Capitolo Trentasette

                                                                       Nozze e Amore

 

 

 

Piton non aveva chiuso occhio...

Una voce risuonò per la casa.
- A tavola la colazione è pronta... -
Era Gwillion, chiaramente Gwillion. Che forse aveva chiuso occhio. Ma per poco. E stava ai fornelli già da quasi un' ora.

- Buongiorno! - disse Severus.

- Ho fatto le crepes! Piatto tipico bretone... solo che a me piacciono soltanto con la nutella... e proprio non ne ho trovata... chissà perchè... -

- Chissà perchè... - sorrise Severus.

- Tanto fame non ne ho... ma perchè gli altri non vengono? -

- E chi lo sa... ma non è meglio che... ma lo sposo non deve vedere la sposa prima del matrimonio!- e Severus si allontanò in fretta e furia...

- Non la deve vedere con l' abito! O almeno questo è il mio punto di vista... possibile che ci stiamo rimbecillendo tutti quest' oggi? -
- Fosse solo quest' oggi... sorellina. -
Sussurrò Raistlin con un sorriso.

Severus stava ridendo oltre la porta, rideva e non voleva smetterla...

- Soffocherà così... -
- Io avrei una lucertola da imprestargli... gentile dono della Dama Verde. -

- Stai attento a non soffocare tu prima! - strillò Severus.

- Che cognato sei andato a pescarmi sorellina... -

- Idiota! - strillò Severus da dietro la porta, e rientrò
- Ebbene... eccomi. Non sopportavo le vostre chiacchiere maligne... -

- Chiacchiere maligne? La mia era solo una constatazione. - Raistlin fece un sogghigno - Che vuoi questa situazione è strana anche per me... specie se penso alla mia VERA sorella... -

Severus sorrise, non aveva voglia di essere cupo, no, non oggi... oggi sarebbe stato gioviale.
- Uff... a tavola! Che qui si fredda... -
Tornò a dire Gwillion.

Severus si servì ancora - Io credevo che cucina, grembiuli e cose del genere non ti piacessero... -

- Cucinare mi piace... è lavare le scodelle sporche che detesto... ma oggi farei anche questo pur di far passare più in fretta il tempo, temo. -

- Buongiorno! - esclamò Mac entrando.
- Hai fretta di sposarmi? - stava dicendo Severus - Oh... buongiorno... -

- Crepes per colazione... e Mac... poi dovresti venire con me... -

- Crepes? Ottimo... ci fosse solo la nutella... - sospirò Mac - Certo poi verrò con te! Sono agitata! Figurati tu! Ah! E tu Raist...come va la tosse? -
- Meglio. Che sia merito della lucertola? -
Gwillion frattanto saltellava qua e là per la stanza... spostando i vari barattoli di marmellata che aveva trovato.
- Sembra che oggi ci sia una epidemia di isteria collettiva... - commentò Mac guardando Gwillion.
- Un'epidemia di felicità... - mormorò Severus - Prego, ridete pure perchè lo ho detto io... -
- Dubito che ci sia una persona normale tra noi... - rincarò Mac.
- Credo anche io... - affermò Severus.

- Mac... -
Gwillion guardava l' altra con espressione implorante.

- Oh, forse è meglio lasciare questi uomini alle questioni da uomini! Perchè non andiamo di là?- chiese Mariacarla - Suvvia Gwillion... io vado di là... vieni con me? – e faticò a trattenersi dal ridere.
- Eh sì che vengo... fiori - sussurrò la ragazza non appena furono nell' altra stanza - vorrei andare nel bosco a cogliere dei fiori... ma sarà prudente? -

- Oh, quello voleva essere il mio regalo... ma fa nulla. Andiamo... facciamo in fretta e torniamo,  no? -

- Non so... forse dovremmo andare più tardi... o i fiori appassiranno prima del tramonto... -
- Fiori per cosa? -
Era Yann Choveloù.
- Mi sposo, - annunziò la giovane - e sei invitato. -
- Oh grazie... ed io che credevo di avere notizie importanti... -

- Che notizie? - chiese Mac.

- Un invito a Fort Lalatte, tra due giorni. Un ricevimento. E di sicuro il vecchio Lalatte sarà lieto se porto con me degli stranieri venuti da tanto lontano. -

- Oh, che bello! - esclamò Mac - Non trovi, Gwill? -

- Splendido! -
- Sì, splendido, a parte la presenza di Mademoiselle Lalatte e del suo beniamino... Berengaire... di cui purtroppo avete già sentito parlare. -

-Sarà comunque interessante...- valutò Mac, e pensava che l'occasione era ottima.
- Bisognerà dirlo agli altri... ci pensate voi messer menestrello. -
- A dire il vero io sarei un bardo... ma poichè non volevi offendere farò finta di nulla. Specie nel giorno del tuo matrimonio poi... -

Mac ridacchiò.
- E intanto noi andremo a cogliere fiori... -

- Un' altra cosa Mac... - fece Gwillion in un sussurro - sta attenta a padre Alèn. Choveloù ci ha detto che era rimbambito... ma non quanto! Stanotte... mi sono svegliata verso le quattro... e lui si era coricato nel mio letto... abbracciato ad una bottiglia! ecco perchè mi sono precipitata in cucina. Ma non dirlo a Severus, mi raccomando. -

- Oh, Santi Numi! Ma sei matta?! Perchè non hai chiuso la porta a chiave?! Cosa ti dice il cervello, Gwill! Restare con la porta aperta... oh... quel maniaco ubriacone... -
- Non so se l' hai notato. Ma le porte NON hanno serratura. -

- Beh... potevi trascinare un mobile davanti alla porta! Insomma dico... stanotte lo andrò a legare come un salame quel tizio! -

- Stanotte avrò chi mi difende, credo. Ma forse legare il parroco non sarebbe una cattiva idea... per il suo stesso bene... -

Mac rise - Oh, guarda quei fiori... sono azzurri... non credi che sarebbero quanto mai adatti? Inoltre potremmo farne una coroncina... se ti va. -

- Intanto mettiamoli in questo vaso... con l' acqua. Alla coroncina ci avevo pensato anch' io... ma non sono capace! -

- Oh, la faccio io! Splendido! Sarà quello il mio regalo... almeno finchè non riusciamo a tornare a casa e posso procurarmene uno migliore! -

- A casa... forse allora non penseremo più a scambiarci regali. -
Mormorò la giovane con un sospiro.

