Non era
lontano. Non avrebbe saputo definire che cosa la rendeva così certa
della sua presenza, in quel luogo, ma non aveva dubbi. Lui risvegliava i
suoi istinti, da Cacciatrice, ma in modo diverso da qualunque altro vampiro.
Non era come gli altri, era diverso, unico, soprattutto per lei. Il cuore
iniziò a batterle più forte, il sangue a circolare più
velocemente nelle sue vene e tutto il suo corpo fu pervaso da un'inebriante
sensazione di energia. Era pronta, non per uccidere, ma per amare.
Era alle sue spalle, ma si stava avvicinando. Buffy sorrise felice. Lo aspettava
e lui finalmente era arrivato. Avrebbe voluto voltarsi, colmare di corsa
la distanza che ancora li separava e abbracciarlo, toccarlo, baciarlo, essere
ancora una parte di lui, ma l'orgoglio femminile la frenò. Fra loro
era lei la preda e lui il cacciatore. Inconsciamente però rallentò
il passo. Era impaziente di essere catturata, ammise con se stessa. Lui
era il suo Principe Azzurro, l'uomo che amava, la sua anima gemella.
Era fortunata. Era tutto quello che una donna avrebbe potuto desiderare:
dolce, comprensivo, paziente, ma anche forte, intelligente, incredibilmente
bello e soprattutto
. l'amava.
Certo era un vampiro, ma aveva un'anima e questo risolveva ogni cosa,
almeno nei suoi sogni, perché quello che stava vivendo non era
altro che un sogno.
Ne era cosciente, ma non aveva importanza. Sarebbero di nuovo stati insieme.
Avrebbe sentito ancora una volta le forti braccia stringerla, le labbra
fresche accarezzarle il collo, il corpo solido sostenerla. Amava quel
genere di sogni, anche se sapeva che il risveglio sarebbe stato doloroso,
come sempre.
Lo sentì quasi contro di sé e finalmente si fermò,
aspettando il suo abbraccio, che non arrivò. Stupita si voltò.
Non poteva essersi sbagliata! Doveva essere lui!
Infatti, era proprio lui, ma, invece di raggiungerla, aveva svoltato in
un vicolo, come se non l'avesse neppure vista.
Buffy scosse il capo incredula e, quasi correndo, lo inseguì.
Lo scorse al fondo del vicolo. Si era fermato davanti al portone di un
magazzino e stava parlando con qualcuno. Con passo più misurato
Buffy si avvicinò ai due uomini.
"Bene, sei puntuale. Sei Angel, giusto? "
"Sì."
"Puoi smontare domani mattina alle 5.00, quando inizia il primo turno
di lavoro. Fai un giro ogni ora e vedi di non addormentarti. Non sei pagato
per dormire!"
"Lo so."
Buffy ascoltò perplessa la conversazione. I due continuarono ad
ignorarla, nonostante si fosse fermata a pochi passi da loro.
Senza degnarla di un solo sguardo, Angel entrò nel portone, richiudendolo
silenziosamente dietro di sè.
Lo sconosciuto si allontanò nel vicolo.
Buffy allungò una mano, per aprire il grande battente, ansiosa
di ottenere delle spiegazioni. Interdetta osservò le sue dita passare
attraverso il legno. Si ritrasse, immediatamente, meravigliata.
Quando Angel l'aveva toccata, quella porta le era parsa assolutamente
solida. Lentamente si avvicinò al muro, dall'altra parte del vicolo
e osservò la sua mano sparire nel cemento.
Non era il portone la causa di quel fenomeno, ma lei! Evidentemente era
un fantasma. Scosse il capo, cercando di riprendere il controllo delle
proprie emozioni. Era solo un sogno in fondo. Non le era mai capitato
di sognare di essere un fantasma, ma
c'era una prima volta per tutto.
Superata l'iniziale sorpresa, l'idea di essere puro spirito la divertì.
