MILETO

 

Antica città dell'Asia Minore, sulla costa occidentale della Caria, alla foce del Meandro. A partire dall'epoca arcaica fu la principale città della Ionia, centro fra i più importanti della vita intellettuale, economica e politica del mondo occidentale durante l'antichità.

La località di Mileto fu abitata dall'epoca neolitica; durante il Medio Minoico vi si insediarono probabilmente dei cretesi, e di tale "fondazione" cretese resta memoria (oltre che nei reperti archeologia) nelle tradizioni mitiche e forse anche nel nome non greco Mileto, di cui si trova un corrispondente, Mdatos, nella Creta settentrionale. Al centro cretese ne successe uno miceneo che potrebbe essere la Miuawanda o Mdawata menzionata dai documenti ittiti del sec. XIII a. C. 

Su Mileto regnò fino al termine del sec. VIII a. C. la dinastia dei Nelidi che faceva risalire la sua origine al colonizzatore Neleo, di Podo o di Atene. Il potere di tale dinastia declinò alla fine del sec. VIII, essendo sostituito dal governo dell'aristocrazia interessata nei commerci di cui M. divenne centro attivissimo, all'estremità della via carovaniera che univa la foce del Mean all'Anatolia e alla Mesopotamia. Le cospicue esportazioni di prodotti locali (tessuti, ceramiche, grano, ecc.) determinarono inoltre il potenziamento del commercio marittimo, che consentì all'economia di Mileto di non essere gravemente danneggiata dagli ostacoli posti dal regno di Lidia (metà del sec. VII a. C.) ai traffici carovanieri.

La città fondò numerosissime colonie e scali commerciali, fra cui Abido sullo stretto dei Dardaneli, Cizico sulla costa asiatica del mar di Marmata, Isuo, Olbia, Panticapeo, Sinope, sul mar Nero, Naucrati sul delta del Nilo. La politica di Mileto in quel periodo fu ispirata soprattutto dalla necessità di evitare ostilità con le grandi potenze mediterranee che avrebbero potuto danneggiare la sua espansione economica; particolarmente stretti furono i rapporti con l'Egitto, che Mileto appoggiò finanziariamente (oltre che con l'invio di mercenari) nelle contese con gli Assiri. E più diretto avversario della città fu il regno di Lidia, e alla fine dei sec. VII a. C. si giunse a una guerra, durante la quale Trasibulo divenne tiranno di Mileto; a quel periodo risale anche l'introduzione a Mileto dell'uso della moneta (di elettro), ancora estraneo a quasi tutte le città greche. Alla morte di Trasibulo, nel 590 a. C., il governo della città fu conteso fra diverse forme politiche; dopo alcuni decenni durante i quali la città intanto aveva dovuto accettare l'ingerenza politica di Creso re della Lidia, si giunse probabilmente a un ordinamento teocratico, accentrato nelle figure dei Molpoi, sacerdoti di Apoffo Delphinios, patrono della città. Ciro impose il governo nella città di un tiranno a lui favorevole, Istico. 

In quegli anni Mileto era divenuta il centro intellettuale della Ionia: Talete, Anassimandro ed Ecateo i attribuirono nella storia della cultura occidentale la prestigiosa condizione di culla della filosofia, delle scienze naturali, degli studi geografici e storiografici. L'alfabeto in uso nella città si estese a numerosi altri centri di cultura e, dopo essere stato adottato da Atene nel 403- 402, divenne l'alfabeto comune e tutto il mondo greco. Alla morte di Istico gli successe Aristagora, il quale guidò un'insurrezione contro i persiani conclusasi con la sconfitta navale dei milesi a Lade (494 a. C.) e con la distruzione di Mileto, la cui popolazione fu deportata sul Tigri. 

