Buffy scoprì improvvisamente
di essere ferma, con il motore acceso, in mezzo alla strada buia.
Aveva percorso meno della metà dei chilometri che la separavano
da Los Angeles, ma il suo piede, senza che lei ne fosse consapevole, aveva
premuto sul pedale del freno.
Intono a lei, oltre il raggio dei fari che illuminavano l'asfalto, c'erano
solo campi coltivati, oscurità e silenzio. L'unico confortante
rumore era quello del motore della sua auto che continuava a girare a
vuoto.
Emettendo un profondo respiro schiacciò piano l'acceleratore perchè
l'auto avanzasse fino al piazzale, dove avrebbe potuto sostare in sicurezza.
Le poche auto che transitavano a quell'ora viaggiavano a velocità
sostenuta.
Girò la chiave e il motore tacque. Appoggiò
il capo contro il sedile chiudendo gli occhi. Era disperata.
Non poteva farlo! Neppure per il bambino. Come poteva ricorrere a lui,
chiedere la sua protezione...in quello stato, dopo quello che gli aveva
detto e soprattutto...sapendo di amarlo ancora, come e più di prima.
Non avrebbe sopportato il suo odio, e se lui le avesse offerto la sua
pietà sarebbe stato ancora peggio.
Si accarezzò il ventre serrando le labbra. Non c'era neppure la
luna a rischiarare la notte. Buffy provò un violento senso di ribellione.
Le sembravano essere passati secoli dall'ultima volta che aveva camminato
sotto il sole, invece erano trascorsi solo pochi giorni e molti altri
l'attendevano prima che tutto fosse finito.
Come poteva Angel sopravvivere a quella costante
prigionia nel buio, vivere giorno dopo giorno non essendo mai libero di
muoversi, spostarsi, vivere? Come resisteva, senza impazzire, all'idea
che fosse per sempre?
Si era illusa di aver compreso il vampiro, il suo dolore, la sua condanna,
invece...solo ora era veramente consapevole del supplizio a cui gli zingari
l'avevano condannato.
Gli altri vampiri odiavano il sole. Per loro sfuggirlo era istintivo.
L'anima di Angel invece ricordava la luce e il calore del sole, un calore
che non avrebbe mai più sentito sulla pelle per l'eternità!
Era stata vendicativa e crudele con lui.
Il suo egoismo l'aveva indotta a dire quello che non pensava, solo per
il piacere di vederlo soffrire come stava soffrendo lei. Aveva dimenticato
che per lui il semplice fatto di esistere era una sofferenza molto maggiore
di quanto lei potesse mai provare.
Non era colpa sua se non l'amava più o se forse non l'aveva mai
amata abbastanza. Quando si erano conosciuti lui era appena uscito da
un incubo molto simile alla follia. Era logico che si aggrappasse a lei.
Il tempo era però passato e ormai poteva sorreggersi da solo. Non
aveva più bisogno del suo sostegno. Buffy avrebbe voluto essere
felice per questo, ma non ci riusciva!
Inoltre l'aveva ferito e offeso mettendo in
discussione non solo la sua natura di uomo, ma anche la sua virilità.
Questo certo lui non glielo avrebbe perdonato!
Andare a cercarlo sarebbe stata una pazzia inutile. Doveva esistere un'altra
soluzione!
Riaprì gli occhi e con decisione riaccese il motore. Rapidamente
invertì il senso di marcia. Non sapeva ancora come avrebbe risolto
il suo problema, ma aveva trovato il modo di guadagnare tempo.
La loro casa era come la ricordava. La polvere
copriva ogni cosa, ma i pochi mobili e gli oggetti erano rimasti dove
li avevano lasciati.
Buffy non aveva mai avuto il coraggio di tornarci da quando Angel era
partito. Pensava che lui avrebbe portato con sè le sue cose. Vedere
i grandi ambienti privi di ogni segno di lui avrebbe solo aumentato il
suo senso di abbandono e di solitudine. Sarebbe stata una conferma che
lui l'aveva veramente lasciata definitivamente.
Quando si era rassegnata alla sua partenza qualcosa, che non sapeva definire,
l'aveva comunque tenuta lontana da quel luogo. Probabilmente erano stati
i ricordi, quei ricordi che custodiva gelosamente nel profondo della sua
mente, nell'angoscia di vederli sbiadire nel tempo fino a confondersi
con i sogni, per poi sparire.
