La coppia camminava lentamente, in silenzio. Se non fosse stato per il
vestito appariscente, che fasciava il corpo sinuoso della ragazza, sarebbero
passati inosservati.
Gruppi, a volte rumorosi, di giovani invadevano a tratti il marciapiede,
evitandoli, ma senza prestare loro attenzione. Tornavano a casa, ma erano
riluttanti a porre fine alla serata di svago e abbandonare la compagnia
degli amici. Sfioravano la coppia, quasi ignari della sua esistenza. I
loro volti sereni contrastavano con lo sguardo cupo dell'uomo e quello
assorto di lei. Angel e Buffy avrebbero potuto essere fantasmi della notte,
esseri di un altro mondo, che vagavano fra i mortali senza però
farne veramente parte.
Non si sfioravano neppure fra loro. Il vampiro camminava tenendosi nell'ombra,
lontano dalla luce dei lampioni. La sua figura scura faceva ancora più
risaltare nell'oscurità i capelli biondi che incorniciavano il
viso luminoso di lei.
Angel sentiva violento l'impulso di fuggire, di nascondersi silenziosamente
in uno dei tanti vicoli senza sbocco che si aprivano nelle tenebre. Avrebbe
lasciato Buffy alla sua vita, al suo mondo fatto di calore, affetti, gioia,
come già aveva fatto anni prima.
Questa volta però non poteva semplicemente sparire. Il vuoto che
lui avrebbe lasciato non sarebbe stato colmato da un bravo ragazzo, capace
di renderla felice. C'era l'Incantesimo a legarli. Senza di lui Buffy
sarebbe sprofondata di nuovo negli incubi da cui solo la pazzia l'avrebbe
liberata, la pazzia o la morte. Doveva restare ed essere il suo Sire fino
a quando non fosse stata lei a scacciarlo per sempre dalla sua esistenza,
ritrovando così la propria libertà.
Il vampiro serrò le labbra. Detestava sentirsi così impotente
contro il destino.
Aveva sognato infinite volte di poter camminare ancora al fianco della
donna che amava, ma come un uomo, degno del suo amore e del suo rispetto.
Il fato beffardo aveva invece distorto crudelmente i suoi sogni. Era con
lei, non come uomo e neppure come vampiro in preda ai tormenti inflittagli
dalla sua anima. Era tutto quello che aveva sempre negato a se stesso
di poter essere: il suo Maestro, Padrone, Sire.
Il sogno era diventato un incubo, l'incubo che non aveva mai cessato di
perseguitarlo, durante le sue solitarie giornate. Non l'aveva uccisa.
Buffy possedeva ancora la sua vita e la sua anima, ma
la sua volontà
stava morendo, lentamente, ma inesorabilmente soffocata dal potere che
lui aveva su di lei.
Il desiderio di fuggire svanì nell'animo di Angel per essere sostituito
da una cupa determinazione. L'avrebbe salvata, qualsiasi fosse stato il
prezzo che avrebbe dovuto pagare.
Sarebbe tornata ad essere la donna che aveva conosciuto e amato: forte,
vitale, orgogliosa.
L'urlo giunse ovattato, nella notte, ma Buffy non ebbe dubbi sulla sua
origine. Proveniva dal parco. Qualcuno era in pericolo.
Quel suono soffocato era riuscito a scuoterla dallo stato di tranquillo
torpore in cui era caduta, da quando erano usciti dal Bronze. Fino a quel
momento aveva camminato senza pensare, senza neppure vedere la strada
che stavano percorrendo.
Angel non produceva nessun rumore avanzando nel buio, ma lei era consapevole
della sua costante presenza. Non osava guardarlo, per timore di quello
che avrebbe potuto leggergli sul volto. Si accontentava di seguirlo, lasciandosi
cullare dalla sua presenza rassicurante.
Nel silenzio della notte aveva trovato sollievo dalle intense emozioni
provate quella notte. La pace era interrotta solo a tratti dagli schiamazzi
dei suoi coetanei, diretti verso le loro case, ma Buffy quasi non li vedeva.
Loro non appartenevano più al suo mondo.
Il silenzio era però stato turbato da quel richiamo, colmo di
terrore, che le risuonava ancora nella mente, risvegliando i suoi istinti
di Cacciatrice. Eppure non si voltò verso gli alberi, da cui l'urlo
era giunto, ma verso il suo silenzioso compagno.
