Capitolo Quaranta

                                                            Ospiti e Berengaire

 

 

 

- Per questa volta... lascerò perdere. - disse Voldemort.

La Dama sorrise - Non ti sento troppo convinto, mio caro... ma quello... quello che vedo lì non è forse... padre Raistlin? - sghignazzò - Impegnato ad assorbire notizie da quell'alto prelato, immagino! -

- Ha ancora il pensatoio in mano, sì. Un altro Serpeverde, immagino. -

- Sembra ci sia una proliferazione di Serpeverde... -

- Ed è forse un male? Onore a Salazar! -

- Ed onore al suo Erede! Certo che... se ci sono tanti Serpeverde in giro, potresti perdere il tuo fascino, non lo temi? -
- Questo è un problema che potrebbe risolversi con sin troppa facilità. -
Disse l' uomo con un vago sogghigno.

- E' vero. E' vero... Amore mio. Ed ora, dove andremo? -

- Le stradine non ti attirano? O forse preferisci tornare indietro. -

- Certo che mi attirano, solo vorrei che mi spiegassi, passo passo, tutto quello che vediamo... è affascinante tutto quel che vedo...

E Voldemort iniziò a parlare come l' altra gli chiedeva.
- Quante cose, sai, mio Signore! - disse tempo dopo la Dama
- Oh, lo sapevo, ma... -
Voldemort sorrise appena.

- Ti da forse fastidio...quello che ho detto? -

- No, affatto. Affatto. -

Mac prese una mano dell'altro, e sorrise - Sono felice... -
- Sì, anch' io. Ed è strano. -

- Strano? Strano... posso sapere perchè? A cosa leghi questa stranezza? -
- Ad un senso di pace... che non ricordavo. -

- Uno scrittore ha detto... La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera, e il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime... Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere... Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia. E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento... Così ha detto. Ma ora importa solo che tu trovi la pace che ti stupisce... e che la trovi con me. -
- A volte mi chiedo... no, è meglio che non mi chieda nulla. -

- Cosa, mio Signore? Ma se... è difficile o sgradevole ciò che ti chiedi... non dirlo... se non vuoi. -
- Pensavo solo, e se non riuscissimo a tornare indietro? -

- Credo che tu saresti molto infelice. E non voglio che tu lo sia. Troveremo il modo di tornare... -
- E se non fossi infelice? E' questo che mi chiedevo. -

- Allora... no, è una domanda per cui io non ho una risposta. Eppure credi davvero che una temporanea felicità possa cancellare i desideri di una vita? Il potere che tu desideri... quello che hai fatto per averlo... no, tu lo avrai. Avrai quello che volevi... ed io, io... io sarò felice che tu sia felice. -

- Se fossi io a rinunciarci, no, non riuscirei a farlo. Ma se fallissimo? E poi potrei trovarmi sempre qualcosa da fare. Padre Majere sembra già avviato a diventare papa, tu che ne diresti di essere la sposa di un imperatore? -

- Sono la sposa di un Signore Oscuro, di un Preside... l'Imperatore non mi dispiacerebbe. Mio Imperatore... suona bene. E poi, credo che una corona ti donerebbe... -
- Solo che sarei un imperatore di babbani! Beh... potrei guidarli contro i perfidi maghi... -

- Imperatore di babbani... andiamo, ti disgusta tanto? - la Dama rise - Beh, poco male... pur sempre Imperatore saresti! -
- Imperatore... mi chiedo cosa ne penserebbe Severus. -

-Suppongo che diventerebbe il capo di una rivolta di sudditi che non vogliono obbedirti... certe cose non cambiano mai! E poi, tra cento o duecento anni... i ragazzini studierebbero a scuola questa storia! -
- E chi lo sa? In fondo se decidessi di non essere poi troppo oscuro... -

- Un illuminato Sovrano? Ricordato dai posteri per la sua magnanimità... e magari Severus diventerebbe un tuo fedele suddito... i ragazzini tra duecento anni lo studierebbero lo stesso! -

- Ci sono persone destinate a passare alla storia. In un modo o nell' altro. -

- E' vero. E tu sei destinato a passare alla storia, Amore mio! Quando rinascerò tra molti, molti anni, sfogliando un libro di storia, troverò un tuo ritratto... e mi domanderò dove l'ho già visto... e allora saprò riconoscerti, e cercarti ancora. Perchè tu sei l'Eternità, ed io solo una stella cadente. -

- Non mi riferivo solo a me a onor del vero. Anche perché nel mio caso la cosa mi sembrava... quasi scontata. -

- Quasi scontata... pfui... quasi scontata! Il solito megalomane! -
- Non fa parte dell' uomo che ami la megalomania? O consapevolezza delle proprie capacità che dir si voglia. -

- Certo, fa parte di lui... la "consapevolezza delle proprie capacità"... d'altra parte lui è un uomo senza difetti... -

- Spero di no. Gli uomini senza difetti sono insopportabili. -

- Dipende dagli uomini... beh, in effetti è vero... anche l'uomo che amo ha dei difetti, detto tra noi, è meraviglioso, e mi mozza il respiro, a volte mi sembra di amarlo tanto da poterne essere straziata, ma ha i suoi difetti... oh, io non li direi mai... è vanitoso, per cominciare... -

- Continua... -
Disse l' altro con voce carezzevole.
- Poi ci sono altri piccoli difettucci, ma, visto l'uomo mi domando se siano davvero difetti... forse più... caratteristiche del personaggio. Una volta l'uomo che amo mi ha chiamata "piccola idiota"... questo è senza dubbio un difetto... ma è controbilanciato dal fatto che mi piace sentire che cerca, che è più forte di me in tutti i sensi, ed io devo piegarmi... -

- Forse faremmo meglio a continuare... altrove. -
Disse l' uomo con un sorriso carico di sottintesi.

