La Presenza Reale di Gesù nei nostri Tabernacoli è mistero divino, è dono divino, è amore divino. Durante la S. Messa, negli attimi della Consacrazione, quando il Sacerdote pronuncia le divine parole di Gesù, “Questo è il mio Corpo ... Questo è il Calice del mio Sangue” (Matt. 26, 26-7), il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù. La sostanza del pane e del vino non c’è più perché trasformata (“transustanziata”) nel divino Corpo e Sangue di Gesù. Il pane e il vino conservano solo le loro apparenze (o “accidenti”) a esprimere la realtà del “cibo” e della “bevanda”, secondo le parole di Gesù. “La mia carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente bevanda” (Giov. 6, 56).

        Sotto i veli dell’Ostia, quindi, e dentro il Calice c’è la Divina Persona di Gesù con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità, che si dona a chiunque lo riceve nella S. Comunione, e rimane permanentemente nelle Ostie consacrate chiuse nel Tabernacolo.

    S. Ambrogio insegna: “Come fa il pane a diventare il corpo di Cristo? Per mezzo della Consacrazione. La Consacrazione con quali parole viene effettuata? Con le parole di Gesù. Venuto il momento di compiere il sacro mistero, il sacerdote cessa di parlare da sè, parla in persona di Gesù”.

    Le parole della consacrazione sono le parole più strabilianti che Dio abbia donato alla Chiesa. Hanno il potere di trasformare un po’ di pane e vino in Gesù Dio Crocifisso! Realizzano un mistero arcano di somma potenza che supera il potere dei Serafini, e appartiene solo a Dio e ai Sacerdoti. Non dovremmo meravigliarci, allora, se ci sono stati Santi sacerdoti che soffrivano angosciosamente quando pronunziavano quelle divine parole. S. Giuseppe da Copertino e, ai nostri giorni, il Santo Pio da Pietrelcina apparivano visibilmente oppressi da angoscia mortale, e solo stentatamente, a strappi, riuscivano a terminare le due formule della consacrazione. Il P. Guardiano volle chiedere a S. Giuseppe da Copertino: “Come mai pronunci in modo limpido tutta la Messa, e inciampi a ogni sillaba della consacrazione?”. Il Santo rispose: “Le parole santissime della consacrazione sono sulle mie labbra come carboni ardenti; pronunciandole, devo fare come chi deve ingoiare cibi bollenti”.

    È per quelle divine parole della consacrazione che Gesù è sui nostri altari, è nei nostri Tabernacoli, è nelle candide ostie. Ma come?

    “Com’è possibile - chiedeva uno studioso maomettano ad un Vescovo missionario - che il pane e il vino diventino carne e sangue di Cristo?”. Il Vescovo rispose: “Quando nascesti eri piccolo; sei cresciuto perché il corpo ha trasformato in carne e sangue il nutrimento che hai preso. Se il corpo dell’uomo è capace di trasformare in carne e sangue il pane e il vino, tanto più facilmente lo potrà Iddio”. Il maomettano chiese ancora: “Com’è possibile che in un’ostia così piccola sia presente Gesù tutto intero?”. Il Vescovo rispose: “Guarda il paesaggio che hai qui davanti, e pensa quanto il tuo occhio è più piccolo in confronto ad esso. Eppure nel tuo occhio così piccolo c’è l’immagine di questa campagna così vasta. Non può Dio fare in realtà, nella sua persona, quello che in figura è in noi?”. Ancora, il maomettano chiese: “Com’è possibile che lo stesso corpo si trovi contemporaneamente presente in tutte le vostre Chiese e in tutte le ostie consacrate?” E il Vescovo: “A Dio nulla è impossibile, e questa risposta potrebbe bastare. Ma anche la natura risponde a questa domanda. Ecco uno specchio; buttalo a terra e frantumalo: ogni frammento riporterà la stessa immagine che riproduceva lo specchio intero. Così, lo stesso e medesimo Gesù si riproduce, non in figura, ma in realtà, in ogni ostia consacrata; Egli è veramente in ognuna di esse”.