Angel scrutava il buio con insistenza, i lineamenti tesi, il corpo pronto
a scattare. Il destino l'aveva trasformato da preda a cacciatore, ma in
fondo non c'era molta differenza fra i due ruoli. Era sempre la vita,
la sopravvivenza ad essere in gioco.
Il vampiro rivolse alla compagna solo un rapido sguardo, ma fu sufficiente.
In un istante correvano entrambi sull'erba, esseri primordiali, mossi
solo dall'impulso di scovare la preda e ucciderla.
Trovarono il vampiro occupato a nutrirsi. Il corpo esamine che teneva
fra le braccia era quello di un ragazzo. La vittima aveva smesso di difendersi.
In quell'abbraccio mortale il suo corpo inerte pareva esile come quello
di un bambino. Solo gli abiti, che si intravedevano alla luce dei rari
lampioni, dimostravano la sua vera età.
Era una femmina, vestita come una normale ragazza diretta in discoteca.
Non alzò il capo dal suo pasto, quando loro arrivarono. Il suo
compagno, che attendeva poco distante, si accorse però di loro,
ma troppo tardi. Angel si scagliò contro di lui con tutto il suo
peso facendolo crollare al suolo mentre Buffy senza esitare strappava
la vittima dalle braccia che la trattenevano.
Sorpresa dall'improvvisa interruzione, con il sangue che ancora le gocciolava
dalle labbra, il vampiro non oppose quasi resistenza quando Buffy la colpì
con violenza.
In pochi istanti dei due vampiri non restò altro che polvere.
Sull'erba dove era caduto giaceva ancora il corpo del ragazzo, pallido
e immobile.
La sua posizione scomposta, gli arti abbandonati sul terreno, come quelli
di un burattino a cui fossero stati tagliati i fili nel bel mezzo di una
danza, parlavano chiaramente di morte.
Buffy, ancora ansante per la corsa e la lotta sentì la paura scorrerle
nelle vene. Arrivare troppo tardi era il suo perenne incubo. Non riusciva
a non sentirsi responsabile per ogni morte, legata ai vampiri, che non
riusciva ad evitare.
Non era affetta da delirio di onnipotenza. Sapeva che in tutto il mondo,
nella notte, morivano persone che lei non avrebbe mai potuto raggiungere.
A questo era rassegnata, ma quando accadeva nella sua città, vicino
a lei, sotto i suoi occhi, come quella sera, si sentiva sconfitta e amareggiata.
Il volto delle vittime la perseguitava per giorni. Era la Cacciatrice,
ma eliminare i suoi nemici non le bastava. Le vite che salvava erano più
importanti dei vampiri uccisi. Forse era già troppo tardi per quella
giovane vita, che giaceva sull'erba ai suoi piedi. Si inginocchiò
sul terreno soffice, incurante del vestito, che si sarebbe sporcato, per
scrutare, con ansia, il viso esangue.
"E' vivo." La voce di Angel le giunse sommessa, ma decisa,
dal buio.
Il vampiro non si era avvicinato. Aspettava, in piedi, poco distante,
nascosto dall'ombra di un albero.
"Come fai a dirlo? E' pallido, freddo e non sembra voler riprendere
conoscenza!" Rispose Buffy, resa impaziente dall'angoscia. Nonostante
il timore che ancora provava però la tranquilla serenità
del compagno era servita a rassicurarla.
"Sentire la vita è nella mia natura." Fu la concisa spiegazione.
Il ragazzo in quel momento riaprì gli occhi e tentò di sedersi.
Buffy sollevata lo aiutò, sostenendolo.
Il sangue che ancora usciva dalla ferita aperta le sporcò un braccio,
ma lei era troppo preoccupata per notarlo.
Arrivarono a casa poco prima dell'alba. Avevano accompagnato il ragazzo
al pronto soccorso senza scambiarsi una parola. Nessuno aveva voglia di
parlare, neppure la vittima che probabilmente stava disperatamente cercando
una spiegazione logica per quello che gli era accaduto.
Lo avevano lasciato quando avevano visto arrivare il poliziotto di servizio
all'Ospedale, chiamato dagli infermieri, per verbalizzare l'evidente aggressione.
Mentre si allontanavano, per evitare di essere coinvolti, avevano sentito
la voce incerta e sommessa del giovane descrivere con frasi spezzate due
vagabondi che l'avevano aggredito nel Parco.