- Questo è un pregio dell'uomo che amo, ha molto spirito d'iniziativa... e io lo seguo lì dove vuole guidarmi, per essere sua... -

- Forse dovremo attendere però... abbiamo un viaggio da compiere... purtroppo. -

- Questo è un altro difetto dell'uomo che amo, non mi concede le sue grazie quando ne ho davvero bisogno, del resto è specializzato anche nel farmi saltare giù dal letto, dopo averlo amato. Ma io devo sopportare... sono la sua sposa devota. -

 

- Arghh! Fredda! Dannazione a Raistlin... Asciugamano, presto, ti prego! -  disse Gwillion.

- Amore, ti amo! - disse Severus aiutandola.

 - E i miei capelli ti fanno inorridire adesso? -

- Sono... bellissimi... -

- In effetti forse con i capelli corti sono meglio castana... e poi una lavata ci voleva. Odio i miei capelli. Sono grassi! E nemmeno ti posso chiedere una lozione... -

Piton sospirò. Niente da fare! Niente da dire!

Ormai aveva terminato di vestirsi. Indossava un' ampia veste azzurra con dei fiori blu ricamati sull' angolo destro. Il corpetto era blu, la camicia bianca. Il tutto molto semplice, senza fronzoli inutili.
- Che te ne pare? - disse poi - A parte i capelli bagnati intendo. -

- Una parola? Bellissima... -

- Grazie! E adesso fuori, alla luce del sole, prima che mi prenda un malanno! Fortuna che è agosto... -

- E non mi dici io come sto?! -

- Vesti di nero come al solito. E sei splendido come al solito. Che altro devo dire. -

 

 

 

- Un' imperatrice vedrà anche di peggio, temo. - disse Voldemort.

- Peggio di così... ci sarebbe solo che l'uomo che amo si dimenticasse di me... o cominciasse... ad essere carente nel desiderio... -

- Prego! -
Fece l' altro imporporandosi in volto. O quasi. Quasi.

- Prego cosa? Si torna a casa! Seguitemi miei prodi! Guiderò l'assalto alla locanda! - e Mac girò sui tacchi e corse verso la taverna.

E Voldemort seguì l' altra sorridendo.

Arrivata alla locanda Mac si fermò, e respirò profondamente
- Avevo otto anni quando vinsi una medaglia per la corsa... ma sono cambiate parecchie cose... l'età, si sa! Ci dovremo preparare? -
- In effetti dovremmo assicurarci che i nostri bagagli siano sulla carrozza. Perchè abbiamo una carrozza, sai? -

- Una carrozza? Meraviglioso! Oh, ma ora penso che dovremmo vestirci... o preferisci che mi cambi in carrozza... davanti a Severus e Raistlin? -
- Tu sali in camera. Io ti aspetterò qui. Per non soffrir troppo. -

- Oh, Dei Pietosi! Liberatemi dai dubbi! - disse Mac in tono afflitto, e poi salì ridendo le scale.
Si vestì. L'abito della Dama era...verde, neanche a dirlo. Il raso, del colore degli smeraldi,avrebbe scintillato alla luce delle candele. Per un attimo Mac sorrise, chiedendosi se la scollatura non avrebbe suscitato... le ire del Santo Berengaire. Ma non importava... La cosa più notevole, tuttavia, era l'acconciatura. I capelli raccolti, scendevano in boccoli sulle spalle, e sulla testa erano trattenuti da una retina sottile, ornata di piccoli cristalli che rilucevano. -

- Allora, siamo pronti alla partenza? -
Fece Raistlin raggiungendo in quel momento Lord Voldemort.
- Choveloù è già arrivato, ma manca ancora qualcuno. -
- Vedo. -
La Dama scese le scale di corsa - Arrivo! - disse, e saltò gli ultimi due gradini in maniera molto poco... da Dama.
- Arriviamo anche noi! - fece Severus, mentre scendeva con Gwillion.

- Tutti dentro allora! -
Fece il bardo.
- Dentro, con i capelli bagnati! Ma mi volete morta! -
Esclamò Gwillion.
Voldemort frattanto apriva la porta della carrozza, invitando la sua Dama ad entrare.

- Metterai la testa fuori dal finestrino... piccola... - fece Severus.
- Grazie... - disse la Dama - Dopo ti dirò un altro difetto... -

- Vuoi forse renderne un pubblico elenco?

- Potrei redigere una tavola con i tuoi difetti, e esporla sulla piazza del mercato... ma saprebbe di già visto. No, no... li tengo per me... li dirò a te solo, poi. -
Si misero in viaggio. E la strada corse via veloce.
- Quando arriveremo Choveloù? - disse Gwillion con la testa ben fuori dal finestrino - Non potremmo fermarci a Cape Frehel? -
Raistlin alzò appena la testa dal breviario che stava leggendo. Aveva un' espressione come disgustata.
- La brughiera... - mormorò invece Voldemort - io credo piacerebbe anche a te, mia sposa. -

- La nostra Gwillion ama questa terra... - disse Severus, osservando l'espressione di Raistlin.
- Ho forse detto qualcosa? -
Sibilò l' altro scuotendo la testa.

- La brughiera? Credo di si, mio caro... - la Dama sorrise.

- Allora, Choveloù, credo siamo tutti d' accordo - disse Voldemort - a parte Padre Majere, ma fa lo stesso. -
- E Cape Frehel sia! -

Severus ghignò all'espressione di Raistlin, ma non rispose. Si limitò a prendere la mano di Gwillion.
La Dama, intanto, osservava Voldemort.

La brughiera era una distesa di fiori violetti affacciata sul mare. Un mare costellato degli scogli rosati che circondavano il promontorio. Gwillion si era messa a correre come una ragazzina.
Voldemort strinse la mano della sua dama. Come per chiederle il proprio parere.

- Gwillion! - richiamò Severus ridendo - Ferma! Non scapparmi! -
- E' meravigliosa... - sussurrò Mac a Voldemort - Questo luogo è meraviglioso... -

- Di qui dovrebbe vedersi il castello, Mariacarla. Ma c' è troppa nebbia. -

- Il castello... come tutto sembra magico qui... -

- La Bretagna E' una terra di magie. - disse Voldemort - Parlo con cognizione di causa. -

- Lo immagino... -

- Guarda, qui c' è un punto dove sempre che io sia sull' orlo del precipizio... e invece no, è un' illusione ottica! L' ha scoperto mio padre... a secoli di distanza da oggi! - disse Gwillion.