In quel momento però non provava tristezza
osservando gli ambienti famigliari, ma solo un piacevole senso di conforto.
Vagando senza meta per le stanze silenziose si sentiva protetta, sicura.
In quel luogo nessuno l'avrebbe cercata per un pò e prima che gli
altri si allarmassero per la sua sparizione avrebbe trovato la risposta
che cercava. Ne era sicura.
Fra quelle vecchie mura tanti problemi che le erano parsi insolubili si
erano dissolti come per magia: Angel era tornato dall'Inferno, aveva ritrovato
la sanità mentale, l'aveva amata e lei aveva trovato il coraggio
di farsi mordere salvandolo dal veleno di Faith. Nella perenne penombra
di quelle stanze erano riusciti perfino a mantenere vivo il loro amore,
con le parole, gli sguardi, i piccoli gesti affettuosi vincendo la sofferenza
di non poter unire i loro corpi come già erano unite le loro anime.
Doveva solo non lasciarsi prendere dal panico.
Avere pazienza e anche l'incubo che ora stava vivendo avrebbe avuto una
fine. Tutto si risolve, anche se non sempre in modo prevedibile.
Niente nella sua vita era mai stato ovvio e scontato, se non dopo che
era accaduto: il ritorno di Angel dopo che lei l'aveva ucciso, il loro
amore incompiuto, il morso ...la sua partenza per Los Angeles.
Buffy fu scossa da un brivido. La casa era fredda, ma a farla tremare
era stato l'angoscioso dubbio su dove l'avrebbe condotta quello che le
stava accadendo.
Si sedette sul divano del soggiorno. Si sentiva debole. Probabilmente
era la normale stanchezza dovuta al tumulto di emozioni che l'aveva tormentata
quella notte.
Chiuse gli occhi. Non aveva intenzione di dormire.
Doveva uscire a fare la spesa. La cucina, dopo tanto tempo di abbandono,
doveva essere vuota. Il tempo però sembrava essersi fermato. Stava
bene dove si trovava. I suoi pensieri divennero sempre più incoerenti.
Si strinse addosso una vecchia coperta lasciata sul divano un secolo prima
proprio da lei. Sapeva di polvere e di muffa, ma a lei ricordò
il profumo di lui, come lo aveva sentito tante volte addormentandosi fra
le sue braccia.
Un tremore più forte degli altri la svegliò.
Non si trattava più di normali brividi di freddo. Stava tremando
violentemente, aveva nausea e non riusciva a muoversi per la debolezza.
Socchiuse le labbra per cercare aiuto, ma le richiuse subito realizzando
che era sola.
Il panico ingigantì il malessere che le percorreva il corpo. Tentò
freneticamente di ragionare e annaspando afferrò la borsa, che
aveva abbandonato per terra, fortunatamente a poca distanza.
Vi frugò dentro a lungo prima di estrarne il cellulare. Tenne a
lungo in mano il piccolo oggetto, stringendolo spasmodicamente fra le
dita, come se avesse dimenticato la sua funzione.
Alla fine, faticosamente, riuscì a muovere
le dita sulla tastiera.
"Sto male!" mormorò con voce rotta dai tremori. "Ho
bisogno di aiuto! Sono...." le forze le mancarono e il telefono le
sfuggì fra le dita infrangendosi sul pavimento.
Buffy rimase a fissare i componenti elettronici, come se ne ignorasse
la provenienza, lo sguardo allucinato, il viso coperto di sudore. Una
voce dentro di lei gli urlava che nessuno sapeva dove era e che probabilmente
non l'avrebbero trovata in tempo, ma Buffy non l'ascoltava. Per lei ora
esisteva solo il dolore che le straziava il corpo.
Due mani forti la stavano distendendo sul divano.
Buffy le assecondò gemendo piano.
Soffriva molto, ma almeno non era più sola. Nella nuova posizione
effettivamente stava più comoda, ma lame di gelo le attraversavano
le membra e non riusciva a stare ferma.
"Buffy....dimmi che cosa hai! Come posso aiutarti?"
Conosceva quella voce ed era felice di sentirla, anche se non sapeva perchè.
Non pensò di aprire gli occhi. Avrebbe richiesto troppa fatica.
Il tono di disperata urgenza del suo soccorritore però la indusse
a sforzarsi di rispondere, anche se non poteva essere di molto aiuto.
"Non lo so! Il bambino..."