Sarebbe stata una nuova esperienza e soprattutto
.spiegava come mai
Angel l'avesse prima ignorata. Non essere considerata da lui l'aveva ferita
più di quanto non osasse ammettere, anche con se stessa. Quella
era veramente una novità per lei, una novità decisamente
orribile.
Poteva accettare tutto da Angel, perdonargli ogni cosa, ma non che la
escludesse dai suoi pensieri, dalla sua vita.
Si era sentita a disagio, sola, persa avendolo vicino, ma senza che lui
riconoscesse la sua presenza, neppure con un cenno, un sorriso, uno sguardo.
Come se fosse un'estranea. Non era un'estranea per lui. Semplicemente
non poteva vederla.
Incuriosita dalla strana esperienza che stava vivendo, Buffy, con passo
deciso attraversò, letteralmente, il portone chiuso.
Il magazzino era debolmente illuminato. C'erano casse sparse ovunque,
macchinari fermi e molta polvere. Avanzò lentamente, attenta ad
ogni rumore. Da dietro un cumulo di materiale vario accatastato proveniva
una luce più intensa. Buffy aggirò la catasta per controllare
da dove provenisse.
In un vano era stato ricavato una specie di ufficio, chiuso con pannelli
di vetro. La porta era aperta. All'interno Angel sedeva su una logora
poltrona da scrivania e pareva immerso nella lettura di un libro poderoso.
Il fruscio di pagine sfogliate era l'unico suono che a tratti turbava
il silenzio.
Buffy trovò confortante l'immagine di Angel intento nella lettura.
Osservarlo in quell'atteggiamento così tipico, per lui, le comunicava
un piacevole senso di sicurezza, di cui sentiva il bisogno. Si chiese
quale biblioteca avrebbe mai potuto contenere tutti i libri che il vampiro
doveva aver letto durante la sua lunga esistenza.
Un'espressione maliziosa le si disegnò sul volto. Come aveva fatto
tante altre volte in passato avrebbe tratto profitto dalla momentanea
distrazione del suo compagno. In sua presenza Angel non era mai riuscito
a leggere più che poche righe.
Entrò nell'ufficio, cercando di non fare rumore, immemore del proprio
stato etereo. Lo raggiunse alle spalle e, con un sorriso impertinente,
allungò una mano, con l'intenzione di scompigliargli i capelli.
Appena lo sfiorò, però, sentì l'atmosfera intorno
a lei cambiare. Un vento gelido la attraversò e come un vortice
la attirò in un caos di luci e colori.
Durò pochi istanti, ma quanto tornò la calma, una fitta
nebbia la circondava. Non aveva però il colore e la consistenza
tipici della nebbia o del fumo.
Formava un muro, intono a lei, fluttuante, in cui si alternavano tutte
le sfumature possibili di colore. Non era però il vento a provocare
il movimento: l'aria era tranquilla. C'era solo il silenzio e la nebbia.
Qualche sbuffo colorato invadeva, a tratti, lo stretto spazio intorno
a lei, non invaso dalla foschia, per poi subito ritrarsi.
Avrebbe dovuto sentirsi impaurita e a disagio, in quel luogo così
strano, che le era sconosciuto. Invece si sentiva tranquilla, serena,
sicura.
Le tonalità del blu, dall'azzurro più chiaro fino al viola,
iniziarono a prevalere sulle altre. L'effetto era bellissimo. Buffy si
protese curiosa. Voleva comprendere l'origine di quei colori meravigliosi.
Forse avrebbe dovuto essere più cauta, ma la sua naturale irruenza
prevalse. Prese l'iniziativa. Fu sufficiente un solo passo e la nebbia
la accolse.
"
.Benissimo, signor Frodo" disse Sam piuttosto sorpreso.
"Eccolo!". Si tolse lentamente di dosso l'Anello, passando sul
capo la catena. "Ma ora siete nella Terra di Modor, signore; e uscendo
vedrete la Montagna di Fuoco e tutto il resto. Troverete l'Anello molto
pesante, adesso, e molto pericoloso da portare. Se per voi è troppo
pesante, forse possiamo darci il cambio."