La polizia sicuramente non avrebbe fatto molte domande e così pure
i medici, un po' per disinteresse e un po' per un'inconscia paura delle
risposte che avrebbero potuto ricevere.
Erano gente normale e preferivano i dubbi a verità che non potevano
accettare. Temevano le complicazioni più dei vampiri.
Il giardino era tranquillo come sempre.
Buffy raggiunse per prima la grande porta di legno e si volse, sorpresa
di non sentire la presenza di Angel alle sue spalle.
Lui era a una decina di metri da lei. Camminava lentamente, come se volesse
sfidare la morte atroce che gli avrebbe portato la luce del sole, prossimo
a sorgere.
Buffy fremette di impazienza. Avrebbe voluto chiamarlo, dirgli di affrettarsi,
ma si trattenne. L'espressione cupa del vampiro la indusse a deglutire
a vuoto.
Durante la lotta Angel era tornato ad essere il compagno di un tempo,
l'alleato che conosceva bene e su cui sapeva di poter fare cieco affidamento.
Di fronte al corpo esamine del ragazzo si era però di nuovo allontanato
da lei e ora la sua alta figura che avanzava verso di lei le sembrava
quella di un estraneo.
Il vampiro non voleva varcare quella soglia. La lotta gli aveva permesso,
per pochi preziosi istanti di dimenticare il suo compito. Era tornato
ad essere il suo amico, alleato, protettore, senza che nessuna barriera
li dividesse. Buffy era la Cacciatrice, lui il vampiro con un'anima, l'abominio
della natura, che aveva trovato in lei una ragione di esistere, una sua
collocazione nell'Universo.
L'odore del sangue, la vista degli orrori di cui erano capaci i suoi simili,
l'aveva riportato alla realtà. L'unico posto in cui lui avrebbe
dovuto esistere era l'Inferno e probabilmente era quello il luogo in cui
sarebbe tornato, ma non ora. In quel momento aveva ancora un compito da
svolgere.
Incorniciata dal vano della porta la figura esile di Buffy, avvolta dal
vestito rosso, troppo appariscente per lei, gli ricordò gli avvenimenti
di quella sera.
Buffy era ancora legata a lui, l'Incantesimo era ancora presente fra loro.
Perfino prima di intervenire per salvare una vita Buffy aveva chiesto
tacitamente il suo consenso e questo non era un buon segno.
Lei sembrava stanca, distrutta e aveva tutte le ragioni di esserlo. Probabilmente
sentiva un disperato bisogno di dormire, ma lui non poteva darle tregua.
Farlo avrebbe voluto dire arrendersi e lui non aveva intenzione di perdere
quella battaglia e con essa la preziosa vita della donna che amava.
Infine la raggiunse. Entrarono insieme. Buffy si diresse verso la camera
da letto senza una parola, ma appoggiata la mano sulla maniglia della
porta non poté fare a meno di voltarsi verso di lui.
Voleva il suo consenso, la sua approvazione.
Gli occhi grigi, lucidi di stanchezza, che lo guardavano interrogativi
suscitarono in Angel una paura che rasentava il panico.
Aveva provato a umiliarla, a offenderla, ma non era stato sufficiente
a farla ribellare. Se voleva che lei lo abbandonasse per sempre, come
amante e quindi anche come Sire avrebbe dovuto ricorrere a metodi più
drastici.
Con noncuranza le si avvicinò. Giunto di fronte a lei si chinò
e le posò le mani sui fianchi. Buffy inconsciamente protese il
viso per il ricevere il suo bacio, ma lui ignorò la sua bocca.
Piegò ulteriormente il capo fino a raggiungere il suo braccio nudo.
La sorpresa di Buffy durò pochi istanti. Rabbrividì violentemente
quando sentì la sua lingua accarezzarle la pelle. Con orrore lo
osservò lambire il punto dove il sangue del ragazzo era ormai seccato.
Posò le mani sulle sue spalle, per respingerlo, ma riuscì
solo a stringere le dita intono ai suoi muscoli fino a sentirle dolere.
Se Angel fosse stato un uomo normale probabilmente non avrebbe resistito
a quella presa, ma era un vampiro. La violenza di quel gesto non fece
che aumentare l'eccitazione che suo malgrado in quel momento provava.
Buffy rimase immobile, avvinghiata all'uomo che amava, incapace di lasciarlo,
anche di fronte a quell'atto perverso. L'orrore dentro di lei si era trasformato
in un'infinita sofferenza. Angel era un vampiro, eppure lei lo amava.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Angel alzò la testa solo quando non restò più traccia
del sangue. Con indifferenza la lasciò, per dirigersi in cucina.