- Beh, se ci fosse davvero la possibilità che tu potessi cadere da quel precipizio... - Severus sorrise -Vedovo anzitempo, no! -

- Ancora non mi hai preso però... -

- Allora... - Severus si lanciò all'inseguimento dell'altra.
Raistlin fissava la scena con un sorriso stizzito. Certi divertimenti non erano mai stati per lui. Eppure la bellezza di quel luogo lo aveva colpito. Passarono i minuti e si fecero ore. Poi fu Choveloù a richiamare gli altri. Era tornato il momento di rimettersi in viaggio.

- Si va... - mormorò Severus, avviandosi alla carrozza con Gwillion - Si riprende il viaggio... e presto conosceremo il caro Berengaire. -
- Non vedo l'ora di arrivare... sono assai curiosa! - mormorò la Dama - Anche se andar via... è quasi doloroso. -

- Potremo tornare mia Dama, e poi credo che anche Fort Lalatte ti piacerà. Tu l' hai già visto Gwillion? -
- Solo di fuori. Eravamo di corsa io e i miei, e non si poteva vedere tutto. E quella strada a piedi sotto il sole... adesso se non altro ci andiamo a cavallo. -

-Molto bene...- disse Severus -La tua curiosità sarà soddisfatta, tra poco. Tra poco lo vedrai. -

La carrozza aveva cominciato la sua discesa, e il castello di pietra rosa dominava il mare.
- Lo vedrò sì, e senza turisti! Quegli inutili viaggiatori... ma perchè partono l' estate? -

Severus si voltò verso la Dama - E tu, tu ci sei stata? -
- No. Temo di doverti deludere, non sono io la viaggiatrice esperta qui... -
- Neanche io, del resto, lo ho visto. -

- Siamo arrivati! - disse Choveloù - E lì intento a pescare una delle stranezze del castello. Il nostro ospite, il caro Lalatte. E' stravagante, ma tanto caro! Speriamo vi prenda in simpatia. -
- Oh sappiamo essere ospiti affabili. - mormorò Voldemort - Se lo vogliamo. Il che purtroppo per alcuni di noi capita di rado. -

- E' dunque l'ora delle presentazioni... - disse Piton.
- Così sembra. - gli rispose la Dama.

- Salve a tutti! - disse il nobile venendo loro incontro con gli stivali grondanti d' acqua - Posso sapere i vostri nomi? Choveloù mi ha scritto una lettera ma è stato molto laconico... e no, vecchio amico, lascia che siano loro a parlare! -

Severus sorrise e presentò sè stesso e la sua sposa. E padre Raistlin, fratello della sua consorte. Poi attese che Voldemort si presentasse.

- Voi dovete essere l' inglese! - esclamò il nobile - Riddle qualcosa, o mi sbaglio? -

Voldemort annuì gentilmente.
Severus, osservava il nobile Lalatte... era un uomo affabile... sembrava un uomo affabile...

- Allora cosa preferite, facciamo un giro del castello oppure volete prima riposarvi? Sapete, quasi mi vergogno a possedere una castello, è il retaggio di un sistema feudale ereditato dai nostri avi che... ma io parlo sempre troppo, e mia sorella sarebbe inorridita nel sentirmi dire simili cose a dei perfetti estranei. A dire il vero lei inorridisce a prescindere ogni volta che apro bocca, ma il legame del sangue... il legame del sangue... -
- Capisco perfettamente. - mormorò Raistlin con un sorriso - Se penso con chi mi sono andato ad imparentare... -
- E tu, mia sposa - sussurrò Voldemort - sei stanca o preferisci quella che qualcuno chiamerebbe una gita turistica senza turisti? -

- Come il mio sposo sa, per me tutto è scoperta, dunque un giro turistico senza turisti potrebbe essere un'ottima soluzione per... andare all'avventura... - disse Mac.
Severus, intanto, sorrideva a Gwillion che sembrava felice, assai felice di essere al castello.

- Oh, se volete curiosare un po' soli per me non ha importanza ma, com' è vero che mi chiamo Jeanluc Lalatte e preferirei essere solo JeanLuc, ma... - il volto dell' uomo si fece cupo - mia sorella. -
Disse soltanto.
- Sua sorella? - chiese Mac senza capire.
In quel momento una donna arcigna e rinsecchita, in vesti nere e con un velo sulla testa, si fermò alle loro spalle e li squadrò. Severus avvertì il suo sguardo su di sè e si voltò, inchinandosi in segno d'omaggio alla signora.

Tutti imitarono a turno il gesto di Severus. Ciascuno a suo modo. L' inchino di Choveloù fu molto profondo e cerimonioso, eppure da ogni suo gesto traspariva una vaga ironia. Lord Voldemort fu più contenuto e, ovviamente di una squisita eleganza. Raistlin non concesse alla donna più che un secco cenno del capo. D' altronde pensò Gwillion, forse la sua carica sacerdotale gli consentiva tanto. Ed io devo fare la riverenza? Il suo sguardo cercava quello di Mac, come in cerca di aiuto.
Mac intercettò lo sguardo di Gwillion, e sospirò. Reverenza? No! Si limitò a sorridere alla sorella di Lalatte.
- Abbiamo ospiti? Non sapevo che avessimo ospiti! E Berengaire, Dio lo benedica, è già arrivato? - stava dicendo intanto la nobildonna - Credevo recitassimo i Vespri insieme... San Crispino, e San Cirillo... -
- Pregate per noi! - si lasciò sfuggire Mac.
- Siete devota? - disse la nobile, illuminandosi.
- Ehm... io... certo... -

La mente di Gwillion si era frattanto riempita di imprecazioni. Perchè l' unico ricordo che lei legava a San Cirillo era una sconcissima canzone d' osteria che una volta suo padre le aveva fatto ascoltare.
- La devozione ci unisce allora! E la vostra amica? -
Mac sorrise..."ora ci divertiamo" - Devotissima, pratica il digiuno, insieme a molte altre privazioni per il bene della sua anima... -