- Beh, riprenderemo la guerra... dopo il regalo di nozze. Almeno la civiltà! - Mac rise.

- I buoni salva vita sono compresi nelle liste nozze allora! -

- Finiremo per fare umorismo nero! Non credi che i fiori possano bastare adesso? -

- Corone di fiori... -

- Ma smettila! E nel caso... affida a me l'epitaffio sulla tua tomba! -

- Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa non è il tulipano
Che ti fan veglia dall' ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi... -
Cantò la giovane. Poi rise. - E l' epitaffio... cosa scriveresti? -

- Oh, tu e le tue canzoni! L'epitaffio... mi verrebbe in mente in caso di tuo decesso... ma non è il caso di pensarci non adesso, non ancora... e poi, in fin dei conti, potresti essere tu a scrivere un epitaffio sulla mia tomba... -

Gwillion rabbrividì. E non disse nulla.
- Guarda... - fece poi - Una casetta fra gli alberi... non è deliziosa? -

- Si, molto bella! Sembra una di quelle casette da fiaba! -

- Io quasi quasi andrei a dare un' occhiata... -

- Si, perchè no? Chissà di chi è... -

Trovarono una vecchia intenta a filare. Che rivolse alle due ragazze un sorriso sdentato. E biascicò qualche parola in quello che certo non era francese.

- Buonasera, signora... - disse Mac, e guardò Gwillion.
- Capisci? -

- No che non capisco... parlerà bretone... -

- Già... potremmo comunicare a gesti, tu non pensi? Oh, no, vero? Peccato...

- Chissà se il tuo Signore la capisce... insomma tra Avalon e Nantes sembra avere una certa conoscenza del mondo celtico.

- Il mio Signore...potrebbe essere... -

Gwillion intanto continuava a fare gesti e sorrisi alla vecchia.
- Forse adesso faremmo meglio a tornare indietro. -

- Forse si... arrivederci signora! Torneremo a trovarla! Le lascio un po' di fiori... - e Mac infilò alcune margherite in un vaso - A presto! -

- Sai che è tardi... il sole è alto nel cielo... deve essere almeno mezzogiorno... saranno furiosi con noi... -

- Ma no... spero di no... corriamo a casa, allora! -

- Ci sono una miriade di canzoni popolari che hanno come soggetto la sposa rapita il giorno delle nozze... ma nessuna parla della sua testimone, credo! Quindi finchè siamo insieme... -

- Finchè siamo insieme... dovrei rassicurarmi, no? Beh... chissà che diranno gli altri... secondo me nemmeno se ne sono accorti... o forse… si! -

- Finalmente vi ho trovate! - fece Lord Voldemort in quel momento raggiungendo le due giovani - Ma sapete che lo sposo novello avrebbe avuto una crisi isterica se qualcuno non lo avesse inondato di sonnifero? -

- Raistlin ha addormentato Severus? Sarà di cattivo umore dopo... noi coglievamo innocentemente fiori! Ed abbiamo trovato una casetta bellissima, e una vecchia signora che parla bretone! -

- Dovremo andarci insieme allora, mia cara, oltretutto nella canonica stiamo un po' stretti... potremmo affittarci un angolo tutto per noi da qualche altra parte.... -

- L'idea... mi tenta, mio Signore! Ma adesso è decisamente ora di tornare a casa... e di cominciare a preparare ogni cosa... -

Voldemort sorrise, e annuì appena.

 

Per diverse ore tutti si affaccendarono perchè quella sera le nozze andassero nel modo migliore. Mac aveva aiutato Gwillion, e Severus non aveva fatto altro che, una volta finito l'effetto del sonnifero, andare avanti e indietro, e ricontrollare l'anello che avrebbe dato a Gwillion. Alla fine lo aveva lasciato a Voldemort... e gli aveva richiesto cento volte se non lo avesse perso.
Severus aveva cercato di darsi un tono, nelle sue vesti d'epoca, rigorosamente nere... ma l'agitazione non era riuscito a frenarla... e continuava ad andare su e giù, innervosendo chiunque lo vedesse...
- Sembra l'ora... - disse Mac a Gwillion, e sorrise.

 

Era giunta mattina... dopo un sonno ristoratore Silvia era scesa per fare colazione, unendosi a Barthy e Sirius, che, al contrario, non sembravano aver passato una bella nottata...

- Buon giorno, miei fedeli intendenti! - disse sorridendo - Avete dormito bene? -

Barthy sospirò - Notte stupenda la mia! -

- E' al giorno di oggi che dobbiamo pensare adesso. -
Fece Black.

- Vi siete fatti venire in mente qualcosa? Io sinceramente non saprei proprio che pesci pigliare... -

- Esatto... - sospirò Barthy, bevendo latte di malavoglia.