Angel sollevò il capo, interrompendo la lettura. Aveva sentito
un rumore. Depose il libro sulle carte sparpagliate, che coprivano la
vecchia scrivania, e si alzò. Avrebbe fatto un giro di controllo.
Aveva riconosciuto lo squittio di un topo, perciò non aveva motivo
di preoccuparsi, ma muoversi un po' gli avrebbe fatto bene. Era quello
per cui lo pagavano in fondo.
Non aveva cercato un'occupazione per denaro. Aveva vissuto e sofferto
troppo a lungo per dare un valore ai beni materiali. Le sue esigenze erano
veramente poche. Era stata un'idea di Whisley trovargli un lavoro. Lavorare
era un modo per tenersi occupato, uscire da se stesso e dai propri problemi.
Doveva sforzarsi, fare appello a tutto il suo coraggio, per interagire
con altre persone, umani che lui aveva a lungo evitato, per timore di
dover subire il loro odio e il loro disprezzo, ma doveva farlo, per poter
adempiere al suo compito.
Non poteva più fuggire da quel mondo, fatto di emozioni, vita e
anche dolore che gli faceva paura. L'espediente aveva in parte funzionato.
L'aveva fatto sentire più simile ad un uomo che ad un demone, ma
c'erano ancora molti momenti in cui
.gli era molto difficile ricordare
di avere un anima.
Il lavoro di guardiano notturno, fra quelli che aveva fatto, era il suo
preferito. Lo lasciava libero di pensare, in solitudine. I datori di lavoro
non facevano troppe domande, e l'orario sembrava creato apposta per lui.
Attraversò i locali polverosi con passo tranquillo. Era talmente
silenzioso che i roditori non fuggivano, se non quando lui era così
vicino da poterli quasi calpestare.
Anche loro, come gli esseri umani, percepivano il pericolo solo troppo
tardi. In altri tempi avrebbe sfruttato questo suo vantaggio. Aveva ucciso
e si era nutrito del sangue di molti topi
.e di molti uomini. A quel
pensiero la sua espressione si oscurò. Tornò nell'ufficio,
con l'intenzione di riprendere la lettura interrotta.
I libri avevano per lui qualcosa di magico. Gli bastava aprirli, perdersi
fra le loro pagine, e ogni problema, dolore, angoscia si sopiva, perdendosi
nel mondo immaginario creato dalla penna dell'autore.
Erano solo illusioni, ma lui stesso era un'illusione, per il mondo, quindi
si sentiva parte di essi.
Solo nei libri aveva trovato sollievo dalle sue sofferenze fino a quando
.non
era arrivata lei.
Riprese in mano il grosso tomo, con un sospiro. Il Signore degli Anelli
era una delle storie che preferiva. Tolkien aveva saputo rendere molto
bene l'essenza del male, in quelle pagine, e per una volta non era il
candido eroe, sul suo cavallo bianco, a combattere l'oscurità,
ma un comune hobbit, con tutte le debolezze tipiche della natura umana.
Angel invidiava però soprattutto Sam, il giardiniere amico di Frodo,
per la sua anima semplice capace però di grandi sentimenti, come
l'amicizia sincera per il suo padrone. Frodo era stato molto fortunato
a poter contare su un simile alleato, disposto in ogni momento a sacrificarsi
per lui, perché lo amava. Era questo che lui avrebbe voluto essere
per Buffy, ma purtroppo lui non aveva l'innocenza di Sam da offrirle.
La sua anima, per troppo tempo era stata
.l'anima di Gollum.
Angel non amava leggere di quell'essere spregevole, una volta umano, corrotto
e reso quasi pazzo dal male. In lui vedeva il riflesso di se stesso, vagabondo,
lacero e sporco, rifiutato tanto dagli umani quanto dai vampiri, sconvolto
dal proprio dolore e senza una voce amica a confortarlo.
Poi era arrivata lei e lui era tornato a sperare.
Prima di andare a lavorare era passato, come sempre, sotto casa sua. La
luce era accesa, ma la finestra era chiusa. Forse stava studiando. Non
era stata a caccia quella sera. Sentiva la sua mancanza, come sempre.
