Buffy stava
rimpiangendo di aver fatto gli straordinari, quella sera. L'ascensore, normalmente
affollato, a quell'ora era deserto. C'erano soltanto loro. Lei e Jhonatan
Gharfin, il suo capo.
"Coraggio Buffy, si tratta solo di una cena! Dammi almeno questa possibilità.
Il peggio che può capitarti è di passare un'orribile serata."
"Grazie ancora Jhonatan, ma davvero non posso. Sono molto occupata,
in questo periodo." Mormorò Buffy, scostandosi dall'uomo, che
le si era avvicinato, per quanto quello spazio angusto consentiva. Si sentiva
a disagio. Gli occhi di lui indugiavano sulla sua scollatura, che non aveva
niente di provocante. Lui non faceva nulla per nascondere il proprio desiderio,
ma Buffy ne era nauseata. Provava solo repulsione per quell'essere melifuo,
e odiava anche quando lui la sfiorava, durante il lavoro, in modo apparentemente
casuale.
In altri tempi avrebbe sollevato per il colletto quell'uomo testardo e presuntuoso
e lo avrebbe scosso energicamente, fino a fargli entrare in testa che un
"No" è un "No".
Jhonatan le aveva presentato, in passato, la moglie e i due figli. Era il
suo superiore ormai da alcuni anni, e avrebbe dovuto conoscerla meglio.
Aveva respinto decisamente ogni suo approccio, ma lui non si era ancora
rassegnato all'idea che, anche se lei non aveva legami, non per questo era
disponibile ad andare a letto con chiunque glielo chiedesse.
Faceva parte di quella schiera di uomini convinti che una donna sola dovesse
essere necessariamente grata a chiunque si offrisse di "salvarla"
dalla sua solitudine.
Sentì l'ira crescere in lei, fino a farle contrarre lo stomaco, ma
si limitò a fissare le porte, ancora chiuse, senza fare altri commenti.
Era cresciuta, ed aveva imparato a controllarsi. Desiderava conservare il
suo lavoro. Trovarne un altro non sarebbe stato facile e i problemi sarebbero
comunque rimasti gli stessi.
L'ascensore finalmente arrivò al piano terra e Buffy potè
sottrarsi a quella situazione sgradevole. Salutò l'uomo con un
sorriso formale e si diresse velocemente verso la porta d'uscita. Non
le piaceva l'idea di fuggire in quel modo. Non era nel suo carattere.
Aveva sempre preferito affrontare i problemi, ma combattere, in quel momento,
sapeva che sarebbe stato inutile e assurdo.
Raggiunta la sua auto, dopo aver frugato con impazienza nella borsa, alla
ricerca delle chiavi, salì in macchina chiudendo lo sportello con
più forza del necessario. Mise in moto e uscì dal parcheggio,
urtando il parafango di un'altra autovettura. S'immise nel traffico serale
consapevole che anche quella sera non avrebbe avuto tempo di fare la spesa.
Il colloquio con Jhonatan le aveva lasciato un acuto senso di disagio.
Pensò alla moglie, che probabilmente lo stava attendendo a casa
e ringraziò di avere avuto il buon senso di non sposarsi.
"Gli uomini fanno molte promesse e poi
se ne vanno, proprio
quando hai più bisogno di loro. I meno vigliacchi escono dalla
tua vita, cambiano casa, città o perfino continente. Gli altri
si risparmiano la fatica del viaggio. Preferiscono nascondersi dietro
gli impegni di lavoro, lo stress o semplicemente il giornale aperto, la
mattina, durante la colazione, mentre tu cerchi di parlargli di problemi
che dovrebbero riguardare anche loro.
E' il sistema più semplice. Sono su un altro pianeta. Non puoi
più fare affidamento su di loro, ma devi continuare a lavargli
le camicie e i calzini perché siano in ordine quando incontrano
l'amante.
Se fossi una principessa delle favole scapperei con il drago, senza aspettare
che arrivi il principe. Scommetto che i draghi sono più fedeli
degli uomini e sicuramente ti creano meno problemi !"
Finalmente era a casa. Il soggiorno era illuminato dalla lampada, che
lasciava sempre accesa. Detestava ritornare in una casa buia.
Si tolse soprabito e scarpe con un senso di sollievo. Salì le scale
a piedi nudi. Sentiva il bisogno di quell'illusorio senso di libertà
che le dava il camminare scalza sul pavimento fresco. Doveva farsi velocemente
una doccia e cambiarsi, per andare a caccia.
