'atteggiamento e la visione positiva del Deuteronomio: "amerai il
Signore Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta l'anima, e con tutte le
forze (Dt. 4,5) |
L.a |
Come proposta
di lavoro per gli incontri di quest'anno . Penso sia il caso di
utilizzare sistemi alternativi come un programma alla televisione.
Documentarci quindi senza stare ad aspettare che altri ci versano il
contenuto della riunione. Altrimenti non riceviamo dagli incorri quello
che gli altri ci possono dare. Deve essere un cammino comune da fare
insieme, per crescere insieme. |
C.o |
Ho incontrato
per lavoro una signora che ha scritto un libro sulla "Coppia che
scoppia". Ha raccolto testimonianze e le ha inserite nel libro. C'è una
concezione della libertà del tutto deformata. Noi crediamo di essere
liberi solo se riusciamo ad ottenere determinate cose. E' difficile
vedere i comandamenti come un segno di libertà. Occorre vederli nel
segno dell'amore. Ai nostri figli diamo suggerimenti che vengono presi
come limitatori di libertà. |
S.a |
La libertà è
un punto di arrivo successivo. Quando vivo i comandamenti mi sento
libera. Siamo poco comunicativi nell'amore e non si percepisce la
libertà. |
L.a |
Più che
essere ciechi è la rabbia che non ci fa vedere le cose nel verso giusto.
Ma cerco di troavre la forza con l'aiuto sel Signore per superare la
rabbia. I figli, si può dire, "seguono" i comandamenti ma sono lontani
dalle istituzione della chiesa. |
F.o |
Il tema
scelto per quest'anno mi ha sconvolto perché è un tema bello ma bisogna
incarnarlo. Dobbiamo verificarlo e comunicarlo. Possiamo farlo se lo
viviamo. La domanda fondamentale è "Io sono il Signore tuo Dio": è vero
questo per ciascuno di noi? Nel corso dei fidanzati proponiamo ad uno
dei primi incontri una domanda: a che punto è la nostra fede?.
Chiediamocelo anche noi nel corso di quest'anno come corrispondiamo
all'amore di Dio. |
F.a |
Faccio parte
di una generazione che ha seguito l'impostazione di famiglia. Però è
certamente dopo che mi sono posto le domande e ho confermato la scelta a
cui la mia famiglia mi aveva instradata. I nostri ragazzi, quindi, se
riusciranno a ritrovare la strada, saranno ancor più artefici della loro
scelta. Il seme è stato gettato e darà i suoi frutti a tempo. Queste
scelte devono partire da una volontà di approfondimento. |
L.o |
Il tema è
bello. L'affermazione "Io sono il Signore tuo Dio" è l'affermazione
universale dell'uomo di fede. Come dice il profeta Baruc, io cercherò in
questo mese di fare memoria dei momenti in cui ho brillato, per
ringraziare il Signore. |
D.a |
Mi sono
trovata anche io ad essere cristiana per tradizione familiare. Mi sono
spesso chiesta se fossi nata in una famiglia diversa. Perché tante volte
non riesco a vivere la mia scelta per egoismo o per fretta. Sento forte
la necessità di essere amata ma quanto di quest è vera fede? |
C.o |
I ragazzi
vedono la chiesa come potere e da questa vogliono stare lontani. Quando
si cade in un errore e bello capire di poterlo evitare la volta
successiva Guardiamo prima noi e poi gli altri. I dieci comandamenti non
cambiamo ma forse è il nostro modo di vederli che deve essere
modificato. |
B.a |
I dieci
comandamenti sono qualcosa che abbiamo imparato a memoria e quindi ormai
diamo per scontati che li viviamo in modo corretto. Io avuto il dono di
aver partecipato ad incontri che mi hanno dato modo di realizzare
consapevolmente la scelta di fede.Questa proposta di riflettere per un
tempo lungo mi sembra importante che venga realizzata da ciascuno
portando il suo contributo come frutto della propria esperienza
personale. |
Indice anno | ||
Non avrai altri dei di fronte a me - parte prima |
9 novembre 2013 |
d.G.i |
Non avrai altro dei di fronte a me (es. 20,3; Dt. 5,7)
"di fronte", "davanti a me" è forse un
espressione che rimanda al momento del culto, per dire che il credente,
nel momento dell'incontro con il Signore non può avere che Lui davanti
agli occhi.
Il Signore vuole che Israele non segua
altri dei, ma adori soltanto Lui. Grandezza e difficoltà nella scelta di fede del monoteismo teorico e soprattutto pratico, ieri come oggi.
S.Agostino: "Concedimi un po' di
questo tempo per le mie meditazioni sui misteri della tua parola. |
d.G.i |
Quest’anno scopriamo la luce dei
comandamenti, colta personalmente, per crescere ed essere aiutati nel
cammino della vita. |
F.o |
La realtà, la società attuale non
riconosce automaticamente Dio, non aiuta nella sua ricerca; ciò può
essere occasione di una maggiore consapevolezza e autenticità nella
fede, ancora troppo devozionistica; sarebbe bello poter comunicare
l’esperienza di fede anche tra di noi in questi incontri, in una
comunione d’anima. Così come dovrebbe essere più naturalmente nella
coppia e nella famiglia, in una sorta di “vasi comunicanti”. Pur vivendo
nella diversità di scelte, si scopre l’arricchimento che viene da questa
comunione. |
E.o |
Bisogna incontrarsi e incrociarsi in
questa esperienza di fede. Ricorda la testimonianza avuta dal padre, da
piccolo. La fede è caratterizzata anche da cadute, ma l’importante è
rialzarsi. Si è molto aiutati dall’assiduità nella preghiera. |
F.o |
Vivere la fede significa attivarsi.
Dai primi tre comandamenti, dall’amore verso Dio scaturiscono anche gli
altri comandamenti. La realtà della vita di fede ha uno scopo e una
meta, come ci ha detto d. Giovanni, che ha raccontato di un moribondo
che l’ha salutato dicendo: “ci vediamo dall’altra parte” |
B.a |
Si sperimenta il fallimento se ci
facciamo altri dei, al posto di Dio; è un porre qualcos’altro al centro
della vita; se invece ricerchiamo Dio, si vive tutto meglio, e si scopre
l’armonia |
F.a |
Esperienza forte vissuta nell’incontro
del 26 ottobre u.s. tra il Papa e le famiglie: momento di intensa
partecipazione, in cui il Papa ha dato tre indicazioni per la vita di
tutti i giorni, nella coppia e in famiglia: saper dire “permesso”,
“scusa” e “grazie” |
L.y |
si ha il pudore delle parole; una vita
vissuta con coerenza è testimonianza di fede. Chiedo al Signore che io
pronunci non una parola in più, non una in meno. Non si deve ricercare
affannosamente un dialogo fatto di parole |
F.o |
Dobbiamo cogliere la grande
indicazione alla semplicità dataci dal Papa: non sofismi o elucubrazioni
nella vita di fede; le indicazioni date per la famiglia valgono anche
per il rapporto con Dio: sapergli dire grazie, chiedergli il permesso di
fare la sua Volontà, chiedere scusa per la nostra debolezza, e
ricominciare. |
S.a |
Spesso si ha l’impressione di una vita
sfasciata, dove manca l’armonia. Si corre il rischio di anteporre il
pensiero di se stessi, come una sorta di idolatria, non seguendo quindi
il I° comandamento; ha l’esperienza di aver fatto prevalere il senso di
giustizia, senza affidarsi al Signore. Invece, vivere guardando le
situazioni con gli occhi di Dio rende la vita veramente armoniosa. |
Indice anno | ||
Non avrai altri dei di fronte a me - parte seconda |
14 dicembre 2013 |
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L'incontro è
stato animato da una coppia di amici, sposati da 24 anni con cinque
figli, che hanno voluto condividere con noi il loro cammino fatto di
difficoltà e riavvicinamenti, proprio nella luce della ricerca del Dio,
nostro padre. |
F.o |
Noi vi
ringraziamo perché vi sentiamo nostro fratello legati da tanto affetto.
Questo incontro con il Signore è stato preparato, la grazia vera è stata
la perseveranza |
d.G.i |
La fede nel
Dio unico comincia ad avere spessore quando entra nella vita concreta |
S.a |
Quando si
tocca con mano il perdono di Dio nasce la libertà |
T.o |
Chi veramente
ha ricevuto una grande grazia è stata la moglie. La testimonianza
silenziosa della moglie è il più grande riconoscimento. Lui ha ricevuto
una sovrabbondanza di amore. |
F.a |
Il ruolo
della comunità che accoglie e non giudica. Questo ci chiama a
interrogarci e ci responsabilizza. |
F.o |
L'importanza
del gesto di amore che trasforma le persone |
P.a |
Dipendenza
dal lavoro. Michele non p mai a casa, sono io che porto avanti il
progetto del nostro matrimonio, il nostro aver costruito la casa sulla
roccia |
P.o |
E' lo stare
insieme, è il parlare insieme che ci fa crescere. |
F.o |
Bisogna
riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita. Saper condividere
anche con i figli momenti di preghiera. |
d.G.i |
Se veramente
si vive il "Non avrai altro Dio", se si porta nel concreto: "Signore cosa
vuoi che io faccia?" Immediatamente si arriva al prossimo. L'amore nel
Dio unico si incarna nell'amore ai fratelli. Nel capitolo 54 di Isaia,
il Signore ci dice di allargare i cordoni della nostra vita. Tutti
possiamo avere sottili idolatrie, bisogna mettersi davanti a Dio
dicendo: "Tu sei l'unica ragione della mia vita". Il Signore risponde.
La parola che viene da Dio è: "Vai da tuo fratello". |
Indice anno | ||
Non nominare il nome di Dio invano |
11 gennaio 2014 |
|
Il cammino di
quest'anno è stato sconvolto dall'improvviso ritorno alla casa del Padre
di don Giovanni, nostra guida spirituale da molti anni. Non abbiamo
voluto rinunciare al nostro incontro programmato ma ciascuno ha portato
il suo ricordo della figura paterna di don Giovanni. |
M.o |
Sarebbe per
tutti difficile iniziare questa sera. Introduco io, come ho fatto altre
volte, ben sapendo che non ci sarà don Giovanni a sostenermi. E’
difficile, dicevo, ma come ha scritto Fulvio in una email qualche giorno
fa “dobbiamo stare insieme”. Ci sentiamo sbandati, dispersi, senza una
guida. Fulvio ci ha paragonati ai discepoli dopo l’Ascensione. |
L.y |
Come Maurizio
ha detto e come ho raccontato già molte volte, un giorno tempo fa
eravamo con don Giovanni insieme ad altre persone. Mi venne da dire:
"Don Giovanni, nella realtà delle cose è possibile che sarai prima tu ad
andare via. Ma se dovesse essere il contrario, vorrei che per il mio
funerale fosse scelto il brano del Cantico dei Cantici "Alzati amica
mia!" Lui mi guardò un po' sornione e mi disse: "Ma questo è quello che
vorrei anche io!" Così mi è sembrato giusto proporlo per la celebrazione
di martedì scorso. |
C.o |
Anche io
voglio sottolineare il legame personale che legava tanti di noi a don
Giovanni. Un legame che si può esprimere con "Solo per te". Quando ci
sono stati i funerali , nel volto di ciascuno ho visto questo rapporto
personale che lo legava a don Giovanni. Io ricordo con meraviglia che,
quando mi incontrava, mi chiedeva dei miei figli ricordandone il nome. E
non poteva essere che questo avvenisse solo con me. Con ciascuno aveva
questa capacità di rapporto diretto ed intenso. |
F.a |
Stasera penso
che molti ripeteremo la stessa cosa. Io ricordo che non c'era bisogno di
raccontare la propria storia, perché da parte sua c'era un seguirti
nella tua vita , un esserne parte conoscendone ogni aspetto. |
F.o |
Credo di non aver paura di ripetere le
cose. Conosco don Giovanni dal '64. Gli inizi non sono stati semplici,
in seguito c'è stata una crescita. Inizialmente due vite parallele: i
ragazzi di don Giusto ed il gruppo che si andava formando intorno a don
Giovanni. Allora iniziò a circolare la parola "comunità". Qualcuno
considerava strano questo termine o equivalente a qualcosa di non
ortodosso. Don Giovanni ha preso l'eredità di don Giusto, facendo
fiorire una primavera per la chiesa di Napoli. Abbiamo anche avuto in
quei tempi la visita di qualche osservatore del vescovo, per rendersi
conto di cosa succedeva a Piedigrotta. Nel suo stile, sempre presente ma
mai protagonista, ha saputo aspettare che i tempi maturassero. Pian
piano s'è creata una convergenza di vedute. |
S.a |
Venendo in
bicicletta mi sono passate tante immagini per la testa. I discepoli si
dicono "dove andremo". Sembra non vero che lui non ci sia. Essere qui in
tanti stasera dimostra veramente il grande affetto che legava ciascuno
di noi alla sua persona. |
L.a |
Avevo 15 anni
quando l'ho conosciuto. Dopo 5 anni, tramite lui, ho conosciuto un
cammino che sto continuando a condividere con lui. Il vangelo che
abbiamo proclamato al suo funerale era il vangelo dell'unità; era il suo
cammino spirituale a trasformarlo in un uomo capace di farsi vuoto per
accogliere la vita di chi gli era davanti. |
G.o |
Ricordo un
episodio forse banale per sottolineare la disponibilità che aveva, che
gli faceva mettere sempre in secondo piano la sua persona. |
MR.a |
Quando ci
incontravamo il suo saluto era sempre: "che bello vederti qui". Era lo
spalancarsi di una porta per accogliermi. Quello che mi resterà, a parte
la sua dimensione spirituale, è il calore delle sue mani quando andavo a
confessarmi. Di mia mamma ricordo il calore del suo corpo, quando la
sollevavo nel letto negli ultimi tempi della sua vita. |
B.a |
Ho conosciuto
don Giovanni che ero una ragazzina. Mi ero allontanata dalla chiesa dopo
tre anni in un istituto di suore. In casa c'era mia madre, molto
tradizionalista, mentre mio padre si era allontanato dal frequentare la
chiesa. Io ero piuttosto disorientata. Arrivai a Piedigrotta e mi feci
una chiacchierata con "questo" parroco e rimasi folgorata. Ne parlai con
mia madre che cominciò a venire anche lei a Piedigrotta. Infine mio
padre venne anche lui, dicendo " ho trovato il sacerdote che dico io!".
La vita della mia famiglia è stata trasformata da don Giovanni. |
L.y |
Non voglio
tirare già una conclusione. Abbiamo visto come ci sia tra noi una
comunanza di esperienze. Se abbiamo capito quello che lui voleva dire,
dobbiamo essere attenti a quello che viviamo. Dobbiamo prestare
attenzione all'accoglienza del nuovo. C'è voluto del tempo, ci diceva
Fulvio. A noi tocca darci questo tempo per trovare una sincronia con il
nuovo. Ognuno di noi è insostituibile. Ricordo quando venne il momento
per me di sostituire Mena nel gruppo delle Mamme Cristiane. Fu don
Giovanni a dirmi: "Dio ci ha dato un talento, non devi sostituire
nessuno, tu dai il tuo”. |
L.a |
Dobbiamo
chiedere con fiducia lo Spirito Santo. Se chiediamo ci viene dato
qualcos'altro, così come Gesù ci ha promesso. Noi dobbiamo mettere la
nostra parte: dobbiamo pregare di più lo Spirito Santo. Anche se in
momenti diversi, possiamo insieme pregare lo Spirito per invocare
l'aiuto a saper continuare in questo percorso. Una preghiera insieme,
che sia un "consensum". Dobbiamo accogliere il nuovo, dobbiamo anche
condividere l'unione dei gruppi, così come stiamo facendo stasera. |
F.o |
Voglio
ritornare sulla parola insostituibile. Non si può sostituire una
persona. Cammino molto e da lunedì quando cammino mi chiedo come farò.
Non dipende da noi, se ci misuriamo con le nostre forze non ci è
possibile. E' una tentazione di cui don Giovanni sarebbe il primo ad
essere scontento, perché privilegiamo la persone e non quello che passa
attraverso la persona. La parola di vita di questo mese è "Cristo è
l'unico fondamento" E' quindi Lui quello che una persona tenterà di
proporci. Dobbiamo trovare questa forza, perché abbiamo bisogno di
camminare insieme nello stile di don Giovanni , senza fare paragoni,
accogliendo il nuovo che viene. Dobbiamo far vivere Gesù Cristo che è
sempre vivo ed è mediato dai suoi ministri. |
F.a |
Il vangelo di
qualche giorno fa diceva di Gesù che cammina sulle acque, raggiungendo
gli apostoli sulla barca. Agli apostoli intimoriti Gesù dice: "Non
abbiate paura, sono io". |
B.a |
Un'altra cosa
che voglio ricordare, che veniva fuori dalle chiacchierate con don
Giovanni, era di prendere sempre il meglio dell'altro. Di qualsiasi
persona in relazione con te prendine sempre il meglio, mi diceva. Se
stasera siamo qui in tanti, così legati l'uno all'altro, è perché c'è
stata la sua capacità di trasmetterci la voglia di tessere un legame.
Stiamo insieme perché abbiamo compreso il meglio dell'altro. |
S.a |
Uno degli
insegnamenti più grandi che lui ci ha donato è la sua profonda umanità,
che nasce dalla conoscenza assoluta della Parola. |
|
Abbiamo terminato l'incontro intonando insieme il Veni Creator per chiedere allo Spirito Santo che ci renda capaci di proseguire il cammino che don Giovanni ci ha indicato in questi anni: Vieni, o
Spirito creatore, |
Indice anno | ||
Non nominare il nome di Dio invano |
8 marzo 2014 |
d. F.o |
Siamo
abituati alla dicitura che abbiamo imparato a memoria nel catechismo:
"Non nominare il nome di Di invano".
Non nominare il nome di Dio invano, significa non nominare Dio per i tuoi scopi. Non vanificare il nome di Dio, perché usandolo per noi gli cambiamo il nome, gli facciamo fare a Dio quello che non è.
|
M.o & F.a |
Per
introdurre la discussione su questo argomento abbiamo pensato di leggere
quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica dice appunto sul secondo
comandamento per fare insieme alcune riflessioni.
Ci sembra che
il riferimento al secondo comandamento in questi termini sia molto
immediato. Se ciascuno di noi fosse chiamato a fare un esame di
coscienza sul rispetto del secondo comandamento andrebbe subito ad
esaminarsi su questi punti. E’ anche vero però che a volte l’educazione
ricevuta e l’ambiente in cui viviamo ci tengono lontani dal cadere in
queste tentazioni. L’imprecazione a volte diventa quasi un parlare
comune, un intercalare, senza una vera intenzione di mancare rispetto. |
F.o |
L'ho sempre
visto in maniera riduttiva perché la bestemmia è scagliarsi contro Dio.
Io devo invee riconoscere il mio Dio. |
S.a |
La mia
esperienza: a 17 anni sono stata attratta dalla profondità delle parole e
poi dal carisma della comunità di Sant'Egidio per l'aiuto ai poveri ed
agli emarginati in forma di servizio. |
P.a |
Cosa
significa fare la volontà del Signore? Gesù ci ha detto ama il prossimo
come te stesso. Bisogna attualizzare nel concreto, mettersi in gioco. La
scelta dei miei figli, sono lontani dalla frequentazione, ma nel loro
modo di agire mi sembra che abbiamo trasmesso loro dei valori. |
d. F.o |
La nostra
esperienza cristiana è fatta di religione. Quando si romperà la
religione, ritornerà la fede |
T.o |
Io sono
convinto che tante realtà che sembrano solo del fare sono invece realtà
di condivisione. Dobbiamo essere convinti che il Signore è presente
anche in realtà laiche che agiscono per gli altri. |
F.o |
Voglio
calarmi nella realtà di tutti i giorni. C'è un abuso del nome di Dio
anche tra le confessioni cristiane. Quante cose che si vestono di
religiosità nominano il nome di Dio invano. Come i farisei che facevano
una cosa ma non ci mettevano il cuore. Non dobbiamo dimenticare che
vogliamo fare le cose nel nome di Dio. Dio si rivela a chi lo fa
entrare. Dobbiamo imparare queste piccole cose per fare entrare Dio
nella nostra vita. Accogliere il seme che viene in te in modo che il
nome di Dio non venga pronunciato invano. Se ti viene da un altro p
forse perché ti viene da Dio. |
Indice anno | ||
Ricordati di santificare le feste |
10 maggio 2014 |
T.o |
L’incontro di
oggi sul terzo comandamento “Ricordati di santificare le feste” ci
riciama alla mente la gioia vissuta il mese scorso nel celerare insieme
la nostra festa.Ho trovato una riflessione su questo comandamento di
padre R. Cantalamessa () |
L.a |
Non dobbiamo
ostacolare che la bellezza di Dio si manifesti attraverso di noi. Il
matrimonio è uno di questi momenti. Il mondo moderno non crede più a
niente. Noi dobbiamo testimoniare la bellezza del matrimonio. Partecipai
ad un in incontro con mons. Paglia, anni fa, quando era delegato per
l’ecumeniso. Fece una relazione sul significato di questo comandamento.
