"Perchè?" sbottò Angel,
con più forza del necessario. Non intendeva aggredirla, ma era
rimasto sorpreso da quella confessione. Buffy non aveva nessuna ragione
per cercarlo. Fra loro era tutto finito.
Lei aveva la vita normale che meritava e sembrava esserne felice. Lui
aveva ottenuto quello che voleva e aveva imparato a convivere con la gelosia
che lo rodeva costantemente. Inconsciamente, dentro di se, aveva sempre
mantenuto accesa una tenue speranza che qualcosa potesse cambiare per
loro, che il destino avesse in serbo qualche sorpresa in grado di riunirli.
Dopo "il giorno che non era mai esistito" quella possibilità
gli era sembrata divenire più reale. Se era accaduto una volta
poteva verificarsi ancora e loro...ma poi c'era stato il bambino, testimone
vivente dell'amore di Buffy per un altro, il suo indissolubile legame
con un uomo che non era lui.
La speranza era morta e a lui non erano rimasti
che i ricordi. Magnifici, incredibili eppure terribili ricordi di quando
lei era stata sua e di quando l'aveva persa insieme alla sua umanità.
Il destino gli aveva dato tutto, ma solo per brevi istanti. Per un attimo
aveva assaporato il sole, l'amore, la vita poi tutto era svanito, lasciando
solo il dolore e il rimpianto.
Fu grato ancora una volta a coloro che avevano tolto a Buffy i ricordi.
Lei non meritava anche quella sofferenza. "Ricordando non avrebbe
mai potuto...amare Riley." Pensò Angel tristemente, ma un
dubbio sorse ad avvelenare i suoi pensieri. "Forse sono io che mi
illudo. Avrebbe dimenticato comunque. E' giovane e ha tutta la vita davanti
a sè!" considerò con amarezza.
"Davvero ti ho chiamato?" rispose
Buffy, ignorando la sua domanda.
"Sì." Affermò brevemente il vampiro, ansioso di
risolvere quella questione e scoprire perchè Buffy aveva bisogno
di lui. "Ho chiamato Giles, ma lui non sapeva dove fossi. Mi ha detto
che eri partita per Los Angeles. Pensavo fossi diretta da tuo padre. Era
passato comunque troppo poco tempo perchè tu fossi già arrivata.
Così, mentre gli altri hanno iniziato a cercarti, io sono venuto
a Sunnydale, sperando di incontrarti lungo la strada. Quando sono giunto
in città questo è il primo posto in cui sono venuto. Non
pensavo fossi qui, ma...evidentemente mi sbagliavo."
"Cercavo un posto tranquillo per pensare." Si giustificò
Buffy.
"Pensare a che cosa?" domandò Angel interessato.
"Al bambino" continuò, decisa
ormai a bere fino in fondo l'amaro calice "Lui non è come
dovrebbe essere. Soffre per la luce del sole, non gli piacciono l'aglio
e le croci e...non so che cosa mi sia successo poco fa, ma probabilmente
si tratta di qualcos'altro che lui detesta." Terminò velocemente,
desiderosa di concludere quella ardua spiegazione. Scrutava ansiosamente
il volto del compagno. Voleva cogliere la sua reazione almeno qualche
istante prima che le sue parole arrivassero a ferirla.
Sentiva il bisogno di essere preparata, qualsiasi cosa Angel avesse detto
o fatto. Lui però la sorprese come sempre.
"Che cosa ne pensa...Riley?" chiese,
senza mutare espressione. Aveva pronunciato a fatica quel nome e lo aveva
fatto solo per rispetto a Buffy. Nella sua mente lo definiva in vari modi
fra i quali bamboccio era il più gentile. Avrebbe potuto dire "il
tuo ragazzo", ma non era tanto sicuro che lo fosse ancora, considerata
la sua assenza in quel momento e il fatto che Buffy stava cercando lui.
"Riley?" domandò Buffy sconcertata. Era da quando aveva
lasciato Giles che non pensava più al suo ragazzo. Era veramente
uscito dalla sua vita, anche se lei non aveva avuto il coraggio di dirglielo
e soprattutto spiegargli il perchè. "Lui non pensa nulla...."
mormorò.
