I colori
spiegati ad un ragazzo cieco, che
preferisco chiamare
poeta in bianco e nero.
L’inverno aveva
ghiacciato ogni frase, io e Antoine,
passeggiavamo mano nella mano, per il frutteto di sua nonna, i nostri
paltò
neri si toccavano leggermente, l’imbarazzo scorreva sotto la nostra
pelle,
Antoine ridendo mi aveva detto “Sembri una pesca baciata dal sole”, io
avevo
guardato il cielo, era grigio, come lui, e forse ora anche come me.
Come si spiegano
i colori a chi non li ha mai visti? Me lo chiedevo da quando avevo
incontrato
Antoine, come avrei potuto fargli cogliere la purezza del bianco? La
speranza
che regala il verde? La pace di un celeste cielo? Come avrei potuto
parlargli
dei colori dei fiori, come avrei potuto narrargli del rosso dei
papaveri nei
dipinti di Monet? Come avrei potuto fargli cogliere il brillio delle
stelle? Il
candore del marrone delle castagne?
Antoine aveva il
viso
bianco e i vestiti neri, e i suoi
occhi vedevano il mondo secondo i suoi colori, secondo questo binomio
troppo
poco poetico. Il bianco e nero, può andar bene per una
fotografia d’altri
tempi, ma la vita di Antoine, doveva essere a colori. Antoine era un
poeta,
spesso, ci sedevamo sui massi vicino al fiume, e lui riusciva a
catturare nei
suoi versi qualsiasi suono. Ad un tratto mi prese la mano e mi disse:
“Ma una
pesca baciata dal sole,com’è?io non lo so”
Sapevo che mi avrebbe fatto questa domanda prima o poi, avrei
rimandato
di rispondere all’infinito se avessi potuto, volevo fargli cogliere
tutta
l’immensità dei colori, ma forse non ne ero in grado. Io ho
sempre associato i
colori agli odori, ma sarebbe lecito e obiettivo spiegare i colori con
i
profumi, con le sensazioni?
Ci sedemmo su una
panchina, era coperta di brina e lui
sentendo il freddo della brina, incalzò di nuovo: “ma la
brina,com’è?cosa sono
i colori?cos’è il rosso?” Antoine sembrava un bambino nella fase
dei perché,
nella fase delle domande, e delle attese di risposte che devono
arrivare
subito, ma Antoine non era un bambino, e non si poteva più
sviare le domane con
un “Te lo dirò quando sarai grande” Antoine era un poeta,
possedeva una
passione per le cose intensissima che
solo le persone con la più alta purezza d’animo possono avere;
Antoine aveva il
diritto di poter vedere, almeno con l’anima a colori. “Stanotte ti ho
sognata”
quel silenzio ghiacciato sospeso a mezz’aria sopra le nostre teste fu
interrotto dalle sue parole. Mi scoprii improvvisamente razionale,
quando lui
pronunciò quella frase subito nella mia mente avevo pensato “non
è possibile.
Lui non mi ha mai vista, come può avermi sognata?”
e quindi feci io una domanda a lui questa
volta “come sono i tuoi sogni?come puoi sognarmi?” – “Ti sogno spesso
sai?sogno
la tua risata quando sei felice, sogno l’emozione che mi danno i tuoi
capelli
intrecciati tra le mie dita, sogno il modo in cui sposti l’aria quando
mi passi
vicino, lo riconoscerei tra mille, sogno il tuo profumo di campanule,
sogno la
stretta delle nostre mani, perfettamente incastrate, sogno la tua voce,
il modo
in cui pronunci la r, quel modo così sofisticato ed elegante,
sogno il rumore
dei tuoi tacchi sul parquet, sogno il candore del tuo viso vicino al
mio, sogno
i tuoi discorsi, i particolari di ogni tua frase, che rimarranno per
sempre in
me, sogno la tua ingenuità bambina e il tuo essere adulta in
ogni situazione
importante, sogno la pelle delle tue guance che diventa più
liscia quando ti
imbarazzi:sogno te.” L’avevo ascoltato
incantata su quella panchina, la brina si era sciolta, aveva parlato a
lungo,
mi aveva parlato di cose che non avrei mai pensato potesse cogliere,
aveva
parlato di me meglio di chiunque altro, Antoine possedeva gli occhi per
guardare in me, lui mi conosceva, mi conosceva davvero, in ogni mia
sfaccettatura
anche se non aveva mai visto il mio viso. Mi commosse questo pensiero,
tanto.
Gli presi le mani, e le strinsi tra le mie, forte, con tutto l’amore
che c’è,
con tutto l’amore esistente, e gli dissi “Antoine, i colori sono le
emozioni.