Mi colpì una cosa a cui non avevo mai pensato: stando nella nostra casa
noi facciamo tante cose nella domenica, a volte per avvantaggiarsi sugli
altri giorni; questo non è giusto perchè ogni istante della domenica
dovrebbe essere dedicato a Dio. Io, per quanto posso, cerco di non fare
niente che sia legato al lavoro quotidiano, per dedicare il tempo non
solo alla preghiera ma anche al rapporto con gli altri della famiglia, a
volte difficile negli altri giorni, o agli amici, le relazioni. |
P.a |
Molti sono
portati ad andare via dalla famiglia; invee bisognerebbe dedicare il
tempo alla famiglia. Il Signore lo incontriamo anche stando insieme. |
F.a |
Ha senso
anche come testimonianza è come apertura che per te è importante. Tutti
i comandamento appaiono nella loro forma come degli imperativi. Questo
sembra più un’esortazione . E’ come se fosse messo in conto che dobbiamo
lasciare spazio al Signore. Invece anche la preghiera è relegata in un
momento veloce. |
F.o |
Santificare significa vivere con Di,
mettere Dio al primo posto. L’aspetto del rapporto diretto con Dio. Il
senso della festa tra ebrei e cristiani è diverso. Per gli ebrei la
festa è più cultuale . Per i cristiani invece è anche il giorno della
comunità. Per rendere reale il giorno del Signore occorre vivere nella
comunità in cui l’eucarestia è il momento culminante. Occorre riscoprire
il momento dell'eucarestia come momento di incontro. Occorre fare
dell'eucarestia domenicale un momento bello Una comunità matura dovrebbe
avere cuore tutta la celebrazione e tutte le celebrazioni. Nel futuro,
dobbiamo essere coscienti, i sacerdoti non basteranno per soddisfare le
richieste di oggi e dovremo, noi laici, farci carico di questo. |
S.a |
Il “ricordati” è anche nel vivere
un’attesa durante la settimana, perchè tutti sono chiamati a vivere
questa tensione. C’è un’atmosfera più forte nella comunione con il
Signore. |
T.o |
Santificare è eliminare le
preoccupazioni. Siamo chiamati a liberarci da questo. Voglio ricordare
l’episodio del vangelo di Marta e Maria. Gesù dice a Marta che non ha
capito la scelta di Maria. Maria si dedica all’incontro con Gesù, che
non gli arà tolto (le mie parole non passeranno…). E’ questo il
santificare: avere il tempo di uscire fuori dall’ordinario. Dobbiamo
tirarci fuori dalle preoccupazioni. Da lì dobbiamo recuperare le forze
per ripartire di nuovo. Possiamo richiamare qui anche il significato del
giorno ‘primo’ ed ‘ottavo’ dato alla domenica, inizio fine del nostro
percorso. La domenica diventa momento privilegiato. |
G.i |
A volte non si ha l’atteggiamento di
voler stare insieme: il santificare la festa non deve essere un dovere
ma un piacere di stare insieme. |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2012-2013 |
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“La fede, vissuta nella coppia e nella
famiglia” |
13 ottobre 2012 | Guardiamo alla famiglia a cinquant'anni dal concilio |
10 novembre 2012 | Il Matrimonio nel disegno di Dio |
15 dicembre 2012 | A Betlemme la storia di Natale (Lectio divina) |
12 gennaio 2013 | Il matrimonio nel Signore |
26 gennaio 2013 | FILMINSIEME: FIREPROOF |
9 febbraio 2013 | Il consenso del matrimonio, la promessa |
9 marzo 2013 | Preparazione al Pasqua - "Cristo risorto fondamento della nostra Fede" |
13 aprile 2013 | La fedeltà nell’amore coniugale |
11 maggio 2013 | La Chiesa domestica |
8 giugno 2013 | FILMINSIEME: La bottega dell'orefice |
Indice anno | ||
Guardiamo alla famiglia a cinquant'anni dal concilio |
13 ottobre 2012 |
Dalla
costituzione dogmatica "Lumen Gentium" (LG,11) |
|
d.G.i |
Un
sacramento per significare e partecipare il mistero di unità e
fecondità che è il rapporto tra Cristo e la Chiesa. Gesù dona questo insegnamento sulla strada verso Gerusalemme, dove sarà chiamato a dare la vita. Ne parla come Figlio che non desidera latro che fare la realizzazione del volere del Padre per il bene dell'uomo. In lui non c'è accusa di colpa e di peccato per chi si trova in situazioni difformi. Sulla croce il suo progetto andrà in pezzi, perché rifiutato e fallito. Perciò porta nel suo morire tutti i matrimoni che vanno in pezzi. E li affida ai credenti nel sacramento e alla sua proposta di santità che si apre per annunciare che nessuno resta escluso dalla misericordia che sa accogliere da Dio la vocazione all'amore anche quando si sperimenta l'essere andato in pezzi del progetto di vita e quando si fa fatica a trovare nell'altro la scintilla dell'amore. Quest'anno, dedicato alla fede da riscoprire e professare, vogliamo vivere gli incontri per approfondire la vocazione alla santità nella vita di coppia e di famiglia. |
C.n & E.o |
Vi
raccontiamo la nostra esperienza di partecipazione al convegno di Milano
del giugno scorso su "La Famiglia: il Lavoro e la Festa". Era
un'esperienza da non perdere anche in mezzo alle tante difficoltà che
hanno caratterizzato la vita della nostra famiglia quest'anno. Eravamo
la famiglia meno numerosa, che aveva fatto il viaggio più breve. Una
grande grazia ed un'accoglienza particolare dei milanesi che hanno
accolto con gioia nelle loro case famiglie provenienti da tutte le parti
del mondo. |
F.o |
Ci siamo
sentiti rappresentati da voi al convegno di Milano. E' bello far parte di
un corpo che partecipa alla coralità. |
R.a |
Di fronte a grosse difficoltà è difficile mantenere un legame neutro. C'è una leggerezza generale nell'affrontare il sacramento. I genitori spesso non sono i maestri dei figli. Per la catechesi è quasi togliersi un pensiero quando si arriva a portarli al sacramento della eucarestia. Occorre invece ripartire da una riscoperta dei sacramenti. |
Indice anno | ||
Il Matrimonio nel disegno di Dio |
10 novembre 2012 |
d.G.i |
La salvezza
delle persone e della società è strettamente connessa con una felice
situazione familiare... che non dappertutto brilla (G.S. 47). |
T.o & R.a |
Siamo convinti
che c'era un disegno di Dio sul nostro matrimonio, perché abbiamo
iniziato molto presto. Abbiamo percorso insieme un cammino e siamo
arrivati. Ma vogliamo tornare proprio al nostro matrimonio. Abbiamo
ripensato al brano che scegliemmo per la celebrazione e che non è tra
quelli che normalmente si propongono come lettura. |
L.a |
Più che una
logica economica siamo stati invasi da un individualismo esasperato. Più
"libertà di" piuttosto che "libertà da". Si ha paura di perdere al
propria libertà e non si fa spazio nella coppia. Il peccato originale è
la voglia di imporre la propria libertà. |
F.o |
Amore e responsabilità, un libro di papa Giovanni Paolo II: l'altra persona è un fina e mai un mezzo. Se è quindi un fine non può che realizzarsi tramite un progetto. |
d.F.o |
Non è un progetto
ma una vocazione: il progetto sembra bloccante, quasi come una paura
della verità. Con i giovani c'è in preparazione uno spettacolo. Fare una
domanda a papa Giovanni. Nel guardarmi intorno, nessuna verità mi
convince come si può dire che Gesù è la verità. |
C.e |
Quando due persone si sposano, anche se sono fedeli al progetto, può capitare che non riescono a conoscersi fino in fondo. |
M.o |
Ho ripensato che tempo fa parlando con qualcuno mi fece notare che ogni coppia che si forma, non è l'unica combinazione che si può realizzare. Ciascuno di noi potrebbe realizzare una coppia perfetta anche con un persona diversa da quella che abbiamo scelta per la nostra vita. Eppure quando ci siamo scelti, noi crediamo realmente che questo è quello che il Signore Dio voleva per noi, che questo è il disegno che Dio aveva realizzato per noi. In questo quindi dobbiamo sentirci veramente chiamati a realizzare quel progetto che non si realizza una volta per tutte, ma che viene ogni giorno completato, con un lento lavoro di aggiustamento, miglioramento, completamento. |
F.o |
Sto pensando alla
preghiera che proponiamo ai giovani che si preparano al matrimonio: "il
dono di Dio". Guardiamo anche agli avvenimenti di questi giorni. In America, il discorso del presidente Obama che ha detto: "Non ti ho mai amata così tanto e sono contento che la Nazione si sia innamorata di te". L'ha fatto forse per "ruffianeria" ma ha dato il senso della coppia. Questa è una testimonianza dell'importanza della presenza dell'esistenza di una coppia. |
M.a |
Occorre associare la vocazione al matrimonio alla vocazione al sacerdozio. Nel matrimonio c'è la missione durante il cammino a due. Durante il cammino esistono le cose positive ma anche quelle negative. Vedo che intorno a me si perde la capacità di superare le difficoltà. Il senso della missione. Non si può abbandonare l'impresa alle prime difficoltà. Il matrimonio è una missione. |
S.a |
E' una domanda che rivolgo a tutti: ho sempre creduto, ho sempre avuto il dono della fede. Ma nella mia vita ho dovuto vivere momenti difficili. Mio fratello ha perso la moglie dopo un anno di matrimonio seguito ad un lunghissimo fidanzamento. E' rimasto solo con la figlia di pochi mesi. Aveva una fede forte condivisa insieme alla sua compagna. Ora è arrabbiato con Dio per questa vita distrutta. Questa rabbia nasce dalla perdita di un progetto. Come si può reagire a queste situazioni. |
d.G.i |
Solo il Signore
che ha dato la vocazione è capace di capire perché poi l'ha tolta. C'è
un passaggio nella vocazione che richiede tanto silenzio. Dice la
Bibbia: Dio è un Dio geloso, la prima vocazione è quindi il racconto con
Dio. Quando Gesù è morto sulla croce ha chiesto aiuto al Padre perché si
è trovato a vivere la perdita di tutto quello per cui era venuto. |
B.a |
Sono colpita. Ho
ripensato alla nostra unione. Mia madre mi diceva spesso: Ti sposerai
con una persona più grande di te che, più matura e che ha passato una
prova di vita, una prova di difficoltà. |
Indice anno | ||
A Betlemme la storia di Natale |
15 dicembre 2012 |
d.F.o |
Dal Vangelo di
Luca (2, 1-20) |
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Atto primo: Maria
e Gesù
Il viaggio di Gesù avviene dentro la
storia. Su tutta la terra c'era il dominio del'imperatore Augusto.
Quello che racconta Luca non è una storia ma "la" storia. Giuseppe
sale dal Nord al Sud da Nazareth a Gerusalemme. "Sale" perché l'andata
di Giuseppe non è un andare geografico ma teologico. Betlemme si trova
vicino a Gerusalemme. Il pellegrinaggio è in salita perché occorre
incontrare Dio. Il centro della città di Dio viene spostato da
Gerusalemme a Betlemme. Il centro diventa Betlemme perché è la città di
Davide, chiamata, scelta, eletta, amata, santa. Betlemme è la nuova
Gerusalemme dove Dio abita.
|
|
Atto secondo: Angeli del Natale
Dal termine greco endochia
(favore, benevolenza), gli uomini hanno il favore di Dio, sono benvoluti
da Dio. Questo è il vangelo, la buona novella, la novità: il punto
culminante dell'amore di Dio è il bambino in fasce. |
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Atto terzo: Pastori
Gv. 3,16-17: Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui
non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato
il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia
salvato per mezzo di lui.
Quando loro trovano quello che gli
hanno detto credono che è vero, non è stato un sogno. Noi cristiani, seguaci di Gesù troviamo se cerchiamo; altrimenti vuol dire che non sappiamo cercare.
Nella sacra scrittura Gesù dice: a
chi mi cerca io mi faccio trovare.
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Indice anno | ||
Il Matrimonio nel Signore |
12 gennaio 2013 |
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Nel Nuovo Testamento la visione del
matrimonio è tutta sotto il segno del comandamento "nuovo" di Gesù,
dell'amore reciproco.
Alla luce di questo pensiero emergono le conseguenze nella vita dei Cristiani in Cor.7, Ef. 5, Col.3, che sono di S.Paolo e 1 Pt.3;
Alcuni spunti di riflessione vengono
in rilievo:
|
|
La novità del Nuovo Testamento la si
trova proprio nell'ultimo discorso di Gesù: è la preghiera rivolta al
Padre "ti chiedo che siano una cosa sola". Il sogno del Signore è la
vita che lui è venuto a portare, la vita della Trinità. La conseguenza è
il comandamento nuovo, il comandamento dell'amore. L'amore scambievole è
alla base di tutti gli insegnamenti del Vangelo.
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P.o |
Ho avuto momenti di fede contrastati
che col tempo sono cresciuti. La mia realtà, nella mia infanzia, mai
avrei immaginato di trovarmi una compagna. Pensavo ad una vita libera.
Nel tempo ho capito che il Signore mi aveva messo a fianco una persona.
Poi l'arrivo di Emanuela è stato un segno del Signore. Il nostro
matrimonio è cresciuto nel gruppo, che ci faceva crescere. |
B.a |
E' stato molto importante riceve
quest'invito stasera. Ci è stato di stimolo perché non amiamo parlare in
pubblico. Ci avviciniamo ai 25 anni di matrimonio ed è anche un momento
per riflettere. Scegliemmo il vangelo di Matteo: "Non che dice Signore,
Signore!" Ed la parabola dell'uomo saggio che costruisce la casa sulla
roccia. Il nostro desiderio è stato quello di costruire una casa sulla
roccia non solo per noi ma anche per chi ci stava intorno. Tutto questo
è stato possibile dalla presenza del Signore e dell'amore. Abbiamo
avvertito la sua presenza. IL segno più forte è stato la nascita di
Emanuela. Una cosa che sembrava impossibile è stato invece così
naturale. Il Signore ha trovato il modo di farsi presente in mezzo a
noi, e noi abbiamo visto la presenza del Signore personificata in tante
persone che in mezzo a noi ci hanno aiutato a portare avanti il nostro
disegno. |
C.o |
Siamo sposati da 26 anni; con grande
semplicità facemmo la funzione in Chiesa. Sono stato sempre un credente
ma con dubbi e perplessità. Grazie al gruppo di Piedigrotta ho ritrovato
un cammino diverso. Il Signore ci ha aiutato con la sua riservatezza a
ritrovare e trovare una strada. |
F.o |
Una serata piena di stimoli. Un anno
fa uscì un libro: "Sposati e sii sottomessa", scritto da un giornalista
che sostiene che la sottomissione fonda il matrimonio perché la donna
che è più forte è capace di sostenere la famiglia. C'era un film negli
anni '60 (Il padre di famiglia) con Nino Manfredi; un capofamiglia che
non realizza niente dei sogni che aveva, ma che si rende conto che senza
la moglie non funziona niente. Il capo è chi si mette al servizio.
Racconto un'esperienza personale: per Linda e me è stato fondamentale il
cammino nel Signore anche nel fidanzamento. Questo cammino fu segnato
dalla presenza di un sacerdote che ci aiutò a percorrere con tappe
mensili un cammino di revisione ed a verificarci, prima in coppia e poi
singolarmente. |
M.a |
Il nostro cammino è stato diverso
perché quando ci siamo sposati non c'erano i corsi di preparazione. A me
è sembrato che il nostro incontro è stato voluto dal Signore.
C'era una radice forte che ci diceva di fare il matrimonio in chiesa
anche se non c'è stato nessuno che ci ha guidato. Il Signore stesso ci
ha guidato ed abbiamo avuto forte la volontà di dare al nostro
matrimonio l'importanza massima. |
F.a |
Il nostro percorso è stato stimolo ad
altri. Abbiamo avuto la fortuna di avere una guida che ci ha aiutato a
crescere insieme. Abbiamo il ricordo della figura di un grande saggio,
persona impegnata, ma che era sempre capace di manifestare la sua
presenza. Tutto questo come un dono particolare. Con lui abbiamo
trascorso una giornata in preparazione al nostro matrimonio. In quel
giorno ci sembrò condensato tutto quello che era stato un percorso di
tanti anni. Queste scelte ti accompagnano per tutta la vita. Sono la
base di quello che siamo riusciti a fare in tanti anni. |
d.G.i |
In ognuno di voi c'è una storia ed una
presenza, la presenza della madre chiesa che ci accompagna e ci guida. |
P.o |
Abbiamo visto varie famiglie che si
sono sposate e si sente sempre la presenza che viene dall'alto anche in
coppie che si professano atei. |
Indice anno | ||
"Il consenso del matrimonio, la promessa" |
9 febbraio 2013 |
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Ricordiamo la
promessa che ci facemmo il giorno del matrimonio, ma preparare questo
intervento di oggi è stata una riscoperta ed una sottolineatura dei
verbi. Recentemente il verbo "io prendo te" è cambiato in "io accolgo
te"; un cambiamento importante: "prendo" ha un significato materiale,
"accolgo" è quello che facciamo nelle nostre case, ed impegna di più la
sfera personale ed affettiva. Sono 36 anni che ci conosciamo tra
fidanzamento e matrimonio. E' una presenza che mi ha accompagnato .
Un'accoglienza reciproca che ci fa camminare insieme. Condividere anche
le decisioni importanti da prendere nel mondo del lavoro. |
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La parola che più ha caratterizzato la nostra vita insieme è il rispetto per il lavoro dell'altro in modo da far partecipare l'un l'altro al proprio campo di attività. Rispetto anche per le nostre famiglie di origine. Ognuno ha il suo carattere e non siamo perfetti. Nel corso del tempo le discussioni sono diventate più costruttive, si riesce ora più facilmente a trovare un punto di accordo. L'affidarsi da forza per sostenere i periodi difficili |
|
Chi incontra i
fidanzati vorrebbe portare esperienze di questo tipo. Il rinnovo delle
promesse dovrebbe essere 24 ore su 24. E' ua cosa che va fatta. Fare il
rinnovo delle promesse durante la liturgia è importante ma solo come
celebrazione di quello che dobbiamo fare ogni giorno. Sottolineo il
termine fedele che non è solo il tradire ma avere fede, poter contare
sull'altro. C'è una fede da riscoprire non solo nel Signore ma anche
nell'altro. |
|
I coniugi devono essere diversi! Anche nella Genesi Dio ci dona questa complementarietà, ti dono quello che tu non hai. Occorre quindi accettare la diversità, ed è questa la scommessa del matrimonio. Le discussioni fanno bene. E' difficile accettare le decisioni dell'altro perché per semplicità si vuole arrivare alla soluzione più facile. Occorre la forza di essere capaci di ascoltare l'altro |
Indice anno | ||
"Cristo risorto fondamento della nostra Fede" |
9 marzo 2013 |
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"Se Cristo non è risorto, è vana la
vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. (1 Cor. 15,17). Ora il primo dei sabati, all'alba profonda, vengono al sepolcro portando gli aromi che prepararono. Ora trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro. Ora, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. E avvenne, mentre erano senza via d'uscita circa questo, ecco che due uomini stettero davanti a loro in veste sfolgorante Ora, mentre esse venivano prese da timore e chinavano i volti verso terra. Dissero loro: Perché cercate il Vivente con i morti? Non è qui, ma è risorto. Ricordate come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo del Figlio dell'uomo che deve essere consegnato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso e al terzo giorno alzarsi? E si ricordarono delle sue parole. E, ritornate dal sepolcro, annunciarono tutte queste cose agli Undici e a tutti gli altri. Ora erano Maria, la Maddalena, e Giovanna e Maria di Giacomo; e le altre con loro. Dicevano agli apostoli queste cose, e parvero loro come deliranti queste parole, e non credevano loro. Ora, Pietro alzatosi, corse al sepolcro, e, curvandosi, vide le sole bende, e se ne andò presso di sé meravigliandosi di ciò che era avvenuto.
Il primo dei sabati: Luca ci racconta di 7 sabati: 1) Gesù a Nazareth che proclama lo Spirito sopra di se, 2) a Cafarnao guarisce l'indemoniato che faceva la professione di fede, 3) camminando nei campi di spighe e proclamandosi Signore del sabato, 4) nella sinagoga dove guarisce un uomo con la mano paralizzata, 5) guarisce una donna curva, 6) guarisce un idropico, 7) la sepoltura.
Gesù è l'inviato del Padre, pieno di
spirito santo ed annuncia la novità di Dio. C'è da cambiare il modo
relazionarsi ed è finito quel tempo e ne deve iniziare un altro. E lo fa
vedere con questi gesti: i segni della guarigione per arrivare a fare la
professione di fede.
Io sono creatura nuova: Cristo vive in
me! Io sono risorto nell'acqua battesimale e posso rivivere
continuamente nella partecipazione eucaristica. I due uomini che appaiono in bianche vesti completano l'annuncio dell'Annunciazione. Sulla croce Gesù dice: "Tutto è compiuto", cioè che il Signore ha portato tutto a pienezza che è la morte e la resurrezione.
Queste donne hanno timore e
si prostrano. "Perché cercate il vivente con i morti?" IL vivente è
destinato ad uscire dalla morte e vivere nella gloria. Come gli apostoli
tutti possiamo constatare che quella tomba è vuota. Al Santo Sepolcro si
va a trovare l'assenza di Gesù: "Non è qui!" Le donne devono fare una cosa importante, il ricordare; lo Spirito Santo è l'inviato di Gesù come Paraclito, colui che fa ricordare e comprendere.
La resurrezione di Gesù ci dice che il
male è stato sconfitto e per chi vive è in Cristo il male non può avere
potere su di lui. Se il male esiste è perché noi non consentiamo che
Cristo viva in noi. |
Indice anno | ||
"La fedeltà nell'amore coniugale" |
13 aprile 2013 |
|
"Sia benedetta la tua sorgente,
Nella Bibbia esodo e alleanza sono
iniziative di Dio verso il suo popolo, nome e volti nuovi nella sua
identità che si va svelando nell'esperienza umana. Dio è la liberazione,
Dio è l'amore da sempre e per sempre. Egli rivendica con forza questa
identità: è "fedele". Il tipo di intervento che porta Israele
dalla schiavitù alla libertà è raffigurato come un riscatto che genera
un diritto di esclusività sul "suo" popolo, e in questo la coscienza di
"appartenenza" al "suo" Dio.
Gesù fa suo, in modo originale, questo
messaggio sulla fedeltà di Dio. Dio è il Padre, l'Abbà misericordioso.
L'angolazione della fedeltà,
contemplata e voluta nel "come" di Dio con il suo popolo, di
Cristo con la Chiesa, introduce il matrimonio nel mistero stesso di Dio.
Prima di nome giuridico, comportamento etico, la vita del "matrimonio
nel Signore" è proporsi, ogni giorno in modo nuovo, l'impegno
dell'appartenenza e della misericordia da rinnovarsi nel perdono. |
|
Facciamo parte di questo gruppo ed il
Signore ci chiede di conoscerci di più e quindi di amarci. Portare le
nostre esperienze è un aiuto per gli altri. Ed ognuno di noi deve dare
il proprio contributo a sostegno degli altri.Dal dolore dei fratelli
nasce la condivisione e la preghiera insieme. Quando ci siamo conosciuti
non ci è sembrato subito che il Signore doveva vivere insieme tra di
noi. Poi successivamente abbiamo cercato di coinvolgere nel nostro
rapporto anche Dio ma anche di non far intromettere altri. Se Dio ci ha
donato la possibilità di stare insieme , noi dobbiamo portare avanti il
progetto di Dio. |
|
Affrontando questo tema mi sono
sentita prima smarrita ma poi ho chiarito le mie idee e voglio
condividere con voi quello che il Signore mi ha donato. |
|
E' un po' difficile continuare questo
incontro perchè la cosa bella che c'è tra noi è la semplicità del
mettere in comune il proprio animo. Insieme a voi ho fatto un grande
cammino. In questi mesi abbiamo parlato di fedeltà anche preparandoci a
celebrare il nostro 25° di matrimonio. L'infedeltà fisica è una parola
che non esiste nel nostro vocabolario, ma l'infedeltà al progetto è più
possibile, fedeltà ad essere fedeli alla persona che abbiamo conosciuto.