Svestendosi attivò la segreteria, posata sul comodino. C'erano
solo due messaggi. Uno di Willow, che l'aveva cercata per ricordarle il
loro prossimo incontro, e un altro di un certo Albert, che lei ricordava
vagamente.
Qualche anno prima avevano avuto una relazione breve, finita ancora prima
di iniziare. Sapeva che non era l'uomo con cui avrebbe diviso il resto
della sua vita, ma aveva trovato piacevole, per qualche tempo, godere
della sua compagnia e anche delle sue carezze.
Era una persona dolce e gentile, che non faceva troppe domande. Lo aveva
lasciato quando lui aveva iniziato a parlare di convivenza e a fare programmi
a lungo termine. Si stava innamorando e lei non voleva farlo soffrire.
Sarebbe stato crudele.
Aveva chiarito fin dal loro primo incontro che non cercava una relazione
stabile e lui era stato perfettamente d'accordo. Il tempo aveva però
cambiato le cose fra loro e lei
non desiderava legarsi a nessuno,
soprattutto non a qualcuno per cui non provava amore, ma solo amicizia.
Ora lui la cercava di nuovo. Forse non si era rassegnato o, più
probabilmente, pensò con una punta di cinismo, non aveva nessuno,
in quel periodo, con cui sostituirla.
Non lo avrebbe richiamato.
Il suo sguardo si fermò sulla finestra spalancata. Le era parso
di intravedere un'ombra, nel buio. L'aria fredda della notte entrava nella
stanza, e Buffy rabbrividì. Secoli prima
con un atto di volontà
respinse violentemente i ricordi che stavano riaffiorando. Non aveva tempo
per perdersi in un passato che non sarebbe più tornato. Presto
sarebbe dovuta uscire per affrontare il suo ennesimo scontro con il male.
Sospirò e si diresse in bagno. Aveva bisogno di una lunga doccia
bollente.
Neppure il getto dell'acqua che le accarezzava il corpo riuscì
a liberarle la mente.
Sperò che Albert non richiamasse. Sentiva che era finita fra loro.
Aveva iniziato a frequentarlo perché sapeva che quando l'avesse
lasciata lei non ne avrebbe sofferto più di tanto. Era stata lei
invece a lasciarlo, a fermarsi prima che iniziasse il dolore. Qualcosa
negli anni aveva imparato.
Si era affezionata a lui e fra le sue braccia aveva trovato sollievo alla
sua solitudine, ma fra loro non c'era mai stato altro. Non era stato il
primo con cui aveva vissuto una storia simile. Periodicamente ci ricascava.
Il vuoto nella sua vita diventava più profondo, la solitudine più
amara e lei accettava aiuto da chi glielo offriva, senza però permettere
a nessuno di entrare veramente nella sua vita e nel suo cuore.
Ultimamente non aveva pensato molto agli uomini, in quel senso. A quel
punto della sua vita
forse il sesso non era più così
importante o forse non era più così brava ad illudersi.
Un tempo quei pochi momenti d'estasi le erano bastati a colmare il vuoto
della sua vita. Forse intimamente aveva anche sperato che quegli uomini,
che in fondo non conosceva neppure, potessero essere
.chi non erano.
Ora non aveva più tempo, né interesse per quel genere di
rapporti.
Appena giunse per strada trovò Spike ad attenderla. Buffy chiuse
per un attimo gli occhi, nella speranza di far sparire così il
vampiro dalla sua vista. Quando li riaprì naturalmente Spike era
ancora davanti a lei.
Con tono stanco, quasi implorante, cercò quindi di farlo sparire
in modo più naturale.
"Spike, per favore, non è serata. Vattene!"
Non aveva voglia di vedere nessuno, quella sera, e Spike non faceva eccezione.
Lui, naturalmente, era sempre uguale a se stesso. Non era cambiato, dal
giorno in cui l'aveva incontrato per la prima volta.
Buffy sentì improvvisamente il peso degli anni trascorsi da allora.
Sapeva di essere una bella donna, ma era anche consapevole dei rari capelli
bianchi, che si nascondevano sotto la tintura e delle piccole rughe che
ogni giorno comparivano più numerose intorno ai suoi occhi.
Spike non sembrò disponibile a soddisfare la sua preghiera. Con
movimenti agili si avvicinò a lei.
Buffy istintivamente si ritrasse.