La caduta della cita fu accolta in tutto il mondo greco come una sciagura nazionale, e subito dopo la vittoriosa battaglia di Micale (479 a. C.) si decise la ricostruzione di Mileto, il cui piano regolatore fu probabilmente concepito dall'innovatore dell'urbanistica antica, Ippodamo, nativo appunto della città. La nuova Mileto appartenne alla lega delio-attica e rimase sotto l'influenza ateniese fino a quando, nel 412 a. C., abbandonò l'alleanza e accolse il satrapo Tissaferne, allineandosi con Sparta. Nel 401 la città fu assediata da Ciro il Giovane e tornò a subire completamente l'autorità persiana, dalla quale la liberò Alessandro nel 334 a. C. Contesa per due secoli fra i sovrani ellenistici, controllata e di volta in volta dai lagidi, dai selcucidi e dagli attabadi, Mileto entrò a far parte nel 133 a. C., come città libera, della provincia romana d'Asia e perse del tutto la sua libertà dopo il 78 a. C. per essere stata favorevole a Mitridate nel corso della guerra con Roma. Durante l'ellenismo e nella prima epoca imperiale romana la città ebbe grandissimo sviluppo, documentato dalla costruzione di imponenti edifici pubblici. La sua decadenza iniziò verso il sec. VI d. C., quando ormai le alluvioni del Meandro avevano interrato i porti e allontanato la città dal mare: nel sec. X un terremoto distrusse gran parte degli edifici.

LA CITTA'

I resti della città di epoca arcaica si trovano sulla collina di Kalabaktepe: sono tracce di fortificazioni, di edifici d'abitazione e di un tempietto ionico in antis (seconda metà del sec VI a. C.). L'impianto urbano della città del sec. V a. C. si estendeva invece su tutto il promontorio ed era costituito da una serie di isolati regolari, disimpegnati da strade tra loro parallele e ortogonali. 

Il porto principale di Mileto (porto dei Leoni), era fronteggiato da una piazza su cui era il santuario del dio patrono della città, Apollo Delphinios; il grande recinto porticato (iniziato verso il 470 - 450 a. C.) fungeva anche da archivio di stato, conteneva numerose iscrizioni, rilievi votivi e statue onorarie. Dalla piazza del porto iniziava la grande strada che conduceva al santuario di Apollo a Didima. Presso di essa si trovavano le piazze principali di Mileto, in mezzo a un complesso di edifici pubblici e privati: il vero e proprio centro della città era la piazza in cui sorgeva il Buleuterio (175-164 a. C.), contenente all'interno una gradinata semicircolare capace di ospitare ca. 1200 persone. Dalla piazza del Buleuterio si passava alla vastissima agorà S, attraverso una porta monumentale, di età antonina, i cui elementi sono stati pressoché interamente trasportati e ricomposti nel museo di Pergamo a Berlino. 

L'agorà S era fiancheggiata da grandi porticati. Presso il porto più interno sorgeva un grande complesso termale, donato da Faustina (probabilmente la moglie di Marco Aurelio), che conteneva numerose e preziose opere d'arte; il teatro, uno dei più grandi dell'Asia Minore (140 m di diametro), iniziato alla fine del secolo IV a. C.; e lo stadio, rettangolare, lungo 194,5 m, capace di ospitare sulle gradinate ca. 14.000 persone. La via processionale che partiva dalla piazza del porto dei Leoni, passava per il sobborgo occidentale di Panormos e raggiungeva dopo ca. 16 km Didima, la sede del tempio di Apollo Pbílesios, uno dei più importanti santuari oracolari del mondo antico. Gli scavi hanno riportato alla luce i resti prepersiani (sec. VII a. C.) degli edifici, e inoltre un cospicuo numero di statue virili sedute, disposte lungo la via sacra, risalenti al sec. VI a. C. L'edificio del tempio, ricostruito integralmente in età ellenistica, era uno dei più imponenti e ammirati dell'antichità: un grandioso tempio ionico diptero, con dieci colonne sui lati brevi e ventuno sui lati lunghi. Fu distrutto da un terremoto verso l'anno 1000.

 

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