Cambia il carattere, ci si trasforma, ma è bello essere fedeli alla
persona scelta. |
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Mi sono sentita un po' in difficoltà
quest'anno perché il tema è molto legato alla vita coniugale. Sono
quindi sempre venuta con il pensiero di testimoniare la mia esperienza. |
|
C'è bisogno di fare un esame di coscienza anche nella nostra partecipazione al gruppo che è "famiglia di famiglie". Ognuno di noi è responsabile dell'altro e deve farsene carico |
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Fedeltà non è solo non tradire ma è la
fedeltà ad un progetto. Nel progetto non ci sono solo marito e moglie ma
anche i figli. Anche nella separazione si può vivere la fedeltà se si
continua ad essere fedeli ad un progetto. |
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Pensando ai corsi per i fidanzati, molti si separano perché ci si prepara alla fedeltà interpretandola solo nel rapporto fisico. Non viene abbastanza presa in considerazione la fedeltà al progetto, ad allontanarsi dalla solitudine, a dire si tutti i giorni. |
|
Il termine fedele solitamente viene
attribuito a colui che ha fede; invece nella nostra accezione va
interpretato come colui che dimostra la fede. E' quindi molto importante
sia credere nell'altro sia essere credibile.Non è solo una forza umana;
può esistere nell'uomo ma è difficile che avvenga. Come è difficile
mantenere un patto, una parola data. Bisogna riscoprire una fede
nell'umano ma anche nel trascendentale. Nella vita civile un patto si
sancisce davanti ad un notaio. Nel matrimonio esiste un garante che è la
comunità ed è il Signore. Abbiamo fatto un patto che è la nostra
promessa di matrimonio: amarsi ed onorarsi, accogliere i figli ed
educarli nella fede. |
Indice anno | ||
"La chiesa domestica" |
11 maggio 2013 |
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Questa sera non è prevista una coppia
che avvii la discussione ed è quasi un segno della provvidenza perché
insieme dobbiamo capire cosa significa essere chiesa domestica.
"I coniugi cristiani, in virtù del
sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il
mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la
Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità
nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così,
nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo
al popolo di Dio..... In questa che si potrebbe chiamare Chiesa
domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri
della fede." L.G. 11.
E' l'anno della fede e facciamo un
atto di fede in questa vocazione alla santità di chi sceglie il
matrimonio. S.Paolo in alcune sue lettere saluta i cristiani che si
radunano nella casa di ... Le caratteristiche della chiesa domestica:
Domandiamoci se queste caratteristiche
ci appartengono, come famiglie e "famiglie insieme". "Tra la grande
Chiesa e la "piccola chiesa" si realizza ogni giorno, in forza della
presenza dello Spirito, uno scambio di doni, che è reciproca
comunicazione di beni spirituali" (Giovanni Paolo II). |
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Nei giovani sposi anche la fede può
essere un motivo di divisione tra i coniugi. E' la vita comune che
santifica. |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2011-2012 |
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"Famiglia, vigna del Signore" |
8 ottobre 2011 | La famiglia genera la vita |
12 novembre 2011 | La famiglia vive la prova |
10 dicembre 2011 | L'Emmanuele : come facciamo in modo che Dio sia con noi, nella nostra famiglia? |
14 gennaio 2012 | La famiglia anima la società |
28 gennaio 2012 | FILMINSIEME: The blind side |
11 febbraio 2012 | Il lavoro sfida per la famiglia |
10 marzo 2012 | La riconciliazione in famiglia |
14 aprile 2012 | La festa tempo della famiglia |
28 aprile 2012 | FILMINSIEME: La nostra vita |
12 maggio 2012 | La festa tempo della comunità |
Indice anno | ||
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La famiglia genera la vita, la complicità nella coppia |
8 ottobre 2011 |
a. partire dalla verità trinitaria
della professione di fede: "Dio è agape", "Dio è amore". Il mistero stesso di Dio che si rivela nella storia è condensato ed espresso in queste confessione di fede (1 Gv. 4,16) che si potrebbe esprimere così: Dio è dedizione gratuita, incondizionata, inesauribile e definitiva di se nella reciprocità del Padre e del Figlio, vissuta e partecipata agli uomini nel soffio dello spirito. Questa è la spiegazione piena di Dio che si mostra in Gesù Crocifisso e Risorto. Perciò, nella fede, è la verità ultima dell'umanità. Quando, nell'ottica della fede cristiana, riflettiamo sul "dove" e sul "come" la vita è generata, dobbiamo fare riferimento a questa verità ultima che la Bibbia indica nell'espressione "facciamo l'uomo a nostra immagine, seconda la nostra somiglianza". Si può intendere "immagine" in senso iniziale, di spirito, e 2somiglianza" in senso dinamico, di divenire, in crescita. Perciò l'attenzione a calare il dove ed il come trinitario nel noi e nell'oggi della vita quotidiana. b.
La crisi della relazione tra le persone, a cominciare dalla relazione
uomo-donna, la crisi della comunicazione tra generazioni, e la crisi
della comunicazione della fede appaiono connesse perché il processo di
modernizzazione della società rifiuta la religiosità ritenuta non idonea
a trasmettere i valori attuali che non vengono pensati derivabili o
conciliabili con la dogmaticità della fede. c. Questo tocca da vicino la vita della coppia e della famiglia. Dai testi biblici (Gen. 1,27;2,18-24) l'essere amore di Dio che si dona gratuitamente è affidato all'uomo e alla donna non come un limite ma come una pienezza. Sono creati individualmente, distintamente, ma in relazione per costituire una coppia; l'uno e l'altra "somigliano a Dio" nella missione reciprocamente vissuta, in cui ciascuno scopre la dignità del proprio essere stato pensato e amato come dono per l'altro. Lasciandosi guidare da Dio sono se stessi, e permettono a Dio di "dirsi" in loro. Quei termini "non è bene che l'uomo sia solo", "un aiuto", "unica carne" nell'unità del cuore e dei corpi, vanno al di là del conoscersi, del riconoscersi l'uno per l'altro, dal lasciarsi attrarre, dal congiungersi nella tenerezza. Sono termini che rimandano ad una logica che è quella dell'essere se stesso di Dio Trinità. Bisogna entrare in questa logica e volerla attuare con la grazia del sacramento e con la generosità umana, come in una "complicità" di condivisione, di allenamento, di pazienza, evitando ogni scorciatoia individualistica che farebbe tornare al "vivere per sé". d. La bella esperienza
di Raimondo e Maria Scotto in Città Nuova 10.9.2011 scrivono: "Parlare
oggi dell'Eucarestia ci sembra molto importante, perché esiste in essa
una modernità insospettata, capace di offrire risposte all'umanità di
oggi". E riferiscono le parole di Sergio ed Enrica: "Non volevamo
assoggettarci a un matrimonio, difficile, triste, senza luce. E' stata
forte la tentazione di troncare....ma sentivamo che non era questa solo
la soluzione. Il percorso è stato lungo e difficile. Abbiamo avuto il
coraggio di mettere in comune con altre famiglie le nostre difficoltà.
Ma chiave di volta è stata la riscoperta di Gesù nell'Eucaristia.
Abbiamo capito che egli aveva qualcosa di nuovo da dirci, che voleva
essere coinvolto nel nostro amore". |
|
C.n |
A volte ci sembra che non ci sia tra
noi una complicità perché siamo diversi, uno severo, l'altro più
permissivo. Ma è l'alleanza di Dio con il suo popolo che ha dato il suo
figlio per noi ci deve inspirare la logica della complicità dell'unione. Nel nostro piccolo, tra i nostri amici abbiamo visto che alcuni non hanno saputo mantenere l'unione per la mancanza di comunicazione, di complicità. Riscoprire questo desiderio di ricercare nell'altro un completamento. Anche con i figli è importante parlare anche se si ripetono cose simili. Generare la vita è condividere le scelte, aprirsi. Non si può insegnare ai figli di aiutare un compagno se poi non riusciamo a sentire vicino una persona che ha bisogno. La nostra terapia è partire con il camper; ci fa ritrovare uniti come realtà di famiglia. In famiglia è faticoso incontrarsi e staccare è importante. |
E.o |
A volte ci sembra che non ci sia
complicità perché manca il dialogo, manca il tempo. Nel dialogo anche
prendere decisioni difficili risulta meno complesso. Generare la vita è un continuo divenire nell'educazione che occorre dare ai figli. E' anche uno sguardo all'esterno con coloro con cui la famiglia si confronta. |
F.a |
Se si sta bene in coppia si
restituisce ai figli i momenti vissuti bene insieme. Per complicità non
bisogna intendere avere la stessa idea, perché all'interno della
famiglia c'è la coppia ed all'interno della famiglia esiste il singolo.
E' importante l'intesa, raggiungere l'intesa. |
L.a |
Ora che i figli sono in età più che
adolescenti abbiamo capito che dobbiamo lasciarli per avere i nostri
spazi per poter comunque vivere momenti per noi senza farci condizionare
dai loro no. Così nascono momenti per noi anche di divertimento per
condividere la nostra unione. |
d.Fo |
Trovare il tempo per se è importante.
Spesso la coppia solo quando è veramente adulta ed i figli sono grandi
si accorge di aver riacquistato i momenti per se ma siamo anche di nuovo
soli. Anche qui quando si parla si arriva sempre all'argomento dei
figli. Facciamo lo sforzo di prendere in mano la nostra coppia, la
nostra realtà, come inizio e principio della famiglia. |
G.i |
La complicità è prendersi a braccetto.
I figli confrontando la differenza tra i due genitori scoprono le
diversità nella vita a cominciare dalla famiglia. La complicità è quindi
accettarsi nella propria diversità. Abbiamo storie diverse, uno pensa in
un modo uno in un altro ma la nostra unione è prima di tutto accettare
la diversità dell'altro. Per instaurare e mantenere il dialogo ci vuole
tempo e pazienza. |
C.o |
Ci sentiamo e siamo completamente
diversi e continuamente nella necessità di confrontarci. Ma da questo
sentiamo che nasce la nostra unione. |
S.a |
L'esperienza sofferta di una donna
sola accettando che è giusto che i figli vivano la propria vita.
Ritrovarsi da sola è scoprire anche la complicità con il Signore, con
fatica e sofferenza. Io vivo questa mancanza, ma penso che nella coppia
bisogna legarsi nella complicità anche lanciando uno sguardo a Dio. Io vivo il problema opposto di tutti voi; non vivo la differenza, non ho un confronto; ma continuamente mi confronto con il Signore. Mostrare l'unità della coppia agli occhi dei figli ha un valore non paragonabile alla testimonianza del singolo. C'è un bisogno estremo di essere aiutati dall'altro, riconoscere i limiti e gli sbagli ed essere aiutati a comprendere; la diversità è una grazia per la vita di coppia perché aiuta a riconoscere gli sbagli. Quando mi metto in dialogo con il Signore io a volte pretendo di essere ascoltata ed aiutata. Questo deve essere realizzata nella coppia e ricevere gratuitamente il dono dell'altro. |
T.o |
La complicità è puntare all stesso
obiettivo. Pensiamo a cosa si intende essere complici in una rapina; è
quindi il raggiungimento di un obiettivo e non una omologazione.La
famiglia che genera la vita deve avere un respiro più ampio. Sembra che
con i figli facciamo i più grandi insuccessi. La famiglia che genera la
vita ha un obiettivo più grande: testimoniare la solidità di un rapporto
di amore. Occorre interpretare il "generare la vita" con una visione più
ampia. Mi sembra limitante racchiuderci nei limiti della nostra
famiglie. |
d.G |
Un detto rabbinico dice: "Nella
mancata della Torre di Babele, Dio voleva sottolineare l'importanza
della diversità" Il figlio quindi vedendo la diversità nei genitori sarà capace di attivare un giudizio positivo. E' una domanda non facile che gli sposi devono chiedersi ogni tanto a che punto siamo e se dobbiamo ripartire. |
Indice anno | ||
La famiglia vive la prova, abitare le difficoltà |
12 novembre 2011 |
'Fino a quando, Jahweh, mi
dimenticherai per sempre?
E' un esempio di preghiera 'dolente',
che nasce da una sofferenza, la lebbra, da cui deriva la ripugnanza e
l'esclusione sociale; dice sofferenza fisica e morale, sfiducia per gli
amici che parlano e rifiuto di Dio che tace (Giobbe). L'esperienza della sofferenza/prova
nell'ambito della vita di coppia e della famiglia, permette di essere
'aiuto di Dio' per chi soffre. Ma occorre la disponibilità ad 'abitare
la difficoltà', senza esorcizzarla ad ogni costo, partendo non dalla
propria capacità ma dalla fede nell'amore che - abbiamo detto l'altra
volta - genera la vita attraverso la famiglia e la custodisce in essa
anche nei momenti di prove fisiche o morali, partendo da Gesù rivelatore
nell'amore. |
|
P.o |
Abbiamo condiviso le nostre sofferenze
dopo esserci incontrati da lontano. Abbiamo avuto l'aiuto nel momento
delle difficoltà degli amici che ci sono vicini. |
B.a |
Da quando sono nata c'è una schiera di
angeli che pensa a me. Di tutte le prove che ho avuto non ricordo il
peggio ma sempre che ne sono uscita meglio di prima. Quando penso alla
mia infanzia, penso all'Ospedale di Bologna come un luogo bello della
mia vita. La difficoltà vissuta quest'inverno è stato il segno di un
cambiamento. Dopo anni di matrimonio ci si arruginisce, ma quando c'è un
problema si scopre che tutto questo ha poco valore. Se ci si affida,
finiscono le difficoltà. Nel prendere decisioni importanti abbiamo capito come collaborare e venirci incontro. Prepararsi a poter condurre questi incontri è il momento di poter riflettere e fermarsi a meditare. Quando ci sono discorsi seri, fermarsi e guardare l'altro nel rispetto. Per Pino non era la paura della malattia ma la paura di non poter dare una mano a chi gli sta vicino. Eravamo distanti nelle posizioni nei confronti di nostra figlia, ma parlandone prima tra di noi, siamo riusciti a farle fare scelte con la sua testa anche se ispirate da noi. Le difficoltà ci sono, ma si possono superare e soprattutto prenderle come allegria. |
L.o |
'Abitare la difficoltà' mi dava l'idea
di un corpo e di uno spazio. Nella difficoltà si attiva l'orecchio
perché tendo a sentire ed ascoltare l'altro, la vita. Tutto si muove
indipendentemente dalla mia persona. Nel lavoro ho sentito chi urla e
chi è in silenzio. Ho seguito il caso di una ragazza polacca che nel
silenzio si è uccisa a pochi ne hanno parlato. Il silenzio è il momento
di maggiore sofferenza. Anche una vagito di un bambino accende la vita
quando si è in difficoltà. |
F.o |
Ringrazio gli amici per la
testimonianza. E' importante la condivisione nelle difficoltà. Ci siamo
promessi nel nostro matrimonio di essere uniti nella buona e nella
cattiva sorte. Le grandi difficoltà fanno relativizzare anche le piccole
difficoltà. Leggevamo con Linda sul sintonizzarsi alle difficoltà di
Dio. Può sembrare rassegnazione nell'atteggiamento nel 'sia fatta la tua
volontà'. La fede ci dice che sono immensamente amato da Dio. Bisogna
sintonizzarsi cercare il momento della preghiera. Ognuno deve cercare la
possibilità di mettersi in sintonia. Gesù si offre sulla croce e ci
insegna ad offrire la nostra sofferenza. Mi ha colpito molto il film
'L'olio di Lorenzo'. Quando l'ambiente scientifico dice: 'lei si arroga
il diritto', lui risponde: 'si, perché mi prendo la responsabilità di
dire quello che ho capito'. |
S.a |
La difficoltà di trovare un'armonia
con la sofferenza che dura nel tempo. C'è una sofferenza per cercare di
capire questo mondi dell'handicap, in una scuola incapace di capire
questo mondo in difficoltà. Più sono nella scuola e più me ne vergogno.
Nei licei c'è quasi un disprezzo degli insegnanti nei confronti di un
certo tipo di ragazzi. Se non avessi lo sguardo fisso sul Signore avrei
mollato tante volte. Voi mi aiutate a vivere queste difficoltà nella solitudine. Io non posso condividere. Quando la difficoltà è enorme non si ha tempo neanche di staccare. Ci si abitua a vivere la comunione col Signore anche se non ci sono momenti di sosta. |
F.o B. |
Ho sentito da don Mazzi: 'Dio ha dato
all'uomo l'ottimismo, l'uomo ha scoperto il pessimismo'. Scoprire la
virtù della speranza. Molto spesso il pessimismo lo creiamo noi. |
P.o P. |
Voglio rapportare la sofferenza con la
speranza. Come si può sopportare la sofferenza. L'uomo ha scoperto il
pessimismo perché non si ha più fiducia nel prossimo. |
P.a |
Il dono che Dio ci fa è la capacità di
affrontare la sofferenza. Il miracolo del Signore non è la guarigione
comprensione di quello che viviamo. Ringrazio il Signore per questo
dono. |
R.a |
Noi vorremmo aiutare le persone che
sono in difficoltà, ma spesso non abbiamo questi mezzi. |
G.o |
Al di là della fede è un esempio di
civiltà essere vicino a chi soffre. |
S.a |
Il miracolo è saper stare vicino alla
persona malata ottenendo la trasfigurazione del malato. In alcune
situazioni non si può fare niente. Occorre stare vicino per amore. |
E.a |
La sofferenza in famiglia. Quando si è
coinvolti da soli non si può essere capaci di sostenere la prova della
sofferenza. Nelle prove che ho avuto quest'anno ho sentito che le
persone intorno mi hanno sostenuto; dal loro sostegno ho trovato il
coraggio di azioni che da sola non sarei riuscita a compiere. Quando c'è
da prendere decisioni gravi, chi è direttamente coinvolto spesso non è
d'aiuto. E' il coinvolgimento della cerchia di amici che ti sostiene che
permette la capacità di condividere e decidere. La fede in Dio deve
essere alimentata e manifestata da chi ci è vicino |
Indice anno | ||
L'Emmanuele : come facciamo in modo che Dio sia con noi, nella nostra famiglia? |
10 dicembre 2011 |
L'incontro di dicembre di Famiglie
Insieme è stato dedicato ad una meditazione sul Natale sul tema:
"L'Emmanuele : come facciamo in modo che Dio sia con noi, nella nostra
famiglia?" Di seguito un breve resoconto estratto da appunti presi nel corso dell'incontro e rivisti da don Franco.
L'Emmanuele è Dio con noi: Egli che è
oltre lo spazio e il tempo perché E' volle abitare il tempo e la storia
come spazio di vita. La volontà di Dio di entrare nel tempo, di
costruire la storia creando l'uomo che è al di fuori di Lui e che è
finitezza e debolezza. Dio, che non ha spazio né tempo, ha deciso di
voler abitare il tempo e lo spazio. Nell’inno ai Filippesi, al capitolo 2 versetti 6-7 Paolo dice:
....Egli, pur essendo nella condizione di
Dio, Perché ha fatto questo? Dice il Salmo 8
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue
dita,
Dio nasce bambino, bisognoso di tutto:
incarna la figura del debole che deve
tornare alla santità (vocazione all'infinito) attraverso la relazione
con Dio, colui che alita nelle narici dell'uomo e, attraverso lo
Spirito Santo, crea una relazione che è, prima di tutto, la
relazione Trinitaria tra il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.
Nel tempo del CHAIROS si colloca
l'Emmanuele: il Natale è tempo di concretezza, è l'incarnazione di Dio
con il quale posso entrare in relazione. Dio dà qualità alla mia vita
con il Natale. Dobbiamo quindi cercare una vita non più vissuta con
il “tirare avanti”, ma una vita da protagonista.
Dio vive il CHAIROS. Dio viene a noi per farci vivere il
CHAIROS: la relazione che quando si rompe con il peccato.
Nella Lettera agli Efesini 1,3ss si legge
che gli uomini sono Santi ed Immacolati nell'amore di Dio e per Dio:
noi siamo figli adottivi di Dio che ci ha pensato prima della creazione
del mondo. Siamo chiamati a vivere come figli di Dio, a vivere il
CHAIROS e non a farci trascinare dalla vita, ossia dal CRONOS. L'oggi
di Dio coincide con l'oggi dell'uomo collocato nella storia e nella
sua famiglia. Le domande che l'uomo si deve porre sono: Quanto CHAIROS ritaglio per me? Per volermi bene?
L'Emmanuele è venuto per amarti, ma tu ti
ami? Gesù nelle analisi del male è stato sempre terribile ma nello stesso tempo pieno di comprensione verso le persone che sbagliano o fanno esperienza di peccato e di male. Così ricordiamo gli incontri con l’adultera, Zaccheo, la peccatrice. Quanto prego con il partner? E quanto pudore c'è nel pregare con il partner? La preghiera è il respiro della famiglia. La famiglia ha bisogno del respiro della preghiera: perché la famiglia è chiamata ad essere l'incarnazione dell'Emmanuele. Al percorso catechistico dei fidanzati iniziamo gli incontri chiedendo “A che punto è la nostra fede?”. La fede non è fatta di cose da fare ma di relazione con Dio. La mia fede deve essere basata sulla conoscenza personale di Gesù.
Il tempo del Natale è il tempo dell'accoglienza
dell'Emmanuele. Tra le tante attrazioni del Natale, riesco ad
accorgermi che nasce il bambino? Accogliere è un atteggiamento
dell’animo. Il dono più apprezzato è quello che esprime l’amore
dell’altro per me.
Sono tanti i gesti che possono
arricchire il nostro Natale come punto di partenza per una vita nuova:
l'accoglienza
del fratello, l’apertura di nuove relazione,
fermare la corsa, non rimandare a domani l’incontro che ci può cambiare.
Infine celebrare L’Eucarestia. Nella
solidarietà e nella condivisione mi accorgo che l’Emmanuele viene per me
ma anche per tutti. Lo spirito del Natale deve essere accompagnato dal sacramento della RICONCILIAZIONE (vissuto non come lavatrice, ma come momento di relazione con Dio), dalla COMUNIONE, dalla SOLIDARIETA' (Noi verremo giudicati per i gesti d'amore: nelle persone io incontro Dio) e dalla CONDIVISIONE ("Siate svegli" perché Dio viene a noi personalmente ed in comunità).