"Brutta giornata?" Chiese il vampiro conciliante. "Volevo
solo raccontarti le ultime novità. E' arrivato un altro Maestro
a Sunnydale. Credo proprio che tu sarai la prima persona che verrà
a cercare. Sono certo che troverai il vostro incontro
.interessante!"
concluse con un sorriso malizioso.
Il microcip continuava ad impedire al vampiro di uccidere, ma non di fare
del male. Era comunque sempre un demone e questo non c'era microcip che
potesse cambiarlo. Sembrava eccitato dal nuovo scontro che si stava preparando
e probabilmente non aveva ancora deciso da che parte stare. Decisamente
non era cambiato. Non sarebbe mai cambiato!
Buffy però aveva esaurito nell'ascensore la sua dose quotidiana
di pazienza, destinata al sesso maschile. Respinse perciò energicamente
il vampiro contro un lampione.
"Ne sono certa!" Rispose con sarcasmo, continuando per la sua
strada.
Angel si sentì proiettato violentemente fuori dal flusso di luce.
Era incredulo e in preda a sentimenti contrastanti.
Durante la scena nell'ascensore, aveva condiviso l'ira e il disprezzo
che Buffy aveva provato verso quello smidollato del suo capo. Non riusciva
proprio a capire come quel tipo potesse osare pensare, anche solo per
un istante, a Buffy, in quei termini. Certo, era logico per un uomo, desiderarla.
Nessuno ne era più consapevole di lui, ma come persona, non come
un bel corpo da portarsi a letto, per poi tornare dalla propria moglie.
Buffy lo aveva sorpreso, mantenendo il controllo e districandosi con diplomazia
da quella sgradevole situazione. Era stato fiero di lei. Buffy era maturata,
evidentemente e aveva fatto la scelta migliore, ma
.i suoi istinti
più profondi, di maschio geloso, avrebbero preferito vedere Buffy
stendere con un pugno quel verme!
Buffy però non era solo cresciuta. Quando lui l'aveva conosciuta
aveva dei sogni, degli ideali. Fare l'amore per lei era sempre stato
era
stata una gioia infinita per lui poterla toccare, accarezzare con dolcezza
e rispetto. Le sue dita e le sue labbra avevano esplorato con riverenza
il suo tenero corpo, alla ricerca dei punti più sensibili, per
darle tutto il piacere possibile. Era il suo modo di ringraziarla per
essere quella che era, per averlo accettato e amato, perché vicino
a lei si era sentito un uomo.
Quando l'aveva posseduta in realtà si era donato a lei, anima e
corpo. Lui le apparteneva e non conosceva modo migliore per dimostrarglielo.
Quello che provava per lei era troppo intenso e violento per riuscire
a tradurlo in parole. Il piacere che avevano entrambi provato aveva valicato
i confini dei sensi. Si amavano e questo dava un significato unico e grande
ad ogni loro gesto. Si amavano e sarebbero rimasti uniti per l'eternità.
Quando avevano fatto l'amore erano entrambi fermamente convinti di questo.
Il destino aveva poi dolorosamente infranto il loro sogno, ma neppure
il destino può cambiare il passato. Si erano amati, con il corpo
come con l'anima.
Non poteva accettare l'idea che Buffy avesse rinunciato a provare ancora
quella felicità che lui, anche se solo per pochi istanti, era riuscito
a donarle. L'aveva lasciata proprio per questo. Perché fosse felice,
anche se con un altro. Il prezzo che aveva pagato era stato alto, ma aveva
agito sicuro di farlo per una giusta causa.
Qualcosa però non aveva funzionato. Buffy era sola e abbastanza
disperata da concedersi ad uomini che non amava e che potevano solo darle
un'illusione di felicità, ma niente di più.
Non pensava più a lui, al loro amore. Quando i ricordi tentavano
di affiorare, li respingeva con determinazione. Quindi evidentemente,
per quanto fosse per lui doloroso ammetterlo, aveva dimenticato.
Eppure aveva trovato solo
compagni di letto e ora non pareva più
interessata neppure a loro.
Tentò di riflettere lucidamente, anche se gli era difficile. L'immagine
di lei abbandonata fra braccia estranee, mentre dava a riceveva piacere,
senza sentimento né passione, continuava a tormentarlo.
La luce intorno a lui continuava a pulsare, cambiare, muoversi costantemente.
La vita di Buffy procedeva inesorabilmente. Il tempo passava e forse proprio
quella notte per lei sarebbe stata l'ultima. C'era un nuovo Maestro, una
nuova minaccia alla sua ancora giovane vita.
Angel cercò di afferrare un pensiero che continuava a sfuggirgli,
nel caos della sua mente.
