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RATING: la serie è vietata ai minori di 18 anni (NC 17) per trascrizione grafica di rapporti sessuali  
 

 

Capitolo VII
Punizioni
Le ultime ore erano state un tormento per Angel. Quando non aveva visto tornare Buffy all’ora prevista aveva avvertito Giles, ma non aveva osato uscire, nel timore che lei tornasse e trovasse la casa vuota. Se fosse successo avrebbe potuto decidere di uscire di nuovo per cercarlo oppure avrebbe potuto avere un altro attacco. Aveva dovuto lasciare che fossero gli altri a trovarla, ma i suoi timori erano cresciuti, mentre le tenebre si addensavano nel giardino. Tutta la sera aveva percorso i viali e le grandi stanze della casa inquieto come un animale selvatico in cattività fino al momento in cui non l’aveva vista sulla porta di casa, viva e incolume. Il sollievo indescrivibile che aveva provato era stato pari solo all’ira che aveva provato verso Spike.Ora, lui e il vampiro biondo erano nella cucina. Buffy attendeva in soggiorno, dove le aveva ordinato di restare. Avrebbe voluto occuparsi subito di lei, ma doveva sapere quello che era accaduto e interrogare Spike era l’unico mezzo per saperlo con certezza. Delle risposte di Buffy non era certo di potersi fidare. Lei avrebbe potuto tacergli qualcosa di importante, per vergogna o semplicemente per affermare la sua indipendenza. Quindi doveva essere Spike a parlare e lo aveva fatto. 
“Quindi non è successo?”La domanda alle orecchie di Spike suonò come una minaccia.“No, l’ho fermata prima.” Si affrettò a dichiarare.“Avresti potuto impedirle di seguirlo, maledizione!” esplose Angel, facendo un passo verso l’altro vampiro, che non si mosse.“Ascoltami...vedo la Cacciatrice che fa conversazione con un vampiro e poi lo segue. Perchè dovrei intromettermi? Io sono un vampiro. Non passo il mio tempo a salvare dolci fanciulle indifese, come fai tu. Io le fanciulle le uccido, se poi si tratta della Cacciatrice....ma che cosa sta succedendo?”Angel si sedette al tavolo indeciso su che cosa rispondere. Spike al momento era innocuo, grazie al chip, ma non si poteva fidare completamente di lui. Non avrebbe ucciso Buffy....forse, ma avrebbe potuto farle di peggio.“Non sono affari tuoi che cosa succede! Stai lontano da Buffy e anche da me. Se ti ritrovo a un chilometro da lei....rimpiangerai Stoccolma. Ricordi Stoccolma vero?”Spike sentì un brivido scorrergli lungo la schiena.“Ricordo benissimo, non ti preoccupare! Ti faccio solo presente che, se questa sera fossi stato lontano da lei, la tua adorata Buffy ora sarebbe occupata a...”“Vattene!” lo interruppe Angel con rabbia.Spike conosceva abbastanza il suo Sire per sapere quando non era il caso di insistere e si diresse verso la porta.
 
Buffy era seduta sul divano. Guadava il fuoco.
Angel e Spike erano in cucina. Stavano parlando da più di mezz’ora.Quando erano arrivati, Angel aveva aggredito Spike, prima che lei riuscisse a spiegargli che il biondo vampiro non le aveva fatto nulla. Alla fine Angel si era calmato. Le aveva detto di sedersi e aspettare e si era diretto con Spike nell’altra stanza.Ora lei aspettava. Con stupore si era accorta di essere stanca, come se avesse sostenuto una lotta estenuante. La sua mente vagava senza una meta. Non voleva pensare in quel momento. Desiderava solo che ogni cosa restasse immobile, che nulla accedesse più nella sua vita. Voleva dormire, per risvegliarsi solo quando tutto fosse finito.
 