Buffy aveva la vista appannata dalle lacrime. Non vide quindi sul volto
del vampiro il dolore e l'umiliazione che trapelavano dalla sua espressione.
Tremando, sconvolta, si rifugiò nella camera da letto chiedendosi
con violenza la porta alle spalle.
Neppure Angelus era mai riuscito a turbarla fino a quel punto!
Sentiva ancora il contatto freddo della lingua di Angel sulla pelle. Si
sfregò energicamente il braccio, nel tentativo di cancellare quella
indesiderata sensazione. C'erano però altre sensazioni che avevano
invaso il suo corpo, di cui non sarebbe riuscita a liberarsi così
facilmente.
Assurdamente il gesto di Angel aveva eccitato i suoi sensi. Una parte
di lei aveva provato piacere all'idea che lui togliesse da lei ogni traccia
della tragedia a cui avevano assistito. Era come se lui avesse preso su
di sé ogni dolore, ogni colpa, per lasciare lei pura, pulita da
ogni macchia.
Solo nel buio può brillare la luce. Lui era il buio grazie al quale
lei poteva risplendere.
Si sfilò lentamente il vestito. Era troppo stanca per riflettere.
Desiderava solo una doccia calda e almeno dodici ore di sonno.
Abbandonato a terra il vestito, insieme a tutti i suoi problemi, risoluta
a non pensare più a nulla, si diresse verso la stanza da bagno.
Angel era tornato in soggiorno.
Con fatica aveva cancellato dalla mente quello che era appena accaduto.
Si giustificò con se stesso ripetendosi che non poteva permettersi
di perdere tempo a compiangersi. Non poteva ammettere di essere rimasto
soggiogato dal proprio gesto. Il sapore del sangue, mescolato a quello
dolce della pelle di lei, aveva risvegliato i suoi istinti più
profondi. Era un vampiro e non gli era concesso di dimenticarlo.
Bevve un bicchiere d'acqua, per cancellare il sapore del sangue che ancora
gli pervadeva la bocca. Buffy. Doveva decidere come procedere.
L'aveva disgustata forse, poco prima, ma anche eccitata. Lo aveva sentito
dal profumo del suo corpo, divenuto più intenso e dolce. Era pronta
per essere condotta al punto di rottura.
Angel non sapeva dove avrebbe trovato la forza per continuare, per infrangere
tutti i suoi sogni, i loro sogni, e uccidere qualsiasi sentimento provasse
ancora per lui, a parte l'odio.
Se fosse riuscito a farle superare quel limite era certo che Buffy avrebbe
trovato in se stessa la determinazione necessaria per vincere l'Incantesimo
e allora
sarebbe stata libera, per sempre.
Ripensò al suo sorriso, come era stato un tempo: semplice, pulito,
radioso. Un sorriso che sorgeva direttamente da un'anima candida e intrepida.
Sentì scorrere l'acqua. Una doccia l'avrebbe rilassata, rendendola
più ricettiva, più fragile, ma le avrebbe anche restituito
parte delle energie. Probabilmente sperava in un lungo sonno, ma non era
ancora giunto il momento di riposare, per lei.
Ora che le aveva ricordato chi era l'essere a cui si sentiva legata, che
credeva di amare, il resto non sarebbe stato difficile.
La trovò già sotto le coperte. Non si mosse, sentendolo
entrare, ma lui sapeva che era ancora sveglia. Gli voltava le spalle,
ma il suo corpo era teso. Stava trattenendo il respiro e forse pregando
che lui se ne andasse silenziosamente come era venuto.
Con disinvoltura, si liberò dei vestiti, facendoli cadere a terra
con calcolata indifferenza.
Buffy ascoltò, incredula, il frusciare degli indumenti. Le intenzioni
di Angel erano inequivocabili.
Un brivido la attraversò e l'eccitazione che la doccia non era
riuscita a sopire si risvegliò in lei. Lo desiderava. L'aveva desiderato
da sempre. Quella notte però non sapeva più chi era l'uomo
che stava per entrare nel suo letto, che cosa volesse e che cosa si aspettasse
da lei. Rimase immobile, trattenendo il respiro, incerta su che cosa fare.
Non era più una ragazzina innocente eppure non si era mai sentita
così insicura di se stessa, neppure durante la prima volta
Il movimento del materasso, che cedeva sotto il peso di Angel, interruppe
il corso dei suoi pensieri.