Tu vedi ogni emozione, tu capisci ogni sensazione, e gli occhi ti
brillano più
di qualsiasi altro. Tu vedi a colori Antoine, la tua vita è un
arcobaleno,
perché sai cogliere la purezza di qualsiasi cosa,
l’intensità di ogni
batticuore, la bellezza di ciascuna sensazione” La sua mano stringeva
la mia, e
sentivamo entrambi, che sarebbe stato eterno quell’intreccio di mani,
che non
era altro che un intreccio d’anime, sorrideva, e il suo volto pareva
illuminato
d’una luce nuova. “Irene, mi parli dei colori? Voglio poterli vedere”.
Mi alzai
e tenendolo per mano lo invitai a seguirmi, corremmo in mezzo ad un
campo
d’erba verdissima: nonostante l’inverno, correvamo tenendoci stretti, e
sentendo la vita scorrere nelle nostre mani. “Lo vedi,Antoine? Questo
è il
verde, il colore della speranza, e questo prato è verde anche se
è inverno, per
via del sogno, e della speranza sempre accesa in lui. Lo vedi,Antoine?
È verde,
verde come i germogli: da cui nascerà la vita, verde come gli
steli dei gambi
che sorreggono i fiori, verde come le foglie in primavera” Antoine
sorrideva ma
non parlava, così lo presi per mano e camminando questa volta
lentamente lo
portai verso lo stagno delle ninfee, presi la sua mano e la appoggiai
sul filo
dell’acqua “Lo vedi,Antoine?questo è l’azzurro, il colore della
calma, il
colore dell’evasione, l’acqua è azzurro-trasparente
perché è ciò che c’è di più
calmo, guardare il mare per ore è ciò che c’è di
più rilassante, è il colore
del cielo dove ci si perde tra il volo degli uccelli e il bianco delle
nuvole,
è il colore degli occhi di un bambino spalancati sul mondo,
è il colore del
riflesso della neve, è il colore dei delfini e dei loro salti
tra mare e
cielo.” Il suo sorriso non smetteva di splendere così strinsi
ancora più forte
le nostre mani e ricominciammo a correre sulle foglie cadute dagli
alberi
autunnali “Lo senti,Antoine?Questo è l’arancione. È il
colore del sorriso. È il
colore del calore, è il colore del fuoco, e di un camino acceso
quando fuori
piove e fa freddo. È il colore dei mandarini, è il colore
del miele d’acacia, è
il colore del bosco in autunno che ti dona quella sensazione di calore,
e di
voglia di abbracci forti e parole sussurrate piano sotto un piume,
è il colore
delle dichiarazioni d’amore durante una castagnata, è il colore
delle
cioccolate calde e dei maglioni di lana grossa, è il colore
delle feste in
costume e delle gonne folk.” Antoine mi aveva abbracciata da dietro e
mi
stringeva fortissimo, così che strinsi nuovamente la sua mano e lo portai in un punto dove il sole si poteva
vedere benissimo. “Il colore del sole è indescrivibile, Antoine.
Se guardi il
sole e poi chiudi gli occhi vedrai un colore nuovo, che nessuno ha mai
denominato, perché nessuno ha mai capito dov’è questo
colore, se è il colore
delle palpebre o il ricordo del cielo assolato. Hanno provato a
chiamarlo bianco, giallo, pesca, ma in
realtà non è
nessuno di questi. È una luce. Una luce che abbaglia, è
un colore freddo e
caldo: è contrastante. E lo stesso colore delle stelle. Ed
è estremamente
delicato,il volo di una mosca, o di una rondine davanti ai tuoi occhi,
in quel
momento, te lo possono far perdere per sempre.”
Lo portai dunque, vicino ad un albero enorme, presi la sua mano,
gli
feci toccare la corteccia, e lo invitai ad annusare l’aria in quel
punto:
profumava di natura. “lo vedi,Antoine? Il marrone è il colore
della forza, come
la corteccia di questo albero, della stabilità. È il
colore delle radici. È il
colore del legno. È il colore dei funghi nel sottobosco, quando
ha appena
piovuto e l’aria profuma di montagna. È il colore della terra,
è il colore
della vita” Antoine era felice, lo potevo vedere dal suo viso.