“Come ti senti?” La sua voce le giunse lontana.
“Confusa” Angel aveva accompagnato Spike alla porta. Il vampiro era uscito senza salutare.
Per la prima volta Buffy provò timore dell’uomo che aveva di fronte. Lo sguardo con cui Angel la stava scrutando era indecifrabile. “Buffy, Spike mi ha raccontato quello che è successo.” Il suo tono era forzatamente pacato, ma l’ira repressa traspariva dal suo sguardo. “Non è successo nulla!” Ribattè lei con forza, nel vano tentativo di negare qualcosa che non riusciva ad accettare. Angel comprese la sua reticenza, e decise per il momento di soprassedere. Non era quello il solo problema.
“Mi hai disobbedito.” “Io sono la Cacciatrice” mormorò Buffy, con voce stanca, come se bastassero quelle poche parole a spiegare ogni cosa. Poiché Angel non accennava a risponderle, Buffy, malvolentieri, continuò infine la sua difesa. “Dovevo andare a caccia. E’ da troppo tempo che i vampiri di Sunnydale sono liberi di fare quello che vogliono!” “Secondo quanto mi ha raccontato Spike era con te che un vampiro stava facendo quello che voleva questa sera!”  
Buffy strinse le labbra, decisa a non dire altro.
“Ora voglio che tu mi racconti tutto quello che è accaduto.” Buffy cercò di eludere la domanda.
“Non è necessario. Sai già tutto. Spike te l’ha detto e non credo abbia sorvolato su nessun disgustoso dettaglio.” Angel però non era disposto a cedere.
“Voglio sentirlo da te. Devo sapere tutto, anche quello che Spike non ha potuto dirmi. Che cosa hai provato, quello che hai sentito. E’ importante che io sappia...sono il tuo Sire.” Angel vide gli occhi grigi riempirsi di lacrime, non di dolore, ma di rabbia, e fu tentato di andare da lei, abbracciarla e farle scordare ogni cosa, ma sapeva che non doveva farlo. Lei non avrebbe dimenticato e il tempo avrebbe solo dilatato i suoi ricordi, trasformandoli in fantasmi che l’avrebbero seguita per tutta la sua vita. Non poteva permettere che questo accadesse. Inoltre era importante che lui comprendesse il suo modo di reagire, di vivere la sua condizione di cucciolo di un Sire. Provò un moto di tenerezza quando quel termine, che da decenni non usava più, gli tornò alla mente. Il cucciolo: colui che è indifeso, che deve crescere, conoscere il mondo, colui che ha bisogno di una guida, di un Sire. In passato, se voleva far adirare Spike, lo chiamava in quel modo. Per l’orgoglioso vampiro era umiliante, ma per Buffy, soprattutto in quel momento, non poteva essere più adatto. Sembrava veramente un cucciolo sperduto.  
Buffy non voleva tradurre in parole gli avvenimenti di quella sera. Avrebbe significato dare loro realtà, concretezza. Se fossero rimasti solo nella sua mente avrebbe potuto illudersi che fosse stato solo un brutto sogno. Lui però voleva sapere, voleva leggere la vergogna sul suo viso, conoscere ogni dettaglio dell’umiliazione che ancora provava. Il forte impulso di rispondergli la dilaniava. Buffy in quel momento comprese il significato della parola “Sire” e odiò Angel per averglielo insegnato. Angel lesse l’odio nella sua espressione. Sapeva che sarebbe successo, se fosse stato un buon Sire. Eppure ne soffrì ugualmente. Lei era Buffy, la sua Buffy. “Va bene, come vuoi. Se preferisci tacere, puoi farlo.” Buffy sentì la tensione dentro di lei crollare. Le sue labbra, socchiuse per pronunciare la prima parola, tornarono a serrarsi. Si rilassò finalmente. Angel però non aveva finito.
“Questa notte mi hai disobbedito due volte. Non tornando a casa come ti avevo chiesto di fare e ora, rifiutandoti di rispondermi. Perciò meriti di essere punita. Vieni qui.”  
L’ordine era stato dato in tono sommesso, ma Buffy obbedì all’istante. Il sollievo, per aver evitato un compito ingrato, e la sorpresa che aveva suscitato in lei la parola punizione, l’avevano privata d’ogni istinto di ribellione. Si fermò solo quando fu in piedi, di fronte a lui, ancora seduto sulla poltrona.
Angel non pronunciò una sola parola. Allungò una mano, che posò sulla sua vita. Poi, con un’abile mossa, le fece perdere l’equilibrio. In un attimo Buffy si ritrovò riversa sulle sue ginocchia, i polsi saldamente premuti contro la schiena da una mano di lui. Quando il primo colpo cadde sopra i suoi glutei esposti, sobbalzò violentemente, più per la sorpresa che per il dolore. Quando arrivò il secondo colpo, Buffy aveva ormai realizzato in pieno quello che aveva intenzione di fare il vampiro e iniziò a divincolarsi energicamente.
“Non ti muovere” La voce di lui, pacata, ma ferma, ebbe l’immediato effetto di bloccare ogni suo tentativo di opporsi all’inconsueto trattamento.  
Il vampiro era in preda a sentimenti contrastanti. Una parte di lui non avrebbe mai voluto far subire a Buffy tutto questo. Era consapevole dei suoi sentimenti, così come sapeva bene che il suo orgoglio ne avrebbe sofferto più del suo fisico, lo stesso orgoglio che lui ammirava tanto. La sua mano che colpiva la carne soda, facendo sobbalzare l’esile corpo sulle sue ginocchia, generavano in lui anche un vago senso di soddisfazione, che rasentava il piacere. In fondo gli aveva disobbedito, mettendo a rischio la sua preziosa vita. Meritava una lezione. Buffy, quando fosse tornata in se stessa, senza l’Incantesimo, forse gli avrebbe perdonato molte cose: questa sicuramente no. Ne era certo. Avrebbe trovato il modo di fargliela pagare per aver osato tanto, ma in quel momento...represse un sorriso all’idea di quello che lei gli avrebbe fatto, se avesse provato a fare una cosa simile in passato. Allora però era tutto differente. Ora...era necessario. Lui era il suo Sire, ma non era solo il vampiro, dentro di lui, a provare piacere. Doveva ammetterlo.  
Angel la colpiva con la mano aperta, energicamente, ma senza provocarle un reale dolore. A far soffrire Buffy era il senso d’impotenza che provava, l’umiliazione di essere punita come una bambina disobbediente, non come un adulto consapevole. Se lui l’avesse colpita al volto o in qualsiasi altra parte del corpo sarebbe stato un confronto alla pari o la vendetta di un essere umano su un altro. In quel modo lui non feriva tanto il suo corpo quanto la sua dignità. Lacrime amare iniziarono a scorrerle sul volto. Lui non poteva farle questo. Non il suo Angel.
Il supplizio improvvisamente si interruppe.
“Tornerai a casa quando io ti ordinerò di farlo?” Buffy emise un gemito e ormai vinta non poté fare altro che assentire con il capo.
“Voglio sentirtelo dire Buffy.” Angel aveva usato sempre il solito tono uniforme, quasi indifferente. Fu la sua apparente indifferenza a far crollare Buffy.
“Sì, va bene, tornerò quando me lo dirai tu.” Mormorò a bassa voce, sentendo sulle labbra il gusto salato delle proprie lacrime. Angel con gentilezza la rimise in piedi. Si alzò e andò in cucina. Al suo ritorno, con un bicchiere d’acqua in mano, trovò Buffy ancora in attesa, di fronte alla poltrona vuota. Angel si sedette di nuovo, attirandola sulle sue ginocchia, questa volta seduta. Le offrì l’acqua, che Buffy bevve avidamente.Quando la ragazza terminò di bere, Angel le prese il bicchiere di mano, per deporlo sul tavolino.
Da una tasca estrasse un fazzoletto e iniziò a pulirle accuratamente il viso dalle tracce delle lacrime. La stoffa era morbida. Sapeva di fresco, di pulito, come lui.
Buffy scivolò fra le sue braccia fino a quando non sentì contro la fronte la freschezza della pelle del suo collo. Angel le stava massaggiando la schiena, in lente carezze. Le gambe di lui premevano contro di lei e il bruciore le ricordava l’oltraggio subito, ma in quel momento non voleva pensarci. Era stanca e, per la prima volta quella sera, si sentiva bene, al suo posto.  
Quando lui parlò, Buffy faticò a comprendere il significato delle sue parole.
“Buffy, hai disubbidito due volte, ricordi? C’è ancora una questione da risolvere. Visto che non vuoi parlare, ora farai per me quello che hai fatto per quel vampiro.” Angel la sentì irrigidirsi fra le sue braccia.
“No, ti prego, non questo!” esclamò Buffy, di nuovo in preda all’ansia. Il vampiro provò il desiderio di accontentarla. Avrebbe voluto metterla a letto, come la bambina che sembrava essere in quel momento, senza più tormentarla, ma non poteva. Doveva aiutarla a superare il trauma e doveva farlo quella notte stessa. Il giorno dopo poteva essere troppo tardi.
Cercò di imprimere nella sua voce tutta l’autorevolezza di cui disponeva. “Buffy, obbedisci, adesso!” Lentamente Buffy si staccò da lui e si alzò. L’incubo era ricominciato! Di nuovo sentì assalirla il senso di vuoto che già aveva sperimentato quella sera. Si piegò verso di lui e le loro labbra si unirono. Angel, senza saperlo, posò una mano sul suo collo, proprio come aveva fatto il vampiro. Questa volta però Buffy non subì passivamente il bacio, ma rispose, prima con titubanza, poi con sempre maggiore energia. Quando Angel la lasciò le sfuggì un sospiro di rimpianto. Si raddrizzò e con gesti sicuri si tolse la maglietta e poi il reggiseno.
 