Gwillion chinò il capo, rossa in volto. Non sapeva che dire. E d' altronde era bene che una fanciulla timorata di Dio non parlasse poi troppo.
- Allora, vogliamo lasciare le donne alla loro devozione. E anche voi Padre Majere, potrete raggiungerle per i vespri. -
Disse Jeanluc. Gwillion non ne fu affatto lieta.
Poi sentì il suo così detto fratello che la salutava, e le faceva scivolare in mano qualcosa di freddo.
- Sonnifero. - sussurrò - In caso di emergenza. -

- I Vespri! - disse la nobile illuminandosi - Reciteremo assieme il Rosario, per cominciare! -
- Oh... che splendida iniziativa... - mormorò Mac a denti stretti, voltandosi a guardare Voldemort -Che splendida iniziativa... -

E Voldemort potè solo sorridere alla sua sposa.
Gwillion dal canto suo iniziava a sentirsi male.
- Andiamo! - disse la nobile, e le guidò ad una stanza con diversi inginocchiatoi...

Fu troppo Gwillion si appoggiò ad uno di quei cosi. Le girava la testa.
- Stai bene?! - mormorò Mac a Gwillion, mentre la nobile si aspergeva di acqua santa.
- Non saranno troppo scollati i vostri abiti? - disse infine la bigotta, con aria severa.
Ma Mac non rispose...stava ripetendo di continuo, con tono neutro - Ora pro nobis! Ora pro nobis! -

- Ora io svengo... - mormorò Gwillion - se vuoi racconta alla pazza che ho l' abitudine di entrare in estasi. -

- Si... svieni... io non riesco più a... muoio... svieni! - sibilò Mac.

Speriamo di riuscirci bene... pensò la giovane. E scivolò lentamente a terra.

- Oh! - gridò Mac - Mia cara! E' andata in estasi! -
- Cosa?! - la nobile si tirò su a vedere cosa stesse succedendo.
- Va in estasi quando prega! -
- Miracolo! -
- La prego... trovi dell'acqua fresca... quando si riprenderà... avrà sete... per... ahm... l'emozione delle visioni! -
-Visioni?! Santo Cielo! Se Berengaire fosse qui!
Jeanluc! Jeanluuuc! Acqua! -

 

La signora Paciock, l'anziana signora Paciock, aveva ricevuto una lettera dall'Ospedale per i Malanni Magici, ed ora attendeva suo nipote, Neville, perchè potessero vedere i pazienti che li riguardavano. Per circa quindici anni il padre e la madre di Neville erano stati considerati...folli, impazziti... in seguito alle torture di un gruppo di Mangiamorte. Adesso...sembrava che ci fossero stati miglioramenti...e attendeva Neville, per saperne di più, per vedere i suoi congiunti e parlare con i medici...

- Ma poi dovrò tornare ad Hogwarts? -
Era forse la centesima volta che Neville ripeteva esitante quella stessa domanda. Victor Lestrange dal canto suo continuava a non rispondergli. Era immerso nei suoi pensieri troppo profondamente. La mia colpa, pensava... una colpa che è solo mia e di nessun altro... le sto andando incontro.
- Nonna, nonna! -
Gridò in quel momento Paciock e corse incontro all' anziana signora. O almeno tentò di farlo. Sarebbe inciampato in un gradino infatti se Victor non l' avesse afferrato per la collottola. Poi lo sguardo dell' uomo si incontrò con quello della donna. E se mi riconoscesse? Pensò. Ma forse lui voleva essere riconosciuto. E d' altronde la Signora Paciock aveva già visto sui giornali le foto del Vicepreside Gray. Certo però una foto era una cosa assai diversa da un incontro faccia a faccia. Victor ricordava l' altra. Ricordava il suo volto rigido e impassibile, serrato in un intimo dolore durante il lungo e interminabile processo... il suo processo.
- Buongiorno, Signora. - disse poi l' uomo in tono affabile, quasi stupendosi per la tranquillità nel suo tono di voce - Come vede le abbiamo riportato suo nipote indietro, sano e salvo. -

La signora Paciock fissò l'accompagnatore del nipote... lo fissò a lungo, come se qualcosa in lei le dicesse di guardare e guardare... lo conosceva.
- Buongiorno... - disse.

- Credo che verrò con voi. - disse poi Victor - Spero la cosa non vi dispiaccia. Non che intenda affliggervi con la mia presenza, sia ben inteso. Tuttavia credo che verrò con voi. -

- Prego... venga pure. Le sono grata per aver accompagnato Neville... ma, mi dica, ci conosciamo? Il suo viso... -

- Mi avrà visto sui giornali immagino. - rispose l' altro malinconicamente - Quando si è parlato della nomina dei nuovi professori.

- No. Credo di averne una diversa memoria... sto solo mettendo a fuoco... dove... sembra una cosa del passato... -

- Capisco. -
Rispose l' altro con un sospiro.
Neville frattanto guardava i due terrorizzato.

Ad un tratto... la signora Paciock ricordò. Ma... no... no! Non era possibile... forse l'età le giocava un brutto tiro...
- Il suo viso... lo vidi... in tribunale... - mormorò.

Victor non disse nulla. Forse era vero che voleva essere scoperto. Taceva. Ed era pallido in volto.

- Lei... lei è... l'uomo che... ha... mio figlio... sua moglie... per quindici anni... pazzi... -

- Vogliamo entrare in casa? -
Disse Victor dolcemente.

La signora Paciock assentì... e tremò per un attimo, fragile nella sua età... ma entro in casa a passo fermo.

- Sì, sono Victor Lestrange. -
Mormorò l' uomo appoggiando le spalle alla parete. E non aggiunse altro.

- Perchè? Perchè... è qui? -

- Perchè ho un debito con la vostra famiglia. Che non potrà mai essere ripagato. Ma che esiste comunque. E non posso ignorarlo. -

- Cosa intende dire... io non capisco... e... che ha fatto a Neville? -

- Lui mi protegge nonna, lui e l' altro mi proteggono! Hogwarts è pieno di mangiamorte e c' è anche... -
Il ragazzo si fermò, fissando l' altro impaurito.
Victor però non disse una parola.

