Aspetti formali del Dolce Stil Novo

 

È ancora Dante a designare la tendenza formale seguita dal Dolce Stil Novo. Quando, nel XXVI canto del Purgatorio (vv. 97 - 99), parla con Guinizzelli, lo chiama

 

«padre | mio e delli altri miei miglior che mai | rime d'amor usar dolci e leggiadre»

 

e proprio questi due aggettivi ci evidenziano le caratteristiche peculiari dello stile di tali autori che vediamo applicate nella canzone Al cor gentile rempaira sempre amore di Guinizzelli.

 

In verde è indicato il livello fonico; con l'evidenziatore azzurro è indicato il livello metrico; in rosa il livello lessicale; con l'evidenziatore giallo il livello sintattico; in rosso il livello ritmico

 

Al cor gentil rempaira sempre amore

come l’ausello in selva a la verdura;

né fe’ amor anti che gentil core,

né gentil core anti ch’amor, natura:

ch’adesso con’ fu ’l sole,                     5

sì tosto lo splendore fu lucente,

né fu davanti ’l sole;

e prende amore in gentilezza loco

così propiamente

come calore in clarità di foco.             10

 

Foco d’amore in gentil cor s’aprende

come vertute in petra preziosa,

che da la stella valor no i discende

anti che ’l sol la faccia gentil cosa;

poi che n’ha tratto fòre                      15

per sua forza lo sol ciò che li è vile,

stella li dà valore:

così lo cor ch’è fatto da natura

asletto, pur, gentile,

donna a guisa di stella lo ’nnamora.        20

 

Amor per tal ragion sta ’n cor gentile

per qual lo foco in cima del doplero:

splendeli al su’ diletto, clar, sottile;

no li stari’ altra guisa, tant’è fero.

Così prava natura                                25

recontra amor come fa l’aigua il foco

caldo, per la freddura.

Amore in gentil cor prende rivera

per suo consimel loco

com’adamàs del ferro in la minera.            30

Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno:

vile reman, né ’l sol perde calore;

dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»;

lui semblo al fango, al sol gentil valore:

ché non dé dar om fé                            35

che gentilezza sia fòr di coraggio

in degnità d’ere’

sed a vertute non ha gentil core,

com’aigua porta raggio

e ‘l ciel riten le stelle e lo splendore.        40

 

Splende ’n la ’ntelligenzia del cielo

Deo criator più che [’n] nostr’occhi ‘l sole:

ella intende suo fattor oltra ’l cielo,

e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole;

e con’ segue, al primero,                        45

del giusto Deo beato compimento,

così dar dovria, al vero,

la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende

del suo gentil, talento

che mai di lei obedir non si disprende.        50

 

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,

siando l’alma mia a lui davanti.

«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti

e desti in vano amor Me per semblanti:

ch’a Me conven le laude                          55

e a la reina del regname degno,

per cui cessa onne fraude».

Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza

che fosse del Tuo regno;

non me fu fallo, s’in lei posi amanza».          60

 

 

Livello fonico

Sono evitati i suoni aspri, in particolare gli scontri di consonanti, soprattutto nei 'punti delicati' della poesia, cioè le rima.

Le sillabe toniche in rima (quelle su cui cade l'accento della parola), cioè le penultime di ogni verso, sono in prevalenza aperte, cioè terminano in vocale:ó-re (vv. 1-3), ù-ra (vv. 2-4), ó-le (vv. 5-7), ó-co (vv. 8-10). In tal modo lo scontro di consonanti è assente nella maggior parte delle rime della prima strofa. Puoi continuare da solo per le altre stanze.

Quando in rima vi sia una sillaba chiusa, si ha il gruppo nasale + occlusiva, o vibrante + occlusiva: én-te (vv.6-9), én-de (vv. 11-13), òr-no (vv. 31-33) che sono meno aspri di un gruppo di due occlusive (tt, cc, pp, ...) o di due fricative (ff, zz) o di due sibilanti (ss). 

 

 

Livello metrico

Non vi sono rime rare e difficili, cioè con combinazioni di suoni rari e poco comuni, quindi molto difficili da trovare.

Dante, con finalità specifiche che poi vedremo, nell'Inferno usa rime «aspre e chiocce» come scuffa-muffa-zuffa (If XVIII, vv. 104-108) e Osterlicchi-Tambernicchi-cricchi (If XXXII, vv. 26-30).

Poco frequenti anche rime che presentino particolari artifici: vi sono solo due rime univoche (sole ai vv. 5 e 7 e cielo ai vv. 41 e 43) e una rima siciliana (natura-'nnamora ai vv. 18-20).

Si pensi invece quanto fossero cari a Guittone artifici come le rime equivoche, univoche, composte, siciliane, ...

Solo episodicamente appaiono l'artificio delle coblas capfinidas (la parola finale di una strofa è ripresa da quella iniziale della successiva): foco (vv. 10-11), 'nnamora-Amor (vv. 20-21), splendore-splende (vv. 40-41).

 

 

Livello  lessicale

Non vi sono termini rari e ricercati, ma il lessico è in genere piano e comune. Pochi i francesismi e i provenzalismi: rempaira, clar, aigua, semblo e semblanti, semblanza, amanza.

Non vi è quindi l'arditezza e la varietà di impasto linguistico che caratterizza la poesia guittoniana.

 

 

Livello sintattico

La sintassi è in genere piana, senza dure inversioni. Ci sono delle eccezioni: la posposizione del soggetto natura al verso 4, del ferro in la minera (v. 30); i versi 45-50.

 

 

Livello ritmico

Il ritmo è fluido, senza spezzature violente. Mancano versi con pause forti al loro interno (punti fermi, punti e virgola); rari sono gli enjambements dalla forte inarcatura (foco | caldo, vv 26-27; splende | del suo gentil, vv. 48-49).

 

 

Livello retorico

Sono rare le figure retoriche (usa molto solamente la similitudine), che innervavano invece la poesia guittoniana.


Per cogliere analogie e differenze, ti consiglio di scaricare la griglia generica di analisi del testo poetico


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