- Silenzio... entra il nostro amico... -

In quel momento, tre soldatacci si fecero largo nella taverna, fissando gli avventori ed imponendo silenzio.
Pochi secondi dopo Berengaire faceva il suo ingresso.
Non indossava i pesanti paramenti sacri, ma una pesante croce d'oro dava bella mostra di sè al suo collo.
Barthy lo fissò. Era uno sguardo ostile... e Black non era da meno.
Ma Berengaire neppure li notò. Percorse la taverna con lo sguardo e... individuò Silvia...

Silvia vide entrare Berengaire e una sensazione spiacevole la pervase lungo tutto la schiena.... cercò sotto il tavolo la mano di sirius, per darsi un po' di conforto.....

Berengaire, con addosso gli occhi di tutta la taverna, si diresse al tavolo dei tre stranieri. Quando l'ebbe raggiunto, alzò la mano ed impartì una benedizione. Poi rimase come in attesa... Barthy comprese e si segnò, chinando poi la testa in atteggiamento reverente, ed alzandosi, poichè non sarebbe stato confacente restar seduto mentre Berengaire era in piedi. O almeno era questo ciò che il santo uomo si attendeva.
Berengaire sorrise a Barthy e poi si concentrò su Silvia.
- Non ci hanno presentati... - disse - Signora... -

- Mi chiamo Beatrice da Biancanube signore, onorata di fare la sua conoscenza... - disse Silvia con le gambe che le tremavano... calmati si disse fra sè, anche se sembra che voglia spogliarti con gli occhi non può essere certo peggiore di Voldemort, e se non sei svenuta davanti all'Oscuro, non avrai paura di un semplice prete....

- La Duchessa di Biancanube! - aggiunse Barthy.
- Ho saputo che avete perso i vostri averi in un agguato... non mi dissero così i vostri intendenti? - chiese Berengaire - E, perdonate, Duchessa, io sono Berengaire...apostolo di Dio in questa sperduta e contorta regione... -

- In effetti sì, come i miei intendenti le hanno giustamente detto, siamo stati derubati. Anzi, colgo l'occasione per ringraziarla di averci prestato le cavalcature, siete stato davvero molto gentile... - disse Silvia.

- Dovere, Milady... dovere. Purtroppo la repressione non è mai troppa con i delinquenti... e con le forze del male... -

- Adesso vorrei trovare un modo per sdebitarmi della vostra cortesia, se fosse possibile... -

- Signora... non v'è motivo... ma... tra due giorni, a Fort Lalatte vi sarà un ricevimento... e se verrete, perchè il nobile Lalatte sarà certo lieto di ricevere una Duchessa, mi potrete narrare del vostro viaggio. E non ci sarebbe ricompensa migliore di questa. Accetterete? -

Silvia lanciò un fugace sguardo verso Barthy e Sirius per chiedere conferma di quello che avrebbe dovuto fare...

Black fece appena un fugace cenno d' assenso. La situazione non gli piaceva... ma forse coltivarsi l' amicizia dell' inquisitore era... il male minore.

- Allora va bene, l' invito mi risulta molto gradito... conoscerò il nobile Lalatte molto volentieri... così avremo tempo di discorrere con calma... -

- Allora la aspetto... con i suoi attendenti... - Berengaire si alzò.

- Allora ci vediamo fra due giorni, aspetterò... impaziente... - disse Silvia.

 - Impaziente... mai quanto me. Che la benedizione di Nostro Signore sia con voi... - e si allontanò.

 - Uff mai conosciuto un tipo più viscido di quello... o forse sì, uno... - ma Silvia si frenò per non offendere Barthy.
- Beh io salirei in camera a sistemare alcune cose, ci vediamo dopo... - e lanciò un'occhiata significativa a Sirius, sperando che la raggiungesse.

Con tutta probabilità non era sensato, con tutta probabilità non era prudente, ma non passarono più di dieci minuti prima che Black raggiungesse la giovane. E lasciò dietro la porta il vago senso d' imbarazzo che covava in fondo all' animo.

 

- Non dirmi altro... quasi non riesco a parlare... dovrei mandare un fiore azzurro a Severus da mettere all' occhiello o credi che non lo gradirebbe? - disse Gwillion.

- Ti confesso che... non credo sia il caso, non so... il fiore azzurro su Severus stona... forse dovrei andare a controllare che siano tutti pronti in chiesa... -

- Bianco allora? O forse è proprio meglio niente? Perdonami se straparlo... -

- Meglio niente direi! Parla pure... io, al mio matrimonio, stavo per saltare addosso alla fata Morgana... per la gioia! -

- E come ci vado all' altare, sola... -
Il volto della giovane divenne triste per un istante, pensando ai genitori lontani.

- Beh... potrebbe accompagnarti Voldemort... se non ti orripila l'idea... o il bardo! Non si deve essere tristi il giorno delle nozze! -

- Voldemort deve stare accanto allo sposo. E il bardo è uno sconosciuto. Potrebbe sorprendersi per una simile richiesta. -

- Beh, hai proposte? Che si può fare? -

- Andrò da sola... in fondo che importa? -

- Mi dispiace... non so far materializzare un accompagnatore, mi spiace davvero. Ma vedila così... avrai la scena tutta per te! La star! -

- Un angelo caduto dal cielo... - fece Gwillion e sorrise - della genia degli angeli ribelli, immagino.