- L'altro? Hogwarts... mangiamorte... cosa mi stai dicendo? -

 

- Speriamo che Barthy arrivi in fretta o finiremo col fare tardi....- disse silvia, guardando ansiosamente fuori dalla locanda....

- Meglio far tardi che ritrovarci poi a dar storie discordanti per la sua assenza. -

- La sua assenza?! - disse Barthy, alle spalle di Black e Silvia - Avete dovuto attendere pochi minuti, non credo di aver fatto storie quando ho dovuto attendervi più a lungo... e adesso è ora di partire. -

 - Beh, buona sera anche a te eh!- disse Silvia un po' risentita... - e non ci stavamo lamentando dell'attesa, ma eravamo preoccupati di dove potessi essere... anche se so che per te è impossibile pensare a noi che facciamo una buona azione... -

- Forse dovremmo metterci in cammino. -
Intervenne frettolosamente Black, impensierito dalla cattiva piega presa dalla conversazione.
- Si, forse dovremmo. Eh, Duchessa... è il contrario... è per voi impossibile pensare a me che faccio una buona azione. -

Black iniziava a provare il desiderio di battere la testa a muro.
- Ci sono cose che sono molto facili da pensare. Ma questo non le rende più vere. E adesso... andiamo? -

- Certo... adesso, andiamo, non vorremo arrivar tardi? -

- Rischieremmo di perderci tutto il divertimento... pensate se Berengaire pensa di organizzare qualche pubblica flagellazione per rallegrare la serata e noi non ci siamo... -  disse Sirius.

Barthy scoccò un'occhiataccia a Black... Berengaire nella sua mente aveva i contorni di un Auror pazzo... come era stato suo padre. I suoi occhi erano due fuochi...

- Va bene, va bene, la battuta era di pessimo gusto, lo ammetto. -
Disse l' altro sollevando le mani insegno di resa, però la tua reazione mi sembra eccessiva, aggiunse fra sè. Non starai pensando? L' uomo rabbrividì, mentre un inusuale lampo di intuizione gli riportava alla mente l' uomo che lo aveva condannato ad Azkaban. Senza processo.

Barthy scosse la testa. Inutile pensare che Sirius Black potesse capire... cosa era stato Azkaban per lui? Neanche la metà di ciò che era stato per Barthy.

- Andiamo. -
Tornò a dire Black, ed evitò lo sguardo dell' altro.

- In cammino... - mormorò Barthemius, e sospirò.
"Adesso non sono più ad Azkaban... basta, non pensarci! Non pensare a... no!". Montò a cavallo rapidamente, e lo spronò... come se volesse allontanarsi in fretta da qualcosa "Ma dai tuoi pensieri... non puoi scappare" si ricordò cupamente.

- Noi procederemo in carrozza. - disse Black a Silvia - Se la Duchessa mi permette di aiutarla...

Barthy si voltò a dare un'ultima occhiata dietro di sè... e non si fermò. Avrebbe fatto da apripista...

 

Gwillion si alzò a sedere. Con lo sguardo fisso nel vuoto. Non era brava a recitare. Ma perchè non provarci?
- E uno doie tre e quattro - iniziò a mormorare - E cinc sei sett otto, e uno doie tre e quattro, e cinc sei sett otto... -

- Cosa, cosa dice?! - chiese la nobildonna...
- Conta i Santi che le appaiono... io credo! -

- San Martino prese il mantello e lo fece a pezzettini pezzettini. Così dicevo da piccola. -

- Oh, San Martino! - disse la nobile genuflettendosi.
- Si... si... e poi cosa vedi?! - chiese Mac.

- Vedo una piccola barca azzurra... -

- Oh, la barca... l'ancora... le Virtù Cardinali, Teologali... -

- Finchè la barca va lasciala andare, finchè la barca va tu non remare... -

Mac diede un pizzico a Gwillion e mormorò - Quando è troppo è troppo! -
Intanto la nobile chiedeva cosa stesse dicendo.
- Dice che... dice che... è un messaggio d'Amore Divino! -

Gwillion socchiuse gli occhi. Il pizzico le aveva fatto male! Chinò il capo, cercando di non ridere.
- Dormi bimbo, dormi... disse la serpe al corvo. -

- Le visioni stanno passando... - mormorò Mac - I Santi la salutano... -
- Oh! - fece la nobildonna.

- Quaranta quattro gatti... il canto delle rondini... una nota perduta... -

- Ci hai preso gusto?! - sibilò Mac all'altra, e la scosse - Toh, si sta riprendendo... le visioni sono trascorse! -
La nobildonna si segnò, rispettosamente.

- Cosa, cosa succede? -
Disse Gwillion sbattendo le palpebre.
- Hai avuto una delle tue visioni... stai bene? - disse Mac.

- Non ricordo nulla, lo sai, e mi sento... debole. -

- Lo so... lo so... -
- Cosa possiamo fare per te? Vuoi qualcosa? - chiese la nobile.

- Dell' acqua, forse... -

- L'avevo detto io! Presto, dell'acqua, la prego! - insistè Mac, e la nobildonna si allontanò solo per tornare con un vassoio con tre bicchieri d'acqua fresca.

 

Dobby insisteva... voleva sapere come diavolo si preparasse una torta alle mandorle.
- Kikkaaaaaaaaaaa! Aiutaaaaaaaaaa! -

"Kikka, Kikka aiuta me? E chi aiuta Kikka?" pensava, l' altra - Va bene hai tutti gli ingredienti e gli accessori vari? tipo frullatore... e contenitori... ah soprattutto il forno. -

- Frulla frulla che?! Io non ho frullaquellochehaidettotu! Tutte cose che maghi usa in cucina, io ho!