Angel la fissò intensamente alla ricerca di una risposta più
illuminante. La abbracciò, stringendola a sè, non sapendo
cos'altro fare. Buffy si abbandonò fra le sue braccia, ma senza
cessare di agitarsi.
"Il bambino..." mormorò di nuovo.
Lui istintivamente fece scorrere una mano fino
a raggiungere il ventre teso dentro cui stava crescendo la vita.
Il vampiro poteva percepirla, vibrante di energia e di calore pulsare
sotto il sottile strato di pelle e carne. Era un essere ancora privo di
una forma completa, ma già dotato di una volontà propria.
Angel provò una sensazione di pura gioia assaporando quella sensazione
sublime. Luminoso, perfetto, travolgente: quel piccolo essere era vivo!
Un gemito di Buffy riportò bruscamente il vampiro alla realtà,
sottraendolo dallo stato di stupore in cui si trovava per quella sublime
scoperta.
Doveva aiutarla, ma non sapeva come. La guardò
in viso, la mano sempre posata sul suo ventre, ammirando inconsciamente
la dolcezza dei lineamenti che si erano arrotondati negli ultimi tempi.
Con le labbra le sfiorò la fronte. Buffy emise un sospiro.
"Ora va meglio." Mormorò socchiudendo le palpebre. Guardò
colui che la stringeva fra le braccia con gli occhi colmi di riconoscenza.
"Evidentemente non si è ancora del tutto ripresa!" pensò
Angel, deponendola con delicatezza di nuovo sul divano, con un'espressione
imbarazzata sul volto. Osservò per un istante la sua grande mano
attraverso la quale sentiva ancora il calore che il piccolo essere irradiava.
Era l'ultima cosa al mondo che desiderava fare, in quel momento, ma...non
era certo che Buffy, quando fosse stata di nuovo se stessa, avrebbe gradito
essere toccata da lui. Con doloroso rimpianto interruppe quel piacevole
contatto.
In risposta al suo gesto Buffy emise un urlo
di dolore, gli afferrò il polso e si premette la mano contro il
ventre.
"No! Ti prego non farlo più!" Lo pregò, tornando
a rilassarsi chiudendo gli occhi. "Fa troppo male. Solo quando mi
hai toccato...lui si è calmato."
Angel sollevò le sopracciglia stupito. Un sorriso però gli
affiorò sulle labbra. Se tutto quello di cui Buffy aveva bisogno
era di averlo vicino e fargli sentire il bambino...lui non aveva certo
nulla da obiettare.
Era confuso e incerto. C'erano troppe cose che
ancora non gli erano chiare, ma in quel momento era soprattutto sollevato,
vedendo Buffy fuori pericolo, e felice di poter provare quelle sensazioni
meravigliose che gli stava donando il piccolo.
Facendo attenzione a non interrompere il contatto con la futura mamma
e il nascituro si sedette a terra, vicino al divano, disponendosi ad attendere
tutto il tempo che sarebbe stato necessario.
Buffy non dormiva, ma evidentemente aveva bisogno di tempo per recuperare
le forze. Lui le avrebbe dato tutto il tempo che le serviva.
Dopo qualche minuto, in preda ai sensi di colpa, estrasse il cellulare
da una tasca della giacca.
"Giles?" chiese, dopo aver composto
rapidamente il numero."Potete interrompere le ricerche. L'ho trovata."
mormorò a bassa voce per non disturbare la compagna.
"Ora sta bene." rassicurò l'Osservatore.
"Siamo nella mia vecchia casa. Che cosa succede?" chiese preoccupato.
Ascoltando la risposta del gentiluomo inglese corrugò la fronte.
"Buffy non mi ha ancora detto nulla. Per ora non è in grado
di farlo." Rispose irritato.
"Va bene. Aspetterò che sia lei a spiegarmi tutto, ma Giles...credo
che Buffy si meriti un po più di attenzioni, soprattutto in considerazione
del suo stato!" concluse con tono decisamente adirato interrompendo
la conversazione.
In realtà la sua ira non era diretta
verso il Signor Giles, ma verso quel bastardo che avrebbe dovuto occuparsi
della propria donna invece di costringerla a ricorrere a lui!
Dove era in quel momento? Occupato a dar la caccia agli ostili probabilmente
o magari a divertirsi con gli amici!
Questo però non spiegava perchè Buffy si trovasse nella
loro vecchia casa. Perchè era venuta lì proprio ora che
tutto era definitivamente finito fra loro? Che cosa sperava di trovare?