Mac ridacchiò - Esatto. Ma insomma... è ora! Scusa se lo ripeto, ma... è ora! -

 

Era notte. Era buio. Draco dormiva. O forse no... forse era ancora sveglio. Eppure... vedeva qualcuno accanto al suo letto. Una figura che gli era familiare. Se stesso.
- Certo proprio non credevo che avrei fatto... una simile fine. -
- Mi trovi patetico, è questo che vuoi dire? -
- Sai cosa voglio dire. Tu mi conosci bene. Sono io che non riesco... non riesco davvero a comprendere te. -
- Non c' è nulla da comprendere. -
- Lo credi davvero? - lo spettro assunse un' espressione sprezzante - Non voglio essere un assassino... sono solo, non ho amici... -
E pronunciò quelle frasi con un tono piagnucoloso che avrebbe dato il voltastomaco a chiunque. Al ragazzo sdraiato sul letto almeno lo diede.
- E' la verità. Non voglio essere un assassino. -
- Peccato che tu già lo sia. Non è un po' tardi per i pentimenti? -
- E allora perché... -
- Perché sono tutti così disposti a farti credere il contrario? E' ovvio, Draco, perché fa loro comodo così. -
- E se anche fosse? Per me non avrebbe comunque importanza. -
- Per te... ma io non conto nulla? Io sono più forte. Lo sono sempre stato. E adesso mi riprenderò ciò che è mio. Mi ci vuol così poco per distruggerti... -
- Provaci allora! -
La figura evanescente sorrise. Un sorriso crudele. Il mio sorriso... si trovò a pensare Draco inorridito.
- Basta davvero poco... un pugnale. -
Draco sentì il sangue gelarsi nelle vene mentre la forma solida di un' arma prendeva consistenza nella sua mano.
- E per quale motivo dovrei... -
- Perché io sono te. E controllo la tua mente. -
- Non è vero. Non è vero... -
- Potrai dirlo ancora quando il pugnale sarà macchiato di sangue? E non devi andare nemmeno tanto lontano per cercare le tue vittime. -
- Io non ucciderò nessuno piuttosto... -
- Piuttosto te stesso? - fece l' altro con uno strano sorriso - Allora aveva proprio ragione Victor Lestrange nel dire che sei... prevedibile. E tu rinunci al potere e alla magia e forse anche alla vita per cosa? -
Draco non seppe cosa rispondere. E poi sentì il pugnale che lo trascinava... chiuse gli occhi inorridito. Urlò. Sentì il pugnale che affondava... nel legno di un mobile. Urlò di nuovo. Aveva voglia di fuggire.

Fred e George scattarono a sedere.
- E ora che succede? - strillò Fred, ma gli occhi di George erano fissi sulla strana luce che emanava dal medaglione di Draco... una luce maligna.

- Andatevene! Statemi lontano... sono... pericoloso! -
Strillò Draco. Mentre sentiva la sua mano che tornava a posarsi sopra il pugnale. Come se avesse volontà propria.

- Non ti lasciamo di certo! -
- Fred, dobbiamo fermarlo! -
I gemelli si avvicinarono circospetti... era chiaro che l'amico avesse subito un maleficio...

- Che sciocchi... sarà ancor più facile ucciderli. -
- Io non voglio... -
- Tu non vuoi? Tu non vuoi? -
La voce dell' altro, carezzevole nel suo orecchio era piena di scherno.
- Tu hai solo paura di scoprire che lo vuoi invece. Perché non hai il coraggio di assumerti la responsabilità delle tue azioni. Altro che eroismo e buoni sentimenti. La tua è solo paura. Ma io... posso rimediare. -
Uno schiocco di dita. E il piacere del sangue... il gusto della malvagità invasero il giovane. Erano sensazioni che aveva già provato in fondo anche se mai così forti. Ma non riusciva a negare che fossero sue. Il gusto di far provare agli altri il proprio potere. Ecco cos' era. Ed era costretto a riconoscerlo come proprio. Il pugnale scivolò nella sua mano. E Draco non aveva nemmeno la forza di urlare.
- Sei sotto un maleficio, Draco! - strillò George - Guarda il medaglione di tuo padre! E' stregato! -
- Draco ti stanno manovrando, dannazione! -
I gemelli si guardarono, e si dissero tacitamente che non potevano tirarsi indietro, anche se era pericoloso.
- Stregato? -
- Si stregato... - sussurrò la voce - mi avevi ben incatenato e ho avuto... bisogno di un aiuto... ma non importa... ormai sei mio... -
E Draco si volse verso i gemelli ma non era più lui a parlare.
- I vostri consigli sono inutili... sciocchi! Draco non può togliersi il medaglione, perchè lui e la gemma sono una cosa sola! -

- Questo lo dici tu... idiota! Adesso vedremo... - e George fece un cenno a Fred. Il ragazzo afferrò una borsa che teneva sul comodino. Tirò verso Draco una piccola bomba luminosa... esplodendo lo avrebbe accecato per pochi istanti.
- Ora! - strillò Fred. E scattarono in avanti.

Gli strapparono il medaglione. Draco urlò per il dolore. Eppure... adesso era di nuovo se stesso.
George scosse bruscamente Draco - Stai... come stai? -

- No... non lo so. E portate via quella gemma dai miei occhi... perché la desidero, il mio corpo la desidera... portatela via, ve ne prego! -

Fred afferrò la gemma e corse fuori dalla stanza, passarono lunghi minuti prima che tornasse...
- Draco... -

- Andrà meglio... sono sicuro che andrò meglio. -
Mormorò il ragazzo. Eppure era pallido.

- Si... andrà meglio... - biascicò George - E' stata tutta opera di un maleficio... e noi sappiamo chi lo ha fatto... -
- Ed esiste solo una parola per definirlo "Vigliacco". -

Draco scosse la testa.
- Il male era già dentro di me... altrimenti il sortilegio non avrebbe potuto toccarmi.  -

- Il male è dentro tutti noi. Metti alla prova me e mio fratello e forse troverai un essere peggiore di Perceval... - sospirò stancamente George.
- Non sto bene. Mi sento... svuotato, ecco. -

- Svuotato... deve essere l'effetto del maleficio... più... più quello che tu provi... - George scosse la testa.
Fred li fissava, assorto - Lestrange è stato un bel bastardo... - disse, alla fine.