N.B. Per
quanto riguarda il Sacramento della Riconciliazione nel periodo della
Quaresima in parrocchia ci saranno 5 Catechesi per Adulti. |
Indice anno | ||
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La famiglia anima la
società |
14 gennaio 2012 |
Nel discorso della montagna, Gesù
annuncia e spiega la sua logica con quelle che vengono ricordate come le
antitesi del Vangelo di Matteo Fermiamo l'attenzione su tre espressioni di questo discorso:
1. Avete visto che fu detto... ma
io vi dico. |
Indice anno | ||
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Il lavoro sfida per
la famiglia |
11 febbraio 2012 |
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M.o |
I prossimi appuntamenti nel cammino che stiamo facendo sono la famiglia
nei confronti del lavoro e della festa. Ci descrivono, come nel racconto della creazione, l'opera di Dio che "lavora" alla creazione del creato fino all creazione dell'uomo a sua immagine e somiglianza e poi si riposa contemplando e benedicendo quanto aveva realizzato. Dovrebbe essere le stesso moto di azione della famiglia dedita al lavoro ed al riposo nei ritmi giusti per l'uno e per l'altro. Eppure nel tempo in cui viviamo, am forse ogni tempo ha avuto problemi similari, sia l'uno (il tempo del lavoro) sia l'altro (il tempo del riposo) subiscono attachhi ed offesi. Il lavoro che deve essere una risorsa della famiglia molto spesso manca, è precario, è sottopagato o al contrario è così soprautilizzato da invadere tutti gli altri tempi inclusi quelli del riposo. Proponendo il tema del lavoro, risorsa e sfida per la famiglia, siamo coscienti di incamminarci in un terreno difficile dove le problematiche contingenti possono prendere facilmente il sopravvento. D'altra parte non vogliamo fare qui un discorso torico m apiuttosto prendere coscienza della nostra esperienza nei confronti del lavoro, delle sue difficoltà ma anche dei modi in cui moltio spesso ci poniamo in maniera scorretta nei confronti del lavoro. Allora pensiamo di farci guidare nella nostro confronto, dal libretto di preparazione al convegno di maggio/giugno a Milano che ha tracciato il nostro cammino per quest'anno. Alcune di queste domande sto cercando di proporle insieme all'invito per l'incontro che invio ogni mese. Sono domande, penso, che ci spingono a guardare al rapporto lavoro-famiglia al di là dei problemi contingenti, pur se gravi, per molti in questo periodo. Certo non risolvono i problemi nè cambiano la situazione ma ci permettono di confrontarci e di migliorare il nostro rapporto con i problemi che ci circondano. 1. Ringaziamo il Signore
per il lavoro che ci consente di mantenere la nostra famiglia? |
F.o |
Il lavoro è una necessità e in certe
situazioni si finisce col pagare una colpa non nostra davanti a scelta
sbagliata. La provvidenza è l'unica risposta al problema. Volevo
evidenziare anche il lavoro come necessità ma necessità per l'essere. Dio ha avuto necessità di fare qualcosa di curare. Il non fare nulla è non consono alla dignità umana. Da questo discende una dignità che hanno tutti i lavori. Un mondo uguale sarebbe molto triste, il mondo ha bisogno della complementarietà. Il lavoro come realizzazione personale. Ed in questi serve ad indirizzare i giovani. |
C.a |
L'essere umano si lamenta sempre.
Dobbiamo anche abituarci ad accontentarci. Ringraziare il Signore per
quello che abbiamo. |
F.o |
La dignità del lavoro è una cosa
essenziale. Dare motivazione a quello che si fa. Ne deriva l'etica che
significa fare bene quello che si fa. Il primo impatto che ho avuto nel mio lavoro di medico è il distacco dal lavoro. Così si capisce perché il lavoro domestico dovrebbe essere valutato perché non è pagato. Non è il lato economico che dà valore al lavoro. C'è un discorso di compartecipazione dove non è il padrone che deve guadagnare di più ma è la condivisione che dovrebbe guidare. Ricordiamo l'economia di condivisione di Chiara Lubich. |
V.o |
Andrebbe fatta una riflessione dove
troppo spesso l'imprenditore pensa solo a licenziare le maestranze
quando c'è una crisi. Se creo lavoro non posso ragionare solo in termini
di profitto. Noi meridionali pensiamo al lavoro come fatica piuttosto
che come strumento di benessere, senza considerare anche la dimensione
etica. |
B.a |
Mi ritengo una persona fortunata
perché ho fatto quello che volevo fare: l'insegnante. Lavoro molto
spesso disprezzato, considerato male perché solo con 18 ore in classe. I
lavori sono di pari dignità. Nella scuola ho cercato ed ottenuto un
ottimo rapporto con il personale ATA. Ho avuto la fortuna di andare a
lavorare con gioia. |
V.a |
Mi sento fortunata del lavoro anche se
mi devo con persone psichicamente labili. Gli insegnanti hanno un ruolo
fondamentale: quello di insegnare il rispetto e la crescita dei ragazzi.
Come genitori demandiamo alla scuola che invece non è sempre capace di
realizzare il progetto. |
T.o |
Rapporto tra lavoro e famiglia. Come è
devastante perdere il lavoro così è devastante quando il lavoro diventa
un'idolatria. Può capitare di ritornare a casa quando i figli si sono
già addormentati. Si pensa di lavorare per il futuro e si perde invece
il presente. |
C.a |
Sto vivendo la situazione del lavoro
con il marito lontano che la famiglia siperde. E' difficile affrontare
questa situazione perché dipende dal carattere. Lavoro per vivere e non
vivo per lavorare. Anche se ci metto l'anima ho sempre pensato che non
posso rinunciare alla famiglia ed al lavoro. La donna pensa di più a famiglia e lavoro. La donna non finisce mai di lavorare. L'uomo invece pensa solo a lavorare. Mentre lavoro penso anche alla mia famiglia, cosa occorrre fare a casa, cosa devono fare i figli: sono al lavoro ma anche nello stesso tempo a casa. |
F.a |
E' anche un problema di indole. Una
volta era una suddivisione di ruolo. La donna è capace di condividere i
due mondi è un fatto di natura e di mentalità. I figli sono aiutati a
crescere perché comprendono che c'è una difficoltà. |
C.a |
E' crescere insieme nella famiglia.
Non ti viene neanche di raccontare, quando mio marito ritorna nel
week-end. Mi sento una donna separata. |
G.i |
Io lavoro fuori. Se stessi a Napoli
senza lavoro non mi sentirei a mio agio. Il mio pensiero fisso non è il
mio lavoro ma il pensare a cosa faranno i miei figli nel futuro. Lavoro
per preparare a loro un futuro. |
L.a |
I mezzi moderni di comunicazione ci
offrono di poter essere vicini anche quando c'è distanza. Non è la
lontananza che divide ma la capacità di comprendersi. |
d.G.i |
Non si può guardare a questo tipi di
problematiche in maniera solitaria e di solitudine. Occorre parlarne
all'interno della coppia. La comunità cristiana deve prendere coscienza del mondo che è fuori; non si può dire: "Andate in pace" alla fine della messa, se non si porta nel mondo la pace ricevuta. I doni ricevuti appartengono all'umanità. Chi ha il compito regale di accorgersi dai beni, alla raccolta dei fedeli non può essere destinato ad altro che non alle necessità della comunità perché sono beni della comunità. |
R.a |
Etica del lavoro e nel lavoro. Ho
dovuto affrontare nel recente passato il sistema sanitario e ho trovato
un amancanza di etica totale, con assenza di valori umani; l'etica
andrebbe insegnata prima di intraprendere una professione. Se perdi di
vista i valori umani non puoi lavorare bene ma diventi una macchina
fabbrica soldi. |
Indice anno | ||
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10 marzo 2012 |
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Indice anno | ||
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14 aprile 2012 |
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Indice anno | ||
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12 maggio 2012 |
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F.o |
C'è tanto da imparare perché c'è una religiosità innata che noi abbiamo perso, c'è una semplicità che invece ora noi non abbiamo più. Noi non sappiamo far festa, abbiamo perso la voglia di fare festa. Le nostre comunità evolute perdono la dimensione della gioia. I problemi economici ci sono ma in quella società si può lavorare più facilmente rispetto alla nostra società. |
S.a |
La ricchezza dell'Africa è nella loro povertà: il contrasto tra il non avere nulla e la voglia di stare insieme. Proiettandolo nella nostra società sembra impossibile ritornare alla loro semplicità |
L.a |
Abbiamo perduto la festa perché abbiamo perduto la dimensione del nostro essere. Siamo il risultato di una cultura religiosa anomala. Ringraziamo piuttosto il Signore perché ha messo al mondo persone che vivono questa realtà. Noi non ci accorgiamo che non abbiamo la gioia. Non ascoltiamo le voci profetiche che parlano al nostro mondo. |
I.a |
Uno degli elementi fondamentali nella mancanza di gioia è che abbiamo messo al centro le cose e non le persone: l'avere invece di cercare e trovare la gioia dell'inconro. Ci condiziona e ci rende più difficile la gioia dell'incontro. |
M.o |
Quanto ci ha raccontato Sandro non mi sembra una condizione diversa rispetto a quello che si raccontava della vita italiana degli anni '50. Pasolini la chiamava la mutazione sociologica. E' un passato che sembra remoto ma non lontanissimo. E' la vita del vicolo. |
T.o |
Se non riusciamo a gioire anche l'avere le cose non ci rende gioia. Mi spaventa di più perché non siamo capaci di fare festa perché non sappiamo più condividere le cose. Facebook è uno strumento di comunicazione che ci rende ancora più soli. Aumentano le case di cura per anziano perché non sappiamo nè possiamo dedicare tempo alla cura degli anziani. Siamo diventati delle persone sole. Se noi non torniamo indietro sui valori non riusciamo a rientrare in una vita diversa. |
S.a |
E' un problema di affidamento. Nella solitudine si pensa solo a se stessi. |
F.o |
Come possiamo trarre frutto? Siamo pochi ma abbiamo una responsabilità educativa. Sono cose che conosciamo ma non proclamiamo abbastanza. Far capire che non è importante l'avere ma l'essere. Dobbiamo anche cercare di penetrare nei canali dove più facilamente si può farsi sentire. |
P.o |
Il nostro impegno è per la continuazione della vita: dobbiamo capire dove dobbiamo andare. |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2010-2011 |
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"Farsi carico" |
9 ottobre 2010 | FILMINSIEME: Si può fare |
13 novembre 2010 | Chiamati alla relazione |
11 dicembre 2010 |
Accorgersi... |
15 gennaio 2011 | Vivere il quartiere |
12 febbraio 2011 | Fuitevenne! Uno sguardo alla città |
12 marzo 2011 | La politica al servizio della società |
26 marzo 2011 | FILMINSIEME: Alla luce del sole |
9 aprile 2011 | La dignità nel lavoro |
14 maggio 2011 | Costruttori di fraternità (1° incontro) |
11 giugno 2011 | Costruttori di fraternità (2° incontro) |
Indice anno | ||
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Chiamati alla relazione |
13 novembre 2010 |
Dal Vangelo di Luca (10,25-37) |
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Il pensiero torna
alla Genesi, alla creazione dell'uomo come "immagine di Dio", dell'uomo
come unità di coppia per realizzare la "somiglianza", dell'uomo come
custode del proprio fratello nel "convivere", fino al vertice proposto
da Gesù "che tutti siano uno" (Gv 17). Tutto questo è possibile perché
Dio si fa carico, dona se stesso, la sua natura relazionale di Dio
Trinità. L'attualizzazione nella vita di coppia, della sua sacramentalità.
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Indice anno | ||
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Accorgersi |
11 dicembre 2010 |
Dal Vangelo di Giovanni (2,1-11) |
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a. Ambientazione : |
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F.o |
Mi ha colpito che questo miracolo
avviene durante la partecipazione ad una festa. Quindi questo miracolo è
destinato ad allietare un momento di convivialità, di gioia. |
A.a |
Nel prestare attenzione agli altri ci
sono richieste specifiche (la compagnia agli anziani, l'aiuto a chi ha
bisogno) ma anche la capacità di farsi presente, di vedere i bisogni
degli altri anche quando questi non si esplicitano. Spesso ci diciamo disponibili ma poi non realizziamo quanto ci viene richiesto. |
F.o |
Accorgersi: ci viene richiesto anche
nel nostro gruppo. Notare stasera la presenza di persone che non erano
presenti negli altri incontri, persone per cui abbiamo pregato.
Significa anche notare i segni nel volto di qualcuno che ha bisogno di
aiuto, per cui occorre intervenire. E questo spesso salva. Il fare quasi irruente di Maria non è nelle mie corde, ma penso che invece specie nella famiglia occorre essere attenti: occorre essere "rompiscatole" piuttosto che farsi gli affari propri. E' un bene farsi gli affari degli altri, lindiffferenza danneggia. |
L.i |
Quando le richieste sono esplicite è
più semplice intervenire. Nella mia esperienza mi ha aiutato a vivere il
comando: "vivere bene l'attimo presente" che mi viene dalla mia
esperienza di focolarini. Questo modo di vivere fa sì che ci si accorge
di chi ci sa intorno; se l'altro si sente amato ritorna e riempie di
gioia l'incontro. |
F.o |
Mio padre stava fuori tutto il giorno
per il mio lavoro eppure era presente anche se lontano da casa. Ora noi
genitori vorremmo essere più amici. Ripensando a quando ero ragazzo,
all'epoca c'era un distacco; invece noi ora siamo troppo invadenti, il
distacco tende invece a sollecitare il contatto da parte dei figli. |
L.a |
I nostri ragazzi vivono una vita
diversa e quindi vogliamo proteggerli troppo. Loro mutano di anno in
anno. E' difficile per noi fare i genitori . Cerco di applicare
l'educazione che mia madre dava a me, ma occorre cambiare perché i tempi
sono diversi. |
d.G.i |
Bisogna chiedersi quanto siamo
convinti che nell'altro c'è un mistero. Non possiamo possedere l'altro
nelle sue profonde intimità. Non restare sgomenti rispetto al mistero
che è l'altro. Ciò che non comprendiamo ci può intimorire e sgomentare |
F.o |
Penso alla vita di coppia e cosa
significa accorgersi: vedere le esigenze degli altri. Il dialogo rende
facile l'accorgersi. Don Lucio Lemmo, nella sua omelia per la messa
della famiglia nelle feste di Piedigrotta, ci disse: "Siete le
sentinelle gli uni degli altri". Quante crisi, infedeltà nascono dal
non vedere, non saper vedere. I disagi dei figli nascono spesso dal non
vedere, dal non accorgersi. Bisogna stare attenti alle spie quando
queste si accendono. A volte ci neghiamo l'evidenza; occorre usare la
parola per comunicare. |
F.a |
Qualche volte dipende da una certa
superficialità. Cammino senza guardare. Altre volte dipende dal fatto di
voler risolvere ogni problema. Accorgersi può significare anche solo
essere vicina, anche senza risolvere il problema. Accorgersi è quindi
anche solo condividere. |
L.i |
Proibie ai figli qualcosa è spesso
solo per la nostra tranquillità. Abbiamo la responsabilità di decidere
con loro chiedendo aiuto allo Spirito Santo. |
E.a |
Mio padre era severissimo su alcune
cose e meno su altre. Mi impediva la discoteca ma a 14 anni mi ha
complrato la vespa per darmi la capacità di decidere. La mamma invece
con la sua emotività non sapeva trasmettermi le giuste sensazioni;
invece mio padre mi ha insegnato ad essere autonoma. Chi si accorge dell'altro fa una doppia fatica: vedere e cercare di risolvere. Maria si espone perché si prende cura degli altri. |
D.a |
Accorgersi significa amare. Nel
rapporto di coppia significa saper amare. Bisogna amare per la persona
che si ama e non per se stessi. Nasce dall'amore per la famiglia e
nella famiglia e diventa amore per gli altri. Nel rapporto con i figli
bisogna imparare ad amarli nelle loro identità. |
S.a |
Ci sono situazioni difficile che vivo
da sola. Vigilare come genitori perché molti genitori invece non
prestano attenzione. Maria interviene e poi si fa da parte per la sciare
spazio a chi può agire. |
C.o |
Accorgersi può essere una nostra
esperienza, un fatto personale ma occorre anche insegnare ad accorgersi.
C'è molto da lavorare per far capire la propria sensibilità agli altri.
Nell'ambiente di lavoro capita di vedere cose sbagliate e cerco di far
vedere agli altri il punto sbagliato. Anche con i figli occorre far capire la nostra sensibilità ed insegnarla loro. |
B.a |
Mi rendo conto di aver vissuto insieme
a mia figlia negli anni il cambiamento del modo di intendere
l'espressione "farsi carico". Fino a 13 anni vivevo la vita di due
persone; si sbaglia anche per troppo amore: come mamma volevo
preoccuparmi di tutto. Mi sono sentita educata da mia figlia a migliorare il mio rapporto con lei. Ho imparato che "farsi carico" significa anche stare zitti, accettare la crescita. E' importante anche nella coppia farsi carico di situazioni esterne che vengano reciprocamente condivise |
Indice anno |
Una esperienza personale - I Gesuiti di Selva |
Nel mese di luglio scorso abbiamo
vissuto un’esperienza molto bella a Selva di Val Gardena. |
Indice anno | ||
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Vivere il quartiere |
15 gennaio 2011 |
Dalla "Lettera a Diogneto" |
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L'incontro è
stato incentrato sull'intervento di Clelia Modesti, presidente del
Comitato Civico prima Municipalità di Chiaia. Il dibattito
che è seguito ha confermato la necessità di farsi parte attiva nella
realtà in cui viviamo per realizzazre quella presenza che può essere di
sprone agli altri e di aiuto ai piuù deboli |
Indice anno | ||
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Fuitevenne! Uno sguardo alla città |
12 febbraio 2011 |
d.G.i |
Ho fatto un sogno! Riuscire a guardare
con l'occhio di Dio per non fuggire, per prendersi a carico anche il
dolore. Nella Bibbia c'è il dolore di Dio. Dio Padre sente di poter
confidare il suo pensiero a chi lo può capire: "Non posso tacere al mio
amico Abramo il mio piano su Sodoma e Gomorra" Così come si confida con
Mosè quando dice: "Ho sentito il lamento del mio popolo e sono venuto a
liberarlo". |
L'incontro è stato incentrato
sull'intervento di Mario Di Costanzo.
Napoli non è una città complessa ma una città complicata, in cui non una
sola causa ma più con-cause rendono difficile il percorso.
Quale è la nostra responsabilità? C'è una responsabilità personale e collettiva. In termini personali principalmente il non approfittare dello stato sociale e delle sue provvidenze per ottenere indebiti vantaggi; rispettare le regole con responsabilità personale; gestire la cosa pubblica con il principio del buon padre di famiglia, con attenzione e cura. C'è anche certamente una grande responsabilità del sistema politico: i partiti non sono più la fonte delle idee e delle proposte ma ne mantengono solo la gestione, ingigantendo i guasti che ne discendono. Cosa fare per riprendere quota: occorre puntare sull'istruzione, così come anche i vescovi hanno sostentuo in un loro recente documento. Quale futuro ha una gioventù che non frequenta o abbandona la scuola prima dei termini? E quale competitività ha una scuola che non ha qualità? Una gioventù senza istruzione o con scuola di scarsa qualità è perdente in partenza e può facilmente cadere nella delinquenza e finire inglobata nel crimine organizzato. Dalla scuola quindi si dovrebbe ripartire. Si può finire con un catalogo dei doveri per far rialzare questa città: - il dovere di un'intelligenza critica, capace di comprendere gli effettivi ruoli delle forze reali, anche se occulte. - formare un laicato capace di capire e di essere presente nel mondo - riprendere e riproporre la dottrina sociale della chiesa come fonte di studio e di realizzazione per la ripresa della città
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Indice anno | ||
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La politica al servizio della società |
12 marzo 2011 |
d.G.i |
Il riferimento biblico per l'incontro
di stasera è: Possiamo aggiungere: "Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore" (1 Pt. 2,13) Per noi c'è la scoperta che la comunità di fede non nasce da una condizione "anarchica" della propria esistenza, ma da un pensarsi "a corpo" nella condivisione delle responsabilità per il bene comune.
C'è una provvidenza anche nelle
persone che hanno ricevuto un incarico. Gesù è inserito nella storia:
nasce a Betlemme per ordine dell'imperatore, Cresce in un asocietà
configurata a non anarcoide, paga la tassa, si sottopone alla società
organizzata. Per noi è la scoperta che la vocazione cristiana è anche
vocazione alla vita civile.
Quasi come una risposta a questa
domanda, Chiara Lubich fondava il movimento politico per l'unità nel
1996: "Ognuno scruti il fondo del proprio cuore: si interroghi sul
contributo personale che può dare, si che nessun essere umano si senta
estraneo a questa "gestazione di un mondo nuovo" |
All'incontro ha partecipato Argia
Albanese, della segrateria del Movimento Politico per l'Unità.
La mia presenza non può che portare il
racconto di un'esperienza in politica in prima persona: insegnante,
inserita nel movimento dei focolari. Spinta da sempre ad un impegno
politico, inizialmente nella scuola, le elezioniscolastiche e glli
organi collegiali. Dopo l'incontro con Chiara Lubich a Pompei, in cui
nasce il M.P.U., l'impegno a protare in politica l'amore scambievole e
tramite questo costruire l'unità. Fino ad essere eletta al Parlamento
nel 1996. Subito dopo inun incontro con Chiara ho ricevuto un impegno particolare: non quello di aiutare tutti ma di amare tutti e lavorare insieme con le altre forze. Così nasce l'eperienza di questo movimento voluto da Chiara e che mi ha portato negli anni del mio mandato parlamentare veramente a cercare in ogni altro collega, indipendente dalla sua appartenenza, un altro da amare. Ed ho legato questa scelta al fine del mio mandato: se non amo, mi dicevo, rendo vano qualunque altro impegno. In ogni caso non sono mancati momenti molto duri, difficili da accettare, talvolta proprio all'interno della coalizione piuttosto che con la parte "avversa" La mancata rielezione non è stata facile da riaccettare ma ho cercato di comprenderne le ragioni. Ho capito poi che fare politica poteva essere ed è anche essere cittadina là dove mi trovo, quindi di nuovo nella scuola, come genitore, come famiglia, nel mio quartiere.