Solo quando era con lei il suo mondo era completo. Non poteva però
pretendere troppo, anzi, in realtà non poteva pretendere nulla.
Il tempo che Buffy gli dedicava era già più di quello che
lui meritasse. Il solo fatto che gli rivolgesse la parola era un miracolo
di cui poteva ringraziare il destino.
Forse la notte dopo avrebbe potuto incontrarla.
Con un sospiro Angel aprì il libro e continuò la lettura.
Buffy scosse il capo, nel vano tentativo di schiarirsi le idee. Le nebbia
continuava a vorticare intorno a lei, ma per il momento l'aveva abbandonata
a se stessa.
Era stata dentro di lui e probabilmente lo era anche in quel momento.
Entrando nella nebbia però aveva potuto vedere il mondo attraverso
i suoi occhi, vivere la sua vita e l'esperienza l'aveva sconvolta.
Aveva sentito la sua sofferenza in prima persona, come qualcosa di tangibile
e concreto. Qualcosa che faceva male all'anima.
La gola le si serrò al ricordo di quanto disprezzo e odio per se
stesso ci fosse nella persona che lei amava più di ogni altra cosa
al mondo. Non capiva proprio come lui fosse stato capace di vivere, combattere,
amarla portandosi dentro tutto questo.
La parte razionale di lei aveva sempre conosciuto i motivi delle sue sofferenze
e aveva cercato di condividerle e alleviarle come meglio poteva. Ora si
rendeva conto che quello che Angel le aveva mostrato non era che una piccola
parte del tormento che era la sua esistenza.
L'unica cosa che sembrava dargli sollievo era stato il pensiero di lei.
Questo la rendeva felice, ma essere cosciente di quanto lui dipendesse
da lei la spaventava anche. Si sentì idiota per tutte le volte
che aveva dubitato dei suoi sentimenti per lei. Le aveva detto raramente
"Ti amo", ma la forza del suo amore era incredibile. Buffy se
ne era sentita travolta. Era stato meraviglioso, ma anche terribile. Tutto
quell'amore e quel dolore avrebbero devastato chiunque, ma Angel aveva
resistito ed era stato
.l'uomo, il compagno meraviglioso di cui lei
sentiva tanto la mancanza.
Aveva pensato a lei come se si fossero incontrati relativamente poco
tempo prima. Quindi quello che aveva intravisto era stato un frammento
del loro passato.
Non aveva mai saputo che Angel lavorasse. In verità non si era
mai domandata di che cosa vivesse. Tutto quello di cui si era preoccupata
era di farsi amare da lui, misterioso e affascinante sconosciuto. Non
era facile far parlare Angel di se stesso, ma c'erano anche molte domande
che in quegli anni lei non si era mai preoccupata di fargli, come ad esempio
perché amasse tanto leggere.
Non ricordava neppure un titolo dei tanti libri che gli aveva visto fra
le mani. Eppure evidentemente per lui la lettura era un'importante parte
della vita. Una parte che lei non aveva mai neppure considerato l'idea
di condividere.
Aveva letto un estratto del Signore degli Anelli, per merito della sua
insegnante di letteratura che l'aveva obbligata a farlo. Rammentava vagamente
la storia e i personaggi, ma nulla di più.
Probabilmente, se ne avessero parlato, attraverso le parole di lui, Buffy
avrebbe potuto conoscere meglio quell'opera e anche l'uomo che amava.
Nel tempo che avevano trascorso insieme le aveva insegnato molto, ma era
solo una minima parte di quello che avrebbe potuto imparare da lui.
Ormai era tardi. Lui l'aveva lasciata. Non avrebbero più potuto
discutere di Frodo, Sam e dell'Anello e neppure di Gollum. Lui le aveva
precluso per sempre l'accesso al suo cuore, alla sua vita. Lei non avrebbe
mai saputo che cosa si nascondeva veramente dietro quei caldi occhi scuri,
quel sorriso che sapeva così bene raggiungere la sua anima.
