Favole di Francesca Morales (Genova) :
l'autrice di uno dei resoconti sul G8 di Genova pubblicati su questo sito
"GENOVA NUOVA" (2004) di F. Morales, mille motivi per amarla...

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LA STRADA PER LA FELICITA'
di Francesca Morales   scrivici!

Un giorno una ragazza chiese ad un vecchio, che stava sul ciglio di una strada, cosa fosse la Felicità. "Per me, posso dirti - rispose l'uomo - è la pace interiore unita a quella degli altri.". La ragazza, però, non essendo mai stata felice, non capiva e, ancora, chiese all'uomo di essere più chiaro. "La Felicità, vedi - continuò il vecchio - è come questa strada. Ora tu sei qui, vicina a me, ma di essa vedi solo la parte che calpesti: non vedi né l'inizio né la fine. Dove ci troviamo noi, ora, ecco, questo è il nostro Presente. Ciò che non vediamo, l'inizio, è il Passato - che sappiamo essere stato ma non rammentiamo bene come - e quest'altra parte, quella finale, è il Futuro, che ancora non conosciamo. Ma questa è una lunga Strada, impervia e ricca di ostacoli, con curve a gomito e scarpate nelle quali si può rischiare di cadere. Alcuni di noi si arrischiano lungo questa Strada, ma i più deboli cadono molto presto: tanti hanno la forza di rialzarsi, ma molti altri non ne hanno. Altri ancora, invece, sbandano solo nelle curve più pericolose e, alla fine, riescono comunque a rimettersi in carreggiata."
La ragazza osservava e riconobbe la verità nelle parole del vecchio: quella strada era davvero molto tortuosa e ciò la spaventò… "Ma io sono debole, non riuscirò mai a percorrere.." cercò allora di dire, titubante, la ragazza. "Nessuno mai è debole, se non di fronte alla Morte", le rispose l'uomo.
"Come posso essere felice con tutta questa strada sotto i piedi?" chiese, allora, lei.
"Oh, sta proprio qui il Mistero di tutto, cara. Sta nella Strada, nella terra che tu ed io calpestiamo.. E' come una magia: basta pensare che la Strada sia dritta e piana e la nostra mente la farà dritta e piana. Coloro che sono felici la percorrono in questo modo: nessuno di loro sbanda o cade perché nella loro strada non vi sono curve o burroni. È questo il segreto: la Felicità appartiene a tutti."
Ella lo guardò e vide una strana luce nei suoi occhi. Poi gli chiese: "Ma tu hai la tua Felicità?". L'uomo non rispose. Voltò le spalle e prese ad incamminarsi.
La ragazza lo osservò, ancora una volta: egli doveva essere molto felice, perché la sua andatura era perfettamente dritta, come se egli puntasse una meta inesistente davanti a sé. In lei nacque un poco d'invidia e lo guardò allontanarsi. Ma sgranò gli occhi quando si rese conto che quell'uomo non era più un vecchio. Non era più neppure un uomo.
Era una graziosa ragazza che sorrideva.
Era lei.
 

La favola dimostra
che non esiste una strada che non sia impervia,
o in salita, ma, al tempo stesso,
che tutte le strade, prima o poi,
declinano.
La favola dimostra
che ogni giorno vissuto
è una conquista.

Mai smettere di lottare.

STELLA POLARE

di Francesca Morales

C'era una volta una stella piccola piccola, che la notte non si faceva mai vedere poiché credeva di non essere all'altezza del suo compito: illuminare la via degli uomini in mare. Accanto a sé aveva molte altre stelle, grandi e luminose quasi più del sole, che amavano restare a lungo contro il nero della notte, a guardare quali bizzarrie facessero gli uomini a quell'ora.
Era una stella insicura. Eppure le stelle non potevano esserlo, si diceva lei, perché esse sono le uniche cose di cui è certa e reale la presenza. Ma la sua insicurezza era incrementata anche dal fatto che, in diverse occasioni, si era sentita incapace di aiutare chi ne aveva bisogno. Come quella volta in cui, in una notte fredda e nuvolosa - tanto che ti saresti potuto chiedere se ancora, là sotto, ci fosse il cielo.. - non aveva saputo illuminare la via di un peschereccio in balìa delle onde. C'era solo un piccolo spiraglio che le permetteva di spuntare dalle nuvole: lei, timorosa dapprima, ma poi fiduciosa nelle sue possibilità, aveva fatto capolino - unica stella del firmamento -  ma era stata incapace di brillare a tal punto da farsi scorgere dall'imbarcazione, che aveva così definitivamente perso la rotta. Non aveva mai saputo quale sorte fosse capitata all'equipaggio. Ma il ricordo di quell'episodio così amaro e doloroso, l'aveva convinta che la professione di stella non facesse per lei.
Era buffo vedere con quanta furbizia sfuggisse sempre al suo compito: si nascondeva dietro altre scie luminose, oppure sorgeva per ultima e tramontava per prima, al fine di restare nel buio della notte il meno possibile. Finché un giorno..

(Finché un giorno non si sentì chiamare. Per nome.)