- Sa quello che fa, senza dubbio. - ammise Draco.

- Sa quello che fa, è vero. Sa che è un mangiamorte e che deve trovare il modo di averti! -
- E sta per farcela, è questo il peggio... è così facile... - il ragazzo si nascose il volto tra le mani - come posso spiegarvelo... chiamatelo potere, chiamatelo male, ma quale che sia il suo nome... io continuo a desiderarlo. -

- E' normale, Draco... - sospirò Fred - E qui si vedrà cosa sei. E devi deciderlo da solo... -
- Oh, gli aiuti posso anche accettarli. Ma non quelli di Lestrange. -

- Beh, questa è già una risposta saggia, non credi? -

- Non si tratta di essere saggi o meno. Anzi forse la stupidità mi può essere di maggior aiuto in questo momento... perchè non m' importa se sono cattivo o meno. Non voglio fare ciò che il mio nome e la mia indole sembrano suggerire con tanta forza. Non voglio. -

George sorrise. Che poteva dire, o fare? Nulla in realtà, o ben poco...
- Siamo amici... - disse alla fine, non era una domanda, ma una constatazione.

- Amici... -
Ripetè Draco, e si morse un labbro.
- Forse fareste meglio a legarmi... per stanotte. -

- Forse faremmo meglio a vegliarti... tu dormi... e noi osserviamo. Legarti no.

- Fate a turno almeno... altrimenti domani sarete troppo stanchi. Ed io invece no. E sarebbe una situazione... troppo pericolosa. -

- A turno, è ovvio... - sospirò George.

- Comunque torno e dico che sarebbe meglio legarmi. E forse dovreste chiamare Lupin... pensare che ero così esultante quando Piton l' ha fatto cacciare... ma lasciamo perdere. -

Fred si alzò e corse a chiamare il professor Lupin, mentre George restava ad osservare Draco.

- Me la sono andata a cercare d' altronde... fare avanti e indietro da Hogwarts come se nulla fosse... - il ragazzo biondo scosse la testa - E' strano... mi sento... debole... e non intendo moralmente. -

- Devono essere gli effetti del maleficio... -

Lupin entrò con Fred Weasley... - Che succede ragazzi? Draco, stai male? - domandò preoccupato.

- Gli effetti del maleficio... proprio così - disse la voce maligna nella mente del giovane - e sai cosa significa? Senza quella pietra tu morirai e ogni volta che tornerai a toccarla io diventerò... più forte. -
Draco chiuse gli occhi e non disse nulla. Si morse un labbro, quasi fino a farlo sanguinare.

- Qualcuno di voi vuole raccontarmi bene cos'è successo... devo sapere tutto se voglio aiutare Draco.... -

George stava riflettendo... aveva un'idea. Suicida. Ma pur sempre idea. Fissò Fred e gli fece un cenno. Uscirono dalla camera mentre Lupin restava con Draco.

- E' colpa mia. Sono stato io a voler andare ad Hogwarts. E Lestrange ha fatto qualcosa al medaglione di mio padre... -come poteva spiegare... - poco fa stava... stavo cercando di uccidere i gemelli, non so come ho fatto a trattenermi abbastanza perchè mi fermassero. -

Fred e George, intanto, erano lontani.
- Mi faresti vedere il medaglione Draco? Dovrei esaminarlo per vedere se riesco ad individuare la magia che lo pervade, e vedere se riusciamo a trovare un modo per farti stare meglio... -

- Non l' ho io. Non l' ho io... -

- Questo complica un po' le cose draco, anzi le complica di parecchio oserei dire... non sei in grado di dirmi niente di più? - domandò Lupin.

 - Per il medaglione... chiedi ai gemelli. Io... non mi sento bene... credo che si sia creata una certa dipendenza tra me e quella pietra. -

- Adesso Draco cerca di dormire un po', io resterò con te finchè i gemelli non tornano... - e si sedette su una poltrona a sorvegliare il giovane serpeverde.

 

La chiesa era proprio Gwillion come la ricordava. Una cappella semplice, raccolta, e dipinti sopra gli archi a botte, in toni di bianco e di verde una danza macabra dove uomini e scheletri si tenevano per mano. Gwillion non si era mai chiesta come sarebbe stato il proprio matrimonio... forse anche per la punta di sfiducia nelle proprie capacità di "accalappiare un uomo". Certo non se lo era mai immaginato in una chiesa. Ma quella chiesa... poi quei pensieri svanirono. Rimase solo il suo Severus. Che la attendeva. Attendeva lei. E sorrise.
Severus era fermo all'altare, ed osservava la sua futura sposa avvicinarsi, era serio. La osservava e sentiva di non averla mai vista più bella.

A metà della navata Gwillion per poco non inciampò, e solo all' ultimo istante riuscì a non cadere.

Severus sorrise, e protese una mano mentre l'altra si avvicinava. Aveva gli occhi che rilucevano.

Raistlin iniziò a parlare. Parlava latino ma chi lo ascoltava? Gwillion aveva occhi solo per gli occhi dell' altro. Neri e lucenti.
"Severus... Severus... come sei felice! Sei mai stato tanto felice in vita tua? No, è vero? Ed anche ascoltare la tua coscienza è difficile. Quasi esiste solo lei... esiste solo lei..."

