Some Things Are...Forever > Quello Che Whedon Non Dirà Mai > Storie Tristi > Incantesimo> Sire |
RATING: la serie è vietata ai minori di 18 anni (NC 17) per trascrizione grafica di rapporti sessuali | |||
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Capitolo V
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Sire
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Buffy vagava
senza scopo per le strade di Sunnydale, decisa ad affermare la sua indipendenza
da qualsiasi autorità. - All'inferno la maledizione, tornerò a casa quando lo deciderò io! E poi quella non è neppure la mia casa! Era stata una giornata tranquilla, la prima dopo molto tempo. Al Negozio di Magia, del Signor Giles, si era annoiata, osservando gli amici impegnati nelle ricerche. La consultazione dei testi antichi, decisamente, non era unattività in cui eccelleva. Lei era la Cacciatrice, e una cacciatrice che deve evitare la sua preda, se vuole restare viva, è una cacciatrice disoccupata. Meglio quindi trascorrere il tempo frequentando le lezioni all'università, sempre che fosse riuscita a ricordarsi dove si tenevano i corsi. Le sembrava passato un secolo dallultima volta in cui si era preoccupata dei suoi studi. La giornata era comunque ormai quasi finita, e nessun nuovo attacco laveva sconvolta. La sua concentrazione sui libri non era stata interrotta da ansie ingiustificate e durante l'ora di pranzo era anche riuscita ad ascoltare, con moderato interesse, i pettegolezzi dei compagni sulla vita del campus. Nel pomeriggio, quando era tornata al Negozio di Magia, Riley era venuto a cercarla. Il Signor Giles gli aveva raccontato una mezza verità: Buffy era stata colpita da un incantesimo, Angel era arrivato a Sunnydale la sera prima, per aiutarli a risolvere il problema e per qualche tempo lei avrebbe dovuto vivere a casa sua perché era il posto più sicuro per lei. Ovviamente, con Riley, non erano scesi in dettagli circa la natura dellincantesimo e il Signor Giles aveva inserito abbastanza parole arcane, nelle sue spiegazioni, da renderle incomprensibili, oltre che mortalmente noiose. Metodo infallibile per evitare troppe domande. Willow, saggiamente, considerata la sua scarsa propensione a mentire, non aveva sollevato il viso dal testo che stava consultando. Perfino Xander, la cui mancanza di discrezione era nota, questa volta si era astenuto da commenti inopportuni. Probabilmente lo aveva fatto tacere il timore che la realtà, fra Buffy e Angel, fosse peggio di quello che la sua fervida fantasia gli prospettava. Riley le era sembrato preoccupato per la sua sicurezza, come sempre, ma non entusiasta della sua convivenza con Angel. Era però un bravo ragazzo, e credeva in lei. Non era stato quindi difficile indurlo ad accantonare gelosia e sospetti in nome della gravità della situazione. Laveva accompagnata nella sua stanza al campus, in teoria per aiutarla a studiare. In pratica, in passato, in simili occasioni, avevano trovato modi più piacevoli per passare il tempo. Oggi però Buffy non era dell'umore giusto. Quando Riley si era seduto vicino a lei sul letto, le era venuto spontaneo scostarsi, e la sua mano, posata con falsa indifferenza sul suo ginocchio, le aveva provocato un senso di insofferenza. Infine Riley aveva ceduto al suo ostinato rifiuto di concedergli un po di intimità e, dopo averle sfiorato le labbra con un bacio, se ne era andato, lasciandola libera di uscire per girovagare per le strade della città, senza una meta. Stranamente le labbra le bruciavano ancora per quel bacio, e sentiva ancora la pressione della sua mano sul ginocchio. Angel, seduto in poltrona, nel soggiorno in penombra, aspettava. Il libro che teneva in mano non era riuscito a distrarre