Buffy aveva liquidato Spike troppo in fretta. L'ansia di ritornare ai
propri problemi l'aveva spinta a sottovalutare l'importanza dell'incontro,
non casuale, con il vampiro, e del suo avvertimento. Improvvisamente fu
certo di sapere che cosa si nascondeva dietro all'atteggiamento sicuro,
fino ad essere arrogante, di Spike. Conosceva bene il suo cucciolo. Quell'espressione
nei suoi occhi poteva significare una cosa sola: Angelus era tornato.
Era lui il nuovo Maestro e Buffy avrebbe dovuto di nuovo affrontarlo.
Questa volta però non ci sarebbe stato il suo amore per lui a sostenerla,
ma solo il vuoto della solitudine.
Il panico lo afferrò. Non si soffermò a chiedersi come
e perché Angelus era potuto tornare nel mondo. In quel momento
non aveva importanza. Doveva comunicare con lei, avvertirla e aiutarla
in qualche modo. Da qualche parte doveva essere nascosta la Buffy di un
tempo. Non poteva credere che fosse morta per sempre!
Non avrebbe saputo determinare il momento esatto in cui il fenomeno iniziò.
Fu un cambiamento graduale, all'inizio quasi impercettibile. I vortici
rallentarono, fino a dissolversi, formando un unico rigagnolo, che si
trasformò presto in un fiume, che assorbì ogni altro flusso
di luce
.
Era un fiume immenso, travolgente, che presto invase ogni spazio. Scorreva
lento e tranquillo, certo di poter travolgere ogni ostacolo. Angel si
ritrovò sospeso su di esso, incredulo. La luce che lo circondava
non era nulla a confronto della luminosità che scorreva sotto di
lui. Si sentì stordito dalla sensazione di forza e potenza che
il fiume luminoso gli trasmetteva.
Aveva ritrovato la sua Buffy. Senza esitare si tuffò nella luce,
incurante di dove lo avrebbe condotto. Lei era il suo amore. Nient'altro
aveva importanza.
Buffy era felice finalmente. Non provava imbarazzo per la sua nudità.
Le piaceva farsi ammirare da lui. Erano stesi sul letto, uno accanto all'altra.
Lui le accarezzava pigramente un fianco, guardandola negli occhi. Nel
suo sguardo c'era comprensione, tenerezza e soprattutto amore. Lei alzò
una mano e la fece scorrere lentamente lungo il petto di lui. Non c'era
fretta nei loro gesti. Avevano tutta l'eternità per amarsi.
La consistenza dei suoi muscoli, sotto le dita, le trasmise un piacevole
senso di sicurezza. L'uomo che amava era al suo fianco, per sempre. Non
sarebbe sparito alla luce dell'alba, non sarebbe fuggito da responsabilità
e problemi, non l'avrebbe abbandonata, mai!
Si protese per sfiorare le labbra di lui con le sue, in un rapido bacio
di ringraziamento per tutto quello che lui le stava offrendo. Fra le sue
braccia si sentiva forte, invincibile, pronta ad affrontare anche l'impossibile.
Lui la sorprese. Catturò le sue labbra con forza fra le proprie
e si piegò su di lei fino a sovrastarla.
Buffy socchiuse la bocca, in un gesto di resa a quell'improvvisa tenera
aggressione.
Fu premiata dal tocco gentile della sua lingua. Adorava il suo sapore,
le sensazioni che solo lui sapeva darle.
Mentre la sua bocca continuava a indulgere in quel lungo bacio, le sue
mani catturarono i suoi seni morbidi. La tenera carne cedette contro le
forti dita, ma il solo dolore che Buffy sentì fu quello del proprio
crescente desiderio.
Protese il ventre verso di lui, ma il suo compagno la deluse. Non fece
alcun movimento per assecondare la sua evidente richiesta. Continuò
invece il suo dolce tormento, senza darle nessuna tregua.
Buffy sorrise, contro le sue labbra. Conosceva quel gioco. Era stato
lui ad insegnarglielo e lei era stata felice di imparare. Dedicò
un pensiero di gratitudine al destino, che le aveva fatto incontrare quell'uomo
straordinario, poi tornò a dedicarsi a lui.
Gli accarezzò la schiena, indugiando sui suoi fianchi. Con un po'
di rimpianto abbandonò la sua bocca e fece scorrere le labbra lungo
il suo viso, fino al collo, dove indugiò, accarezzando la pelle
sottile con la punta della lingua. Il gemito che udì, in risposta
al suo gesto, le fece presagire una facile vittoria. Il peso del corpo
di lui gravò, infatti, presto su di lei.