- Vuoi tu... -
Raistlin battè un piede per terra stizzito.
- Questa parte della cerimonia almeno dovreste ascoltarla, dato che si pretende una vostra risposta! -

Severus sorrise.
- Ti ascoltiamo, celebrante... -

E Raistlin fece la domanda fatale.
Lo voglio. Rispose Gwillion. Senza sapersi spiegare il fremito che le percorreva il colpo.

Severus chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi fissò l'altra con profonda gratitudine - Si, lo voglio... -

I secondi passarono lenti. Nulla esisteva. Nulla esisteva, pensò Gwillion. Solo due occhi neri. Poi sentì qualcosa di freddo che le veniva messo fra le mani. Il suo anello. Una specie di spirale... non era riuscita a fare un cerchio... una specie di spirale di cristallo che conteneva qualche filo dei suoi capelli. Spero gli piaccia pensò. Ma non disse una parola mentre lo infilava al dito dell' altro. Quasi tremava.
Severus prese da Voldemort l'anello che avrebbe dato alla sua sposa. Il metallo scintillò nella luce della chiesa immersa nel tramonto. E Severus infilò al dito di Gwillion l'antico sigillo della sua famiglia, e dentro aveva inciso i loro nomi.

Ti amo. Pensò la giovane. Ma non parlava.
- Lo sposo può baciare la sposa. -

Severus sorrise ancora. Si chiese se fosse possibile vivere di sorrisi, e dopotutto... era ciò che faceva ultimamente.
Voleva stringere la sua sposa, ma ci sarebbe stato tempo per farlo poi. Adesso... si chinò semplicemente a darle un rapido ed innocente bacio. Eppure al contatto con le sue labbra, trasalì. E sorrise ancora.

- Io credo si potrebbe fare di meglio... -
Sussurrò il menestrello, poi sorrise. Un' allegra marcetta bretone si diffuse tra le navate della chiesa.

Severus abbracciò ancora Gwillion - Sei felice? - sussurrò.

- Infinitamente. -

Piton rise - Infinitamente? Io molto di più... molto, molto di più... ed ora siamo proprio sposati. Sposati senza ombra di dubbio... è bello essere sposati! -

- Conosco qualcuno che urlerebbe d' orrore al solo pensiero... ma che può importarmi? -

- Niente grida d'orrore al mio matrimonio... - sussurrò Severus.

- Dimentichi... le tue ammiratrici deluse... -

- Le mie ammiratrici? E credo che adesso resteranno deluse per sempre... tutte deluse tranne te... ma ora, vieni...- e presala per mano, Severus la portò fuori dalla chiesa.

- Ti amo... -
Sussurrò la giovane.

- Ti amo anche io! - e Severus la baciò con passione - Salutiamo gli altri e ci eclissiamo? O preferisci restare e festeggiare?

- Non credo che il mio cervello sia nelle condizioni... di prendere decisioni di qualsiasi tipo. -

- Amore! - Severus la sollevò tra le braccia, e piroettò con lei allegramente, incurante degli sguardi condiscendenti e allegri puntati su di loro.

- Attento alle ali! Che poi... nemmeno un commento sul mio abito... ma lasciamo perdere... -
Fece la donna e poi rise.
- Mia cara, non vorrei essere svenevole...e rischierei di esserlo se commentassi la tua bellezza... -

- Potresti dire che sono una pazza ad essermi conciata in questa maniera, ad esempio... -

- Non dirò nulla... dì tu come ti pare, mia sposa. -

- Non voglio dire nulla. Mi basta guardarti. -

- Allora ci guarderemo in eterno... -

Gwillion non disse nulla. Gli occhi neri dell' altro continuavano a catturarla.

- Se continui a guardarmi così non potrò resistere a lungo, ma del resto... i nostri testimoni ed il celebrante, il tuo amico bardo... stanno già sopportando la nostra indifferenza totale a loro quattro... quindi direi di andare in camera...-

- Un momento solo. - intervenne Raistlin - Dovreste... firmare il registro. Padre Alèn si stupirebbe oltretutto se domani le vostre firme mancassero all' appello. -

- Il registro! - e Piton si piegò a firmarlo.

- Com' è che dovrei firmare? - fece Gwillion - Nome da Signora, da Signorina... -
Tanto erano tutti falsi. Gwillion Majere. Oh quanto odiava le penne d' oca! Ma per fortuna stavolta non si era macchiata.
- E adesso... -

- E adesso... - Severus la sollevò tra le braccia, e la portò verso camera loro.

Gwillion non disse nulla. Sono sposata... sono sposata... canticchiava la sua mente. E quel che è peggio ne era felice... persino il termine moglie in quel momento le sembrava... bello.

Severus spalancò la porta della camera con un calcio e ridacchiò.
- Ci siamo! -

- Sono... nelle tue mani. -

- Lo so...e sei in buone mani, credimi... - disse, deponendola sul letto - Ed ora dovremmo toglierti questo abito... e privarti delle ali... o volerai via... -

- Un angelo blu vola in cielo
un angelo blu che se fischio torna giù
è tutto ciò che io ho
e in gabbia la terròòò...
certo che sono proprio stonata! -
Mormorò la giovane, e rise.

Severus rise con lei. E poi le chiuse la bocca con un bacio, mentre le toglieva l'abito.

- E adesso che ho perso le mie ali?

- Faremo volare la tua anima con la mia, in un volo diverso... - e la baciò.

- Io sto già... volando. -

Piton non rispose nulla, ma depose i suoi baci delicati sulla pelle dell'altra, prima di stringerla forte a sè.

- Mio... mio sposo. -
Gwillion chiuse gli occhi. Sospirando appena.

