La visione del mondo secondo Boccaccio

 

Il tema centrale

 

Nella cultura del Medioevo, profondamente innervata di senso religioso grazie a secoli di evangelizzazione, rimane al centro il problema del rapporto con Dio. Con tale problema si confrontano - a volte anche in maniera inconsapevole - tutti gli autori. Ciascun letterato - e ciascun uomo di tutti i tempi, anche i nostri - assume una posizione che a volte è frutto di una riflessione lunga e ponderata, ma il più delle volte è assunta inconsciamente, riprendendo pensieri altrui o semplicemente lasciando che siano gli eventi della vita a portarlo ad assumerla. Le posizioni derivano certamente dalla propria vicenda esistenziale, ma possono essere influenzate da scelte generali del periodo in cui ci si trova a vivere.

 

 

La soluzione di Dante

 

La soluzione prospettata da Dante è quella di conciliare il divino con l'umano.

Dante si sforza di intravedere dietro ogni aspetto del reale un modo operativo per giungere a Dio, ma anche di leggere il reale come una costante «figura» di quanto aspetta l'uomo dopo la morte. Tutto quanto costituisce l'esistenza di un uomo normale può e deve essere orientato verso Dio: ogni aspetto del reale è uscito dalle mani di Dio, e quindi è un bene per l'uomo, perché lo riporta al suo Creatore.

Nel dettaglio Dante era riuscito a conciliare il rapporto fra Dio e uomo, guardando almeno i tre ambiti più importanti della sua esistenza, lasciando capire che questo principio vale anche per tutti gli altri aspetti che caratterizzano la vita di ogni essere vivente.

 

1) l'amore: la donna angelicata, come appare compiutamente nella Commedia, è «scala al Fattor», cioè amare una donna è di per sé nobilitante da un punto di vista semplicemente umano, ma costituisce anche un'anticipazione e un aiuto per arrivare in Paradiso. Sull'ampia tematica vedi l'approfondimento.

 

2) la politica: l'uomo deve aspirare a ricoprire cariche politiche, perché grazie ad esse può agire in maniera operativa per il bene comune dei suoi simili, la qual cosa costituisce un presupposto importante per un positivo rapporto con Dio.

 

3) la gloria letteraria: non è segno di superbia aspirare ad essere famosi nel campo della cultura, perché le opere letterarie migliori, grazie alle quali si deve diventare famosi, sono le opere che avvicinano a Dio. Dante ha chiaro che quanto più famosa diventerà la Commedia, tante più persone sentiranno parlare di Dio e si convertiranno.

 

Possiamo sintetizzare con il seguente grafico:

 

DANTE

 

«scala al Fattor» donna amata
agire per il bene comune DIO               UOMO cariche politiche
indicare strade di conversione gloria letteraria

 

 

La posizione di Petrarca

 

La soluzione dantesca vive dello sforzo continuo di orientare e vedere orientato verso Dio tutto il reale. Petrarca non riesce ad articolare positivamente i due poli della questione, e resta in una zona mediana, frutto non di equilibrio, ma di altalenanti oscillazioni verso i due estremi. L'origine del dissidio è infatti in questa mancanza di volontà, di autodeterminazione verso uno dei due poli.

 

Conseguenze di questo oscillare fra il culto dovuto a Dio e l'amore per se stesso sono alcuni eventi biografici che possiamo raccogliere attorno a quei tre nuclei esistenziali prima evidenziati.

 

1) l'amore

Negli anni '30 Petrarca prende gli ordini minori, forse anche per avere una certa sicurezza materiale. Questa scelta comportava non la cura delle anime, ma l'obbligo del celibato e della castità. Nell'estate del 1337 gli nasce un figlio, che chiamerà Giovanni, da una donna colla quale non era unito in matrimonio. Nel 1343 gli nasce la figlia naturale Francesca, avuta da una donna, che ovviamente non può sposare.

 

2) la politica

Petrarca vagheggia l'ideale dell'otium, cioè il bisogno di chiudersi nell'interiorità, per indagarsi e approfondire la conoscenza di sé. Tale tendenza si concreta nel ritiro a Valchiusa, località della Provenza, dove si rifugia ogni volta che le circostanze lo 'trascinano' fuori. Tale rifugio lo isola dai problemi del mondo, che non dovrebbero impedirgli in nessun modo di distrarsi dall'attività principale, cioè conoscersi meglio e scrivere.

Viaggia moltissimo presso i conventi e le corti di tutta Europa per cercare manoscritti e studiare le opere classiche: lo si può considerare a ragione il primo intellettuale 'cosmopolita'.

A più riprese usa il suo prestigio e la sua eloquenza per perorare il ritorno del Papa a Roma, per bollare la corruzione della Curia avignonese ed incitare la Chiesa a recuperare la sua purezza originaria. Rivolge appelli all'imperatore Carlo IV di Boemia perché scenda a ristabilire l'autorità imperiale. Si entusiasma per il tentativo politico di Cola di Rienzo e gli scrive lettere per incitarlo all'azione.