La sua virilità eretta le premeva contro il ventre, facendole sentire
concretamente tutta la forza del desiderio dell'uomo che amava. La voleva,
aveva bisogno di lei! Non era però ancora giunto il momento. Il
gioco non era concluso e non lo sarebbe stato fino a quando lui non si
fosse arreso a lei, al loro amore.
Lui si sollevò, ma solo per poterla guardare negli occhi. Buffy
sapeva che ora lui avrebbe parlato, conosceva le parole che lui avrebbe
pronunciato, con dolore. Le aspettava, anche se con rassegnazione.
"Questo è solo un sogno."
Come sempre cercava di proteggerla, anche nei suoi sogni, dal dolore e
dalla delusione.
"Lo so Angel, ma è tutto quello che mi è rimasto."
Fu la triste risposta. "Ti prego
"
"Ti amo Buffy e ti amerò per sempre. Questo non è un
sogno." Nella sua voce c'era tutta le determinazione e la sicurezza
di cui Buffy aveva disperatamente bisogno.
"Grazie per avermelo ricordato. Anch'io ti amo come non potrò
mai amare nessun altro."
Ora era il momento. Lui la prese con forza e dolcezza, passione e amore.
Entrò in lei senza esitazioni, come chi prende possesso di qualcosa
che è certo di possedere. Lei lo accolse con gioia. Aveva bisogno
di lui per colmare il vuoto che sentiva dentro di sé.
Il volto di lui cambiò. Assunse le fattezze del mostro, del vampiro
che dormiva in fondo al suo essere. Cercò di evadere lo sguardo
di lei, voltando il capo, ma non riuscì a farlo. Fu lei ad impedirglielo.
Prese fra le mani quel volto terribile e scrutò nelle profondità
degli occhi gialli, bestiali, fino a quando non trovò quello che
cercava: la sua anima. Allora lo baciò, incurante delle zanne che
le ferivano le labbra. Uomo o demone che fosse era suo, per sempre.
Il loro corpi iniziarono a muoversi, lentamente, sul letto. Avevano tempo,
tutto il tempo che desideravano. L'esperienza rassicurava Buffy che non
si sarebbe svegliata fino a quando tutto non si fosse compiuto. Avrebbe
voluto che quei momenti durassero per l'eternità.
Il piacere stava però crescendo dentro di lei, sempre più
violento e devastante. Prestò cancellò ogni altra emozione,
desiderio, paura. Stava cadendo in un vortice di sensazioni e non poteva
fermarsi.
Arrivarono insieme al culmine del piacere, stringendosi, l'uno all'altra,
con tutte le loro energie, sfidando il destino a separarli ancora una
volta.
Buffy si svegliò nel suo letto, stringendo il cuscino, e, come
aveva fatto infinite altre volte, pianse.
Ancora una volta Angel era fuggito. Non era riuscito a sopportare il
dolore, il senso di perdita, di atroce solitudine che avevano invaso la
mente di Buffy.
Il fiume era scomparso e il caos regnava sovrano nel mondo di luce che
era l'essenza della donna che amava. Saette e lampi esplodevano dovunque,
vortici impazziti si scontravano per poi esplodere. Angel per la prima
volta ebbe veramente paura, non per se stesso, ma per lei.
Voleva, doveva, fermare quel caos, riportare l'ordine, la pace in quell'universo
che era la sua Buffy. Non era però in grado di farlo. Soprattutto
non sapeva come farlo.
Doveva parlarle, avvertirla del pericolo, donarle ancora la speranza,
perché ritrovasse la forza di combattere e
.ucciderlo. Buffy
doveva sapere che l'amore esisteva e che avrebbe trovato presto qualcuno
in grado di offrirglielo, come aveva fatto lui un tempo, se fosse vissuta
abbastanza. Doveva però sconfiggere Angelus per poter continuare
a vivere ed amare.
Il panico dilagò nella sua anima. Iniziò ad urlare frasi
incoerenti. "Ti amo
.ti ho sempre amata
non devi permettergli
di farti del male
non volevo questo per te
tu devi ucciderlo
e amare ancora
perdonami
.combatti, cerca
.l'amore esiste
"
Alle sue urla disperate rispose però solo il caos. "Che io
sia maledetto
.perché le ho fatto questo?" furono le
sue ultime parole. Poi tornò il buio.
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