- O.K., sono calma...- prese un foglietto e scrisse tutti gli ingredienti poi lo diede a Dobby - procurami queste cose

- Io usa magia! Magia di elfo Domestico! - e Dobby agitò la grande testa, scosse le orecchie, e tutti gli ingredienti comparvero sul tavolo, mentre i gemelli Weasley entravano nella stanza.

Kikka cominciò a trafficare per la cucina con gli ingredienti - Dobby ora tocca a te! devi creare un impasto omogeneo, giralo velocemente... in mancanza di un frullatore... -

- Cosa essere impasto omogeneo?! -

"Un impasto omogeneo... è quello che sarai tu tra poco se non stai zitto..." pensò Kikka - Lascia stare, mi servono questi strumenti... sei in grado di procurarli? Un frullatore ed un forno! - e ne fece un disegno su un foglio.

- Frullafrulla io non faccio apparire! - disse Dobby sdegnato - Io non fa apparire cose babbane! E qui neanche spina di corrente c'è! Io dice lì c'è forno... forno a legna! Se tu vuoi frulla, frulla tu e io aiuta! -

- Falle apparire il frulla frulla, Dobby. - mormorò Draco fermo sulla soglia della cucina - E' una babbana in fondo, ovvio che le piacciano le cose babbane. -

- Ma non c'è spina elettrica qui padroncino!- Dobby battè la testa sul tavolo - Non c'è! Frulla non va! Io dico... io frulla! Magia frulla! - e Dobby infilò, a scopo dimostrativo, la testa in una ciotola, agitando le lunghe orecchie - Io così frulla! -

- Ci vorrebbe un frullatore... come si dice, a pile? - fece Draco gettando un' occhiata interrogativa verso kikka - Oppure una magia sminuzzatrice. Qualcosa di più delle tue orecchie Dobby.

- Belle orecchie di Dobby... ma a padroncino non piacciono... - Dobby scoppiò a piangere, disperato.

- Non volevo dare un giudizio estetico! - esclamò Draco esasperato - E comunque no, non mi piacciono. -

- Dobby! Se continui a lagnarti non ti aiuterò! Ed esci dal mio impasto che così lo rovini!!! - e Kikka si lasciò cadere su una sedia mettendosi la testa fra le mani cercando di non pensare a nulla .

Remus Lupin ne aveva abbastanza... non vedeva l'ora di andarsene un po' con Kikka e quello stupido elfo domestico continuava a mettergli bastoni fra le ruote... decise quindi di prendere in mano la situazione. Alzò la bacchetta, mormorò un incantesimo e l'impasto era perfettamente pronto, aspettava solo di essere messo in forma.
- Ecco, va bene così? - domandò a Kikka, trattenendo un sorrisetto...

 Kikka guardò Lupin, in quel momento l'avrebbe fatto santo - Grazie amore - e corse a mettere la torta in una teglia, e subito dopo nel forno a legna - Ora bisogna solo attendere.

- Kikka, abbiamo bisogno di te! - dissero in quel momento i gemelli.

- Non so se posso accontentarvi... io... - guardò di sottecchi Lupin - ditemi... -

Lupin avrebbe volentieri urlato... perchè tutti congiuravano contro lui e la sua piccola? Contò fino a dieci per calmarsi...

 Kikka si avvicinò al suo Remus mentre aspettava che i ragazzi parlassero e gli cinse la vita.

- Ecco, Hermione sta studiando... e non vuole che la annoiamo e disturbiamo facendo baccano... così ha detto che avremmo bisogno di qualche lezione di babbanologia... - disse Fred.
- Lei ha detto che ci devi insegnare tu babbanologia... andiamo?! Sono certo che anche Draco vorrà ascoltarti... suvvia... vieni a farci lezione! .

- Anche se fare l'insegnante era un mio sogno nel cassetto, ma... insegnare babbanologia non saprei da dove cominciare... -

- Ma tu sei babbana... basta che ci spieghi la giornata tipo di un babbano, per cominciare! -

Kikka si sedette e cominciò a spiegare la giornata tipo dei babbani da quando si alzano a quando vanno a dormire - Avete domande? -

- Si... ehm... - chiese George - Come funziona la luce elettrica? -

- Non sono un elettricista però posso spiegarvi... dei fili in rame sono collegati attraverso dei cavi ad una centrale elettrica, l'energia che passa attraverso questi fili fa accendere o spegnere la lampadina a seconda che l'interruttore sia acceso o spento... altro? -

- Non riesco a capire il concetto di energia... è come la magia? -

- Se vuoi te la faccio sentire io una scossa elettrica... piccolina, per dimostrazione pratica. -
Fece Draco.

George fissò Draco storto - Ricevere una scossa non è capirla... -

- No, ma può aiutare... insomma ci sono notevoli somiglianze tra energia e magia... sono due forme diverse di una stessa cosa... da qualche parte ho letto che anzi tutte le forme di energia alla fine si riducono a una ma non ricordo bene. Dovreste chiedere a Hermione. -

 

- Allora, - disse JeanLuc - avete già conosciuto padre Berengaire? -
- No, non esattamente. -
Ammise Voldemort.

Berengaire aveva raggiunto il castello. Sospirò... avrebbe fatto storie con il nobile Lalatte...l o sapeva. Lui ed i suoi ideali illuministici! Puah!
Si fece annunciare, ed entrò nella sala...