Buffy ne fu sollevata. Non voleva pensare al passato, in quel momento.
Nulla di quanto era avvenuto negli ultimi tempi sembrava avere un nesso
con le esperienze che aveva vissuto allora. Quello era un capitolo chiuso.
Il presente era tutta un'altra storia.
Angel si stese al suo fianco, ma senza neppure sfiorarla. Buffy si era
preparata al tocco delle sue mani, anche se non sapeva se attendersi dolci
carezze o un possessivo abbraccio. Per lei non avrebbe fatto comunque
molta differenza. Lui però deluse le sue aspettative.
Dopo lunghi momenti di silenzio lei non resse più alla tensione.
Prima di voltarsi però si protese ad accendere la lampada sul suo
comodino. Angel poteva vederla, nel buio, lei invece non avrebbe potuto
vedere lui. La luce avrebbe reso meno impari il confronto.
Quando la luce illuminò la stanza si sentì infantile. Non
era una bambina e non aveva paura del buio. Si voltò e il suo disagio
crebbe. Rimpianse subito di non essersi rifugiata nell'oscurità.
Il vampiro aveva scostato le coperte e il suo splendido corpo nudo risaltava
sul lenzuolo bianco. La luce soffusa della lampada sottolineava la linea
elegante dei muscoli rilassati, conferendo alla pelle, usualmente chiara,
un colore caldo e morbido. L'immagine che ne risultava era incredibilmente
sensuale. Avrebbe potuto essere un quadro di altri tempi o una magnifica
statua in onore di un eroe antico, colto durante il riposo.
Buffy non riuscì ad evitare di soffermare lo sguardo sulla sua
virilità, che evidentemente attendeva di essere appagata. Non aveva
mai avuto occasione di guardarlo con tanta attenzione, ma non rimase sorpresa.
Angel non poteva che essere perfetto, in ogni sua parte.
"Ti è piaciuta la serata?"
La domanda interruppe improvvisamente il silenzio della stanza. Buffy
sobbalzò violentemente. Imbarazzata istintivamente alzò
il viso, per incontrare lo sguardo del suo compagno.
Angel fissava il soffitto, con espressione assente, le braccia incrociate
dietro il capo. Pareva completamente a suo agio.
Buffy si strinse il lenzuolo contro il seno nudo, in un assurdo gesto
di protezione. Lui non manifestava nessun interesse per lei. Le aveva
semplicemente fatto una domanda.
Faticosamente riacquistò il controllo di se stessa. Se lui aveva
deciso di fare conversazione l'avrebbe accontentato. In fondo non sarebbe
stata certo la cosa più pazzesca che quella notte aveva fatto per
lui.
"No, non mi è piaciuta, e tu lo sai benissimo!" rispose
con serena rassegnazione.
Non era quella però la reazione che Angel voleva da lei.
"Che cosa vi siete detti, tu e il tuo ragazzo al Bronze?" la
domanda era stata posa con tono casuale, ma Buffy percepì chiaramente
l'intenzione di ferirla. Era crudele ricordarle che cosa Riley aveva rappresentato
per lei, quello che aveva perso, rinunciando a lui, proprio in quel momento
in cui stava per darsi ad un altro. Non aveva rimpianti per quella storia
ormai finita, ma il fatto che Angel la usasse contro di lei suscitò
la sua ira.
"Non ti riguarda quello che io posso o non posso dire ai miei amici!
E' la mia vita!" rispose d'impulso. In quel momento se avesse avuto
un paletto sarebbe stata tentata di usarlo.
Un sorriso ironico si disegnò sulle morbide labbra del vampiro.
"Non hai più una tua vita, Buffy, rassegnati! Ora appartieni
a me!"
Buffy dovette controllarsi per non colpire quel bel viso angelico. Non
poteva sopportare che lui arrivasse a trovare ridicola la sua, anzi, la
loro situazione.
"Scordartelo!" rispose decisa.
Era andata a dormire senza indossare nulla, ma ora era troppo adirata
per provare imbarazzo per la sua nudità. Scostò violentemente
il lenzuolo, con la chiara intenzione di alzarsi e uscire dalla stanza.
Se non si fosse allontanata immediatamente da lui sentiva che avrebbe
finito per fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita. La voce di Angel
però la fermò prima che avesse il tempo di lasciare il letto.
"Soddisfami!"
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