- Amore mio... - ma Severus non voleva più parlare, e la zittì con un altro bacio. Voleva estinguere il suo fuoco.
Non parlarono, non c' era motivo di parlare. E mentre stringeva tra le sue braccia il corpo dell' altro Gwillion si trovò a pensare che per lui avrebbe davvero rinunciato... al cielo.

Diverso tempo dopo... Severus s'addormentò con la sua sposa tra le braccia.

 

Il bardo si era congedato. Raccomandando agli altri di svegliarsi la mattina presto il giorno seguente, dal momento che avrebbero dovuto mettersi in viaggio.
- Ci fermeremo a St. Brieuc domani notte. Oltretutto dovrete far acquisti. Mademoiselle Lalatte avrebbe un colpo se vi presentaste... con abiti angelici. Non che a me la cosa possa recar dispiacere ma... -
Raistlin era già tornato a chinare il capo suo libri. E le stelle splendevano in cielo.
- E' terribile. - mormorò Voldemort - Questo matrimonio... mi da sentimenti... quasi paterni. -

- Mi dispiace vivamente per te, Voldemort. Tuttavia succede, a volte, di provare sentimenti sgradevoli. -

- Non è sgradevole il termine esatto... non so. - e sorrise - Intanto so... quale sarà il mio regalo... -

- Davvero? E quale sarà? -

- Non credi che dovrebbe... rimanere un segreto? -

- Oh, un segreto. Se preferisci. Lo iscriviamo nella già lunga lista dei segreti eccellenti? -

- D' altronde due sposi devono condividere i segreti... vuoi provare a indovinare o te lo dico   subito? -

- Oh, ma neanche gli sposi condividono tutti i segreti. Ma dimmelo... sono curiosa, lo ammetto.

Voldemort avvicinò le labbra all' orecchio dell' altra. E sussurrò tre brevi parole.

- Ne sarà oltremodo felice, mio Signore... -

- Lo credo anche io. Ma adesso... pensiamo a noi io dico. -

- Forse è un bene. Pensiamo a noi... non ho più molta voglia di pensare a questo matrimonio  adesso. – sussurrò Mac… che non poteva impedirsi di provare un briciolo d’invidia per Severus e Gwillion… e per l’amore che avevano l’uno per l’altra, l’amore che…  lei sembrava non poter ricevere.

- E cosa preferisci... una passeggiata nel bosco... o l' intimità della nostra camera? -

- Preferisco passeggiare, a dirti il vero... -

- Anche io... se ho te accanto, almeno. -

- Allora andiamo, non restiamo fermi qui... -

- Marte è molto luminoso stasera... come dicono i centauri. -
E l' uomo cinse per la vita la sua Dama Verde.

- Si, proprio molto luminoso... se parlassimo come centauri andremmo avanti a dir questo tutta la notte... e non ne ho voglia... - la Dama sospirò, sentendosi improvvisamente languida tra le braccia dell’altro - Mi piace quando mi stringi così. -

Voldemort chiuse gli occhi. Come per assaporare quel momento.
- Ti amo. -
Disse.
- Ti amo. –

Mariacarla sbatté le palpebre… per un attimo incapace di pensare. Il cuore… impazzito.

- Sei sicuro? Non dirmi una menzogna. Dimmi che è una menzogna ma non mentire, ti prego... – sussurrò poi la Dama, affondando le unghie nelle braccia dell'altro.

- Se fosse una menzogna... avrei potuto anche dirla prima non credi? -

- Dimmelo ancora, allora... dimmelo... - e strinse l'altro in un abbraccio quasi disperato, la mente ed il cuore scossi da una tempesta di sensazioni diverse… e piangeva.

- Ti amo. Finchè posso... Ti amo... dopo forse non potrò più... lo sai? -
Disse l' uomo, e quasi disperata era la sua voce.

- Lo so... lo so... e ti vorrei dire che sono così piena di felicità... come se gli Dei mi avessero toccata, e lo sono... ma il mio cuore è anche straziato dal dolore... ripetimelo, finchè puoi, finchè posso sperare... non smettere... asciuga le mie lacrime ti prego, stringimi e non lasciarmi... -

- Ti amo. Ti amo. Lo griderei... è strano. E' strano. E una parte di me vorrebbe morire in questo istante. -

- Ero disposta... ad essere tutto per te... - disse la Dama tra le lacrime - Avrei accettato di essere anche solo la tua sgualdrina pur di restarti vicino... ma tu... tu mi hai dato tutto quello che... il tuo rispetto, la tua gentilezza ed il tuo amore... ed io... io ti amo, e sento che morirei d'amore... -

- Ti amo. - Voldemort chiuse gli occhi - Ma come posso continuare ad amarti... e ad essere me stesso? La tregua di questo sogno, questo sogno in cui sono privo di potere... presto avrà fine... -

- Lo so. Non importa... non importa più niente, adesso. Amami finchè puoi, e poi... basta. Smetterai d'amarmi, quando saremo tornati a casa... che strano a dirsi... ma finchè siamo qui... ti prego, dimmi... cosa provi quando sei con me, cosa... cosa senti? -

- Ti amo... e una parte di me è così folle che vorrebbe non tornare più indietro. E se fossi tu a chiedermelo... - Voldemort chiuse gli occhi - non so cosa farei. Non lo so, davvero. -

- Torneremo a casa. Ed io sarò felice... e tu sarai... quello che devi o vuoi essere. Perchè non è giusto fuggire. Cercheremo di avere coraggio entrambi, perchè coraggio ci vuole... oh, non mi importa del resto! Che vada tutto in malora! Mi basta l'oggi, adesso, ora! E non voglio perder tempo a piangere... Ma... non mi sono mai inchinata al Dio, al Signore Oscuro... lascia che una volta io mi inchini all'uomo che amo... solo una volta. Come nessuno potrà mai fare, o capire... - e la Dama si inginocchiò lentamente, come per rendere omaggio all'uomo che le era davanti… non al dio, non all’Oscuro. Non al crudele Voldemort. Ma all’uomo che amava e che adesso la amava. L’uomo che l’aveva liberata dalla solitudine, l’uomo che la faceva viva.  

