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RATING: NC17 per descrizione grafica di rapporti sessuali
SPOILER: V Serie di BtVS e II Serie di ATS.

COMMENTO: spesso cerchiamo di risolvere i dubbi del presente affidandoci al passato, ai nostri ricordi, alle esperienze che abbiamo vissuto. Il futuro è incerto, il passato è immutabile. Non è però veramente così. Il passato muta continuamente. La vita c'insegna ogni giorno a leggerlo in modo diverso. L'unica certezza non inquinata dal tempo è quella che possiamo costruirci dentro di noi, se impariamo a farlo: le nostre idee, i nostri sentimenti. Chi non sa amare, odiare, perseguire un ideale in modo costante non è altro che una foglia trasportata dal vento, e non troverà mai la pace.

 

 

Capitolo XII
Foglie al vento

Non sapeva dove si trovava. Sembrava il corridoio di un albergo.
Il luogo era silenzioso, ma qualcuno doveva aver dimenticato aperta una finestra. Sommessi e ovattati, i suoni della notte, giungevano a tratti, turbando il silenzio.
Non furono le risate sguaiate degli ubriachi a stupire Buffy, ma un altro rumore, ritmico e regolare, che andava aumentando per poi diminuire, fino a sparire, come di qualcosa in movimento. Zoccoli, potevano essere solo zoccoli di cavalli che battevano sul selciato.
"Cavalli? Selciato?" si chiese la Cacciatrice perplessa.
Lo stupore la scosse, facendola uscire dallo stato di torpore in cui si trovava.
Si guardò intorno per la prima volta con attenzione. La luce soffusa non era la fredda luce elettrica dei neon, ma un caldo bagliore che proveniva dai pesanti lumi ad olio, in ottone lucente, appesi alle pareti. Le porte erano in pesante legno intagliato e i muri erano coperti da preziosa tappezzeria in raso rosso, con un'intricata fantasia floreale.
Indubbiamente non si trovava nel suo tempo e probabilmente neppure nella sua città…ed era sola.

Non ricordava come era giunta in quel luogo e neppure il perché. La curiosità, dentro di lei, superò però presto il timore.
Si avvicinò con diffidenza ad una delle porte, con una massiccia maniglia dorata. Dall'interno della stanza non proveniva nessun rumore. Buffy appoggiò quindi con più sicurezza una mano sul freddo metallo e spinse l'uscio. La porta si aprì silenziosamente.

La stanza era immersa nel buio, ma la luce che penetrava dal corridoio le permise di distinguerne i particolari: era un soggiorno. Buffy avanzò, decisa a comprendere il motivo che l'aveva condotta in quell'albergo, in un altro tempo.
Senza riflettere, per un istintivo senso di protezione, chiuse la porta dietro di sé. Le tenebre tornarono. Si fermò per un istante, resa indecisa dall'oscurità, ma qualcosa dentro di lei la obbligò ad avanzare, anche se con cautela.
Non sapeva che cosa cercare, ma un senso di dolorosa urgenza cresceva inesorabile dentro di lei. C'era qualcosa in quel luogo che doveva vedere. Era come se la sua stessa sopravvivenza dipendesse da questo.

Non faceva nessun rumore muovendosi. Un pesante tappeto che percepiva, senza poterlo vedere, attutiva i suoi passi. Urtò un oggetto con un piede. Si chinò protendendo le mani per comprendere che cosa fosse. Le sue dita incontrarono stoffa morbida, lana probabilmente e poi…pelle ancora tiepida.
Affannosamente Buffy cercò il petto, ma quando lo trovò non vi percepì nessun battito. Esplorò il viso sconosciuto, accarezzandone gentilmente le fattezze, sperando di trovare un segno di vita, ma inutilmente. I lineamenti erano già resi rigidi dalla morte.
Le dita le restarono impigliate in lunghi capelli sottili. Era una donna, pensò, come se conoscere il sesso di quel povero essere servisse a dare un significato alla sua morte. Si corresse però subito: avrebbe potuto anche essere un uomo, un giovane uomo a giudicare dall'esile struttura del viso. In quell'epoca probabilmente non si usavano i capelli corti.

Improvvisamente si ritrasse, alzandosi in piedi di scatto. Aveva una mano bagnata da qualcosa di denso e umido: sangue. Il cadavere aveva una ferita sul collo. Provò l'impulso di pulirsi le dita sui vestiti, ma si trattenne.
Era la Cacciatrice. Aveva assistito ad altre morti assurde, anche più orribili, ma questa volta era diverso. Si trovava in un luogo e in un tempo che le erano ignoti e le tenebre rendevano misteriosa ed inquietante la presenza di quel cadavere privo di un nome e di un volto.