la sua mente, come avrebbe dovuto. Sapeva che sarebbe tornata da lui. Doveva tornare. Non aveva scelta. Lui aveva dato un ordine e lei era la sua..... Angel provò un brivido di orrore allidea che se lui fosse stato un vampiro come gli altri e lei una vittima, vampirizzata, lavrebbe definita schiava o serva. Avrebbe anche potuto chiamarla figlia o amante, secondo lumore, ma i suoi sentimenti per lei non erano per nulla paterni e aveva da tempo perso ogni diritto al suo amore. Eppure in quel momento lei doveva divenire tutto questo, per lui, se voleva conservare la sua sanità mentale. Lui era il suo Sire. Il vampiro fu assalito da un impeto di odio per il mostro che aveva attentato alla vita di Buffy in modo così subdolo e crudele. Lasciare Buffy, perchè potesse avere una vita normale, gli era costato un prezzo altissimo, ma lo aveva fatto. Notte dopo notte, a Los Angeles, aveva resistito alla continua tentazione di tornare da lei, dal suo amore. E ora doveva vivere con lei, come suo Sire, mentre lei desiderava soltanto che lui se ne andasse, per tornare dal suo nuovo amore, il suo ragazzo. Con uno sforzo, Angel si sottrasse dal baratro della autocommiserazione, in cui stava cadendo. Avrebbe avuto tempo in seguito per maledire il proprio destino, quando, ormai fuori pericolo, nella migliore delle ipotesi, Buffy lavrebbe odiato per tutto questo. Se così non fosse stato, invece di odiare lui, per laccaduto, avrebbe odiato se stessa, e questo, per Angel, sarebbe stato anche peggio. Ora però doveva preoccuparsi dei problemi immediati, primo fra tutti, essere un buon Sire, per Buffy, salvaguardando la sua mente, ma anche il suo spirito e soprattutto la sua dignità. Non sarebbe stato facile. Essere un Sire, un buon Sire, non era già in sè un compito semplice. Qualunque vampiro poteva vampirizzare un essere umano, ma un Sire non si limitava solo a sottrarre lanima da un corpo, perchè un demone potesse impossessarsene. Un Sire doveva provvedere alla creatura a cui aveva dato la vita eterna, insegnandogli le regole per sopravvivere, premiando e punendo, dandogli la sicurezza di una famiglia, un clan, un branco a cui appartenere, delle regole a cui obbedire. Un Sire doveva dare sicurezza ai suoi figli, servi, schiavi o amanti. Darla lo aveva fatto con lui. Era stata un buon Sire. Lui lo aveva fatto con Drusilla, e poi con Spike. Drusilla, anche se aveva vampirizzato Spike, era troppo instabile per essere un Sire, e in ogni caso, il sangue che Spike aveva bevuto era stato quello di Drusilla, ma nelle vene di Drusilla scorreva il sangue di Angelus. Spike era una sua responsabilità. Non avrebbe saputo dire se per loro era stato un buon Sire. Drusilla era pazza certo, ma lo era già diventata, grazie alle vessazioni di Angelus, prima di divenire un vampiro. Sia lei che Spike erano fra i più vecchi vampiri viventi, erano sopravvissuti, e possedevano una loro grandezza, una loro forza, anche se terribile e crudele. Probabilmente avrebbe potuto definirsi un buon Sire, secondo il giudizio di quella che era stata la sua gente. Il problema che però ora doveva affrontare era del tutto diverso. Lui non era più solo un vampiro. Aveva la sua anima, che avrebbe dovuto mettere a tacere, per potersi comportare con Buffy come un Sire. Questo gli sarebbe costato sofferenza e sensi di colpa, ne era consapevole, ma avrebbe sopportato qualunque cosa per lei, per la sua salvezza, anche la dannazione eterna. Il vero ostacolo era Buffy. Orgogliosa, vitale, umana in ogni sua cellula avrebbe certo faticato ad accettare il suo ruolo e se la tensione fosse divenuta eccessiva......Angel non osava pensare alle conseguenze. Avrebbe dovuto essere molto cauto e attento nel procedere. Troppa