Però non diceva
nulla e quindi iniziai ad aver paura,iniziai a credere d’aver
drammaticamente
fallito, di non essere riuscita farlo vedere a colori attraverso gli occhi delll’anima, quasi mi veniva da
piangere. “Una pesca baciata dal sole
possiede il colore dell’amore, irene, ora lo so.” Non
poteva fermare le mie lacrime in modo
migliore, e come sempre mi resi conto che era quello che vedeva meglio
di tutti,
quello che mi conosceva nel modo migliore. “Posso scorgere il colore di
qualsiasi cosa ora, grazie a te, grazie a te che mi hai fatto vivere i
colori. E
sono bellissimi. E anche tu, sei bellissima”
La strada ghiacciata che
passava per il frutteto di sua
nonna ci univa, nel nostro eterno abbraccio d’anime, e sospesi in una
poesia
colorata di Antoine sentivamo l’amore che ci stringeva, sentivamo il
rosso
unirci, ma sapevamo entrambi d’essere l’arancione. D’essere giallo e
rosso,perché
il giallo è il colore della vita, il rosso è il colore
dell’amore, e noi
insieme eravamo “il sorriso” eravamo il calore della famiglia e delle
cose
emozionanti. Noi insieme eravamo un colore perfettamente amalgamato:
noi
insieme eravamo perfetti. Ed Antoine non smise più di cercare il
colore di
qualsiasi cosa, e da quel giorno i suoi occhi videro per sempre.
Irene de Pace
irene.depace@gmail.com
Ciao a tutti, sono di Milano, e di solito mi presento così:
Apro
gli occhi. Li strizzo un poco: la luce mi colpisce come uno stiletto.
Sono
vivo. Sono ancora vivo.
Sorrido.
Strisciando
sui gomiti, esco dai cartoni che mi sono serviti per la notte.
Eccomi.
Un altro giorno da affrontare.
Mi
stiracchio. Palpo i miei vestiti: c'è tutto.
Anche
nelle tasche. Bene: non ho avuto visitatori notturni.
Mi
incammino lungo il piccolo marciapiede, tra poco arriverò alla
stazione.
Devo
rimediare qualcosa di caldo e una sigaretta.
E
devo cercare Ofelia.
Eccola.
La intravedo ancora lontana.
""
Ofelia...Ofelia...".
Lei
gira il volto verso di me, ma non mi guarda.
Non
mi vede. Ofelia non vede più nessuno, neppure il mondo che la
circonda.
Ha
smesso di vedere da anni. Si è rinchiusa in un mondo suo, fatto
di non parole,
di non sguardi, di non vita.
"
Ofelia...".
Le
accarezzo il volto pallido, le sistemo i pochi capelli che paiono
stoppie ai
lati del viso.
E'
seduta per terra, fuori dalla stazione.
Lo
so
che mi aspettava. Come tutte le mattine aspetta la mia voce e la mia
mano sulla
sua guancia.
"Ofelia...ora
cerco di rimediare qualcosa...aspettami..."
Lei
mi aspetterà, lo so, non andrà via.
Mi
aspetterà immobile, circondata da tutti i suoi sacchetti di
plastica: quasi un
manto di madonna.
Entro
nell'atrio della stazione. Stamane c'è molta folla. Tanti
viaggiatori, tanti
treni, tante voci.
Mi
appoggio alla colonna sul lato destro della sala.
Cerco
nella tasca della camicia, sotto la giacca, sotto il cappotto.
Eccole.
Prendo
i fogli piegati. Li apro e li stiro con le mani.
Vedo
una signora proprio di fronte a me.
"
Signora...posso? Vuole comprare una lettera?"
La
signora mi guarda incuriosita. Mi soppesa con lo sguardo. Immagino i
suoi
pensieri:
il
solito barbone sporco che chiede l'elemosina.
"
Signora io non chiedo nulla, se non che lei compri, se vuole, una
lettera."
"
Che lettera?"
La
signora si incuriosisce.
"
Vendo lettere d'amore. Sono scritte bene. Le può usare. Le
può spedire. Le ho
scritte io".Tendo un foglio. La donna lo prende e inizia a leggere.
Sorride.
Mi
porge due euro.
Esulto.
E' una fortuna!
Ringrazio
e volo verso il bar.
Due
cappuccini con molto latte e quattro bustine di zucchero.
"
Ofelia...eccomi. Ho il cappuccino caldo. Ti ho versato tre bustine di
zucchero
come piace a te.
Bevilo.
Scaldati.
Mi
siedo accanto a te: ne ho uno anch'io. Pensa: ho venduto subito una
lettera!
Sarà
una bella giornata, Ofelia!"
Poi
la aiuto ad alzarsi. La tengo stretta a me e ci incamminiamo verso i
giardini.
Lei
appoggia il viso sulla mia spalla: so cosa significa.
"
Sì, Ofelia...ora ti racconto la tua favola.
C'era
una volta, in un paese lontano e freddo, un bellissimo principe,
Amleto..."
(di Luciana Grazioli)
(illustrazioni Alessandro Forti)