Un debole sorriso le affiorò sulle labbra quando vide il desiderio, negli occhi di lui, alla vista del suo seno scoperto. Al suo tocco sulla pelle nuda abbassò le palpebre.
“Guardami!” Gli occhi ora fissi nei suoi, Buffy lo osservò protendere il capo per posare baci, prima gentili, poi sempre più avidi, sui suoi seni. Angel non aveva solo labbra stupende, le sapeva anche usare meravigliosamente bene!
Il vampiro a stento dominò la rabbia. Mescolato al famigliare odore della pelle di Buffy c’era l’odore estraneo dell’altro, il suo sapore. Quel lurido bastardo l’aveva toccata, baciata, e stava per costringerla a fare quello che una donna dovrebbe fare solo per amore. Angel conosceva bene l’animo femminile. Darla era stata una buona maestra. Per una donna la bocca è la parte più intima, non il ventre, oscuro, anonimo. Il ventre risponde all’istinto, la bocca alla coscienza. I muscoli che ne controllano i movimenti sono volontari, è sensibile non solo al contatto, ma anche al sapore, e perfino all’odore. Attraverso di essa ogni sensazione si espande raggiungendo ogni cellula del corpo. A causa di quel mostro forse ora Buffy avrebbe pensato alla propria bocca con disgusto.
 