Era arrivata troppo tardi. Non c'era nulla che potesse fare per quel giovane. Un'altra vita si era persa inutilmente senza che lei neppure lo sapesse. Forse era per lui che era stata portata in quella stanza. Era la Cacciatrice: avrebbe dovuto aiutarlo, salvarlo, ma…aveva fallito e lui giaceva sul pavimento, freddo e immobile, mentre i suoi assassini…una risata sommessa di donna la distrasse da quei cupi pensieri.

Uno spiraglio di luce filtrava da sotto una pesante tenda. Il suono era giunto da quella parte.
Buffy, compiendo un largo giro per evitare il cadavere, si avvicinò. Forse la belva che si era dissetata del sangue di quel poveretto, ebbra della vita che aveva rubato, era ancora in quel luogo. Lei non avrebbe potuto ridare la vita a chi l'aveva persa, ma poteva fare giustizia!

Scostata la tenda di velluto Buffy si trovò di fronte ad una porta socchiusa. La spinse leggermente, in modo da poter guardare oltre senza essere vista.
La camera da letto le parve vuota, ma esitò ad entrare. Gli arredi opulenti la intimidirono.
Tutto nel locale trasmetteva un senso di ricchezza, lusso, decadenza. I mobili barocchi, gli stucchi, i soprammobili elaborati, i tappeti e i quadri creavano un'atmosfera densa e artefatta, creata apposta per offuscare i sensi. Nell'aria aleggiava un profumo dolce e penetrante a cui si mescolava quello più acre del fumo delle innumerevoli candele che ardevano ovunque.

Osservando con più attenzione, con tristezza, Buffy distinse un uomo e una donna, che giacevano uno di fianco all'altra, sull'enorme letto a baldacchino.
Poteva solo intravederli, ma si convinse subito di trovarsi di fronte ad altre due vittime innocenti: due amanti che avevano trovato la morte, insieme, per opera di un demonio senz'anima.
Le lenzuola candide e il copriletto di raso in disordine ne celavano i visi e parzialmente i corpi, ma il loro pallore e la loro immobilità non lasciava dubbi.
Un braccio femminile pendeva abbandonato oltre il bordo del letto. Buffy fu assurdamente colpita dall'esile eleganza di quella mano, le cui dita sottili terminavano con lunghe unghie attentamente curate. Dell'uomo poteva indovinare solo la sagoma robusta, sotto le coperte, ma il suo istinto le diceva che non c'era più vita in lui.

La fiamma di una candela vicino a lei tremò e Buffy si riscosse dalla contemplazione di quel terribile spettacolo. Forse il mostro, sazio di dolore e sangue, era ancora nella stanza. Il cadavere nel soggiorno sembrava recente e se il vampiro fosse fuggito dal corridoio lei lo avrebbe incontrato. Buffy si preparò alla lotta, ma proprio mentre stava per entrare nella stanza il suono di una voce femminile la fermò.

"Vieni qui….non ho ancora finito con te." Era stato solo un sussurro, mormorato in tono suadente, ma era chiaro che chi aveva parlato si aspettava di essere obbedito.
Infatti, il corpo dell'uomo riprese vita, si sollevò dal materasso per avvicinarsi alla compagna.
Buffy non lo vide in volto, ma non ne aveva bisogno. La morbida luce delle candele illuminò il mitico uccello nero, tatuato sulla candida spalla, che sembrò prendere vita per spiccare il volo per effetto del movimento dei muscoli ben disegnati.

"Darla…che cosa vuoi ancora?" chiese Angel, affondando il viso fra i seni che la donna gli offriva, inarcando leggermente la schiena.
Darla gli afferrò il capo premendolo contro di sé.
"Il piacere…per questo ti ho creato, per darmi piacere…un infinito piacere. L'esistenza è così noiosa senza il piacere."
Angel sollevò la testa, vincendo la resistenza delle lunghe dita che lo trattenevano.
"Abbiamo già fatto l'amore non so quante volte questa notte e….Ah!"
Il gemito di dolore colse Buffy impreparata. Sobbalzò e spalancò gli occhi per la sorpresa. Lunghi solchi rossi ora spiccavano lungo le spalle dell'uomo che amava.