poca pressione avrebbe significato abbandonarla a se stessa, agli attacchi provocati dallincantesimo, al primo vampiro che avesse incontrato. Una pressione eccessiva sulla sua volontà avrebbe però potuto sortire lo stesso effetto, compromettendo il suo equilibrio mentale. Il panico lo assalì per un attimo allidea del compito che doveva assolvere. Limmagine di Buffy, in preda alla pazzia, o morta, per il morso di un insignificante vampiro, gli comparve nella mente e la paura lo invase. Se avesse fallito...non poteva fallire, non quando era in gioco la vita della donna che gli aveva donato il rispetto di se stesso, della sua umanità, ogni cosa che avesse un valore nella sua esistenza, la vita della donna che gli aveva donato, anche se solo per pochi anni, il suo amore. "Bene, sei puntuale!" La voce tranquilla di Angel distolse bruscamente Buffy dai suoi pensieri. Senza rendersene conto, era entrata in casa e si trovava nel soggiorno di Angel, dove ardeva ancora il fuoco. Nulla sembrava cambiato da quando aveva lasciato la casa, quella stessa mattina. Angel sedeva in poltrona, con un libro in mano, apparentemente indifferente al suo ritorno, anche se dai suoi occhi traspariva un evidente sollievo. "Io non volevo tornare, cioè non subito, adesso. Non so come sono arrivata qui. Stavo facendo una passeggiata, c'è ancora il sole e poi stavo studiando volevo studiare .ma Riley lui mi ha toccata cioè mi ha toccato un ginocchio e poi mi ha baciata .tu non sei il mio padrone .e poi non ho preso dei vestiti puliti .questa non è la mia casa .mio Dio, non capisco più niente, ti odio!" esplose infine Buffy, prima di correre a rifugiarsi nella camera da letto. Angel la seguì, e la trovò occupata a vuotare la sacca dei vestiti, portata la sera prima da Willow, e riassettare la stanza, perfettamente ordinata, con i gesti nervosi di chi cerca disperatamente di fare qualcosa, qualunque cosa per non pensare. "Quindi ha incontrato Riley?" iniziò Angel con tono neutro. "Certo che l'ho incontrato. E' il mio ragazzo ricordi? Abbiamo parlato e mi ha accompagnato nella mia stanza e io .dannazione, che cosa c'è che non va in me?" Ora Buffy si era fermata e lo guardava, la confusione e la paura più forti di ogni risentimento che potesse provare nei suoi confronti. "Non c'è niente che non va in te Buffy. Sono solo gli effetti dell'incantesimo. Una parte della tua mente, quella su cui ha agito il maleficio, ti dice che tu sei mia, e mia soltanto. Per questo non hai goduto della compagnia di Riley, come probabilmente avresti fatto in passato, e ti senti in colpa per le sue carezze, che normalmente avresti apprezzato" Il tono di Angel era stanco e amareggiato. Avrebbe preferito affrontare in un altro momento quellargomento delicato con Buffy. Dopo la lunga giornata di attesa, dubbi e paure che aveva vissuto non si sentiva abbastanza lucido da farlo senza lasciarsi condizionare dai suoi sentimenti personali, ma non si poteva rimandare. Vuoi dire che finchè durerà questa storia io non potrò più....cioè, non vorrò più che Riley.... Buffy era allibita. Esattamente. Replicò Angel con un sospiro. Buffy crollò seduta sul letto in preda allo sconforto. Non riusciva ad accettare di non essere più padrona delle proprie azioni, della propria volontà. Angel si sedette vicino a lei, in silenzio, senza toccarla, consapevole di quello che sarebbe accaduto tra poco, e dilaniato da sentimenti contrastanti. Quando sentì il dolce peso del capo biondo sulla sua spalla con gentilezza le passò un braccio dietro le spalle per abbracciarla, senza però stringerla a sè come avrebbe voluto. Buffy sollevò i piedi dal pavimento, per accucciarsi sul letto, contro di lui. Angel la accolse fra le sue braccia