Era una splendida sera d'agosto, una di quelle sere in cui ringrazi quel Qualcuno di tenerti ancora al mondo, una di quelle sere in cui saresti capace di piangere contemplando il cielo ed ascoltando il silenzio della campagna. Di sere come quelle ce ne sono poche, nella vita di ogni uomo, e non servono molte parole: quando si riconoscono, non bisogna lasciarsele sfuggire…
Ecco, era una sera di quelle. La nostra stellina, sola più che mai, aveva deciso che per quella volta non si sarebbe proprio fatta vedere in cielo. Eh no! Questa volta avrebbe scrutato nelle case degli uomini, per cercare di imparare le loro abitudini, e capire se poi, quella vita umana era così bella come aveva sentito raccontare. Così, era iniziato il suo viaggio.
Attraverso le tendine appena scostate di una finestra aveva visto una mamma che si prendeva cura del suo bimbo, in un piccolo giardino due amici che discutevano animatamente di chissà quale argomento, su una panchina di legno un uomo ed una donna che si scambiavano dolcissimi sguardi. Sì, la vita umana era affascinante - si era detta - ma non l'avrebbe mai presa in cambio della sua vita notturna di stella. La sua esistenza era solitaria e lei, in fondo, amava la solitudine. Forse perché viveva celandosi agli altri..
Così, anche quella notte si stava concludendo, senza che lei avesse potuto trovare una ragione sufficiente per pensare di preferire un'altra vita alla sua. Stava tornando al suo pezzo di cielo, perché fra poco sarebbe stato mattino e lei - come sappiamo - era la prima ad andare a dormire; ma, distrattamente, gettò ancora uno sguardo al mondo terrestre. E udì queste parole:

Sei tu, luce mia, mia unica salvezza,
pupilla dei miei occhi stanchi
di piangere.

Scendi dal tuo trono
abbandona il tuo corteggio di stelle
e giungi a scaldare il mio cuore..

La nostra stella rimase ammutolita e affascinata da quei suoni così ben articolati che parevano giungere dalle labbra di qualcuno realmente innamorato. Lei ne sapeva poco dell'amore: aveva sentito dire che era in grado di prenderti e trasportarti sulle nuvole, di farti toccare il cielo con un dito, di farti restare sveglio tutta la notte pensando all'altra metà di cuore distante da te. Eppure, non aveva mai visto nessuno seduto su una nuvola, né tantomeno qualcuno che sfiorasse il tetto del cielo con le dita, o amanti insonni distrutti dalla solitudine.
Ma quella voce, quelle parole rotte dal pianto, riuscirono ad intenerirle il cuore e volle fermarsi, per guardare in giù. Su di un prato, disteso intento a scrutare il cielo, c'era un poeta illuminato dalla luna e dal suo corteo di stelle, molte, moltissime, milioni di stelle.. E quel poeta sembrava davvero triste - come tutti gli animi in grado di comporre versi - tanto che il suo sguardo pareva contare ad uno ad uno i puntini sparsi nel blu scuro della notte, come se fosse stato in cerca di qualcosa o.. di qualcuno.
 

Stella! Stella mia,
dove sei?
Fuggi da chi ti ama?
Da chi ti prega?
Da chi ti vuole essere schiavo?
Non basteranno anni e secoli
non basteranno mille pensieri:
se mi cercherai
ancora qui mi troverai.

E lei, allora, si fece più luminosa e più grande tra le altre. Sentì il cuore pieno d'amore e avrebbe voluto correre giù, verso quel mondo umano così bello e triste, verso quel mondo che troppo spesso dimenticava l'importanza di parlare con le stelle, verso quel poeta che la chiamava, sì, che chiamava lei. La luce che diffondeva era così fulgida e potente che l'avrebbero potuta scorgere in ogni luogo del mondo, in ogni antro buio della natura, tra le foglie di ogni albero..
Improvvisamente, il poeta spostò lo sguardo sulla nostra stella e ne vide l'immensa ed ineffabile bellezza; ne vide i contorni, delineati come da un acquerello, ma anche la profondità, la sostanza, l'anima, l'interiorità. Vide con gli occhi del cuore quello che fino ad allora non era stato in grado di comprendere con gli occhi della mente.
Rimanendo disteso, con le mani incrociate dietro la nuca, chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo: quella luce era ancora lì, non lo aveva abbandonato, non era stata frutto della sua immaginazione.
Tu sarai la mia guida. Tu sarai la mia stella, mi porterai attraverso il mondo e non avrò bisogno d'altro. Quando sentirò d'essere triste o perso nel mondo, alzerò lo sguardo e tu ci sarai, dolce compagna mia.
Pronunciate queste parole, il poeta si alzò in piedi e, continuando a guardare il cielo, cominciò piano piano ad indietreggiare, sorridendo all'immensità della notte, come fa l'amante che ha appena salutato la sua donna e si allontana, ma non vorrebbe, e la guarda andare via, e fa un sorriso d'incoraggiamento, per rassicurarla, ma è un incoraggiamento - a se stesso..

Quella stellina aveva finalmente scoperto l'amore, aveva scoperto quanto sentimento vi potesse essere nel cuore di una persona - nel cuore di una creatura - e come fosse bello sapere di avere qualcuno che non ci dimentica mai, per nessun motivo, in nessun istante della vita. E divenne realmente la guida di quel poeta; ma non solo di quello. Divenne la guida di milioni di uomini e donne, di altri poeti e di naviganti, di musicisti e contadini. Perché era cresciuta, si era fatta forte di fronte alle difficoltà, aveva confidato fino all'ultimo nella bontà dell'umanità.
Da quel giorno fu la stella polare. E per tutto il resto della vita fu la prima a sorgere la sera e l'ultima a tramontare al mattino. Perché non aveva più paura.
 
 
 

La favola dimostra
che non importa quanto le persone siano diverse o distanti tra loro,
quanto si considerino irraggiungibili l'un l'altra,
quanto si amino.
Ciò che importa è amarsi, è credersi sempre l'uno parte dell'altra,
è lottare anche quando tutto sembra perduto.
Perché non c'è mai nulla che vada (davvero)  perduto.
La favola dimostra
che coloro che si amano
si portano sempre nel cuore.

Mai rinunciare a  sognare.


 
 
 

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