Con un gesto rapido quanto improvviso il vampiro aveva punito il suo cucciolo per tanta impertinenza. Darla lo aveva graffiato profondamente, recidendo la pelle perfetta, con le sue lunghe unghie.
Per un istante la Cacciatrice aveva visto irrigidirsi i muscoli del collo dell'uomo con cui aveva condiviso tanti momenti difficili. Quello normalmente era il preludio all'esplosione della sua furia. Non quella notte però. I muscoli contratti tornarono quasi immediatamente a rilassarsi e Angel tornò a deporre il capo sul petto della compagna in un atto di resa.
"Perchè?" mormorò soltanto.
C'è ancora molto che devi imparare, tesoro mio." Riprese la voce femminile in un sussurro, come se nulla fosse successo. "L'amore non ha nulla a che fare con tutto questo. L'amore è patetico, rende deboli e sciocchi. Conduce alla sconfitta e alla pazzia. Il piacere è forza, potere! Il piacere governa il mondo!"

"Buffy, sei pronta?"
Buffy scosse la testa. I capelli ancora bagnati le schiaffeggiarono il volto. Lo specchio del bagno rifletteva la sua immagine, ma avrebbe potuto essere il viso di un'estranea.
"Sbrigati, o faremo tardi. Odio non essere puntuale, lo sai!" la famigliare voce di Willow da oltre la porta era impaziente.
"Io…arrivo subito." Riuscì a stento a rispondere Buffy.
Si sciacquò il viso, nel tentativo di schiarirsi le idee e infine trovò il coraggio di affrontare l'amica. Ancora avvolta nell'accappatoio uscì dal bagno.
"Era ora!" Esclamò Willow voltandosi verso di lei, ma la sua espressione cambiò immediatamente. Buffy non era pronta per uscire, come lei si aspettava, ma ancora avvolta nell'accappatoio, con i capelli bagnati che le incorniciavano il volto esaltandone il pallore e lo sgomento.
"Che cosa ti è successo?" domandò la giovane strega, quasi sottovoce per lo stupore.
"Non lo so." Rispose Buffy sconsolatamente. "Ho fatto la doccia, stavo per asciugarmi i capelli e poi…ero da un'altra parte. Willow…ho paura."

La finestra era illuminata, ma nessuna ombra traspariva attraverso i vetri.
Buffy non era nella stanza. Forse era in bagno. Probabilmente stava preparandosi per uscire con Willow, che era arrivata poco prima.
Il vampiro avanzò di pochi passi, attratto da quella finestra uguale a tante altre in quella strada.
Senza rendersene conto penetrò nel cerchio di luce che il lampione disegnava sul marciapiede. Alla bianca luce al neon la sua pelle apparve di un biancore spettrale. Spettinato, con le larghe spalle curve, pareva essere tornato il vagabondo che era stato un tempo.

"L'amore della sua vita è tornato all'Inferno e lei…esce a divertirsi! Sgualdrina!"
"Non sai di che cosa stai parlando Angelus!" interloquì l'anima con ira.
"Lo so benissimo! L'hai vista anche tu, con i miei stessi occhi. Guardala anche ora!" la luce della finestra era stata per brevi secondi oscurata da un'ombra.
Il vampiro, improvvisamente consapevole della luce che lo illuminava, si ritrasse nel buio.
"Avevo previsto che si disperasse, che perdesse addirittura la ragione per amor tuo, invece...guardala! La sua vita continua come se nulla fosse successo. Dove è finito tutto il suo proclamato amore eterno per te, stupida anima? Forse avrà pianto un po', leggendo la lettera, ma poi è andata avanti senza guardarsi alle spalle. Non ha fatto neppure un misero tentativo per sottrarti ai tormenti degli abissi infernali!"
"Ho fiducia in lei e i dolori più grandi spesso sono proprio quelli che non riusciamo a esprimere."
"Fandonie! Menti anche a te stesso! Stai soffrendo, lo sento. Ti senti tradito, abbandonato, ti chiedi se lei ti abbia mai veramente amato. Il tuo dolore è dolce per me, ma non mi basta. La distruggerò in ogni caso!"
"Tu soffri quanto me demone, anche se il tuo dolore è diverso dal mio. E se io soffro, credimi, soffrirei molto di più se vedessi la sua disperazione. Buffy è forte e né tu né Gloria riuscirete a distruggerla. Lei non sarà mai tua!"

L'anima si dibatteva invano contro le sbarre invisibili che Gloria aveva creato per imprigionarla.
Quello non era l'Inferno, ma per Angel era forse anche peggio.
Condivideva i pensieri, le sensazioni che il demone provava attraverso il suo corpo, ma non poteva far nulla per controllarne la volontà.
Esasperato dall'impotenza osservava quello che accadeva sotto i suoi occhi, incapace di reagire. Percepiva la sua bocca articolare parole che lui non avrebbe mai voluto pronunciare.
Odiò ogni più piccolo frammento di se stesso come mai gli era accaduto prima.
Angelus stava tentando di divorare l'anima di Buffy, il suo coraggio, la sua forza, le sue speranze e lui...poteva solo assistere!