con tenerezza. Il profumo lieve dei suoi capelli, la morbidezza del suo corpo, il suo calore suscitarono in lui ricordi di momenti mai dimenticati. Strinse le labbra, rammentando a se stesso, che in Buffy, probabilmente, non cera più traccia dellamore, della passione, del desiderio che un tempo aveva provato per lui, ma solo gli impulsi generati da un maledetto incantesimo. Essere fra le sue braccia era il prezzo che doveva pagare per non impazzire o peggio morire. Buffy si mosse contro di lui, cercando sollievo alle sue angosce, in un maggior contatto con il corpo del suo Sire. Il Sire, il padre, il maestro, il padrone: colui che ha tutte le risposte, il centro dellUniverso, linizio e la fine per il cucciolo, il figlio, lallievo, il servo, lo schiavo. Quando sollevò il capo Buffy si perse negli occhi color cioccolato che la fissavano enigmatici. Dischiuse le labbra, in una muta richiesta, ma non si mosse, come se non osasse prendere iniziative. Angel chinò il capo e si impadronì, con decisione, della bocca che gli si offriva. Fu un bacio non violento, il suo, ma profondo. Esplorò completamente la bocca di lei, lentamente, assaporando ogni istante. Non staccò le labbra da quelle di Buffy neppure quando lei cercò debolmente di respingerlo, per respirare. Allontanò le labbra da quelle della ragazza solo nel momento in cui lei cessò ogni resistenza. Era il suo Sire. Nessuno di loro due doveva dimenticarlo. La depose delicatamente sul letto. Il corpo ansante, gli occhi chiusi, Buffy si abbandonò contro il materasso. Con gesti deliberatamente lenti Angel iniziò a slacciarle la camicetta. Guardami! Buffy sollevò le palpebre. Il viso chino su di lei era indecifrabile. Non cera traccia dellamore, della passione che vi aveva letto un tempo. Era come se Angel avesse eretto una barriera per lei insormontabile. Non aveva importanza però in quel momento. Nulla aveva importanza, se non il disperato bisogno che aveva di lui. Non aveva mai provato un desiderio così intenso di essere accarezzata, baciata, posseduta da un uomo. La parte razionale di lei tentava inutilmente di ribellarsi, ricordandole che lui non era più il suo ragazzo, che il tempo era passato e ora cera Riley nella sua vita. Il suo corpo e la sua anima volevano disperatamente che quelle mani la toccassero, perchè solo quelle mani, quel corpo, quella bocca avrebbero potuto riempire il vuoto che sentiva dentro di sè. Sollevò una mano, per aiutarlo a denudarle il seno. Gli istanti che passavano le sembravano eterni. Lui però le afferrò la mano. No! Quel monosillabo, appena sussurrato, la fece sobbalzare. Il tono era stato quello di un ordine. Angel finalmente terminò il suo compito. Buffy indossava solo un reggiseno bianco, sotto la camicetta, in cotone, con un sottile bordo di pizzo. Non era il genere di biancheria nata per sedurre un uomo, ma alla sua vista Angel sentì il desiderio di fuggire da quella stanza per rifugiarsi in qualche luogo oscuro e urlare tutta la sua rabbia. Lei era ancora così innocente! Non si meritava quello che lui era costretto a farle. Avrebbe dovuto essere libera di donare se stessa, con gioia e amore, alluomo che amava, come aveva fatto con lui un tempo, non giacere su quel letto, in preda al tormento di impulsi innaturali, con un vampiro che non significava probabilmente più nulla per lei. Buffy emise un gemito. Il desiderio stava trasformandosi in sofferenza. Angel...ti prego... Angel ritornò in sè e piegò il capo per baciarle lincavo fra i seni. Non aveva scelta. La sua mente fu offuscata dal suo profumo, dal sapore della sua pelle. Senza smettere di baciarla la liberò della camicetta e poi del reggiseno. Non si soffermò a guardarla. Il desiderio era cresciuto anche