Buffy avrebbe voluto abbandonarsi al piacere, ma non riusciva a staccare lo sguardo da lui, dai suoi occhi che continuavano a scrutarla, come se volessero leggere ogni emozione che attraversava il suo viso.
Angel temeva di non aver fatto la scelta giusta, di aver sbagliato ad affrontare il problema in quel modo, ma, in quanto Sire, non poteva mostrare alcuna insicurezza.
“Buffy, che cosa altro hai fatto per lui?” Le parole erano state sussurrate contro la sua pelle, e Buffy non vi lesse la tensione che vi traspariva.
Provò solo sofferenza all’idea di separarsi da quelle mani e quelle labbra, che sapevano così bene risvegliare i suoi sensi. Con un movimento fluido si inginocchiò ai suoi piedi, e....un senso di panico le oscurò la mente. Non sapeva esattamente quello che doveva fare. Non lo aveva mai fatto. Si sentiva impacciata e imbarazzata.
“Io...non lo so.” Angel continuava a guardarla. Era consapevole dei sentimenti che si agitavano in lei, ma non era sicuro di capirne la ragione.
“Che cosa non sai? Quello che hai fatto? Non lo ricordi o non lo vuoi ricordare?” Buffy cercò di dare un ordine alle parole che si affollavano nella sua mente.
“Io lo so, lo ricordo, ma ...non so farlo. Spike è arrivato prima che io... E’ stato tutto così confuso!” Angel strinse le labbra per controllare l’ira che cresceva in lui. Se quel vampiro l’avesse posseduta, forse sarebbe stato meglio per lei. Certamente la terribile esperienza di essere costretta a far l’amore contro la sua volontà avrebbe lasciato il segno. Neppure lui, la sera prima aveva osato tanto. Almeno però sarebbe stato un atto che Buffy avrebbe giudicato normale, che quando tutto fosse finito avrebbe potuto definire violenza carnale, assolvendo se stessa. Costringerla a questo...era molto peggio! Quell’animale non aveva violato solo il suo corpo, ma anche la sua mente, la sua volontà, la sua innocenza. Buffy difficilmente avrebbe potuto dire a se stessa che non era stata colpa sua. Era qualcosa che aveva fatto, non che aveva subito. Quello che con il tempo forse lei avrebbe imparato a fare con amore ora probabilmente generava solo orrore ai suoi occhi.  
“Ho capito. Ascoltami. Ora farai la stessa cosa per me. Io non ti darò ordini. Solo consigli, se saranno necessari. Il mio solo ordine è di darmi piacere. Ancora una cosa: voglio che mi guardi mentre lo fai. Solo così saprai se stai facendo il tuo dovere.” Buffy sospirò piano. Aveva ancora paura perchè non sapeva se avrebbe saputo andare fino in fondo, ma le sue parole l’avevano tranquillizzata e....lei voleva dargli piacere. Con gesti esitanti gli slacciò i pantaloni.
Quando il suo membro fu libero dalla stoffa scoprì che era già eretto e le sue dimensioni la sorpresero. Durante la loro unica notte insieme era avvenuto tutto sotto le lenzuola. Aveva provato un attimo di dolore, ma che era subito stato soffocato dal piacere. Ora, osservandolo, le sembrava impossibile che fosse stato dentro di lei. Non aveva molta esperienza in proposito. Dopo di lui c’erano stati solo Parker e Riley, ma .....allungò una mano esitante per sfiorarlo. La pelle era fresca, setosa, piacevole al tatto.  
Sotto le sue dita sentì la carne fremere. Ad Angel sfuggì un gemito. Buffy sorrise. Se le era bastato sfiorarlo per ottenere quella reazione forse il suo compito non sarebbe stato poi così difficile.
Le sue carezze diventarono sempre più sicure. Le sue dita lo strinsero, prima gentilmente, poi con più forza. Angel inclinò il capo contro lo schienale e afferrò violentemente i braccioli della poltrona. Voleva controllare l’impulso di posarle una mano sul capo per costringerla ad usare le labbra, la bocca, come lui avrebbe desiderato. Doveva essere lei a scegliere il momento. Continuava a ripetersi che lo stava facendo per lei, ma in lui il demone pregustava il piacere che lei gli avrebbe dato. Era il suo Sire. Lei gli apparteneva e quella sera, a causa della sua ribellione, un altro stava per avere quello che spettava a lui!
 