Un'altra domanda gli si affacciò improvvisamente alla mente. Era
qualcosa che aveva dato per scontato, ma che invece probabilmente era
l'azione più assurda che aveva fatto Buffy quella notte: perchè
Buffy aveva chiamato lui, il suo ex che aveva lasciato con molta freddezza
e si trovava a Los Angeles, invece del suo ragazzo o degli amici, molto
più vicini a lei in ogni senso?
Il vampiro scosse il capo perplesso. Non sapeva
se sentirsi lusingato e felice per quella telefonata, oppure preoccupato.
Evidentemente qualcosa non stava procedendo nel verso giusto per Buffy.
Forse il suo ragazzo si era rivelato meno perfetto di quello che lei credeva,
ma le restavano sempre gli amici. Anche loro l'avevano abbandonata? Ma
perchè? Su Xander Angel non faceva molto affidamento e Anya e Tara
le conosceva soprattutto per quello che gli aveva raccontato Cordelia,
ma Willow non era certo il tipo di persona che lascia qualcuno, soprattutto
un'amica come Buffy, nei guai.
Il pulsare del piccolo ora era meno vibrante
di energia, ma più regolare, come se dormisse. Angel si lasciò
cullare per qualche istante. L'ansia per Buffy tornò però
subito a tormentarlo. Perchè stava male, quando lui era arrivato
e perchè il suo tocco era stato sufficiente a tranquillizzare il
bambino?
Aveva sentito altre vite crescere prima d'ora. Come tutti i vampiri Angelus
era attratto dalla vita e la vita non è mai così forte come
quando deve ancora prendere una forma.
Le donne durante il periodo della gravidanza avevano avuto da sempre un
enorme attrattiva per il vampiro. Non le uccideva se non dopo il parto,
quando ormai avevano svolto la loro funzione e non erano altro che involucri
vuoti. Il bambino...Angel chiuse gli occhi e respinse con un brivido di
orrore il pensiero di quello che era stato il destino di tanti neonati.
Fortunatamente le donne in dolce attesa erano anche una preda difficile,
perchè protette e amate da chi le circondava. Troppe di loro però
non aveva avuto la fortuna di avere una famiglia intorno e per Angelus
era stato facile approfittare del loro stato di solitudine.
Per distrarsi da quei cupi pensieri, il vampiro
tornò a concentrarsi sulla sensazione che attraverso le dita si
propagava nel suo corpo e nella sua mente.
Era il figlio che Buffy aveva concepito con un altro uomo, il frutto del
loro amore e questa consapevolezza era una lama rovente che gli dilaniava
l'anima, ma era anche una vita, una nuova esistenza, qualcosa di unico,
che sarebbe cresciuto, evolvendosi in una persona capace di amare e odiare,
provare gioia e dolore. Era qualcosa che nè il sole, nè
le stelle, antichi di eoni, avevano mai visto. Era un uomo.
Non era solo un uomo però. Quella vita aveva qualcosa di speciale.
Non ricordava di aver mai percepito tanta forza e potenza da un bambino
che doveva ancora nascere. Questo però era naturale. Buffy era
la Cacciatrice.
A preoccuparlo era qualcos'altro, che non riusciva
a definire, ma che aveva indubbiamente sentito. Non era stato nulla di
definito, ma persistente. Ora quella vaga sensazione era sparita, ma all'inizio,
quando Buffy si dibatteva per il dolore, era certo di averla percepita.
Tentò di ricordare quello che aveva provato quando aveva appoggiato
la prima volta la mano sul ventre rigonfio, nella speranza di individuare
quella nota stonata. Alla fine una sola parola gli venne in mente: "paura"!
"Perchè una vita che non ha ancora visto la luce dovrebbe
conoscere la paura?" Si chiese il vampiro allibito. "Paura di
che cosa?"
Alzò istintivamente gli occhi verso il viso di Buffy, nel tentativo
irrazionale di trovare una risposta alle sue domande. Incontrò
lo sguardo di due enigmatici occhi grigi.
Buffy lentamente aveva riacquistato le sue usuali
energie. Essere la Cacciatrice a volte era un vantaggio. Era però
rimasta più a lungo del necessario immobile, con gli occhi chiusi,
assaporando la confortante sensazione della sua grande mano posata sul
suo ventre.
Non rammentava come e quando lui fosse giunto da lei, ma in quel momento
non aveva importanza.
Ora non provava più dolore. Il bambino non si muoveva neppure.