in lui. Le sue mani iniziarono a muoversi senza posa su ogni curva morbida di quel magnifico corpo che si inarcava, sotto il suo tocco. Lei lo voleva. Poteva sentirlo dal suo respiro affannoso, interrotto da piccoli gemiti, quando lui esercitava una pressione maggiore con le dita su parti particolarmente sensibili. Lei lo voleva e lui provava lirrefrenabile impulso di prendere possesso di ogni più piccola parte di lei: i seni morbidi, il ventre piatto, in cui percepiva il battito della vita, la schiena nuda, le braccia sottili, eppure forti, i glutei, i cui muscoli si contraevano sotto la sue mani, le gambe affusolate, lincavo delle sue ginocchia. Buffy era ormai fuori da ogni controllo. Con le mani cercava spasmodicamente di attirare contro di sè il corpo di lui. Gli accarezzava i capelli, la schiena, le braccia, ma nelle sue dita cera la forza di chi, per non annegare, si afferra alla fune che lo riporterà a Terra. Solo lui poteva salvarla. Solo lui le avrebbe dato la pace. Angel sollevò il capo per guardarla. Buffy, il viso stravolto dal piacere, inclinò il capo, esponendo il collo e dischiuse le gambe, ancora avvolte dal ruvido tessuto dei jeans. Non saprai mai quanto ti amo! fu lultimo pensiero razionale che attraversò la mente di Angel, poi i suoi lineamenti si trasformarono. Con energia posò una mano sul sesso di lei. Lo sentì palpitare dal desiderio anche attraverso il tessuto e lo strinse in un chiaro gesto di possesso. Chinò il capo verso il suo collo e prese, fra i denti acuminati, il lembo di pelle sotto il quale scorreva il sangue, la vita. Percepì il calore, la pressione, il pulsare del liquido dolce che era il suo alimento, la ragione della sua esistenza, come vampiro, ma non incise la carne. In lui la frustrazione torturava il demone, che si agitava senza posa, premendo perchè latto trovasse il suo naturale compimento, ma Angel rimase immobile. Aspettava, e la sua attesa fu presto premiata. Buffy si inarcò ed emise un unico gemito, il corpo irrigidito dallestasi. Quando riprese coscienza di se stessa e di quello che aveva fatto Buffy sentì langoscia afferrarla. Angel era ancora vicino a lei, una mano posata sul suo fianco, in un gesto protettivo. Poteva sentirlo, ma non osava guardarlo. Le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso e lei non trovò le energie per frenarle. Iniziò a singhiozzare, con la disperazione di chi ha perso ogni cosa. Lei aveva perso se stessa. Angel la indusse con dolcezza a sdraiarsi contro di lui e iniziò ad accarezzarle piano i capelli. Sapeva che sarebbe accaduto. Non poteva essere diversamente, ma si sentiva comunque impreparato ad affrontare anche questo. Il dolore di Buffy era qualcosa che non riusciva ad accettare, soprattutto sapendo di esserne stata lui la causa, anche se indiretta e involontaria. Buffy doveva odiarsi in quel momento per aver tradito se stessa, luomo che amava e tutto quello in cui credeva. Quando si fosse ripresa la sua mente le avrebbe detto che non era colpa sua. Che non era responsabile di quello che era accaduto fra loro, ma ora tutto quello che poteva fare era soffrire. Angel sperava soltanto che Buffy riuscisse, prima o poi, a perdonare se stessa. Se non avesse perdonato lui, il suo odio lavrebbe accompagnato per leternità, ma sarebbe stato peggio se lei si fosse torturata, per tutta la vita, per quello che lui le aveva fatto. Lui meritava la sofferenza, il dolore, lei no, lei aveva diritto a unesistenza serena, felice, senza ombre e rimorsi. Buffy non riusciva a pensare coerentemente. Immagini degli amici, della sua famiglia, del passato, di Riley continuavano a presentarsi alla sua mente in modo frammentario. Lei che piangeva disperata fra le braccia di