Buffy si lasciò guidare dall’istinto. Senza rendersene conto sentì il suo sapore sulle labbra. Le era sembrato naturale fare per lui quel gesto che, fino a quel momento, aveva vissuto, nella sua immaginazione, con disgusto. Voleva dargli piacere. Tutto il piacere possibile, perchè lo amava. Un esaltante senso d’orgoglio, soddisfazione la pervase quando sentì il corpo di lui inarcarsi, alla ricerca di lei, della sua bocca. “Non smettere, ti prego” Non più un ordine. Era una preghiera. Con titubanza dischiuse le labbra e con la lingua gli accarezzò la pelle sottile. Non si era mai resa conto di quanto fosse sensibile la sua lingua.
Mosse il capo e lentamente lasciò che lui entrasse in lei, la possedesse anche in questo modo, nuovo per lei, ma non per questo meno piacevole. Le dimensioni di lui non resero facile l’impresa e non riuscì a contenerlo completamente. Fu lui a fermarla, posandole le mani sul capo. Con gentilezza, accarezzandole nello stesso tempo i capelli, iniziò a guidare i suoi movimenti, senza mai forzarla, anzi trattenendola, quando lei avrebbe voluto....lui era suo, lei gli stava dando piacere, un piacere dal quale non avrebbe potuto sottrarsi. Quella notte l’aveva lasciata dormire da sola, ora era la sua bocca a controllare ogni sua reazione, a farlo gemere, era lui, con le sue mani, che la stringeva contro di sé. Angel era in suo potere. Questo pensiero la sorprese. Vide sè stessa, la Cacciatrice, inginocchiata ai piedi di un vampiro per dargli piacere. L’immagine poteva rappresentare solo la totale sconfitta sua e di tutto quello che lei rappresentava. Eppure...lui era Angel e lei...scoprì la forza nascosta dietro alla sottomissione per amore. Lei controllava il gioco e lui...aveva bisogno di lei. Dopo tanto tempo finalmente Buffy si sentì di nuovo forte, sicura di sè, e fù grata ad Angel per questo.
 