Apparentemente lei aveva reagito con indifferenza alla sua scomparsa.
Osservarla mentre proseguiva nella sua vita come se nulla fosse accaduto lo turbava e alimentava i dubbi che si nascondevano nel profondo della sua coscienza. Le vecchie paure tornavano e con esse il dolore: Buffy non lo aveva mai veramente amato.
Ancora innocente, si era invaghita di lui. Il fascino del mistero, il brivido del pericolo, l'attrazione del proibito avevano giocato a suo favore. Poi era cresciuta e c'erano stati gli altri, c'era stato Riley, il bravo ragazzo che l'aveva lasciata. Forse se non l'avesse fatto ora lei…sarebbe stata felice, sposata, magari in attesa di un loro bambino.
La visione di Buffy, il viso reso ancor più luminoso dalla vita che cresceva dentro di lei, invase l'anima escludendo ogni altro pensiero: desiderio per qualcosa che non avrebbe mai potuto essere, rimpianto e bruciante gelosia lottarono a lungo. Alla fine vinse il dolore.
Leggeri, eterei eppure reali giunsero infine i ricordi a placare la sofferenza.
Non poteva essersi illuso fino a quel punto. Se i sentimenti di Buffy per lui non fossero stati così profondi lei non avrebbe mai…

…piccole mani lo accarezzavano, esplorando il suo corpo con ingenua curiosità. Fra loro c'erano ancora i vestiti e più di un secolo di dolore, solitudine e tormenti.
Cuscini di pizzo, peluche e articoli di bellezza: lei l'aveva accolto nella sua stanza, il suo piccolo regno di fanciulla, non più bambina, ma non ancora donna.
Il letto cedeva sotto il loro peso. Le sue labbra si schiudevano arrendevoli per accoglierlo. La sua bocca era calda, un calore che da tempo lui non aveva più sentito. Era viva, dolce, pura e si fidava di lui.
Adorava baciarle la tenera pelle del collo, bianca, sottile, sensibile. Sotto di essa scorreva veloce la vita, le sue vene pulsavano contro le sue labbra. Presto lei sarebbe cresciuta, cambiata, avrebbe perso la sua innocenza e forse lo avrebbe guardato in modo diverso: il disprezzo avrebbe sostituito l'amore. Non sarebbe accaduto però quella notte. Ora lei era sua, la sua ragazza.

Un gemito: quasi casualmente le aveva sfiorato un seno. Attraverso la sottile stoffa dell'abito aveva percepito il risvegliarsi del giovane corpo. La sua mano aveva subito interrotto il contatto. C'erano limiti che non dovevano essere superati quella notte e forse mai.
Lei però non comprendeva, non sapeva. Desiderosa di riprovare quella nuova stimolante sensazione ora premeva il petto contro il suo.
Emozioni dimenticate stavano risorgendo nel suo animo. Desiderio della carne, ma anche dello spirito. Lei era sua.

Piccole mani affusolate, superata la barriera della sua maglietta, indugiavano contro i suoi capezzoli.
Un gesto che da parte di chiunque altra lui avrebbe considerato un chiaro invito a ricambiare il favore, ma fatto da lei poteva significare solo incoscienza del proprio potere di donna.
Sarebbe stato semplice liberarsi dei vestiti e annegare dentro di lei, nel suo mondo di luce e calore. Ma lui non poteva, non voleva farlo. Già una volta aveva ridotto la propria vita a minuscoli frammenti, fino a distruggerla, annientando ogni sogno e speranza. Questa volta non avrebbe fallito permettendo al suo egoismo e alla sua debolezza di dissipare quest'ultima possibilità offertagli dal destino di essere felice.

Sotto il palmo della mano la curva di un fianco snello, rotondità morbide che tendono la stoffa dell'abito succinto, il nayol delle calze liscio e setoso: una dolce tortura per la sua volontà.
A pochi centimetri il mistero, l'abisso inesplorato del piacere, il Paradiso….ma lui era un demone e l'Inferno era il suo posto. Non poteva accettare quello che lei gli offriva con tanto candore.
Eppure lei glielo stava offrendo, liberamente, senza limiti o condizioni perché lo amava.
Questo era più di quanto lui avrebbe mai potuto sperare: la sua fiducia, il suo rispetto, il suo amore.