- Amo persino le tue lacrime... ma non voglio che tu provi dolore a causa mia. - disse l' uomo chinandosi per aiutare l' altra ad alzarti - Ti amo. E tornerò a dirlo anche dopo. A qualsiasi prezzo. Te lo giuro. Io te lo giuro. Non posso rinunciare ad essere... ciò che ero. Ma non rinuncerò nemmeno... a ciò che ora sono. Sarà forse un nostro segreto. Ma manterrò la promessa. -

- Il nostro segreto... il nostro meraviglioso segreto... il nostro amore... Amore mio... - disse, sorridendo, e carezzando il volto dell'altro - Ho trovato, alla fine il tuo volto segreto... il fuoco nascosto oltre il ghiaccio... -

- Amore mio... questo volto che vedi, è nato con te. E' nato con te. -

- No, non è vero. Esisteva, ed io lo ho sempre saputo. Ho sempre saputo che era così... – sussurrò lei con intenso, disperato coraggio.

- Vorrei crederti... -
L' uomo accostò una mano al volto dell' altra. Come se avesse paura a sfiorarla.
- Devi credermi, devi fidarti di me, adesso... vogliamo stenderci a guardare le stelle, Amore mio?- disse, prendendogli le mani, indovinando la novità, per lui, di un simile gesto.

 - Marte è luminoso stasera. -
Ripetè Voldemort. E sorrise.
- Stavo per dirlo io... - disse, sedendosi nell'erba - Ti piace l'odore dell'erba quand'è umida? -

- Non ci avevo mai fatto caso sai? Negli orfanotrofi non c' è erba e poi... poi ho pensato ad altro. E sì... mi piace. -

- E' l'odore che preferisco, insieme a quello dei boschi, che mi ricorda il tuo odore. Senti... senti come è morbida quest'erba, e fragrante... - strappò un filo d'erba e lo passò sul viso dell'altro.

Lord Voldemort rise... e poi rimase immobile. Stupito per quanto sembrasse giovane a lui stesso la sua risata...
La Dama sospinse dolcemente l'uomo, perchè si stendesse, e poi si sdraiò al suo fianco - Mi piace anche ascoltare i grilli e le cicale nelle notti d'estate... e guardare il cielo con le sue stelle che scintillano e scompaiono in una rapida caduta... hai mai osservato il cielo tanto da sentirlo come una parte della tua anima? -

- Quale anima? - disse lui con un sorriso ironico - Se sto imparando adesso che ne ho una... forse... -

- La tua anima che arde e riluce, e fa giorno nella tenebra, e fa tenebra perchè la sua luce troppo forte acceca, non già perchè sia oscura. La tua anima che mi chiamava in sogno e mi gridava di trovarla, ovunque fosse... -

- E adesso che l' hai trovata... è in tuo potere. Prima che... prima che torni al suo sonno mortale. -

- Taci, Amore. Nessuna creatura vivente, o che mai vivrà o che mai sia vissuta, può svelare tutti i misteri della nostra esistenza... non sarai tu a dipanare il mistero, affermando o negando il futuro... e quello che può o non può essere. E come tu stesso mi dicesti spesso, nessuno può prevedere il futuro, solo un Dio, e tu non sei un Dio. Adesso t'è richiesto solo di vivere... e amare. -
- Si sono solo un uomo adesso. E non chiedo di più. Per stanotte. -

- Allora dimmi ancora quella cosa che forse non potrò più sentire... e dimmi che sono bella, e che mi vuoi... dimmi ciò che puoi, finchè puoi... -

- Ti amo. Ti amo. Lo ripeterei sino a che non vedremo sorgere il sole. Perchè queste parole regolano i battiti del mio cuore. E ti è sufficiente poggiare una mano sul mio petto per sentirle. Pulsano per te. -

- Ti amo... è lo stesso per me. Mettiamo vicini i nostri cuori... vicini, più vicini... che quasi si tocchino, e li sentiremo parlare la stessa lingua, cantare la stessa canzone. -
E l' uomo strinse la donna e sè. Lasciando che fosse il sangue che scorreva dentro le sue vene a parlare.
Lei rimase ferma. Immobile nell'abbraccio. Respirando lentamente, senza dire nulla.

- Vorrei... vorrei baciarti. -
Disse l' altro... esitante.
- Qualcosa te lo impedisce, forse? Io ti appartengo, desidero i tuoi baci... -
- Deve... deve essere speciale. Un bacio... che parli d' amore, e non solo di passione. Io... non l' ho mai dato. -

- Devi provare... e sarà speciale. Coraggio... -

Lord Voldemort annuì e sorrise.
Poi baciò l' altra. Con la dolcezza di un bambino all' inizio. Poi il bacio si fece più intenso... e feroce.

La donna rimase immobile, e quel bacio la trasportava lontano, via... via...

- Ti amo. Ogni volta che lo dico è come una ferita. Ma continuerei a ripeterlo in eterno. Ti amo. -
- Ti amo anche io... così tanto... che... oh, se ci sentisse adesso un ragazzino che conosco, direbbe che siamo un po' nauseanti... ma cosa vuoi che mi importi... ti amo! -

 

 

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