La nebbia parve addensarsi, quasi a volerla stringere in un confortante
abbraccio, per consolarla dallo sconforto che ora provava.
Era tutto assurdo in quel sogno: la sua presenza, come fantasma, nel
passato di Angel per non parlare dell'esperienza che aveva vissuto e stava
ancora vivendo, nei recessi dello spirito del vampiro.
Se Angel fosse rimasto con lei questa sarebbe stata un'occasione meravigliosa
per poterlo comprendere fino in fondo. Ma non era così.
Era abituata a sognarlo, aveva bisogno di quei sogni in cui facevano l'amore
per l'eternità. Le servivano per ricordare che cosa volesse dire
essere amati. Lui le avrebbe dichiarato ancora i propri sentimenti e lei
si sarebbe sentita sicura, protetta, non più sola. Al suo risveglio
avrebbe pianto, per essere stata ancora una volta separata da lui, ma
il sogno le avrebbe anche dato la forza di affrontare ancora il mondo,
con tutti i suoi problemi.
Quel genere di sogni le erano di aiuto e conforto. Il sogno che stava
vivendo in quel momento invece era solo inutilmente crudele. Era ormai
troppo tardi per conoscere, capire, comprendere. Troppo tardi.
Eppure lei voleva sapere. Anche se non sarebbe servito a nulla, lei amava
ancora quell'anima, quella mente, quell'essere complesso e meraviglioso
che era stato il suo compagno per troppo poco tempo.
Rabbrividì, ricordando quello che lui aveva provato, pensando a
Gollum. Il mostriciattolo descritto da Tolkien le era rimasto impresso
nella memoria per la sua natura orribile e ripugnante.
Angel, ai suoi occhi, era sempre apparso stupendo, nel corpo come nello
spirito. I lineamenti eleganti, il corpo alto e possente, la lucida intelligenza,
il sottile senso dell'umorismo l'avevano reso simile, per lei, alla creatura
di cui portava il nome: era il suo angelo.
Aveva sempre saputo del suo passato, nelle fogne, a caccia di topi, per
sopravvivere, condotto sull'orlo della pazzia dai rimorsi. Le rare volte
in cui vi aveva pensato era però come se si trattasse di un'altra
persona, effimera come il personaggio di una favola, che nulla aveva a
che fare con l'uomo reale, concreto, affascinante e sensibile che lai
amava.
Angel però portava con sé i ricordi di quella persona, le
umiliazioni che aveva subito, le privazioni e la solitudine che aveva
vissuto. Ricordi che non aveva mai condiviso con lei, se non con brevi
accenni, quando non poteva evitarlo. Lei gli aveva perdonato di essere
stato Angelus, ma probabilmente lui temeva che non fosse disposta a dimenticare
che era stato Gollum.
Buffy serrò le labbra. Era difficile per lei ammetterlo, ma a
quei tempi, forse Angel aveva avuto ragione. Lei era veramente molto giovane
e immatura. Se allora lo avesse pensato veramente come Gollum, anche per
un solo istante, qualcosa nell'immagine che si era creata di lui si sarebbe
irrimediabilmente incrinato.
Erano trascorsi relativamente pochi anni, da quei giorni, ma erano stati
anni importanti per lei. Ora avrebbe voluto assicurargli che lo amava,
e che il pensiero di quello che aveva sofferto aumentava soltanto la stima
che provava per lui. Lui non era Gollum, non lo era mai stato. Al contrario
erano stati i suoi rimorsi a renderlo pazzo, non il desiderio per il male.
Gollum aveva perso ogni dignità umana cercando il potere che corrompe
l'anima, Angel aveva rinunciato alla sua umanità pensando di non
esserne degno, a causa del male compiuto. Il suo era un cammino verso
la redenzione, duro e difficile, e proprio per questo meritava tutto l'aiuto
e la stima che lei era in grado di dargli.
Ripensò all'uomo, seduto solo nel vecchio magazzino, con un libro
fra le mani. Desiderò intensamente essere al suo fianco, parlargli,
offrirgli il suo amore e la sua comprensione. Non era però possibile.