Per questo occorre riscoprire il
significato della politica, vivere la politica come amore perché la si
intenda come vocazione; poi si può andare verso gli altri. In Italia abbiamo anche un modo diverso di intendere la politica. Al sud ricerchiamo più un rapporto personale con il politico: si cerca personalmente il politico non solo per favori ma anche per la risoluzione dei problemi. Al nord invece sono maggiormente i gruppi organizzati, industriali, artigianali, di altra natura, che instaurano il contatto con la politica. E questo in parte dà più voce alla popolazione ed allontana la ricerca del favore personale.
Il M.P.U. si è imposto il compito di
trasmettere alle persone un contenuto nuovo nel modo di fare politica.
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d.G.i |
Conclusione: |
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La dignità nel lavoro |
9 aprile 2011 |
d.G.i |
Il riferimento biblico per l'incontro
di stasera è:
Una lettera brevissima, quasi un
biglietto, dalla prigionia (o ad Efeso tra il 52 e il 54, oppure da Roma
tra il 61 ed il 63) rivolta a Filemone, un cristiano di Colosso portato alla
fede da Paolo. Uno schiavo di nome Onesimo (significato: utile) era
fuggito dalla casa; incontra Paolo ed il vangelo, è battezzato, e
comprende
nella nuova visione della vita di dover tornare dal suo padrone.
Filemone è esortato ad accoglierlo
"per sempre" non più come schiavo ma, "molto più che schiavo, come
fratello carissimo", "sia come uomo sia come fratello nel Signore".
i vari aspetti della vita sociale in cui si rileva la dignità:
- famiglia |
C.D.C |
Quando mi hanno chiesto di introdurre l'incontro mi sono lanciato, ma
poi ho pensato: cosa dico? La dignità deve essere a 360°, non in un
unica direzione come per esempio quella del sindacato. E' una dignità
dell'essere. |
L.a |
Chi fa il proprio dovere non fa
carriera perché dà fastidio. Ho quindi dei dubbi a come fare per portare
avanti la dignità del lavoro |
F.o |
Dobbiamo dare l'esempio, avere la
coscienza di fare bene il proprio lavoro, avere questa disposizione. La
mentalià corrente è quella di portare a casa il mensile a fine mese. Ma
occorre seguire prima il dovere e poi il diritto. E' un po' la mentalità
che siamo soliti attribuire ai giapponesi. La nostra costituzione è
fondata sul lavoro: quindi tutti dovrebbero fare il proprio dovere al
lavoro. Invece se rinunicamo ad essere di pungolo per gli altri, non ci
comportiamo più da cristiani. |
d.G.i |
Il momento storico che stiamo vivendo,
le situazioni se lette dal punto di vista della negatività sono funeste ma se viste
dal lato di "farsi carico" sono un'opportunità, sono la capacità di
accorgersi e di dare le ragioni della speranza. |
L.o |
Lo scritto che abbiamo avuto in
preparazione a questo incontro (G.Matino - Ero nudo) si parla di dignità
del lavoro. Mio padre 40 anni fa si licenziò da dirigente perché notò
irregolarità nel lavoro della sua azienda. Fu un momento duro per la
nostra famiglia. Ma il ricordo di quel gesto, mi ha abituato a scindere
il lavoro dalla retribuzione. Vedo persone che ricevono retribuzioni non
proporzionate alle ore di servizio, costrette a tempi di lavoro
estremamente lunghi. |
M.o |
Ho vissuto un'esperienza molto
difficile lo scorso anno. Come tante industrie della zona anche la mia
ha subito un taglio di 15 persone su un totale di 40. Per me, che sin dal
primo momento non ero tra le persone coinvolte nei tagli, è stato
difficile affiancare i colleghi che dovevano lasciare il lavoro,
unendomi alle loro proteste; ma nello stesso tempo non apparire falso
avendo le spalle coperte. |
F.a |
La dignità del lavoro riguarda anche
le strutture in cui il lavoro si svolge. La scuola dove insegno è grande
e spaziosa ma un cedimento strutturale ad inizio anno ci ha relegato in
una parte dell'edificio. Così anche i servizi si sono ridotti, fino ad
una situazione davvero difficile anche igienicamnete. |
B.a |
Per lavorare con dignità bisogna fare
un lavoro che si ama. Inoltre bisogna imparare a lasciare fuori dal
lavoro tutti gli aspetti che non riguardano il lavoro stesso. Mentre si
lavora non si può pensare ad altro. Chi ha un rapporto con il pubblico
nel proprio lavoro non può scaricare le proprie frustazioni sul lavoro.
Infina bisogna sempre scindere il discorso economico da quello del
lavoro. |
S.a |
Anche per me non è giusto legare il
lavoro alla retribuzione. Nel mondo della scuola dove lavoro, molti
insegnati sostengono di non fare il propro lavoro perché non gudadagnano
sufficientemente e giustificano in questo modo un comportamento lassivo.
Lavoro quest'anno ad un liceo dopo tanti anni al nautico. Vivo la
responsabilità di trasmettere ai ragazzi la cultura. L'ambiente è
diverso: ragazzi di alta borghesia, figli di ricchi, viziati. Sto
cercando di guardare nei ragazzi dei fratelli da amare; ho imparato a
non guardare il loro aspetto ma ad amarli per quello che sono; anche
nella dirigente non cerco solo di condividere quello che fa ma vedere
quello che lei è. Non è più il solo senso del dovere ma si cerca di
risplendere insieme. |
C.e |
E' difficile spesso comportarsi
onestamente perché ogni uomo ha un prezzo; è facile essere coinvolti. Ma
se veramente non si vuole esssere coinvolti non si entra per non farsi
comprare anche se questo potrebbe dire rinuncia. |
Indice anno | ||
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Costruttori di fraternità - 1° incontro |
14 maggio 2011 |
d.G.i |
Il riferimento biblico per l'incontro
di stasera è:
Forse all'origine il testo di Genesi
su Caino ed Abele non si riferisce ai primi uomini ma ad un antenato dei
Cainiti al tempo dei patriarchi. Forse è stato riportato alle origini
dell'umanità per dare al testo un valore universale.
Le conseguenze nel Nuovo Testamento:
La Chiesa è segno di questa
fraternità, con il lavoro incessante per il cammino: dalla famiglia al
clan, dal popolo di appartenenza all'universalità della relazione umana,
all'unità di un cuor solo ed un'anima sola. |
F&L |
La fraternità non è uno stato
naturale; tra fratelli c'è spesso motivo di dissidio. La fraternità è
piuttosto una scelta o forse una vocazione. Bisogna essere convinti di
essere fratelli. Noi non possiamo essere da soli; dall'inizio dei tempi:
"Non è bene che l'uomo sia solo...". Ho bisogno dell'altro; ed allora o
uso gli altri o sono io ad amare gli altri. Io e gli altri o
meglio "noi". |
G.i |
A volte ci scoraggiamo di fronte alle
difficoltà. Da diacono e terziario francescano, ho fatto della
fraternità la base della mia vita, su ispirazione della vita
francescana. Ma per relizzare la fraternità e la solidarietà dobbiamo
rivestirci di Cristo. La solidarietà senza fraternità è semplice
assistenza. |
F&L |
Anche noi di Famiglie Insieme abbiamo
avuto questa sensibilità e da tanti anni abbiamo scelto il sostegno a
distanza. Ma stiamo maturando anche un sostegno a vicinanza. |
R.a |
Per recuperare queste persone non c'è bisogno solo del pasto ma un percorso di recupero. |
F&L |
Dal discorso di Chiara Lubich a 700
politici di tutto il monod (Innsbruck 2001): "la risposta alla vocazione
politica è innanzitutto un atto di fraternità: non si scende in campo,
infatti, solo per risolvere un problema, ma si agisce per qualcosa di
pubblico, che riguarda gli altri, volendo il loro bene come se fosse il
proprio." |
d.G.i |
A Piedigrotta siamo una comunità che partecipa alla vita delle altre comunità. Cerchiamo di avere un cuor solo ed un'anima sola. Nella prima comunità cristiana non c'era nessun indigente perché c'era una corresponsabilità costante l'uno dell'altro. |
L.y |
Non bisogna sottovalutare l'importanza di questo incontro. Quello che si costruisce in questa stanza ci aiuta quando rimaniamo soli. Spesso i problemi li affrontiamo da soli. Basta un attimo, qui costruiamo un rapporto che ci rende presente il Signore. C'è la certezza che noi con Lui possiamo vivere un problema anche se non lo possiamo risolvere. La grazia di non sentirsi sola: "ero nudo e mi avete dato da vestire". Che ricchezze incredibili di dolore, esperienza, condivisione con gli altri si può trovare in quelli che noi definiamo "barbone". Se non mi fossi avvicinata e non avessi creato un legame non avrei scoperto tutto il bello che possedeva. |
F.o |
Mi sento sconsolato; se anche dessi
tutto del mio, non risolverei il problema. Non servono solo i soldi. |
E.a |
C'è anche un altro aspetto. Ho fatto
per un periodo un cammino neocatecuminale. Un percorso che ci veniva
richiesto: "Scegli una cosa a cui tieni di più, vendila e dai i soldi a
qualcuno. C'era una zingara vicino alla casa dove abitavo, che stava
tutto il giorno seduta senza fare niente con i bambini che erano
liberi per la strada. Forse all'epoca eravamo meno abituati di ora. Non
mi era simpatica, mi sembrava che potesse fare qualcosa per cambiare. |
R.a |
Si ha paura di essere troppo coinvolti. Queste persone potrebbero appropriarsi della nostra vita. Spesso si teme di riversare troppo amore verso una madre che ha bisogno di aiuto, si ha paura di essere troppo coinvolti e quindi si mette una distanza. |
d.G.i |
Il primo obiettivo della carità non è operare ma amare. La solidarietà è una misura penultima. La carità è la misura ultima. Pensare di risolvere il problema degli "Amici di Strada" può essere limitante. Amare tutti deve essere "l'amore che opera". |
S.a |
Andando a trovare gli ex alunni non mi aspettavo una tale accoglienza. Ho ringraziato il Signore per l'accoglienza che ho ricevuto. Mi sono sempre chiesto come coinvolgere questi ragazzi: l'operosità nasce dall'amore. Il germe dell'amore rimane ma è un dono che va coltivato. |
D.a |
Occorre solidarietà e non beneficenza. E quello che ha fatto il samaritano. La solidarietà è contagiosa. Abbiamo fatto un'esperienza nell'ospitare un bambino russo. Ricordo con molta emozione tutto quello che ho avuto occasione di contattare tramite la presenza di questo bambino. |
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Costruttori di fraternità - 2° incontro |
11 giugno 2011 |
F.o |
Fraternità non è una cosa astratta ma
un qualcosa di vivere giorno per giorno:
Vivere la fraternità è anche
rispetto delle regole e rispetto degli altri; siamo a volte condizionati
dall'ambiente in cui viviamo abituandoci a vivere male. Esiste poi la realtà ecclesiale,
sia quella parrocchiale sia quella universale: in parrocchia occorre
essere aperti ed accoglienti. Famiglie Insieme è una proposta per tutte
le coppie e tutti devono sentirsi accolti. Possiamo essere presi dal
rischio di guardare più una persona per quello che fa e per quello che
può dare e non principalmente per quello che è. Si arriva
quindi a vivere la fraternità scambiandoci il perdono, accogliendo
l'altro e vivendo nel nostro essere la resurrezione del Signore. La
fraternità è la dimensione orizzontale; l'incontro con il Signore ci dà
la dimensione verticale. |
L.a |
In una coppia credente che fa un
percorso di fede è importante vedere Gesù nell'altro. Dopo tanti anni di
vita insieme ci si scopre, a volte, diversi: chi si ha vicino sembra uno
sconosciuto. |
F.o |
Allora possiamo riformulare la regola
d'oro che leggiamo nel vangelo: "Ciò che volete gli uomini facciano a
voi, anche voi fatelo a loro." |
L.a |
Vorrei vedere Gesù nell'altro ma non
ci riesco. Frequento la chiesa, ascolto l'omelia e vorrei fare tante
cose per mettere in pratica quello che ascolto, ma non ci riesco.
Soprattutto all'esterno del gruppo è difficile. |
L.y |
Siate perfetti! E' questo il limite che ci viene proposto. Ed allora occorre accettare i fallimenti. Quando non riesco ad amare una persona la affido al Signore, perché amo il Signore e so che il Signore ama tutti noi. |
R.a |
Qui è facile. E' difficile nel mondo esterno. E' comune a tutti essere in difficoltà. Anche io riscontro la difficoltà di essere sempre in linea con una scelta di fraternità. |
d.G.i |
Non ci dobbiamo spaventare se quando
ci viene proposto un ideale alto ci sentiamo sconfortati.
Avvertiamo questa differenza e sproporzione che può portare ad una
rassegnazione. C'è un passaggio obbligato nel cammino che ha un
traguardo vertiginoso. E' un cammino che chiede di non arrestarsi
all'impossibile. |
M.a |
A volte cerco di pensare a quante volte vedo il Signore nell'altro che mi è vicino: lo vedo in chi soffre, nell'anziano, nel figlio che ti fa soffrire, nel marito che hai amato ma che ti appare diverso. Da chi ti fa una cattiveria come faccio a vedere in lui il Signore? Eppure leggiamo: che merito hai ad amare qualcuno che ti ama? |
G.o |
Portato all'estrema conseguenza, nel concedere il perdono dovremmo essere portati ad amare anche chi ci fa un torto grande: pensiamo a chi ha avuto una persona cara uccisa. Ma io mi chiedo: anche se riuscissi a superare questo abisso e perdonare, posso addirittura arrivare a considerarlo fratello? Non può essere istintivo amare chi ci ha fatto del male! Devo piuttosto intraprendere un percorso che mi porterà a realizzare il perdono. |
F.o |
Stiamo attenti agli assolutismi: la cosa importante sono i piccoli passi; alleniamoci con i piccoli passi. |
G.i |
Il problema è difficile quando dura e perdura tutto il giorno. Quando la stessa persona ti fa del male e continua a farti del male, la presenza del Signore deve essere più "presente". Forse è possibile perdonare anche torti grandi ma poi è difficile amare. Io ho un difficoltà con una persona da cui ho subito una grande torto. Ho difficoltà ad avere rapporti con lui anche se mi emoziono e gioisco dei suoi figli che mi sembra di non dover coinvolgere nelle difficoltà del nostro rapporto. Ma tutto sempre sollecita a rivedere le proprie posizioni. |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2009-2010 |
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"Amare la diversità" |
14 novembre 2009 | "Io, un diverso" |
12 dicembre 2009 | "Tu, un diverso" |
9 gennaio 2010 | "I figli, diversità generazionale" |
23 gennaio 2010 | FILMINSIEME: La lunga strada verso casa |
13 febbraio 2010 | "Diversità e pace: un dono dall'alto" |
20 marzo 2010 | FILMINSIEME: Le chiavi di casa |
10 aprile 2010 | “Cristo risorto oltre le diversità” |
8 maggio 2010 | “La diversità nella comunità Cristiana” |
5 giugno 2010 | “La diversità nella società” |
19-20 giugno 2010 | Incontro finale: Oasi Dehon |
Indice anno | ||
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Io, un diverso |
14 novembre 2009 |
F.a |
Bisogna
essere riconoscenti per la diversità dell’altro. |
M.o |
Mi sono guardato dentro e mi sento
diverso da prima. La maturazione che si ha negli anni ha bisogno di un
riequilibrio interiore. Se non stiamo bene con noi stessi non siamo
equilibrati. Non si possono fare le stesse cose di qualche tempo fa e
per questo è necessario ritrovare un equilibrio compatibile con la
nostra crescita. E da ciò nasce quello che possiamo dare: la positività
nel sentirsi diversi. |
G.a |
Ricordo il distacco nell’adolescenza che
è il primo momento in cui ci si sente davvero diversi. |
L.i |
La diversità dell’altro la accetti se
accetti te stesso. |
P.o |
La diversità presuppone l’esistenza di un
modello, ed al giorno d’oggi questa è un’evidenza. Se riflettiamo su
ciò, la diversità è un dono in quanto distanza dall’omologazione. |
F.o |
Io mi sento sempre diverso; 5 minuti fa
ero diverso da ora. E’ importante l’equilibrio perché cambiamo nel tempo
con continuità. |
G.i |
Accettarsi da soli non è facile perché ognuno pensa di potere essere diverso da quello che è e si sente diverso da quello che vorrebbe essere, anche senza fare necessariamente riferimento ad un modello. E questa diversità crea tanta sofferenza, a partire dall’adolescenza in poi; ci si sente inadeguati. Ma da quanto detto fino ad ora, è chiaro che solo la coscienza di essere accompagnati ed amati da Dio ci da la possibilità di accettare noi stessi. Se Dio ci ama, gli va bene che siamo così ora. |
M.R. |
Quanto è difficile accettare la diversità
nella malattia! |
F.a |
Siamo diversi perché abbiamo scelto un
cammino di fede. |
G.i |
A volte è doloroso essere diversi. E’
faticoso. |
F.o |
La diversità è spesso presa come pretesto
per prevaricare sugli altri. |
G.o |
Ho difficoltà a capire l’accettazione della diversità. Cosa è la diversità; non mi è chiaro il concetto. La diversità è, spesso, ciò che non è moralmente accettabile come il tossicodipendente, il barbone. Io sento repulsione nella diversità dell’odore del barbone che non si lava da tanto! E non mi sento di invitarlo alla mia tavola. Secondo me, l’accettazione è la condivisione anche con chi è veramente diverso. Al momento, io non me la sento. Come possiamo costruire un cammino per accettare profondamente gli altri? |
M.o |
G. ha lanciato la sfida che è il cammino di quest’anno di Famiglie insieme. Ma dobbiamo partire da noi. |
E.a |
Si è diversi da quello che si vuole da se stessi. Bisogna fare pace con se stessi. |
G.a |
Nell’accettazione del diverso, quanto più noi ci sentiamo fragili nella nostra diversità, tanto più riusciamo ad accettare gli altri. |
F.o |
Ma accettare non è approvare! |
L.i |
Dobbiamo essere capaci di non generalizzare. Non è giusto, ad esempio, dire “gli zingari”, ma bisogna guardare alla singola persona. Solo così si stabilisce un rapporto. |
F.o |
Bisogna avere benevolenza, anche nei propri confronti. La mia diversità è l’”unicum” che io posso dare agli altri. Siamo unici ed irripetibili altrimenti non vale neanche la pena nascere. |
M.a |
Come ultima di sei figli, sono sempre stata la “diversa” di casa, ed ero sempre diversa dagli altri, anche a scuola, nel mondo del lavoro; ed ero sempre additata come diversa. E’ così che mi sono sempre appoggiata su Dio ed è cresciuta la mia religiosità. |
G.i |
Ma perché parliamo di diversità se siamo tutti uomini e, quindi, tutti uguali? |
G.i |
Alle volte usiamo la diversità per sentirci diversi da altri diversi “scomodi”. Lo psicologo Andreoli giustifica la nostra curiosità quasi morbosa nello scavare nelle vicende torbide (quali quelle di Erba) con l’atteggiamento di chi sente l’autore del crimine come un diverso e si rasserena pensando a se come incapace di certi crimini. Non si deve giudicare la persona per le azioni che fa: non approvare le azioni, ma accettare l’altro. Proviamo ad avere questo atteggiamento con noi stessi: non ci giudichiamo per le azioni errate. |
S.a |
Mi sono ritrovata in una vita completamente diversa rispetto a quella che volevo. E questo mi ha portato tanto dolore. La separazione da mio marito mi ha portato solitudine e diversità. Non è stato facile, ma ho superato questa sensazione guardando alla ricchezza che Dio mi ha dato e mi da, anche attraverso il dolore quotidiano. E ciò mi ha reso padrone della mia vita. |
G.i |
Ci sono diversi punti nella Bibbia per
accettare noi stessi. |
Indice anno | ||
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Tu, un diverso |
12 dicembre 2009 |
C & P |
Bisogna partire dalla creazione: il Signore ci ha creati “maschio e femmina” per poter realizzare un progetto d’amore. In ogni rapporto umano esiste sempre la diversità perché ognuno è unico. Il rapporto di coppia è complesso per le problematiche da affrontare. Tanti sono i momenti di intolleranza, ed è in questi momenti che si è chiamati a crescere nell’amore dell’altro. Amore vuol dire donarsi, perseverare nell’impegno di salvare il matrimonio perché indissolubile. La diversità porta a mettere tante volte dei paletti ovvero degli ostacoli poiché non si vuole vedere con gli occhi dell’amore. Molte volte nella coppia c’è bisogno di momenti di pausa e ci complicità per ricaricarsi, perché spesso la routine quotidiana ci impedisce di curare la relazione. Gli elementi fondamentali in una coppia sono il dialogo e non essere egoisti con la persona che si ha accanto, pensando che la persona che si è scelti per tutta la vita è la nostra compagna di viaggio. |
C.a |
E’ difficile trovare il punto d’incontro nel matrimonio. Spesso mi chiedo: “come facciamo ancora a stare insieme?” Se uno dice “rosso”, l’altro dice “nero”; se uno lo vuole “chiaro”; l’altro “scuro”. Come è possibile? Dobbiamo fermarci un attimo e vediamo quelle piccole cose che ci hanno fatto innamorare; nei momenti di difficoltà è importante perché spesso ce ne dimentichiamo. La mia forza è nel rivolgermi al Signore per riavere la calma e la lucidità e per tener a freno la lingua che talvolta “cammina da sola” creando danni a chi mi sta vicino. E’ meglio parlare a freddo e non a caldo. Per affrontare la diversità ci vuole amore e rispetto per l’altro. |
G.i |
Se non c’è amore e bene non ci si confronta, ci si scontra e tutto finisce. Da quando sto in Famiglie insieme riesco ad affrontare meglio tutto. La diversità è un bene perché se fossimo tutti uguali non ci sarebbe più lo stimolo a fare niente; che parliamo a fare con uno che è uguale a noi! |
P.o |
E’ bello riuscire a parlare così liberamente. C’è una spontaneità che oggi è estremamente difficile trovare soprattutto negli ambienti di lavoro che frequento nei quali qualsiasi cosa si dice ne nasconde qualche altra. Più che ascoltare l’altro, bisogna interpretare quello che non dice. (n.d.r.: sto sperimentando una diversità positiva!) |
R.a |