Doveva aver sbagliato qualcos'altro, ma non sapeva che cosa. In quel luogo
non c'era nulla che potesse fare del male ad un vampiro.
Angel però, come sempre, aveva risolto tutto, facendo svanire i
tremori, il gelo e la nausea che l'avevano assalita. Buffy non si curò
di chiedersi come aveva fatto. Era Angel. Per lei era ovvio che la sua
presenza fosse sufficiente a placare ogni suo cruccio.
Ora però non poteva più fuggire.
Doveva affrontarlo...e dargli delle spiegazioni. Aprì gli occhi
e osservò il suo viso. Era cupo, preoccupato, forse anche irritato
per essere stato costretto a venire a Sunnydale. Aveva fatto quello che
riteneva il suo dovere: salvare il prossimo, ma a Buffy sembrò
che in quel caso avrebbe fatto volentieri a meno di farlo.
Sospirò e decise che l'attacco era la miglior difesa.
"Perchè sei qui?" esordì, tentando di mantenere
ferma la voce nonostante il caos di emozioni che si agitavano dentro di
lei.
Le sue parole suonarono fredde e scostanti al vampiro che serrò
le labbra per evitare di pronunciare la risposta pungente che gli era
affiorata alla mente. Buffy probabilmente era ancora sconvolta per il
dolore provato e il pericolo corso. Aveva quindi delle attenuanti se non
si dimostrava felice di vedere il suo soccorritore come avrebbe dovuto.
"Sei tu che mi hai chiamato?" rispose
in tono altrettanto gelido.
"Davvero?" chiese Buffy, genuinamente sorpresa. "Non ricordo."
Affermò sinceramente. "Mi dispiace di averti disturbato. Stavo
male. Probabilmente ho confuso il tuo numero con quello di qualcun'altro."
Tentò di giustificarsi con il suo sguardo più innocente.
Angel la fulminò con un'occhiata.
"Ho visto che stavi male. Probabilmente hai confuso il mio numero
con quello...del tuo ragazzo." rispose sarcasticamente. "Forse
vuoi chiamarlo ora? Oppure sei troppo stanca e devo chiamarlo io al tuo
posto?" concluse il vampiro porgendole il cellulare.
Buffy impallidì alla proposta. Guardò con orrore il telefonino
mentre il mondo le cadeva addosso.
Angel era arrabbiato. Buffy gli aveva mentito.
Non poteva aver confuso il suo numero con quello di nessun altro. I numeri
di Los Angeles erano troppo diversi da quelli di Sunnydale per rendere
credibile la scusa. Non sopportava di sentirsi raccontare bugie da lei,
soprattutto in quel momento così critico in cui mille domande chiedevano
una risposta e la sua salute era in pericolo.
Vedendo la sua espressione sgomenta però il vampiro si pentì
di averla provocata. Qualsiasi fosse il motivo per cui il suo ragazzo
non era con lei doveva essere causa di dolore per Buffy. Rinfacciarglielo
era stato inutilmente crudele.
Ripose in silenzio il cellulare in tasca e abbassò gli occhi. Era
pentito, ma non aveva intenzione di scusarsi, almeno fino a quando Buffy
non gli avesse detto la verità.
Buffy osservò il cellulare sparire con
sollievo. Si sentiva stupida. Aveva lasciato che l'orgoglio prevalesse
proprio quando l'orgoglio era un lusso che non poteva più permettersi.
"Ora puoi smettere." disse sottovoce.
Angel tornò ad alzare lo sguardo su di lei interrogativamente.
Buffy gli sfiorò il dorso della mano con la punta delle dita. Angel
comprese e lentamente interruppe il contatto che li aveva uniti fino a
quel momento. Si alzò in piedi e a Buffy parve più imponente
del solito. Si sentì piccola e fragile, al suo confronto, come
mai prima d'ora.
Non era più la forte e affascinante Cacciatrice che lui aveva conosciuto.
Ora era solo una donna, con il corpo deformato dalla gravidanza, incapace
di badare a se stessa e che aveva bisogno del suo aiuto.
Con uno sforzo si sedette sul divano. Se doveva rinunciare al suo orgoglio
voleva farlo con dignità.
"Stavo venendo da te." Confessò, rassegnata a ricorrere
a lui, visto che a quanto pare istintivamente lo aveva già fatto.
Probabilmente il suo cuore aveva più buon senso del suo cervello
o forse solo più illusioni.
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