 

3) la gloria letteraria

Nell'ideale dell'otium è compreso il nascondimento dal mondo, la ricerca dell'isolamento e il correlato disinteresse per la gloria letteraria.

Nel 1340, divulgatasi la fama del poema Africa, che comunque rimarrà incompiuto, dal Comune di Roma e dall'Università di Parigi gli offrono contemporaneamente l'incoronazione poetica. Petrarca sceglie Roma e il 16 febbraio 1341 parte da Avignone con destinazione Napoli  per essere esaminato dal re letterato Roberto di Napoli, che lo giudica degno dell'ambìto alloro poetico, che gli verrà consegnato in Campidoglio l'8 aprile dalle mani del conte Orso dell'Anguillara, senatore romano imparentato con la famiglia Colonna: al termine della cerimonia depone la corona sulla tomba di San Pietro.

 

Facile vedere che nei tre ambiti Petrarca mai sia riuscito ad autodeterminarsi verso una condotta coerente, ma abbia oscillato continuamente fra il culto a Dio e l'amore per se stesso, colpito quasi da uno dei peccati più odiati da Dante, cioè l'accidia spirituale.

Lo schema seguente evidenzia tale oscillare:

 

PETRARCA

celibato e castità due figli naturali
ideale dell'otium DIO UOMO lettere per incitare all'azione politica
nascondimento e umiltà incoronazione poetica

 

Si chiarisce anche il motivo per cui al centro del Canzoniere non troveremo Laura o l'amore per lei, ma il poeta e il dissidio interiore che in alcuni momenti si chiarisce, in altri si complica, proprio a causa della donna amata.

 

La posizione di Boccaccio

Di solito i libri di scuola (fra cui, il nostro) insistono molto sulla novità assoluta del Decamerone, che è da mettersi in relazione - a detta sempre dei famosi libri - diretta e conseguenziale con il nuovo contesto storico, politico, economico, sociale, ... che l'autore si trova a vivere, che è profondamente diverso da quello di Dante e Petrarca. Il nostro libro lega a filo doppio questa innovativa visione del mondo con la realtà cittadina, borghese e mercantile della Firenze a lui contemporanea.

Ma, a ben vedere, l'anno di morte di Boccaccio è il 1375 e quello di Petrarca è il 1374 (Dante era morto poco più di 50 anni prima, nel 1321): quale stravolgimento cosmico può aver così modificato alla radice il modo di vedere il mondo in un anno o in mezzo secolo?

In realtà, senza voler retroiettare nel 1300 idee e gusti che saranno in parte del 1400 e del 1500 (se non addirittuta dell'epoca contemporanea ...), possiamo affermare che Boccaccio non propone una visione del mondo superiore (il nostro libro usa questo termine, come anche 'moderna', in contrasto con quella di Dante e Petrarca, che quindi dobbiamo definire 'antica'), ma semplicemente una visione complementare a quella dantesca.

 

In relazione al problematico rapporto con Dio, Boccaccio disarticola l'ambito umano da quello divino, che rimane così escluso, non negato. Non è solo il manifesto della nuova borghesia dai gusti aristocratici, ma è l'ammirazione per la vita umana intesa come perfettamente compiuta nella sua logica naturalistica. Il mondo  e l'uomo non vengono illustrati in tensione, in cammino verso un paradiso governato da un dio, ma si muovono coerentemente verso un successo o un obiettivo ben sperimentabile qui, sulla terra (un godimento sensuale, un inganno, il denaro, ...).

Sotto questo aspetto il Decamerone è l'integrazione umana - e solo umana - della Divina Commedia.

 

Nell'ambito umano Boccaccio si accorge che esistono forze in contrasto fra loro e cerca di integrarle, come ad esempio:

 

NATURA è una forza che condiziona e limita la libertà dell'uomo; si esplicita nei bisogni e impulsi istintuali; determina le condizioni sociali dell'uomo (la nascita)
AMORE è un istinto irresistibile (simile, quindi, al Dolce Stil Novo), insensibile alle differenze sociali, disancorato da qualsiasi razionalità o visione morale: tutto è lecito. La donna non è MAI angelo, anzi, spesso, è un oggetto. Non mancano donne sublimi, ma che mai sono angelicate.
FORTUNA è imprevedibile potenza del caso; mai è strumento della Provvidenza (come voleva Dante in If VII)
«INDUSTRIA» e VIRTÙ l'uomo è capapce di ostacolare la forza della fortuna, approfittando delle occasioni che essa stessa porge. La VIRTÙ non è ripetizione di atti buoni, ma solo ripeticione di atti, quindi coerenza, in indipendenza da qualsiasi sistema valoriale.
POLITICA e GLORIA LETTERARIA viene esclusa la ricerca del bene comune, per diventare solo ricerca del bene individuale
NOBILTÀ non è più per nascita o per denaro, come anche non è più la nobiltà d'animo a cui si riferiva Dante, ma è legata alla propria abilità e alla propria forza nel raggiungere uno scopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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