Quello era il passato. Lei non era mai stata in quel magazzino.
Sperò che almeno, la Buffy di allora, la sera successiva, avesse
saputo dire a quell'anima afflitta le giuste parole, che aveva bisogno
di ascoltare da lei.
La nebbia stava ancora cambiando colore. Le tonalità calde del
giallo si stavano diffondendo sovrastando i toni più freddi dell'azzurro.
Buffy presagì un cambiamento. Quando le prime spirali di nebbia
le lambirono il viso sorrise. Era pronta.
Angel soffriva, ma era un dolce dolore a cui non avrebbe mai voluto rinunciare.
Tutto il suo corpo vibrava di desiderio a stento represso, le sensazioni
che aggredivano i suoi sensi, torturandoli, sembravano divenire ogni istante
più intense. Il mausoleo, che gli accoglieva, avrebbe dovuto ricordargli
il suo destino e l'inevitabile condanna che pendeva sul loro amore. Niente
però in quel momento aveva importanza se non Buffy
il suo
odore, il suo sapore, la tenera dolcezza della sua pelle, calda e pulsante
di vita sotto le sue labbra.
I morbidi seni premevano contro il suo petto, attraverso la stoffa. Avrebbe
voluto accarezzarli, stringerli, baciarli. Anche lei lo voleva. Attraverso
la sottile maglietta percepiva i capezzoli che sembravano implorare il
tocco delle sue dita. Non poteva però farlo. Non era ancora il
momento e forse non lo sarebbe mai stato.
Lei era ancora troppo giovane e innocente per offrirgli più di
qualche bacio e qualche fugace carezza e lui
non voleva violare quell'innocenza
che tanto amava.
Lo faceva per lei, ma anche per se stesso. Aveva paura, se avesse preteso
di più dal destino, di interrompere il meraviglioso incantesimo
che stava vivendo.
Non meritava tutto questo. Il suo amore, i suoi baci, la passione che
lei provava per lui. Lei era il suo frutto proibito. Poteva anelare di
possederla, fino a credere di morire per il desiderio, sognare di lei,
stringerla fra le braccia, anche baciarla, ma se fosse andato oltre
non
voleva che tutto questo finisse, era un rischio che non si sentiva di
correre. Il suo autocontrollo però era messo a dura prova.
Lei si strinse di più a lui, facendo aderire il proprio corpo
al suo. Angel emise un gemito di frustrazione, sprofondando di più
il capo nel cavo del suo collo. La sua virilità, premuta contro
il ventre morbido di lei, chiedeva sempre più perentoriamente di
essere soddisfatta. Con un notevole sforzo di volontà si spostò
leggermente, interrompendo quel contatto, di cui lei, probabilmente, non
era neppure stata consapevole.
Quasi alla ricerca di una ricompensa per il sacrificio compiuto, nell'allontanarsi
da lei, sollevò il capo e premette le labbra contro quelle morbide
ed invitanti di lei. Il bacio divenne subito più profondo, ma non
quanto lui avrebbe desiderato. Inconsciamente le strinse le spalle con
forza, nel tentativo di non perdere il controllo. Se avesse insistito
l'avrebbe facilmente convinta ad aprire maggiormente le labbra, ora appena
socchiuse, per consentirgli di esplorare ogni recesso della sua bocca,
senza limiti. Lei però era ancora esitante e incerta, nei suoi
baci, e questo non faceva che renderla più desiderabile ai suoi
occhi. Non l'avrebbe voluta diversa da quella che era e soprattutto aveva
il terrore che lei, prima o poi, rimpiangesse di averlo amato.
Le sue esili mani continuarono ad accarezzargli la schiena, le spalle,
raggiungendo infine il petto.
Come sempre Buffy aveva fretta. Voleva afferrare la vita, per goderla
fino in fondo, assaporando ogni istante, senza porsi dubbi e domande.
Era giovane. Viveva le proprie emozioni con entusiasmo e incoscienza.