Durante le lunghe ore seguenti, nel suo letto solitario, ascoltando i rumori del giorno penetrare nella stanza buia, il suo corpo avrebbe conservato quelle sensazioni continuando a protestare per non aver trovato l'agognato appagamento. Dopo decenni di tormenti però, gli incubi sarebbero cessati, almeno per qualche tempo e la sua anima avrebbe potuto trovare riposo, cullata dal calore di quell'amore innocente.

…una gelida lama gli bruciava nel petto, gli abissi infernali lo reclamavano e occhi grigi colmi di disperazione lo osservavano mentre precipitava.
Lacrime umide, fredde scorrevano sul suo petto. Non erano però sue.
Una voce tranquilla penetrava la sua follia per portarvi quiete e pace.
Il tempo degli orrori e del dolore era finito. Lei, con pazienza, aveva placato i suoi deliri.
Era nato di nuovo, con sofferenza e angoscia, fra le sue forti braccia, che l'avevano guidato e sostenuto un passo dopo l'altro.
Una bestia, lui non era altro. Eppure lei non era fuggita. Ancora una volta aveva creduto in lui. Gli era rimasta accanto fino a quando la nebbia era scesa fra loro.

I suoi dubbi, le sue paure li avevano condannati entrambi a una vita priva d'amore. Eppure la solitudine, l'umiliazione dell'abbandono, il tradimento dei loro sogni e delle loro speranze si erano dissolti nel caldo abbraccio del suo perdono.
Era ritornato e tutto era ricominciato da dove l'avevano interrotto.
Gli anni di vuoto, gli altri uomini, la speranza di una vita normale erano stati dimenticati per lui.
Finalmente i loro corpi avevano potuto unirsi, senza rimorsi e paure, ma non era stato altro che il completamento di qualcosa iniziato una notte come le altre in un vicolo anonimo.
Nel suo abbandono non c'erano stati rimpianti, rammarico, sofferenza per tutto quello a cui stava rinunciando. C'era stato solo amore e desiderio…per lui, vampiro con un'anima.

"Hai da accendere?"
Angelus sobbalzò violentemente, raddrizzandosi e abbandonando il muro contro cui si era appoggiato.
L'uomo si era avvicinato senza che lui se ne accorgesse e questo non era normale.
La sua rabbia verso la Cacciatrice aumentò. Era talmente preso da lei da dimenticare le più elementari norme di sicurezza. Le avrebbe fatto pagare anche questo!
"No!Vattene!" rispose sgarbatamente, voltando la schiena allo sconosciuto.
Avrebbe potuto facilmente ucciderlo, ma non aveva fame in quel momento. Lei occupava tutti i suoi pensieri, la Cacciatrice e…Gloria con le sue promesse.
"Strano…avrei giurato che fumassi Angelus." Rispose il nuovo venuto, senza scomporsi, fissando le spalle del vampiro. "Tutti sanno che il demone perde le corna, ma non il vizio!"
Udendo quelle parole, pronunciate con serena disinvoltura, Angelus rigidamente tornò a voltarsi.

Questa volta scrutò attentamente chi gli stava di fronte: capelli biondi, quasi bianchi, lunghi, legati a coda di cavallo; vestiti dimessi, che nascondevano però un fisico muscoloso; lineamenti fini, che avrebbero potuto essere effeminati se non fosse stato per gli occhi azzurri, gelidi come l'Inferno.
Con irritazione il vampiro scoprì che non riusciva a dare un'età allo sconosciuto uscito dalla notte. Avrebbe potuto avere venti anni, come quaranta. Non era un vampiro, ma non era neppure un uomo.
"Chi sei? Come mai mi conosci così bene?" chiese con voce arrogante, sperando così di mascherare la preoccupazione che provava. Angelus detestava non sapere chi o che cosa aveva di fronte. La conoscenza era potere e lui non sopportava, in un confronto, l'idea di essere quello con meno potere.
"Non ha importanza, almeno per il momento. Dobbiamo parlare, ma non ho intenzione di visitare le fogne di Sunnydale. C'è un locale, poco distante, sempre aperto. Credo che lo frequentino i tuoi amici vampiri. Andrà benissimo."
Lo sconosciuto si incamminò con passo spedito, oltrepassando il vampiro che si ritrasse per non essere sfiorato.
Angelus rimase fermo sul marciapiede ad osservarlo allontanarsi.
Solo quando svoltò in un vicolo, sparendo dalla sua vista, si decise a seguirlo.
Temeva quell'essere di cui non sapeva nulla, ma il potere, di qualunque genere, lo attraeva inesorabilmente e quell'individuo era sicuramente potente.

 
I

Il dono Continua...