    Ricordiamo S. Rosa da Lima, la B. Angela da Foligno, S. Caterina da Siena, S. Filippo Neri, S. Francesco Borgia, S. Giuseppe da Copertino, e tanti altri Santi, che avvertivano sensibilmente la Presenza Reale di Gesù nel Tabernacolo e nelle Ostie consacrate, vedendolo con i loro occhi o gustandone l’ineffabile fragranza.

    Ricordiamo l’episodio di S. Antonio di Padova, che a un incredulo fece vedere un mulo affamato inginocchiarsi di fronte all’ostensorio con il Santissimo, anziché buttarsi sul cesto di biada posto accanto all’ostensorio. Ricordiamo S. Alfonso M. de’ Liguori che, infermo, ricevette la S. Comunione in cella. Una mattina, appena ricevuta l’ostia, il Santo si mise a gemere ad alta voce fra le lacrime: “Ma che avete fatto? Mi avete portato un’ostia senza Gesù, un’ostia non consacrata...”. Si indagò sulla cosa e si scoprì che il Sacerdote celebrante quella mattina, per pura distrazione, era passato dal Memento dei vivi al Memento dei morti (Canone Romano), saltando interamente la consacrazione del pane e del vino. Il Santo aveva avvertito l’assenza di Gesù in quell’ostia non consacrata

    Si potrebbero ricordare tanti altri episodi tratti dalla vita dei Santi. Così come si potrebbero ricordare gli atti degli esorcismi sugli ossessi liberati dal demonio mediante l’Eucaristia. E si potrebbero elencare quelle grandi manifestazioni di fede e di amore che sono i Congressi Eucaristici, e i celebri Santuari Eucaristici (come Torino, Lanciano, Siena, Orvieto, S. Pietro a Patierno...) che ancora oggi conservano le testimonianze vive degli episodi strepitosi accaduti a conferma della Presenza Reale.

    Ma più essenziale di ogni episodio o testimonianza, è la Fede su cui si basa la verità della Presenza Reale e su cui deve basarsi la nostra incrollabile certezza che è così. Gesù è verità (Giov. 14, 6) e Lui ci ha lasciato l’Eucaristia come un mistero di fede a cui credere con tutta la mente e con tutto il cuore. 

    Quando a S. Tommaso d’Aquino, il Dottore Angelico, venne portato il S. Viatico, egli si sollevò dalla cenere, su cui si era fatto distendere, si inginocchiò e disse: “Anche se esistesse una luce mille volte più splendente di quella della fede, io non crederei con maggiore certezza che Colui che sto per ricevere è il Figlio dell’eterno Dio”.

    “Mistero di fede”: con queste due parole il Papa Paolo VI ha voluto intestare la sua enciclica eucaristica, proprio perché le realtà divine non hanno fonte di verità e di certezza più alta della fede teologale. Era per questa fede che i Santi vedevano Gesù nell’Ostia e non avevano bisogno di altre prove. Il Papa Gregorio XV ebbe a dire che S. Teresa di Gesù (da lui canonizzata) “vedeva così distintamente, con gli occhi dello spirito, nostro Signore Gesù Cristo presente nell’Ostia, che affermava di non invidiare per nulla la felicità dei Beati, che contemplano nel cielo il Signore faccia a faccia”. E S. Domenico Savio scrisse una volta nel suo quaderno di diario: “Per essere felice non mi manca nulla in questo mondo: mi manca solo di vedere in cielo Gesù, che ora con occhio di fede miro e adoro sull’altare”.

    È con questa Fede che noi dobbiamo accostarci alla Eucaristia, dobbiamo stare alla sua Presenza, dobbiamo amare Gesù Eucaristico e farlo amare.

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