Lo desiderava. Angel sentiva l'eccitazione di lei con tutti i suoi sensi
e ne era quasi soprafatto. Comprendeva bene quali sensazioni attraversassero
quello splendido corpo, meglio di Buffy stessa. Amava la sua spontaneità
e la sua gioia di vivere.
Gli stava accarezzando i fianchi, e ad ogni carezza le sue dita si soffermavano
qualche istante in più contro la cintura dei suoi pantaloni. Erano
carezze che gli trasmettevano forza, calore, vita. Lei era completamente
in preda alla passione, abbandonata a lui, senza altra difesa che la propria
innocenza. Si fidava da lui e lui non voleva tradire la sua fiducia.
Quasi accidentalmente, sfiorò una rotondità dei suoi fianchi.
Lei rispose al fugace contatto inarcando la schiena. Maledicendosi silenziosamente
Angel ignorò l'invito e le prese il viso fra le mani. Quando sentì
il tocco gentile delle sue dita sulla pelle nuda del petto si scostò
quasi con violenza. Quel contatto sarebbe stato troppo intimo perché
lui potesse resiste La stoffa dei loro vestiti era una difesa a cui sentiva
di non poter rinunciare.
Eppure non erano i loro indumenti, il mausoleo, freddo e spoglio, il pericolo
sempre incombente, nel cimitero, a frenare i suoi gesti. A imprigionare
il demone, che si dibatteva impotente, nella sua mente era la sua volontà,
l'amore che provava per lei.
Il desiderio per quel giovane corpo, vibrante di vita, premeva ancora
dentro di lui. I suoi istinti reclamavano la soddisfazione, che lui continuava
ostinatamente a negargli. Eppure non esistevano alternative. Doveva attendere,
che lei crescesse, imparasse, divenisse una donna e allora
.forse
allora lo avrebbe lasciato, per qualcuno più simile a lei, una
creatura della luce, non delle tenebre come lui. Se era destino che questo
accadesse
Angel sperava di avere la forza per sopportarlo. In quel
momento tutto quello che poteva fare era proteggerla
da lui e da
se stessa.
Lei lo guardò, confusa e ferita. Era spettinata, con i vestiti
sgualciti. Sembrava un cucciolo offeso. Angel, in preda alla tenerezza,
provò l'impulso di tornare ad abbracciarla, per farsi perdonare,
ma era ormai di nuovo consapevole del luogo in cui si trovavano, di quello
che lui era e poteva offrirle.
Rimase perciò al suo posto, a pochi passi da lei, mascherando ogni
emozione e maledicendosi per non essere stato abbastanza forte da rinunciare
quando era ancora in tempo per farlo. Ora era troppo tardi, per tutti
e due. La sola cosa che lo consolava era che probabilmente sarebbe stato
troppo tardi anche se le avesse voltato le spalle la prima volta che si
erano incontrati.
Buffy si stava riordinando i vestiti, con gesti nervosi. Non capiva il
suo comportamento e forse era meglio così. Se avesse capito fino
il fondo la forza del desiderio che lui provava in quel momento per lei
ne sarebbe stata certo spaventata. Non era preparata ad affrontarlo. Era
ancora una ragazzina, eppure il modo in cui lo stava guardando ora era
lo sguardo di una donna, ferita nell'orgoglio.
Nei suoi occhi Angel lesse mille domande, che lei evidentemente non osava
porre apertamente, per pudore, ma anche per orgoglio.
Socchiuse le labbra, ma non disse nulla. Non c'erano parole che potessero
colmare la distanza che in quel momento esisteva fra loro, creata dall'età
e dalle loro diverse esperienze. Solo il tempo avrebbe potuto porvi rimedio.
Il vampiro sospirò. Sarebbero bastati pochi anni. Avrebbe aspettato
anche per secoli, se fosse stato necessario. Per lui il tempo non aveva
mai avuto importanza, ma in quel momento, quei pochi anni gli sembrarono
un'eternità.
"E' ora che io rientri." Mormorò Buffy, aprendo la pesante
cancellata di ferro.
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