- Insomma - disse Jeanluc - spero non vi dispiacerà sentirmi parlar male di un servo di santa romana chiesa... ma parlar male di Berengaire è dopo la pesca il mio hobby preferito... oh, ecco, lupus in fabula. Ci annunciano il nostro ospite. Ma quale peccato... -

Severus stava valutando le parole di Lalatte, quando il "santo" Berengaire fece il suo ingresso. Piton lo osservò... l'espressione era piena di superbia e disprezzo. Le sopracciglia arcuate perennemente in un'espressione che non era di curiosità (in quel gesto che spesso Severus faceva suo), ma nel disprezzo generalizzato e generico per tutto. Le labbra sottili, tirate in una smorfia come di disappunto per il mondo. Due occhi dal colore indefinibile, maligni, cattivi, ma privi della luce furba che, invece, brillava in quelli dei tre ospiti. La calvizie era stata coperta da una sorta di zuccotto di stoffa di uno sgargiante viola, e Piton pensò che quell'uomo aspirava già ad una dignità cardinalizia, mentre non era altro che un comune prelato. Gli occhi di Severus indugiarono sugli abiti. Era vanesio, Berengaire, si disse. Molto vanesio. Non erano vesti di sacerdote comune, Berengaire indossava vesti, opera di abili sarti, volte ad impressionare. Era prete e voleva apparire guerriero. Indossava una pesante catena d'oro con una croce decorata con innumerevoli pietre scintillanti. Se portava l'amuleto... lo portava sotto le vesti. Piton fissò Voldemort e Raistlin. Pensavano ciò che pensava lui? Avevano avuto la stessa impressione disgustosa?
- La benedizione di Dio sia su di voi... - disse piano Berengaire, e la sua voce era quasi fastidiosa, acuta e pungente.
E mentre Severus meditava sul prelato, Berengaire stava, nello stesso modo, valutando gli ospiti di Lalatte. Berengaire riteneva che il nobile fosse un insulso sciocco, il rappresentante di una categoria potenzialmente pericolosa... che ospitasse stranieri era indicativo. Chi erano quelli? Chi DICEVANO di essere. Li osservò. C'era un sacerdote abbastanza giovane... e questo già lo irritava, perchè quella era la sua diocesi... i suoi fedeli... e non voleva altri come lui su quel terreno. Già, ma poi... come lui? Berengaire era unico. Unico in tutti i sensi... soprattutto il suo potere era unico. Gli altri due erano un altro giovane uomo dall'espressione indisponente e un uomo più maturo, con occhi di ghiaccio e sorriso cortese. Berengaire pensò che fossero individui da cui guardarsi... stranieri...erano stranieri... e pochi giorni prima cosa era successo? Non c'erano forse stati dei visitatori, dal mondo infernale e sporco dei demoni, che avevano portato confusione in paese? Strana coincidenza... almeno uno tra loro poteva essere pericoloso?
- Lalatte - disse Berengaire alla fine - Non ti dispiacerà se ho invitato altri ospiti? Presto si uniranno a noi una Duchessa italiana e due suoi attendenti... sono stati rapinati da poco, e sulle nostre terre! Davvero gli inviati del demonio non sanno più che fare! -
Severus tornò a fissare gli altri due. Possibile che... che fossero Barthy, Sirius e la ragazza? La coincidenza sembrava confermarlo.
- Non mi presenti i tuoi ospiti? Questi "stranieri"... -
E Severus notò che diceva "stranieri" come Voldemort avrebbe potuto dire "feccia babbana". In quel momento entrò una delle cameriere di Lalatte, portando un vassoio. Lo depose su un tavolo ed uscì. Non era una bella donna. Non erano belle le sue vesti, nè i suoi modi... era una persona anonima. Semplicemente una donna come tante. Ma Severus notò che gli occhi di Berengaire si accendevano per un represso desiderio... una voracità quasi perversa...
Piton scosse la testa. Ecco... si disse... ecco un altro difetto del nostro amico Berengaire. E si chiese se gli altri avessero notato. Per un istante Severus pensò a Gwillion, ed anche alla sua amica, l'idea che Berengaire potesse rivolgere loro un simile sguardo... lo agghiacciò. Ma Berengaire sarebbe stato al suo posto...

- L' altro sarebbe Crouch. - disse Victor stancamente - E suo nipote le ha dato un quadro abbastanza esatto della situazione. Non ha aggiunto soltanto l' identità dell' attuale preside di Hogwarts. Ma in fondo coloro che potrebbero pensare di combatterlo sanno già tutto. E chi invece lo ignora... non sarebbe mai disposto ad accettarlo. -
- Sta parlando di Tu-sai-chi... nonna! -

- Tu-Sai-Chi... ad Hogwarts... - la signora si lasciò cadere su una sedia, attonita.

Victor si limitò ad annuire.

- Lei si rende conto... come fa ad essere qui... lei si rende conto? E con Neville... si rende conto... io... -

- Dovrebbe calmarsi. E immagino che la mia presenza non la aiuti certo. -

La anziana signora Paciock fissò Victor Lestrange, non c'era odio nei suoi occhi, solo una fredda, rassegnata calma.
- Si rende conto di cosa significa la sua presenza qui... del fatto che io ho perso figlio e sua moglie, che era come una figlia per me... che Neville non ha potuto avere i suoi genitori... No... peggio... li ha visti pazzi! E pazzi del dolore... inflitto da lei... io... sono calma.

- Mi rendo conto. - disse l' altro in un sussurro - E se ho scelto di venire non è stato certo per... provare soddisfazione di fronte al male che ho fatto. Al contrario. -

- Per cosa allora? Per vantarsi di aver protetto Neville mentre ad Hogwarts... sono morti... quanti? Decine, e decine di innocenti... e mio figlio era un Auror, ma quei ragazzi?! -

Sono venuto qui per punirmi. Pensò Victor. Ma non fu questo ciò che disse.
- Io non mi vanto di nulla. Nulla. E non ho nemmeno il diritto di provare rimorso... per qualcosa che ho fatto dietro ordine del mio Signore. Ho distillato io quel veleno e l' ho fatto senza esitare. Anche se sapevo benissimo che c' è solo un' altra persona in grado di ottenere l' Obscurum... e quella persona ha scelto una via diversa. Ma l' ho fatto. Perchè questi erano gli ordini. E la morte. La morte è breve. Suo figlio... è differente. Lì la scelta è stata mia. E mia la colpa interamente. E' stato un gesto inutile. E questo... -
L' uomo scosse la testa. E questo mi ha tormentato per quasi quindici anni. Ad Azkaban sentivo le urla... Ma rimase in silenzio.

- Venga con noi in ospedale... lì ci sono altri... condannati dalle vostre azioni... venga con noi... - disse alzandosi la anziana donna.

- Verrò. -
Disse soltanto.