Per me è stato sempre scontato che avremmo fatto il cammino insieme anche se caratterialmente siamo come la notte e il giorno. Io sono più calma e pacata mentre lui è più impulsivo. Anche nel litigio non abbiamo mai messo in discussione il matrimonio. Pensiamo che si discute per risolvere e non per dividersi. |
L.a |
Prima di vedere come è cambiata nel tempo la persona che ci è accanto, perché non ci chiediamo: “sono cambiato io”? Nel fidanzamento ed all’inizio del matrimonio eravamo più accondiscendenti; ora lo siamo di meno. Si era più disponibili. Ora non tengo più la lingua a freno. Sento che sto tornando a quell’impulsività che avevo da bambina. Insomma, si cambia e bisogna esserne consapevoli. |
G.i |
Quando si è giovani e ci si fidanza e ci si sposa, si hanno poche cose a cui pensare. Al cibo ed alle nostre necessità ci pensano i genitori ed abbiamo molto più tempo da dedicare l’uno all’altro. Poi cominciano le responsabilità che con i figli aumentano esponenzialmente. Accade così che aumentano le tensioni e si spera che il partner le risolva. In quel momento la diversità è vista solo come un ostacolo ed il proprio coniuge diventa il motivo per cui il problema non si risolve. A causa delle tensioni che i problemi creano, invece di ascoltare l’altro cerchiamo di imporre solo la nostra opinione nel tentativo di risolvere subito il problema; ogni cosa diversa da quello che pensiamo allunga il brodo e fa crescere la tensione. E questa tensione su chi si può sfogare? Sul partner, naturalmente! Se non ci possiamo sfogare su lui/lei, con chi dobbiamo farlo? E così si cominciano a costruire muri che limitano sempre di più l’ascolto l’uno dell’altro. E per abbattere i muri ci vuole tempo, ma questo tempo ci è sottratto dai problemi che dobbiamo risolvere. Insomma si entra in un giro vizioso a causa del quale i muri crescono fin quando non ci si ascolta più. E qual è questo momento? Come si può evitare ciò? |
L.a |
Ci vuole un po’ di leggiadria, leggerezza nel prendere le cose ed i problemi della vita. All’inizio si fa l’errore di pensare di potere cambiare l’altro. Poi, dopo innumerevoli tentativi, mi sono resa conto che non è possibile. E ho imparato ad accettarlo così com’è ed ora non riesco proprio ad immaginare la mia vita senza di lui. |
G.i |
Facciamo un giro di boa: stiamo pensando ad amare la diversità, non a sopportarla. C’è una positività nella diversità dell’altro. |
R.a |
Litigare è buono, non è un fatto negativo. L’importante è mantenere la stima reciproca, il rispetto l’uno per l’altro. |
E.a |
Invidio un po’ di ha più anni di matrimonio alle spalle. Prima c’era una mentalità diversa ed il matrimonio era una pietra miliare su cui costruire la società. Oggi le cose sono cambiate e devi scegliere la persona che ti sei sposata ogni giorno; e questo è molto più difficile. Niente è scontato. Oggi il potersi lasciare è visto dai giovani come un’opportunità e non in maniera negativa. Ci sono tanti motivi per i quali l’altro ti può diventare un ostacolo. Bisogna credere nella grazia di Dio. Nella mia esperienza ho visto che non è da sottovalutare questo punto perché vi sono momenti in cui è facile lasciarsi. Affidarsi a Dio è l’unica possibilità per spegne i rancori che nascono per le cose non avute dal partner. |
B.a |
Ciò che mi colpì di mio marito fù il fatto che era completamente diverso da me e da tutti i miei amici. Ora, invece, la sua diversità è quella che gli contesto sempre ma, riflettendoci, è quella che fa andare avanti la baracca. E il momento che ci unisce di più è la fede che qui a Piedigrotta trova il suo appoggio. |
L.o |
A 19 anni deliberatamente rifiutai una relazione con una ragazza, ma solo dopo capii perché: era troppo simile a me. Ed infatti, scegliendo mia moglie ho voluto amare una persona diversa da me. Il momento critico nella coppia è l’inserimento dei figli perché cambiano le dinamiche che si erano create prima. Si lotta tra i coniugi sull’educazione dei figli pensando sempre che la propria sia la migliore. |
F.o |
Poniamo l’attenzione sul verbo “amare”: cosa significa? Amare è una scelta, non un sentimento; ed è la scelta che abbiamo fatto nel matrimonio. E va fatta ogni giorno perché ogni giorna si cambia. La scelta di fede, poi, è una grande forza che aiuta nelle difficoltà. Io sono più propenso a credere che la diversità sia un tesoro da cogliere. Non bisogna appiattirsi; non bisogna cambiare l’altro. L’altro è bello per come è, non per come lo vorrei. Le diversità aiutano. La contrattualità è fondamentale. Abbiamo tante diversità io e mia moglie, ma anche tanti comuni denominatori. E sono questi da esaltare. Il confronto nella coppia e tra le coppie è fondamentale per vedersi con occhi diversi. E uno dei tanti aspetti fondamentali della diversità è la sessualità. (n.d.r.: qui dà lettura di un brano tratto da dispense di Raimondo Scotto sulla sessualità nella coppia) |
G.i |
Da quanto si è appena detto, sono due le cose imprescindibili: l’ascolto dell’altro e non l’imposizione delle proprie idee; la reciprocità per evitare di finire ingabbiati dalla diversità dell’altro. |
G.i |
Bisogna amare nell’altro il disegno di Dio per l’altro. L’uomo è come un “tu di Dio”, creato da Dio ma diverso da Lui. E Dio fa fatica ad entrare nell’uomo per capirlo ed essere capito dall’uomo. L’uomo somiglia a Dio, ma è diverso e Dio stesso lo ha voluto diverso da se (Genesi). Dio si meraviglia della solitudine dell’uomo e cerca di dargli tutto, ma non riesce a colmare la sua solitudine finchè non crea la donna che nasce dall’uomo stesso ma ne è profondamente diversa. Ma Dio fa tutto per amore e la diversità è stata, quindi, creata per l’amore. L’essere nudi senza vergogna di Adamo ed Eva è il senso dell’accettazione spontanea della diversità. Il fatto che la Bibbia sottolinei che l’uomo abbandona il padre e la madre è il simbolo di quanto forte è il legame che nasce nella comunione di due esseri diversi che si arricchiscono a vicenda. Quando l’adesione all’altro nella diversità viene meno, allora si sente la solitudine. E’ l’esperienza della nudità. Bisogna riscoprire gli spazi della coppia e della famiglia; la relazione tra i coniugi non tollera costrizioni esterne (lo vedremo nelle prossime riunioni). Bisogna allenarsi, fare ginnastica per amare la diversità. Anche Dio fatica ad entrare nella reciprocità con l’uomo. Non bisogna stancarsi di cercare l’appartenenza l’uno dell’altro e con Dio. |
Indice anno | ||
I figli, diversità generazionale |
9 gennaio 2010 |
L.a |
La diversità generazionale oggi è fortissima ed è maggiore di quella tra noi ed i nostri genitori |
C.o |
Noi spesso ci sentiamo vittime dei figli. Forse siamo noi troppo disponibili e viviamo pendendo dai loro voleri |
L.a |
E’ bello notare come quello che sentivamo dire da coppie più grandi di Famiglie insieme è esattamente ciò che poi abbiamo vissuto noi. I ragazzi devono essere ascoltati, ma solo quando vogliono loro! Quando il momento è propizio si aprono completamente. Non fanno ciò che vogliamo noi; li dobbiamo solo consigliare. Non sono più nostri. Spesso sono disorientati nella giungla che è il mondo esterno. Spesso i gruppi non trasmettono buone amicizie e perdono il contatto con quanto detto dai genitori. Ma bisogna insistere. La nostra prima figlia non sta dando il buon esempio al secondo e soprattutto verso la loro presenza in chiesa perché vengono presi in giro. |
C.o |
Io sono più rigido mentre mia moglie no. Però così facendo, i figli hanno nei genitori delle alternative: se non va bene l’uno, va bene l’altro. Oggi i ragazzi hanno molte più opportunità. Bisogna sempre ringraziare Dio perché i figli sono come dei gioielli! Noi li affidiamo spesso alla Madonna ed a nostro Signore e continuiamo a dare il nostro esempio. |
S.a |
Io, purtroppo, vivo la difficoltà della non presenza dell’altro piatto della bilancia. E questa difficoltà la vivo soprattutto con il primo per la differenza di sesso. Anche perché in famiglia non ci sono altri riferimenti maschili. Mi aiuta molto calarmi nella mia adolescenza per capire meglio i miei figli. Oggi però, vedo molta più violenza perché i ragazzi sono bombardati da messaggi violenti. Ed il computer fomenta queste espressioni violente. Alle volte quando parlo con loro mi sembra di fare solo monologhi. I nostri figli sono comunque ragazzi diversi rispetto al resto. Io alle volte mi arrabbio perché il primo tende a subire dagli altri; si fa domande e me le butta addosso come elemento di confronto con me. Bisogna cercare di entrare nel loro mondo, anche se sono cose che non ci interessano più. Non è facile dialogare a questa età; c’è bisogno di una bella fatica per dialogare!. Bisogna anche sapere attendere, avere pazienza. Noi ci attendiamo un ritorno da parte loro, ma non sappiamo i tempi ed i modi di questo ritorno. Per questo motivo, ci vuole tanto amore e carità. Io vedo i miei figli come di Dio ed allora mi chiedo: come faccio ad educare i Tuoi figli? La differenza generazionale c’è e ci sarà sempre. |
C.o |
Oggi non funziona più il “mazza e panelle”. L’esperienza con mia figlia mi ha insegnato questo. Loro dicono sempre che siamo troppo in ansia. Ci sono, al contrario, tanti genitori che non se ne curano proprio perché ci sarebbero tante rinunce che non vogliono fare. |
S.a |
Ma questo stargli
dietro non potrebbe essere peggio? Sembra che i ragazzi che hanno poco
dai genitori hanno paura di perdere anche quel poco mentre quelli che
hanno tanto fanno anche gli spavaldi con i genitori. |
L.i |
Le difficoltà
c’erano anche nelle epoche passate ma i valori della famiglia non sono
cambiati. Mia madre si fidava molto di me cosicché io ero. All’epoca,
molto più libera delle mie coetanee e di molti ragazzi di oggi. Io e mio
marito siamo sempre stati coerenti nei rispetti dei figli. Quando mia
figlia mi chiedeva qualcosa, le dicevo che dovevo prima parlare con
papà. Spesso le decisioni sono prese per la nostra tranquillità e non
per il bene dei ragazzi. Non abbiamo fatto i figli per la nostra
tranquillità! |
L.a |
Trasmettere i valoriè una responsabilità bella e Dio ci dice che tutto quello che abbiamo avuto lo dobbiamo dare. E se i figli ci vedono agire, assumono quel valore. Non dobbiamo trasmettere valori teorici. Un altro aspetto è che la diversità è un dono anche per noi oltre che per i figli. L’esempio è proprio il calcolatore, la musica. Io riesco ad entrare in questo mondo attraverso loro. Sono la mia porta di accesso a mondi che non avrei mai avuto in mente di esplorare. Siamo noi che non dobbiamo arroccarci sulle nostre posizioni ma imparare ad usare bene le cose. Demonizzare le cose che non si conoscono è peggio. Le generazioni sono diverse, ma siamo sempre persone. Dobbiamo entrare nelle loro dinamiche. Quando mi dicono “non puoi capire” io chiedo loro di spiegarmi per condividere. E’ la nostra ottica ad essere importante; dobbiamo avere gli occhi di Dio verso di loro. Bisogna non avere paura perché la paura blocca la conoscenza. |
L.a |
Noi diamo ai figli le direttive ma poi loro crescono come vogliono. Molto dipende anche dal loro carattere. Questo non significa che noi abbiamo fallito perché sono loro a decidere nella loro libertà. |
F.o |
Non dobbiamo fare i confronti. Ogni figlio è unico. Ciò che rovina la nostra e la loro vita sono i confronti. Il confronto è il non accettare la diversità; è la sua negazione. Ogni figlio è un caso diverso. Se devo fare un confronto, devo guardare dentro di me.La mia serenità nasce da come io vivo la mia vita e non dal farla uguale agli altri omologandomi a loro. La diversità è ricchezza non nel confronto, ma nella persona. |
F.a |
Ci mettiamo in discussione quando le cose non vanno bene. E’ difficile capire quando farsi da parte; e i figli alle volte te lo fanno capire. Io alle volte tendo ad essere invadente. |
T.o |
Ci sentiamo turbati rispetto a ciò che accade (come la triste notizia della morte di una ragazza che si è uccisa). Noi dobbiamo combattere contro le nostre proiezioni sui nostri figli. L’emergenza su cui interrogarci è che noi rischiamo di andare verso una forte difficoltà di comunicazione tra noi e loro. E tra poco ci saranno anche i problemi di dipendenza dal computer. |
G.i |
Dobbiamo ripartire, come Gesù, dal Padre. Il principio di autorità dell’Antico Testamento non ha soddisfatto l’uomo. Gesù parlando di Dio Padre ci fa capire che Dio prima ama e poi crea; noi siamo amati da subito. Dobbiamo credere nella comunicabilità. Bisogna imparare ad a avere fiducia. I problemi si risolvono con il tempo. Il Signore sa aspettare. Le Sue caratteristiche d’amore sono il silenzio ed il tempo (l’attesa). Se si vuole l’urgenza delle soluzioni si creano solo problemi ed incomunicabilità. |
Indice anno | ||
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Diversità e pace: un dono dall'alto |
13 febbraio 2010 |
B.a |
Io e mio marito veniamo da due esperienze di vita completamente diverse, ma accomunate da un vissuto piuttosto travagliato. Ci siamo uniti nella consapevolezza che eravamo molto diversi. All’inizio era anche interessante vedere le diversità ma poi, con il passare del tempo, sono andate accentuandosi fino a livelli di forte contrasto, soprattutto nell’educazione dei figli. Ma alla fine, pensandoci, viviamo tutto ciò con una grande tranquillità. Non vivo la diversità di mio marito con rabbia anzi, alle volte credo sia una ricchezza. Ma una cosa sento come certa: tutta questa pace e la bellezza della vita di coppia non è una forza nostra. Consci di questo, nella nostra stanza abbiamo voluto mettere come segno di riconoscimento una Bibbia aperta. E’ il segno che non abbiamo paura e talvolta la sera mi meraviglio di cosa sia successo nella giornata e di come sia arrivata a sera! Una grossa mano ce l’ha data l’esperienza con i Piccoli Fratelli di Spello tra i quali abbiamo sperimentato l’”insieme è meglio”. Nel quotidiano il rapporto con nostra figlia ci ha fatto diventare da educatori a educati! Non riusciamo ad accettare la diversità del figli. Per questo ho imparato a mettermi davanti a Maria e ad affidarle mia figlia traendo da ciò tanta pace. |
P.o |
Oltre alla diversità familiare, io personalmente ho dovuto aggiungere anche una forte diversità ambientale. Ma se all’inizio è stato difficile, poi è diventata una ricchezza. |
M.a |
E’ bello partecipare a questi incontri perché certe domande non ce le poniamo se non qui. Una forte esperienza di diversità è venuta con mio figlio che è voluto andare a vivere da solo con una persona con la quale noi ben sapevamo che non poteva continuare. L’unica cosa che abbiamo potuto fare è affidarci al Signore. Ma non ho mai chiesto a Dio che si lasciassero, ma solo che li aiutasse. E’ stata dura, ma io mi sono sentita tranquilla. E alla fine è andata come speravamo. Ma ora ha deciso di andare all’estero a lavorare, anche facendo il cameriere nei locali per guadagnarsi da vivere all’inizio. Bisogna abbandonarsi al Signore, ma l’abbandono deve essere completo e non bisogna aspettare delle risposte subito perché Dio ha i suoi tempi. |
F.o |
In un primo istante il tema mi sembrava un po’ strano, ma grazie all’introduzione delle coppie guida ho capito che il tema vero è l’affidamento. In fondo il matrimonio cristiano è l’affidarsi in pieno al Signore. Forse dobbiamo chiederci come fare entrare il Signore nelle nostre vite quotidiane, nelle coppie, nelle famiglie. Come permettiamo a Dio di agire? E’ importante, in questo, il confronto con altre coppie. Noi, ad esempio, abbiamo tratto molto giovamento in incontri nei quali leggiamo la Parole di Vita crescendo umanamente e spiritualmente. E’ utile avere un obiettivo comune di ricerca, di vedere insieme le cose della vita. E’ difficile vedere le cose standoci al di dentro; perciò è importante il confronto con chi osserva dall’esterno. E’ così che abbiamo scoperto che “insieme è meglio”. Molto spesso si arriva a Dio attraverso i fratelli. Nella vita di coppia non è tutto rose e fiori e ci sono momenti olto difficili che solo nell’insieme si possono superare. |
R.a |
Le diversità cambiano e si evolvono negli anni. Ma se si fa un bilancio, ci si accorge di avere avuto tanto dalla vita, ogni giorno. Che importanza ha se mi arrabbio con mio marito, anche con forza. Sono sempre sciocchezze rispetto a quanto abbiamo avuto. La scelta di convivenza fatta da nostro figlio è al di fuori dei nostri parametri, abituati a pensare che uno prima si sposa e poi vive insieme, ma, tutto sommato, è un segno di maturità. Ed anche il fatto che siamo qui a parlarne è un dono. |
S.a |
La diversità è un grande dono perché ci dà la possibilità di sperimentare la grande libertà con cui il Signore ci permette di vivere, diversi dagli altri, ciascuno con la propria identità. Per questo è importante affidare tutto al Signore perché questo ci toglie la paura e ci rasserena. Viviamo calati nella diversità, anche nel lavoro, in tutto. Bisogna affidarsi per vivere in pace la nostra vita. |
E.a |
Ciò che ha detto Maria è un po’ quello che è successo a me come figlia. Mio padre mi disse di no quando io gli proposi di andare all’estero a studiare. Ma ci sono andata lo stesso. E ciò mi è servito molto nel matrimonio. Avevo imparato a cavarmela da sola e quando siamo andati prima in Francia e poi negli Stati Uniti con mio marito e con mio figlio per questioni di lavoro, sono rimasta praticamente da sola con il bambino. E lì ho sperimentato l’importanza delle proprie radici. La settimana scorsa siamo stati da amici romani di vecchia data in via di separazione. Ci hanno sconvolti nel loro odio reciproco riversato nella ripartizione delle cose da separare. Abbiamo tentato di tutto per farli ragionare a ala fine ci siamo ritrovati, quasi senza accorgercene, a pregare: era l’unica cosa che potevamo fare. |
P.o |
Scopro solo stasera che la diversità è un dono! Ma non pensiamo che affidandosi al Signore tutto si possa risolvere senza la nostra volontà di crescere, di progettare il futuro! Il Signore ci aiuta a crescere in maniera sana. Non credo che il Signore pensi a tutto: sarebbe troppo riduttivo. |
S.a |
Ma l’affidarsi a Dio è un lavoro difficile. Bisogna superare il proprio egoismo con tanta volontà. E’ ammettere dicendo a se stessi “non ce la faccio da solo” e per fare ciò ci vuole tanto esercizio, costanza e volontà. |
C.e |
La compagna di mio figlio e la sua famiglia erano quanto di peggio ci potesse capitare; erano da prendere a schiaffi! E invece li abbiamo amati; abbiamo amato la loro diversità, ma non saremmo mai stati capaci di farlo da soli. Senza Dio non ce l’avremmo fatta. E il ritorno di mio figlio a casa non è stata mica una vittoria! |
L.o |
Per me la diversità è sempre stata un dramma. E’ difficile accettare il diverso, chi la pensa diversamente da te o che si presenta diverso. Ciò che mi ha sbloccato è capire che il Signore ci ha creato diversi. E’ accettare la propria storia e quella degli altri. Sono convinto che la coppia e la famiglia è il luogo, il laboratorio delle diversità. In essa si sperimenta come reggere la diversità e come far nascere l’accordo. E’ il luogo dove le diversità si incontrano e si scontrano. |
M.o |
Vorrei sottolineare la parola “dono”. Il dono è la capacità di comprendere che noi siamo amati e ciò alle volte significa la risoluzione del problema; altre volte l’accettazione del problema; altre ancora il comprendere che la soluzione migliore è diversa da quella che ci aspettavamo. |
D.G. |
I doni
che noi riceviamo non sono per noi, ma per l’umanità. Salomone chiese
come dono la saggezza ma non per lui, ma per il popolo. Parlare delle
problematiche senza lo scatto necessario per superarle può essere
avviluppante. Comincia il tempo della preparazione alla Pasqua. Entriamo
nelle problematiche con l’occhio di Dio. Dobbiamo uscire dall’idea di
sentirci soli di fronte alle diversità. Il Signore ci chiede, come a
Salomone: “chiedimi ciò che devo concederti”. Dobbiamo tenere questo nel
nostro cuore quando siamo di fronte all’incapacità di risolvere la
diversità. Non è il pellegrinaggio, l’accendere le candele ciò che
conta, ma l’entrare nel mistero dell’amore di Dio che ci continua a fere
vivere nelle nostre difficoltà ma con la certezza della vicinanza di
Dio. E’ il momento di fare uno scatto, anche nelle singole coppie. Dio
ci ha unito e non vuole che qualcosa ci separi; per questo dobbiamo
capire che possiamo chiedere a Lui “ciò che deve concederci”. Il
matrimonio è un rapporto a tre: due si uniscono ed uno unisce. |
Indice anno | ||
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La diversità nella comunità Cristiana |
8 maggio 2010 |
L & F |
Ci sembra che parlando di
comunità, e cristiana in particolare, si debbano distinguere come dei
cerchi concentrici. Il più piccolo è la nostra famiglia, casa nostra; il
secondo è il palazzo, il nostro quartiere, il territorio; il terzo è
allargato alla nazione, fino a coinvolgere tutta l’umanità. Sono cerchi
ampiamente comunicanti, guai a considerarli come entità chiuse, o peggio
da difendere. Analizziamo un cerchio alla volta. Iniziamo dalla
famiglia, piccola chiesa domestica, ecclesìola, come la chiama
amorevolmente Giovanni Paolo II. E’ il primo luogo dove si deve
riconoscere e trasmettere la fede;
è il primo luogo dove si vive l’amore,
che deriva da quella scelta di fede.