“Buffy...ora basta.” Mormorò Angel cercando di allontanarla da sé, ma lei si oppose. Non voleva lasciarlo, separarsi da lui, proprio ora che l’aveva ritrovato. Questa volta fu Angel a cedere. Non poteva opporsi contemporaneamente a Buffy e al proprio desiderio.
Le prese una mano e la portò alla base del suo membro.
“Stringimi, e lasciami andare solo quando ti senti pronta.” Riuscì a dire con fatica. Buffy non comprese subito la richiesta, ma alla fine fece come lui le aveva chiesto. La consapevolezza che lui stava cercando di renderle le cose più facili la confortò. Finchè lei avesse non avesse allentato la presa, lui si sarebbe trattenuto, poi...aveva di nuovo dei dubbi. Non era certa di saper andare fino in fondo, ma niente al mondo le avrebbe impedito di provarci.
Proprio nel momento in cui Angel sentiva che non avrebbe più resistito Buffy si sentì pronta e aprì le dita che lo stringevano. Lui perse ogni controllo e l’estasi dilagò nel suo corpo. Buffy inghiottì istintivamente, senza provare repulsione. Aveva un buon sapore, salato, ma gradevole. Era il suo sapore e il suo piacere. Niente altro aveva importanza.
Sollevò finalmente il capo. Tutto era finito. Lui era abbandonato sulla poltrona. Il capo riverso, gli occhi chiusi. Quando li riaprì Buffy vi lesse tutto l’amore di un tempo, ma anche qualcosa di più profondo. Angel si chinò e le afferrò le labbra con le sue. La baciò a lungo, attirandola fra le sue braccia.  
Il suo sapore nella sua bocca: qualcosa che non aveva mai neppure osato sognare. Lei era sua, come una volta, anzi di più. Senza pensare all’Incantesimo, a Riley, al Signor Giles, si alzò dalla poltrona, sollevò Buffy da terra e la portò nella camera da letto. Lei era sua e nulla e nessuno avrebbe potuto impedirgli di avere quello che gli apparteneva.

 

Questa non è la FINE perché il loro amore è "forever, this is the whole point"

Normalità Una nuova amica