Willow, nella sua stanza: Angel laveva lasciata. Sua madre in cucina, a preparare il pranzo per lei e Riley. Giles in ginocchio sullasfalto di un vicolo, disperato per la morte di Jenny. La croce dargento appesa nella sua stanza. Xander abbracciato a Cordelia e poi ad Anya, che chiamava luomo che lei amava Morto che cammina. Riley che dormiva al suo fianco, il viso tranquillo, innocente nel sonno. Angel che spariva nella nebbia. Kendra, stesa sul pavimento della biblioteca, morta. Spike ... Voi non sarete mai amici. Angel ... Ti amo. Piangeva e non sapeva perchè. Era solo cosciente di Angel, delle sue braccia che la stringevano, del suo corpo solido steso contro di lei. Angel....che cosa poteva pensare di lei ora? Laveva amata per la sua forza, il suo spirito indipendente, ma che cosa restava della ragazza che lui aveva incontrato? Nulla. Lei non era altro ormai che un burattino, mosso da una volontà che non era la sua. Probabilmente provava pietà per lei e a questa idea sentì il dolore in lei crescere. Era per lui, per loro che stava piangendo. Per quello che avrebbero potuto avere e gli era stato negato. Perchè sapeva di averlo perso, e questa volta per sempre. Angel era tornato solo per aiutarla e vedendola comportarsi così....non lavrebbe certo più voluta, forse neppure come amica. Gli aveva permesso di accarezzarla, laveva implorato di farlo, pur sapendo di appartenere ad un altro e aveva tratto piacere solo dal suo tocco....e dalla sensazione dei suoi denti contro il collo. Lei, la Cacciatrice, aveva raggiunto il culmine del piacere per il morso di un vampiro! Non avrebbe mai più osato guardare Angel negli occhi per tutta la sua vita! Ne era sicura. Quella notte non aveva perso solo il diritto di chiamarlo il suo ragazzo. Quella notte aveva perso il suo amore, se ancora esisteva, la sua amicizia, la sua stima. Non era altro per lui che una delle tante persone disperate che aiutava, nella speranza di una futura redenzione della sua anima, una di quelle persone che avrebbe presto dimenticato. I singhiozzi si erano finalmente interrotti. Le lacrime continuavano a rigarle il volto, ma la stanchezza stava prendendo il sopravvento. La leggera pressione delle labbra di lui sui suoi capelli, la distolse dai suoi pensieri, dandole un piacevole senso di apatia. Era con lui e lui avrebbe fatto in modo che ogni cosa andasse bene. Angel si stava muovendo. La stava abbandonando. Sentì un senso di panico afferrarla, che si calmò solo quando sentì di nuovo le sue mani su di lei. La stava spogliando. Buffy, senza aprire gli occhi, assecondò i movimenti di lui. Le palpebre le sembravano incredibilmente pensati. Non provò imbarazzo quando lui le sfilò i pantaloni. Si stava prendendo cura di lei, come aveva sempre fatto. Con un sospiro Buffy si addormentò. Angel scostò le coperte e la adagiò fra le lenzuola. Provò un impeto di tenerezza per quellesile corpo capace di tanto coraggio. Buffy sarebbe sopravvissuta anche questa volta. Ora ne era sicuro. Il suo spirito indomito avrebbe trovato il modo di vincere anche questa volta e lui...lavrebbe aiutata, perchè quella era lunica vera ragione della sua esistenza. Anche lui esausto, avvicinò una poltrona al letto, e vi sprofondò con sollievo. Nel caso Buffy si fosse svegliata doveva essere vicino a lei, nel caso avesse bisogno di lui, del suo Sire, ma voleva soprattutto guardarla dormire, come un tempo, il viso innocente e sereno, perso nei sogni di un futuro pieno di promesse. Promesse che un altro avrebbe mantenuto al suo posto. |
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Questa non è la FINE perché il loro amore è "forever, this is the whole point" |
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