Questa scelta d’amore riesce a far superare anche delle crisi di
identità che la famiglia può riconoscere, per la caduta di modelli che
per secoli la hanno retto , e con essa la società. Non esiste più
l’indissolubilità del matrimonio, almeno di quello civile; non esiste un
capofamiglia riconosciuto e autoritario; grazie al sempre maggiore
rapporto paritario tra uomo e donna si vanno ridefinendo i ruoli; i
figli difficilmente sono sottomessi ai genitori. Tutto questo crea
scompiglio e confusione, se non si torna alla scelta iniziale del
Matrimonio: appunto
la scelta dell’amore,
che significa soprattutto
rispetto e accettazione….
Ma il modello del rispetto, dell’accoglienza, dell’attesa si offre anche
per i rapporti tra coniugi; è come (fa tremare i polsi solo a sentirlo)
se ci venisse l’indicazione di essere disposti anche ad allontanamenti,
a separazioni (di spirito e di corpo) del coniuge , pur di riprendere il
cammino dell’unità a cui ci chiama il Matrimonio. Come se ci venisse
l’indicazione “Non vi preoccupate, è naturale, può accadere che ci sia
un calo di affettività, che ci sia stanchezza nel rapporto di coppia. Ma
l’Amore sa aspettare, l’Amore sa perdonare, l’Amore sa ricominciare”.
Aspettare,
perdonare e ricominciare
sono le indicazioni date dalla legge dell’amore alle nostre famiglie, ad
iniziare dalla coppia . Per leggere tutto l'intervento
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S.a |
La mia
esperienza di vita cristiana è stata caratterizzata da diversi percorsi:
da bambina sono cresciuta in una chiesa a via Manzoni con un parroco
tipo don Milani , poi da ragazza ho conosciuto la Comunità di S. Egidio
dove ho vissuto per 17 anni la profondità della vita comunitaria; con la
nascita dei miei figli , ho cercato una realtà ecclesiale adatta alla
loro età girando molte chiese della mia zona. Non è stato facile trovare
ciò che cercavo dopo la profondità di Parola della realtà comunitaria
fin quando il Signore ci ha portato a Piedigrotta. Ritornare a vivere la
realtà della chiesa non è stato facile ma oggi sono grata a Dio
dell'essere "figlia della Chiesa". In questi anni ho incontrato varie
realtà e diversità , ognuna con pregi e con limiti e ho capito che tutto
è disegno di Dio se vissuto con fede nei vari carismi. |
M.o |
Nel mio cammino di fede, ho sempre unito alla preghiera
personale l’impegno in parrocchia, insieme a mia moglie, prima da
giovani poi da sposati e genitori. |
D.G. |
S. Paolo ha dedicato il cap. 12, 13 e 14 della 1° ai
Corinti al tema della diversità nella Chiesa.
“La mano della usa grazia, la mano della sua misericordia
ha modellato i nostri cuori, ed egli che ha modellato i nostri cuori uno
per uno, ha dato a noi, ad ognuno di noi, il nostro cuore, cuori però
che devono rimanere nell’unità. Così ogni membro del nostro corpo è
stato formato singolarmente, ognuno ha la sua propria funzione, ma tutte
le membra vivono nell’unità del corpo. La mano fa quello che l’occhio
non fa, l’orecchio compie quello di cui non sono capaci né mano né
occhio. Ma tutti agiscono in unità e, benché adempiano funzioni diverse,
mano, orecchio, occhi non si combattono tra loro. |
Indice anno |
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Incontro conclusivo di preghiera e di
verifica |
19-20 giugno 2010 |
vedi sintesi dell'incontro |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2008-09 |
“Testimoniare il matrimonio”
“Dall’io dell’individuo al noi di coppia”
11 ottobre 2008 | Stimoli di riflessione proposti da Antonio Gentile, psicoterapeuta della famiglia. |
8 novembre 2008 | Testimoni dell’amore: l’aiuto reciproco |
13 dicembre 2008 | Testimoni dell’amore nel
comunicare: il disagio femminile |
10 gennaio 2009 | Dono e perdono |
17 gennaio 2009 | FILMINSIEME: L'ultimo bacio |
1 febbraio 2009 | GIORNATA DELLA FAMIGLIA |
14 febbraio 2009 | Innamorati o rassegnati? |
14 marzo 2009 | Educazione alla gratitudine |
28 marzo 2009 | FILMINSIEME: Giorni e nuvole |
18 aprile 2009 | Testimoniare ai figli l’educazione all’amore |
9 maggio 2009 | Educazione alla gratitudine |
6 giugno 2009 | Testimoniare ai figli l’educazione all’amore |
20-21 giugno 2009 | Incontro conclusivo: Oasi Dehon |
Indice anno | ||
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La reciprocità |
8 novembre 2008 |
Alla luce del vangelo reciprocità è
innanzitutto della coppia, non nel senso di esclusione degli altri
membri della famiglia, ma perché nella realtà familiare gli sposi
soltanto vivono il patto sacramentale che fa di essi una realtà tipica.
Perciò reciprocità, per i cristiani, è tensione verso l’unità, tensione
sempre in atto perché unità mai pienamente raggiunta; per questo motivo
la reciprocità è vigilanza, dinamismo verso il diventare sempre più “due
in un solo essere” (Gen. 2,24). Ed è, ancora, impegno a testimoniarsi a
vicenda e all’umanità, il legame non altrimenti decifrabile per cui
Cristo e Chiesa sono anch’essa “due in uno” (Ef. 5,32). - La fedeltà, attenta al progetto di Dio sull’altro; - La solidarietà, “portare ciascuno il peso dell’altro” (Gal. 6,2), anche sul piano spirituale, quando il coniuge innocente “si fa” peccatore con il coniuge peccatore, e il pentimento dell’uno diventa gioia condivisa dei due; - L’originalità, nel senso che, nella vocazione comune di tutti i battezzati sposati all’unità ed a significare Cristo, ogni coppia ha un proprio itinerario di crescita, da individuare negli avvenimenti e nelle scelte della vita; attraverso essi lo spirito indica la strada |
Indice anno | ||
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Il disagio femminile |
13 dicembre 2008 |
Un dono da ravvivare.
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Indice anno |
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Dono e perdono |
10 gennaio 2009 |
La coscienza della propria esistenza personale e della
propria storia, anche in senso sociale, porta alla consapevolezza che la vita è
un dono, di Dio innanzitutto. |
Indice anno |
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Innamorati o rassegnati? |
14 febbraio 2009 |
Quando ci chiediamo “cos’è l’innamoramento” quali sono le prime cose a cui pensiamo? Ma siamo proprio sicuri che il significato sia uno solo? - Il “primo” innamoramento” - facciamo di tutto per conquistarlo e mostriamo il meglio di noi stando attenti ad ogni particolare. - Le rinunce non ci pesano - È tutto “rosa” se stiamo insieme, i problemi non ci riguardano, tutto il resto non conta. - I difetti dell’altro/a non esistono o forse non li vediamo o semplicemente li perdoniamo. - il “dopo” - La vita insieme, tante gioie ma anche i primi problemi: conciliare lavoro e famiglia, far quadrare i conti, mare o montagna, gli amici di lui o gli amici di lei, film o partita, stadio o gita, Natale con i miei o con i tuoi, frittata anche stasera, basta con la cioccolata lo vedi che stai ingrassando. - Ed allora: non mi capisce abbastanza; forse lui/lei non è quello che pensavo; non sono più sicuro/a che sia l’uomo/la donna dei miei sogni. - uno strato di polvere sul cuore - Mi sembra di non provare più niente - E’ tutto solo un dovere - Come potrò mai sopportare tutta la vita con lui/lei? - tentazione di una nuova storia romantica o nostalgia del primo innamoramento? - Avrei bisogno di innamorami ancora, avrei bisogno di una nuova storia che mi stordisca e che mi faccia evadere, per non pensare più a niente, per non pensare a tutti i nostri problemi…. - Sarebbe bello tornare ai vecchi tempi, ma lui/lei non è più quello di una volta. - Forse con un’altra persona… forse con quella persona. - Re-innamorarci si può - La piantina dell’amore va innaffiata tutti i giorni. - Troppa polvere (problemi, malumori, litigi, incomprensioni) sul cuore soffoca l’amore; rischiamo di pensare che non ci sia più quando invece è solo sommerso. - Estirpiamo la giungla delle preoccupazioni quotidiane che opprimono il nostro amore: qualche attimo per noi, un po’ di complicità, proviamo ancora a sorprenderci. - Meglio un po’ meno perfetti in due che più perfetti da soli - Non vergognamoci di dirle/dirgli: “Se ti conoscessi oggi per la prima volta, mi innamorerei di te, ma proprio così come sei oggi e farei di tutto per conquistarti”.
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Indice anno |
Educarsi alla gratitudine |
14 marzo 2009 |
La gratitudine è l’atteggiamento che si impara nel silenzio, nella coscienza non oppressa dalle preoccupazioni ma nella gioia del dono ricevuto e custodito nella realtà nuziale. “Attendo che lei dorma per ringraziare ogni sera il Signore della sua presenza ed abbracciarla nella tenerezza.” Alcuni riferimenti: - “Guardati bene dal dimenticare” (Dt. 4,9) - “Mi forza e mo canto è il Signore egli mi ha salvato” (Es. 15,2) - “Trova gioia nella donna della tua giovinezza” (Pr. 5,18) - “Questa volta è osso delle mie ossa carne della mia carne” (Gen. 2,22)
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Indice anno |
Testimoniare ai figli l’educazione
all’amore. |
18 aprile 2009 |
- come ci si educa all’amore? - educare, da “e-ducere”, “trarre fuori” nei figli quello che hanno dentro come natura umana, come figli di Dio nella grazia del battesimo. - ogni azione educativa ha il versante negativo (doloroso) di far tacere in sé quello che si vorrebbe proporre per avere sicurezza, dice san Paolo “no esasperate i vostri figli”: perciò tacere, attendere, rispettare… - il versante positivo di una vita di premura e attenzione vissuta nell’ordinarietà della famiglia (Col. 3,23)
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Indice anno |
Allargare gli orizzonti. Gli altri nella nostra casa. (Rm. 12,3-13) |
9 maggio 2009 |
- l’opera dello spirito nella crescita della disponibilità fino alla scoperta della possibilità dell’impossibile, e all’esperienza della casa aperta ad ogni necessità di persone che domandano ascolto. - Serve una scintilla per allargare gli orizzonti. Questa scintilla non si genera solo dalla riflessione personale ma scaturisce come atteggiamento per esempi nei campi di lavoro come occasione di generosità. E allora che si scopre la bellezza dell’individuare la scintilla anche se piccola e farla scattare nel cuore di chi si incontra.
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Indice anno |
Fu invitato alle nozze anche Gesù (Gv 2, 1-11) |
6 giugno 2009 |
- la scelta di nascere e crescere in una famiglia condividendone le caratteristiche comuni a tutte, dice di un disegno originario di Dio che Cristo intende riportare alla sua purezza, con il primato assoluto della parola di Dio. - questo primato alla famiglia è donata la possibilità di trascendersi, subordinandosi sempre ai progetti di Dio (Mc 10,13-16) - invitare Gesù alle nozze. Preghiera individuale di coppia, di famiglia unita per dare uno spazio concreto a questo invito. Esso non è un fatto devozionale e neppure una “uscita di sicurezza” dalla tribolazione. - la presenza continua di Gesù riconduce al disegno primordiale di Dio che rende possibile la sua attuazione (Mt. 19,4-9). Ed è quello che san Paolo insegna fino allo splendore del matrimonio sacramento di Cristo e della chiesa. (Ef. 5)
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Indice anno |
Incontro conclusivo di preghiera e di
verifica |
20-21 giugno 2009 |
vedi sintesi dell'incontro |
Inizio pagina |
I “passi” di Famiglie Insieme nel 2007-08 |
“Dall’Io al Noi”
Dalla persona alla coppia; dalla coppia alla famiglia;
dalla famiglia alla società.
10 novembre 2007 |
Dall’Io persona al Noi coppia “Ma perché t’ho sposato! Chi me l’avrebbe detto…a me!” Il coniuge: da impedimento ai propri desideri a occasione di crescita nell’unità. Salmo n. 128 “Beato l’uomo che teme il Signore” |
1 dicembre 2007 |
Dall’Io coppia al Noi famiglia “Ah, se l’avessi saputo prima che i tuoi erano così! Sei proprio come loro!” I parenti: da minaccia per l’equilibrio di coppia a occasione di confronto e di collaborazione Salmo n. 131 “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore” |
12 gennaio 2008 |
Dall’Io coppia al Noi famiglia “Ma siete proprio dei bacchettoni!” Come trasmettiamo ai figli la nostra fede e i valori: dal muro del “devi fare” allo spazio del “puoi fare” Salmo n. 127 “Se il Signore non costruisce la casa” |
3 febbraio 2008 | GIORNATA DELLA FAMIGLIA |
9 febbraio 2008 |
Dall’Io coppia al Noi famiglia “Tutti i miei amici lo fanno! Non è giusto, non mi volete bene!” La provocazione sui figli: dall’omologazione del branco all’educazione alla libertà Salmo n. 124 “Se il Signore non fosse stato con noi” |
Auditorium S. Luisa Marillac Presentazione libro di R. Scotto “Orizzonti di libertà - Sessualità e amore nei giovani” e Dibattito | |
8 marzo 2008 |
Dall’Io famiglia al Noi società “Ma quello ha il televisore con lo schermo gigante e noi invece…!” La sobrietà felice: dal possesso delle cose all’incontro con l’altro Salmo n. 121 “Alza gli occhi verso i monti” |
19 aprile 2008 |
Dall’Io famiglia al Noi società “Lasciamoli stare quelli. Sono scombinati. Mettono in testa strane idee.” I nuovi stili di vita familiare: dal rifiuto del confronto all’accoglienza fraterna Salmo n. 126 “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion” |
10 maggio 2008 |
Dall’Io famiglia al Noi società “Oddio, adesso arrivano ed è ancora tutto in disordine, non abbiamo finito di cucinare… non ce la faccio più! Mai più a casa nostra!” La nostra casa: dal dovere di ospitalità alla festa nell’incontro con gli altri Salmo n. 134 “Ecco, benedite il Signore” |
21-22 giugno 2008 | Incontro conclusivo: Mercogliano |
(n.d.r.) Come al solito, invece di una sintesi precisa di quanto scaturito dal confronto durante i nostri incontri, si offrono degli spunti di riflessione, proposti da don Giovanni Sansone. Questi spunti ci hanno guidati e aiutati, e ci auguriamo possano essere utili a tutti quelli che vorranno approfondirli e farli propri, superando anche le difficoltà di una forma tipografica non perfetta; inoltre, speriamo che tutti possano provare il piacere di insistere nella lettura e considerazione (“Leggere, rileggere, penetrare…” dice don Giovanni). Anche così, come in tutte le cose della vita, e soprattutto per quanto riguarda la vita di coppia e la realtà familiare, si dimostrerà che la volontà di superare le difficoltà e la perseveranza sono le basi su cui si può costruire saldamente…
“Parlaci del matrimonio, maestro, e lui rispose dicendo: siete nati insieme e insieme sarete in eterno; sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio. Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme, lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi. Amatevi l’un l’altro ma non fate dell’amore una catena: lasciate invece che vi sia un mare in movimento tra i lidi delle vostre anime. Cantate, ballate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno sia solo. Anche le corde di un liuto sono sole, eppure fremono alla stessa musica. Datevi i vostri cuori ma non per possederli, perché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori. State in piedi insieme, ma non troppo vicini, perché le colonne del tempio stanno separate e la quercia e il cipresso non crescono l’una nell’ombra dell’altro”. (Kahlil Gibran) |
All’inizio dell’anno ci siamo domandati che cosa significhi per noi il passare del tempo che a volte avvertiamo talmente rapido da defraudarci della capacità di possederlo, e allo stesso momento esigente con le domande che salgono dai nostri cambiamenti personali, dagli equilibri sempre nuovi del nostro essere di coppia, di genitori, di partecipi a rapporti che si allargano con la gratificante complicità della comunicazione che affascina. Siamo “soggetti” al tempo, come sudditi di fatalità ineluttabile cui arrendersi passivamente, o siamo “soggetti” del tempo come protagonisti di ogni stagione per la freschezza che deriva dal vivere il presente che il Signore ci propone? Ci pare che l’essere “soggetti” in senso attivo comporti una forte e serena coscienza di cammino da compiere, un guardare a persone e situazioni come strumenti preziosi di un amore che conduce l’esperienza umana di coppia, pur bella e ricca e feconda nel suo essere relazione senza riserve, a dimensioni sempre più profonde con il conseguente espandersi sempre più ampio, fino all’esperienza sempre più intima della vita della Trinità con il frutto di sentirsi sempre più chiamati ad essere solo amore, senza aggettivi. Tempo che scorre, perciò, inteso come cammino che prosegue, come “esodo” che è la parola biblica che sta ad indicare il cammino verso la “patria grande” della terra di Dio. Esodo, letteralmente, si dovrebbe leggere “uscita”. Uscita da che cosa? Certamente da quello che ritarda o che ancora non è l’approdo nel “noi” senza limiti di cui si diceva poco sopra. Perciò ogni stagione non è tanto traguardo quanto tappa e punto di partenza, non luogo di riposo ma trampolino di lancio. Non finisce la fatica del cammino. E si rinnova il fascino delle vette, quel “che siano perfetti nell’unità” che il Signore ha lasciato nel suo testamento come ambizione e traguardo del vivere cristiano. È questo il mistero pasquale della famiglia, il suo uscire e il suo entrare.
I salmi delle ascensioni, della salita alla “casa del Signore” ci hanno illuminato, accompagnato e confortato, proponendosi dolcemente come compagni e battistrada del nostro cammino che procede.
Indice anno |
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“Dall’io dell’individuo al noi di coppia” |
10 novembre 2007 |
Per pregare. Nel salmo 128, pieno di pace, gioia e luce, si può immaginare “la sconfinata letizia di quel primo paradiso, quando l’uomo aveva visto sorgere la donna dal suo stesso costato e aveva creduto che fosse soltanto un sogno dolce e senza mistero” (Parazzoli, Uccelli del Paradiso, Milano, 1982). Per riflettere. A volte, dopo anni di condivisione intensa e gratificante, si sperimentano spazi di solitudine nel pensare, nel decidere, nell’attesa inutile dell’affetto. A volte fa capolino l’interrogativo sottile e angoscioso sull’avere sbagliato, come se la propria scelta di sposarsi non avesse corrisposto ad una vera vocazione al matrimonio e alla famiglia che abbia a vedere con Dio. “Il punto che dobbiamo rendere credibile anche per la nostra stessa vita è che la sofferenza in diverse forme, fa necessariamente parte della nostra vita. È questa (della vita di coppia) una sofferenza nobile, direi. Occorre capire che il piacere non è tutto. Che il cristianesimo ci da gioia. Ma l’amore è anche sempre rinuncia a se stesso. Il Signore stesso ci ha dato la formula su che cosa sia amare; chi perde se stesso si trova; chi guadagna se stesso si perde. Esodo è quindi anche una sofferenza. La vera gioia è una cosa distinta dal piacere: la gioia cresce, matura sempre nella sofferenza in comunione con la croce di Cristo” (Benedetto XVI, al clero di Aosta, 25/7/05).
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Indice anno |
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“Dal noi di coppia al noi di famiglia più ampia” |
1 dicembre 2007 |
Per pregare. Il salmo 131 propone
un’unità non deprimente, come quella di un bambino che si lascia
allattare e svezzare. La gioia matura dell’ “anima svezzata” deriva
dall’esperienza dell’aver ricevuto dalla gratuità del seno materno, che
genera la fiducia piena fino all’abbandono della distinzione.
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Indice anno |
"Dal noi per noi al noi con i figli: come trasmettere ai figli la fede e i valori?” |
12 gennaio 2008 |
Per pregare: Salmo 127: Come la terra
è il segno dell’amore e della benedizione di Dio nello spazio, i figli
sono il segno della benedizione divina e della sua presenza creatrice
nel tempo. Sono un dono “teologico” dell’amore di Dio.
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Indice anno |
Festa della famiglia. |
3 febbraio 2008 |
Come ogni anno, in occasione della
giornata della Vita, si è riproposta la considerazione della scelta
matrimoniale come fondamento della famiglia. Il rinnovo delle promesse
coniugali ed il momento conviviale (l’insieme) indicano l’importanza di
fondarsi sulla roccia di Dio, e sulla comunione coi fratelli. |
Indice anno |
“Dal noi con i figli al noi con i figli che se ne vanno: dall’omologazione del branco alla educazione alla libertà” |
9 febbraio 2008 |
Per pregare. Salmo 124: Jahweh è il
vero protagonista del salmo. Come i monti circostanti abbracciano
Gerusalemme come una chioccia i suoi pulcini, così Jahweh con il suo
popolo: “lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio,
come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati”
(Dt 32,10-11). |
Indice anno |
Incontro-dibattito su |
23 febbraio 2008 |
Raimondo Scotto: “Orizzonti di
libertà”. Si è sviluppato un proficuo dialogo tra l’autore e gli
intervenuti (circa 250 persone, nell’auditorium S. Luisa all’Arco
Mirelli), aiutato anche da alcuni “espedienti” comunicativi (i power
point di canzoni attinenti, la possibilità di poter formulare le domande
in modo anonimo, la conduzione della serata da parte di giovani…) (ved.
foto della serata) |
Indice anno |
“L’adolescenza: l’educazione alla sobrietà felice: dal possesso alla relazione con l’altro” |
8 marzo 2008 |
Per pregare. Salmo 121: “Colui che
segna la loro via alle nuvole, all’aria, al vento, tesserà anche la via
per la quale il tuo piede può camminare” (Paul Gerhardt, ? 1676). |
Indice anno |
“Dal noi famiglia al noi società” |
19 aprile 2008 |
Per pregare. Salmo 126: L’itinerario
pedagogico e salvante di Dio ha la sua attuazione nella vicenda di
Israele: all’educazione paterna delle lacrime corrisponde la gioia della
purificazione, del perdono, della salvezza. Scrive Agostino: “la vostra
terra è la Chiesa: seminate quanto potete… Che cosa devi seminare? La
misericordia. E che cosa mieterai? La pace… Così dovete amare e dato che
in questa vita le cose buone si compiono attraverso dolori e pene, non
venite meno! Seminate tra le lacrime, mieterete con gioia!” |
Indice anno |
“Dal noi dell’intimità al noi dell’ospitalità” |
10 maggio 2008 |
Per pregare. Salmo 134: “Colmaci, o
Signore Dio nostro, delle benedizioni connesse alle tue feste; accordaci
vita e pace, gioia e soddisfazione secondo le tue promesse. Saziaci
della tua bontà, rallegraci con il tuo aiuto. Purifica il nostro cuore
perché possiamo servirti sinceramente... |
Inizio pagina |
I “passi” di Famiglie Insieme nel 2006-07 |
“Custodire la vita”
Quest’anno il tema scelto è stato: “FAMIGLIA: CUSTODE DELLA VITA”, in sintonia e in continuazione col messaggio di S.S. Benedetto XVI a Valencia, in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie. E' stata quindi proposta la riscoperta di uno dei pilastri del Matrimonio: la trasmissione e la valorizzazione della vita, in tutte le sue sfaccettature: amore di sé, rispetto, perdono, comunicazione, educazione, convivenza, condivisione.