Raggiunsero l'ospedale. Attraversarono corridoi silenziosi e vuoti, l'atmosfera era irreale...
- Eccoci... -

Victor continuava a tacere.

- Prima la madre... - disse la signora - Non li tengono insieme... Neville, si entra da mamma, va bene? - Entrarono in una stanza vuota, c'era solo un letto, in un angolo. Una donna bella e esile, sedeva sul pavimento, giocando con le mani e canticchiando. Un infermiere stava in un angolo. Poi, di scatto la donna girò la testa... e dolce era il suo volto
- Chi, chi siete? - domandò - Chi siete voi? - ripetè, fissando Neville.

Victor osservava in silenzio.
- Tu ami torturare te stesso. -
Gli aveva detto lo spettro di Voldemort quella stessa mattina, congedandolo. E adesso osservava la donna. Non era diversa da come la ricordava. Come se gli anni per lei non fossero passati.

Un infermiere si avvicinò a Victor ed alla signora Paciock.
- E' calma adesso... - disse - Ma si agita all'improvviso, stamattina era irrequieta...-
La anziana signora Paciock si accostò alla donna.
- Tutto bene, cara? -
- Chi sei? Chi siete... che volete da me?! - la donna iniziò a piangere, con le mani nei capelli - Chi siete, che volete... ho paura... - poi ebbe uno scatto repentino, come se volesse afferrare Neville con violenza, ma l'infermiere la afferrò, mentre si dimenava.
- Usciamo... - disse la signora Paciock stringendo Neville, evitando di pensare.

Victor fissava la donna come paralizzato. Non sarebbe nemmeno riuscito a muoversi se uno degli infermieri non l' avesse gentilmente fatto uscire dalla stanza. Anche le sue urla erano come le ricordava.
La signora Paciock strinse Neville - Quante... quante volte hai dovuto vedere questo... - mormorò, e poi fissò Victor, il pallore del suo volto, l'espressione sul suo viso... e per qualche motivo ebbe desiderio di offrire un conforto - Ed ora da mio figlio... mio figlio sembra... mi hanno scritto che sta meglio... io non so come, ma vedremo... -

- Vedremo... -
Ripetè Victor.

In quel momento un medico li avvicinò. Spiegò che, quasi miracolosamente, sembrava che Frank Paciock avesse ripreso il controllo delle proprie facoltà.
La signora Paciock si sentì venir meno... poteva... poteva essere?

Victor taceva.
Entrarono nella stanza di Frank Paciock... l'uomo era seduto su di una sedia... si voltò al loro ingresso, e lo sguardo gli cadde sulla donna anziana e curva - Mamma... - mormorò, e piangendo corse a stringerla. Anche la donna piangeva... dopo quindici anni si era ripreso!

Victor rimase fermo sulla soglia. Voleva andarsene. Quello non era posto per lui.
- Va da tuo padre, Neville. -
Sussurrò al ragazzo.

In quel momento la anziana signora Paciock richiamò Victor - Si avvicini... disse... - poi si rivolse al figlio - Questo... - disse, indicando Neville - E' il figlio che non hai quasi conosciuto... quindici anni di vuoto nei tuoi occhi non lo hanno visto crescere, e quello è l'uomo che te lo ha riportato.
Frank alzò lo sguardo velato di lacrime, per ringraziare, prima di stringere il figlio... e i suoi occhi si sgranarono...

 

- Grazie... -
Mormorò la giovane Gwillion, e sorrise.

- Bevi, bevi cara... che dono avere visioni! Mi domando se Berengaire sia già arrivato... in tal caso... potremmo parlargli di voi!- disse la nobile Lalatte.

Bestemmie mentali.
- Io veramente... non amo ostentare il mio... dono. Dovrei parlarne con mio fratello almeno prima. -

- Oh, certo capisco... volete recitare i Vespri, andare in una camera di là, tornare da vostro marito? -

- Vorrei parlare con mio fratello... padre Majere... e poi tornare da mio marito magari. -

- Allora... andiamo... sta bene ora, vero? Oh, che emozione! - disse la nobildonna.

Gwillion scosse la testa. Avrebbe voluto parlare da sola con suo fratello. Non perchè era suo fratello nè perchè era prete. Ma per il piccolo specchietto che gli aveva prestato. E più gente c' era...
Mac notò l'espressione dell'amica - Forse dovremmo farla discutere prima con suo fratello, il reverendo deve sapere da solo delle visioni... perchè non lo chiamiamo e lo facciamo venire qui? Gwillion... aspetta qui, e noi andremo di là, e chiameremo padre Majere. Non è vero... -
- Magdalene, chiamatemi Magdalene. -
- Magdalene... - e sorrise, mentre si allontanavano, lasciando Gwillion ad aspettare.

 

Silvia tese la mano a sirius per farsi aiutare a salire in carrozza, e in pochi minuti furono pronti a partire.
Il panorama era meraviglioso, ma la ragazza non riusciva a goderlo a pieno... la discussione avuta con Barthy le aveva lasciato l'amaro in bocca... perchè non riuscivano più a capirsi, a parlarsi civilmente? Certo, non poteva assolutamente dire di essere stata mai innamorata di lui, ma gli era affezionata, era una persona dolcissima, oltre al fatto che era il padre di sua figlia... Ma forse aveva dato troppe cose per scontate, troppe cose non dette avevano logorato i rapporti... e adesso sarebbe toccato a lei riuscire a rimettere a posto le cose.
Il fatto poi che avrebbero rincontrato Berengaire non contribuiva certo a rendere il suo umore migliore...

Barthy fece girare la sua cavalcatura e tornò indietro, si affacciò ad un finestrino della carrozza - Ci siamo... manca poco... -

- Che bellezza... -
Sussurrò Black.

Ed eccoli giunti finalmente... Silvia smontò dalla carrozza aiutata da Barthy e Sirius, e strinse per un attimo la mano di quest'ultimo, per farsi un po' di coraggio....
- Andiamo.... - disse con voce un po' tremante ai due uomini...

- Andiamo a chiedere che annuncino la Duchessa di Biancanube. –

 

 

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