La famiglia: custode della vita “Sua madre custodiva nel cuore tutte queste cose. E Gesù cresceva in età sapienza e grazia davanti agli uomini e davanti a Dio” (Lc. 2:31,32 ) |
|
11 novembre 2006 |
Custodire se stessi: volersi bene per volere bene |
16 dicembre 2006 |
Custodire il coniuge: perdonarsi a vicenda e ricostruire |
13 gennaio 2007 |
Custodire la famiglia: la riconciliazione in famiglia |
4 febbraio 2007 | GIORNATA DELLA FAMIGLIA |
10 febbraio 2007 |
Custodire i figli: condurli insieme nel mondo |
10 marzo 2007 | Incontro-dibattito con “esperti”: “La coppia che scoppia: i rimedi, la ricostruzione, l’abbandono, la consolazione della vicinanza, coniugi no ma genitori sì” |
14 aprile 2007 |
Custodire i figli: condurli insieme nel mondo |
12 maggio 2007 |
Custodire i nonni: pesante bagaglio o scrigno per la vita? |
16 giugno 2007 | GIORNATA INSIEME |
Premessa
Nella cultura profana e in quella biblica il verbo “custodire” significa “conservare, serbare con cura, difendere, proteggere, avere in custodia, sorvegliare, vigilare”.
Tutti questi significati possono essere intesi anche in senso figurato come custodire un impegno, una fiducia, un segreto…
Testo biblico per la riflessione, Gv 17,11-12:
“Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi”.
La parola “Padre” è titolo e motivo di fiducia. È la parola con cui inizia la preghiera che Gesù dona ai suoi. Quasi per dire che alla base di ogni fiducia che permette di accogliere una missione che coinvolga altri e di viverla con pienezza, c’è la certezza di essere amati nel cuore di Qualcuno in cui è la fonte e la possibilità di relazioni vere. Il primo atteggiamento che ci dobbiamo domandare è perciò quello di ascoltare, riflettere insieme e fare eventuali passi nell’atmosfera tersa di questa verità: Dio c’è ed è Padre.
In questa atmosfera Gesù domanda la vigilanza del Padre sui discepoli, la conservazione nel bene in cui si trovano per averlo accolto e seguito, la preservazione dai mali che li minacciano.
Indice anno |
“Amarsi per amare” |
11 novembre 2006 |
L’annuncio della Scrittura è che la
più grande e totale manifestazione dell’amore sta in Dio stesso, nel suo
farsi vicino alla persona e di persona, nel suo raggiungerla
preventivamente (cfr. Ger 1; Lc 1,15; Gal 1,15). |
Indice anno |
“Perdonarsi e ricominciare” |
16 dicembre 2006 |
Testo di
riferimento Col 3,12-15. |
Viene riportato il bel contributo che Fulvia Stellato, catechista di Piedigrotta, ha voluto farci giungere, dopo aver ascoltato l'annuncio dell'incontro del 16/12/06 , il cui tema è stato: "custodire il coniuge: perdonarsi a vicenda e ricostruire" . È anche questo un modo per partecipare alle nostre iniziative, e, considerato quanto ne è scaturito, sarebbe anche auspicabile, anche se... insieme sarebbe meglio. Anche perché Fulvia è ricorsa a ciò (lasciandoci peraltro qualcosa di più duraturo) perché era impossibilitata a venire . |
Devo dire che ascoltare il tema che vi eravate dati per il vostro periodico incontro di famiglie ha scatenato in me sentimenti contrastanti. Quando hai perso la "tua metà", "il tuo compagno", "tuo marito", sentir parlare dell'essere "custodi del proprio coniuge" può far sorgere sensi di colpa, può far pensare che non si sia assolto al meglio questo compito, altrimenti ciò che è successo non sarebbe successo. E così, si torna indietro col pensiero, si fruga nei ricordi, alla ricerca di qualcosa che ci possa rassicurare. Io ero custode di mio marito? Si, lo ero, e non solo negli ultimi tempi, quando la consapevolezza di poterlo perdere l'aveva reso, se possibile, ancora più prezioso ai miei occhi. Lo ero già a 16 anni, quando ci fidanzammo, e la differenza di età poteva far apparire me desiderosa di un surrogato di figura paterna. In realtà, già, istintivamente, cominciavo a frappormi tra lui e il mondo, per difenderlo dagli inevitabili colpi della vita, scoprendo, giorno dopo giorno, quel piccolo lato oscuro e fragile della sua personalità, trincerato dietro cumuli di ostentata forza e sicurezza, frutto di millenni di combinazioni genetiche e condizionamenti ambientali. Ogni tanto, periodicamente, delle repentine e brevi tempeste infuriavano, lasciandoci poi stupiti di come ci fossimo lasciati trasportare dalla collera per motivi futili, o, comunque, facilmente superabili. Ero custode quando imparavo ad amare i difetti ed i limiti allo stesso modo della bellezza, della cultura e dell'ironia tagliente come un rasoio; lo ero quando perse la madre e, poi, nel corso degli anni, i due fratelli: il suo dolore fu il mio dolore e cominciò la mia lotta quotidiana contro la disperazione ed il senso di predestinazione che lo attanagliava. Era una lotta con le unghie e con i denti per tener vivo in lui l'amore per la vita: le gioie di figli meravigliosi, le coccole in quantità industriale, l'assuefarmi ai suoi finti maltrattamenti (tesi a dimostrare che "lui non si era fatto mettere sotto dalla moglie giovane"), il seguirlo costantemente, tutto era volto ad alleviare le sue pene e a permettergli di superare al meglio le sue paure, nascoste e mai espresse, ma radicate dentro di lui. Ero custode della nostra passione: l'ho coltivata, alimentata, accresciuta fino all'ultimo giorno della sua vita terrena e non ho mai capito come si possa dire che essa, col tempo, possa andare a scemare, o trasformarsi in qualcosa di tiepido od insipido. C'é da chiedersi come si possa sopravvivere alla perdita di un amore così grande: in realtà ho fortemente rischiato di non riuscirci, ma varie componenti hanno contribuito a rimettermi sul tram della vita, dal quale avevo deciso di scendere definitivamente. Prima di tutto l'amore di Dio che si è manifestato a me in maniera incredibilmente forte. Ho, ancora oggi, la sensazione quasi fisica che il Signore mi stia portando in braccio, insegnandomi che, la sua infinita grazia può contenere tutto: una sofferenza inenarrabile e l'immensa gioia di essere figli suoi. Poi c'è l'amore dei miei figli, due doni che hanno illuminato le nostre vite, dando loro un senso compiuto, una ragione d'essere. Essi sono "amore incarnato", alla stregua di Cristo, "Amore incarnato" del Padre, e ciò basterebbe a rendermeli cari oltre ogni dire. Ma io ho l'incredibile privilegio di poterli guardare come persone degne di rispetto ed ammirazione e non basta una vita per ringraziare Dio di un simile dono. Infine, è stato Bruno stesso a darmi la forza di andare avanti, con alcune sue frasi, pronunciate in tempi, per me non sospetti, che sono state letteralmente un viatico per la mia seconda vita (come la chiamo da due anni in qua). Un giorno, pochissimo tempo prima di morire, mentre eravamo a pranzo, ed io lo guardavo nascostamente, come amavo fare, mi ha detto queste parole: "Stai troppo intorno a me, devi crearti nuovi interessi, perché io tra poco me ne vado!" In un'altra occasione, in cui mi lamentavo un po' di quanto poco si ricordassero del mio aiuto coloro che ne avevano usufruito, mi disse: "Io, io ho capito tutto quello che hai fatto per me!" Ecco, queste parole sono l'ossigeno che mi ha aiutato a respirare negli ultimi due anni. E, dunque, sono stata custode di mio marito? Lo spero tanto, pur nei limiti strettissimi posti dalla nostra umanità. Sono ancora custode di mio marito? Si, soprattutto ora che siamo non più due corpi ed un'anima sola, ma due anime in un sol corpo. Sono una teca vivente che custodisce una reliquia, un ricordo; sono una sorta di calice nel quale si fa memoriale di lui e anche se, paradossalmente, il Signore mi facesse dono di un nuovo amore, nulla mi priverebbe di questo ruolo del quale non Lo ringrazierò mai abbastanza: essere custode del mio Bruno. |
Indice anno |
“La riconciliazione in famiglia.” |
13 gennaio 2007 |
Testo di riferimento: Ef 5,25-27. |
Indice anno |
“Custodire i figli.” |
10 febbraio 2007 |
Testi i riferimento:
“L’esperienza quotidiana ci dice che
educare alla fede non è un’impresa facile. Oggi, in realtà, ogni opera
di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla
perciò di una grande «emergenza educativa», della crescente difficoltà
che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori – base
dell’esistenza e di un retto comportamento … In una società e in una
cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo, viene
a mancare la luce della verità e si finisce per dubitare della bontà
della vita e della validità dei rapporti e degli impegni che la
costituiscono… In un simile contesto l’impegno della Chiesa per educare
alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Signore Gesù assume più
che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in
cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine
alla sfiducia e a quello strano «odio di sé» che sembra diventato una
caratteristica della nostra civiltà… In un mondo in cui l’isolamento e
la solitudine sono condizione sempre più diffusa, diventa decisivo
l’accompagnamento personale che dà a chi cresce la certezza di essere
amato, compreso e accolto. Il giovane di oggi conserva dentro di sé un
grande bisogno di verità: è aperto quindi a Gesù Cristo che, come ci
ricorda Tertulliano «ha affermato di essere la verità, non la
consuetudine»” (Benedetto XVI al Convegno Diocesano di Roma – 11/6/07). |
Indice anno |
“L’amore malato – La coppia che scoppia” |
10 marzo 2007 |
Vedi resoconto dell'incontro |
Indice anno |
“Custodire gli anziani” |
12 maggio 2007 |
Testi i riferimento:
“L’esperienza quotidiana ci dice che
educare alla fede non è un’impresa facile. Oggi, in realtà, ogni opera
di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla
perciò di una grande «emergenza educativa», della crescente difficoltà
che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori – base
dell’esistenza e di un retto comportamento … In una società e in una
cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo, viene
a mancare la luce della verità e si finisce per dubitare della bontà
della vita e della validità dei rapporti e degli impegni che la
costituiscono… In un simile contesto l’impegno della Chiesa per educare
alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Signore Gesù assume più
che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in
cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine
alla sfiducia e a quello strano «odio di sé» che sembra diventato una
caratteristica della nostra civiltà… In un mondo in cui l’isolamento e
la solitudine sono condizione sempre più diffusa, diventa decisivo
l’accompagnamento personale che dà a chi cresce la certezza di essere
amato, compreso e accolto. Il giovane di oggi conserva dentro di sé un
grande bisogno di verità: è aperto quindi a Gesù Cristo che, come ci
ricorda Tertulliano «ha affermato di essere la verità, non la
consuetudine»” (Benedetto XVI al Convegno Diocesano di Roma – 11/6/07). |
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“Giornata insieme.” |
16 giugno 2007 |
“Una cosa è certa: insieme alla gratitudine di quella prima Chiesa di cui parla S. Paolo, ci deve essere anche la nostra, poiché grazie alla fede e all’impegno apostolico di fedeli laici di famiglie, di sposi come Priscilla e Aquila il cristianesimo è giunto alla nostra generazione. Poteva crescere non solo grazie agli apostoli che lo annunciavano. Per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l’impegno di queste famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l’«humus» alla crescita della fede. E sempre, solo così cresce la Chiesa. In particolare, questa coppia dimostra quanto sia importante l’azione degli sposi cristiani. Quando essi sono sorretti dalla fede e da una forte spiritualità, diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa” (Benedetto XVI, udienza 7/2/07). |
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2005-06 |
Gli incontri di FAMIGLIE INSIEME dell’anno 2005-06 , come concordemente si è notato nell’incontro di verifica del 2 giugno 2006, sono stati di una particolare intensità e hanno notevolmente contribuito alla crescita in comunicazione e fratellanza fra i partecipanti.
Essi sono stati preparati da un’ “equipe” che ha tracciato un programma per tutto l’anno; inoltre una coppia, verificandosi con don Giovanni, provvedeva volta per volta all’introduzione dell’incontro tramite il racconto di esperienze e la comunicazione di riflessioni, così da tentare di costruire una “comunione” di vita. Sono stati momenti bellissimi di condivisione, completati dalla riflessione curata da don Giovanni, che prendeva spunto dal brano biblico proposto.
Rimangono nella nostra memoria e nel nostro cuore queste condivisioni, e non avendo la possibilità di trascriverle, almeno si è pensato di riportare gli spunti di riflessione di don Giovanni, come memoria per chi ha partecipato, come invito all’approfondimento per chi fosse interessato alle tematiche, come impegno per tutti.
La speranza oltre i fallimenti “da Lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc. 6,19)
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28 ottobre 2005 |
Incontro preparatorio |
12 novembre 2005 |
la motivazione (Gen 29,20) |
10 dicembre 2005 |
Incontro dibattito con esperti: “c’eravamo tanto amati” ovvero La coppia che scoppia |
14 gennaio 2006 |
oltre l’innamoramento (Ct 8, 6-7) |
5 febbraio 2006 |
Festa della famiglia |
11 febbraio 2006 |
i figli: fine o alibi? (1 Sam 1. 8) |
11 marzo 2006 |
quale priorità? La libertà dai condizionamenti (Pr 5. 18-19) |
26 marzo 2006 |
FILMINSIEME: "Un bacio appassionato" |
1 aprile 2006 |
il dono alla comunità umana (Ef 5. 21-24) |
13 maggio 2006 |
la sfida della Provvidenza 1 Cor 7. 32 |
2 giugno 2006 |
GIORNATA INSIEME - vedi resoconto |
Indice anno |
“Incontro preparatorio” |
28 ottobre 2005 |
Annamaria e Carlo, Rosalba e Gigi,
Mariarita e Guido, Don Giovanni
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Indice anno |
“La motivazione nella coppia” |
12 novembre 2005 |
Conducono: Annamaria e Carlo
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Indice anno |
“L’amore oltre l’innamoramento” |
14 gennaio 2006 |
Conducono: Rosalba e Gigi
Riferimento biblico: 1 Pt 3,1-7 “Ugualmente voi,
mogli, siate sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di
credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di
parole, conquistati considerando la vostra condotta casta e rispettosa. Il
vostro ornamento non sia quello esteriore – capelli intrecciati, collane d’oro,
sfoggio di vestiti -; cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore
con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace; ecco ciò che è prezioso
davanti a Dio. Così una volta si adornavano le sante donne che speravano in Dio;
esse stavano sottomesse ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abramo,
chiamandolo signore. Di essa siete diventate figlie, se operate il bene e non vi
lasciate sgomentare da alcuna minaccia.
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Indice anno |
“FESTA DELLA FAMIGLIA” |
5 febbraio 2006 |
Il 5 febbraio 2006 dalle 10,30 in poi in occasione della Giornata per la Vita, si è svolta la FESTA DELLA FAMIGLIA, che negli altri anni veniva proposta la domenica tra Natale e Capodanno, il che non è stato nel calendario del 2005. Dopo la Messa delle 10,30 nella quale si sono rinnovate le promesse coniugali, si è stati insieme, giocando, pranzando, cantando, come le altre volte, contribuendo alla costruzione di una famiglia di famiglie, forse con minor coinvolgimento rispetto le passate proposte, ma con la stessa gioia.
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Indice anno |
“I figli, fine o alibi?” |
11 febbraio 2006 |
Conducono: Mariarita e Guido.
Riferimento biblico: 1Sam 1,8: “Anna, perché piangi?
Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?” Dalla considerazione tradizionale del matrimonio come contratto, inscindibile e perciò indissolubile, che resta anche quando l’amore finisce perché su di esso non hanno potere né i contraenti né l’autorità, la luce della riflessione teologica conduce all’approfondimento. Se il matrimonio è l’evento dell’alleanza di Dio con il suo popolo, di Cristo con la Chiesa, il sì senza ritorni di Dio esige un sì senza ritorno dall’uomo. Allora il matrimonio tra battezzati è di questa natura. È sacramento, cioè un’azione di salvezza di Gesù. Conseguenze:
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Indice anno |
“Quale priorità? La libertà dai condizionamenti” |
11 marzo 2006 |
Conducono: Francesca e Maurizio. Riferimento biblico: Pr 5,18-19: “Trova gioia nella donna della tua giovinezza: cerva amabile, gazzella graziosa, essa s’intrattenga con te; le sue tenerezze ti inebrino sempre; sii tu sempre invaghito del suo amore”.
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Indice anno |
“La coppia: un dono alla comunità” |
1 aprile 2006 |
Conducono: Rosalba e Gigi, Maria e Carmine. Riferimento biblico: Ef 5,21-24 “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è il capo della moglie come anche Cristo è il capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto”.
La coscienza della vocazione a testimoniare la relazione d’amore che Dio è in se stesso, porta al passaggio dalla mentalità della salvaguardia etico-sociale dei rapporti nella fedeltà e nell’indissolubilità, alla coscienza di segno, manifestazione, almeno parziale, del rapporto che la Chiesa ha con Cristo, come Sposa. Perciò tale passaggio è uno dei modi concreti, diretti, per ossevare, capire e vivere la Chiesa.
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Indice anno |
“La sfida della Provvidenza” |
13 maggio 2006 |
Conducono: Mariarita e Guido. Riferimento biblico: 1Cor 7,32 “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni”
La lezione della quotidianità:
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I “passi” di Famiglie Insieme nel 2004-05 |
Lasciamoci vivere dalla Parola “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1).
Il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei fa memoria
degli antenati: “per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona
testimonianza” (ivi).
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17 novembre 2004 |
Il sogno di Dio sulla coppia (i due saranno una sola carne…Adamo ed Eva) |
10 dicembre 2004 |
La preparazione alla vita di coppia (Maria e Giuseppe promessi sposi) |
26 dicembre 2004 |
giornata della famiglia |
8 gennaio 2005 |
L’amore oltre i legami di sangue (Rut) |
22 gennaio 2005 |
incontro-dibattito «famiglia e territorio» |
12 febbraio 2005 |
La trasmissione dei valori (Gioacchino ed Anna: la santità cresce in una famiglia santa) |
12 marzo 2005 |
Le difficoltà, i contrasti in famiglia: (Giuseppe e i suoi fratelli) |
9 aprile 2005 |
incontro di preghiera |
14 maggio 2005 |
Una famiglia di famiglie, la comunità: Atti degli Apostoli |
12 giugno 2005 |
giornata insieme di verifica e di programmazione |
Indice anno |
“Il sogno di Dio sulla coppia” |
17 novembre 2004 |
I due saranno una sola carne…Adamo ed Eva Il credere alla possibilità che un altro da sé possa aiutare a superare la solitudine personale con la sua diversità non subalterna ma “in relazione”; nella prima coppia abbiamo capito che l’umanità si realizza nell’unità tra i due, in ogni vocazione, che domanda in modo radicale di pensare la vita come un dono di reciprocità. |
Indice anno |
“La preparazione alla vita di coppia” |
10 dicembre 2004 |
Maria e Giuseppe promessi sposi Questa reciprocità è preparata nella dimensione umanissima dell’incontro. Essere accanto all’altro come colui che parla di sé, che si dice all’altro così come Dio dice a ciascuno, è quello che abbiamo visto in Maria e Giuseppe. Abbiamo compreso l’errore dell’appartenenza possessiva, e l’importanza di “parlare al cuore” dell’altro nella vita di coppia e di famiglia. |
Indice anno |
“Giornata della famiglia” |
26 dicembre 2004 |
Come da consuetudine da 6 anni ormai: rinnovo delle promesse matrimonali nella messa delle ore 10,30 e quindi pranzo, gioco e canti insieme. Grande possibilità di aggregazione e crescita in fraternità. |
Indice anno |
“L’amore oltre i legami di sangue” |
8 gennaio 2005 |
Rut |
Indice anno |
“Incontro-dibattito «famiglia e territorio»” |
22 gennaio 2005 |
Con la partecipazione di “esperti”,coordinati da Angelo Abignente, giurista. Sostanzialmente sono state riportate esperienze di positività in un contesto estremamente difficile, quale quello della nostra città, così ad es. a Scampia (Enrica Morlicchio Sociologa), nella prevenzione giovanile (Giulio Maggiore Responsabile Centro Shalom), nella scuola (Anna Rita Quagliarella Dirigente scolastico), nelle strutture del territorio (dal Consultorio familiare del territorio: Silvana Lucariello Psicologa e Silvana Raiano Neuropsichiatra infantile) . |
Indice anno |
“La trasmissione dei valori” |
12 febbraio 2005 |
Gioacchino ed Anna: la santità cresce
in una famiglia santa |
Indice anno |
“Le difficoltà, i contrasti in famiglia” |
12 marzo 2005 |
Giuseppe e i suoi fratelli |
Indice anno |
“Incontro di preghiera” |
9 aprile 2005 |
Intensa occasione per essere uniti nel Signore, cercando di costruire una comunione di anime |
Indice anno |
“Una famiglia di famiglie, la comunità:” |
14 maggio 2005 |
Atti degli Apostoli |
Indice anno |
“Giornata insieme di verifica e di programmazione” |
12 giugno 2005 |
Nella prima parte don Giovanni ha
riportato la sintesi degli incontri “Lasciamoci vivere dalla Parola”, e
subito si è pensato di “fermarla” e trasmetterla; così si utilizzerà lo
spazio per le famiglie nel sito internet di Piedigrotta, per lasciare
traccia dei nostri “passi” nella vita di famiglia. Durante la S. Messa,
nel corso della quale don Giovanni ha fatto riferimento alla vita
matrimoniale, ha riportato , tra l’altro, le parole del S. Padre: |