Angel la fissò con un'espressione ironicamente divertita in volto.
Buffy realizzò che la sua frase poteva essere fraintesa si affrettò
a spiegare "...intendevo dire che non sa nulla di tutto questo. Sa
del bambino naturalmente, e ne è felice, ma..."
Buffy si morse le labbra. Aveva fatto un errore,
che probabilmente era solo il primo di tanti altri. Non era certo il momento
più opportuno per ricordare ad Angel che futuro padre felice fosse
Riley! Angel apparentemente restò impassibile, ma lei lo conosceva
bene. Ora serrava la mascella con più forza e i suoi occhi erano
diventati più scuri.
Per distrarlo si sforzò di continuare a parlare. "Non gli
ho detto dei gusti particolari del bambino. Avevo paura che si preoccupasse
troppo e ..."
"...decidesse che tuo figlio è un ostile." Concluse Angel
al suo posto.
"E' vero." Ammise Buffy tristemente.
"E' anche suo figlio." commentò Angel, quasi soprapensiero
"Credi davvero che lo consegnerebbe a loro?" Gli sembrava incredibile
che un padre potesse fare una cosa simile a suo figlio.
"Sì, è possibile. Lo conosco. Per lui esistono solo
i buoni o i cattivi, senza sfumature. Io non volevo questo bambino. Mi
ha sconvolto la vita. Ho perfino pensato di....beh, hai capito. Ma non
ne sono stata capace. Non sono ancora completamente sicura di aver fatto
la scelta giusta, ma certamente...non voglio che lo abbia l'esercito per
farci esperimenti strani!" esclamò con forza.
"Sono lieto che tu non l'abbia fatto."
commentò il vampiro.
Per la prima volta, da quando si era ripresa, Buffy vide trasparire dolcezza
dallo sguardo del suo ex ragazzo. Non lo avrebbe mai creduto, ma quella
dolcezza la ferì più della sua freddezza di poco prima.
Portava con sè troppi ricordi e troppi rimpianti.
"Che cosa?" chiese, con voce incrinata dalla disperazione.
"Ucciderlo. E' comunque una parte di te che...mi sarebbe dispiaciuto
perdere."
Buffy chiuse gli occhi e sentì la tensione
sciogliersi dentro di lei. Una lacrima le rigò il volto. In poche
parole Angel era riuscito a offrirle tutte le risposte che lei aveva tanto
a lungo e dolorosamente cercato.
Ora era finalmente sicura di aver fatto la scelta più giusta, non
solo per il bambino, ma anche per se stessa. Era una parte di lei...rinunciarci
avrebbe voluto dire rinunciare a una parte del proprio corpo...e della
propria anima.
Provò una fitta di dolorosa comprensione per le donne che avevano
dovuto compiere una simile scelta. Chiunque osasse giudicarle non poteva
avere neppure una vaga idea del prezzo che avevano pagato.
Angel la osservò seduta eretta, con i
capelli in disordine, pallida e fragile, ma disposta a lottare per il
suo bambino. Con orgoglio pensò "Questa incredibile donna
un tempo mi ha amato!"
Era fiero di lei e avrebbe voluto ricompensarla in qualche modo per quello
che doveva avere passato. La sentiva però ormai lontana e distante.
Non era più la "sua" Buffy, che poteva prendere sulle
ginocchia e stringere a sè per dimostrarle quanto la riteneva importante.
Ora era solo un'amica, che aveva bisogno del suo aiuto. Perciò
tentò di offrirle almeno quello.
"Tu sei la Cacciatrice. Riley è un uomo normale. Il bambino
non dovrebbe essere così..."speciale"" Mormorò
per placare i suoi timori.
Buffy riaprì gli occhi e guardò
il compagno con riconoscenza. Aveva definito il piccolo "speciale".
Quell'aggettivo le piaceva. La rassicurava. Era come se si trovasse di
fronte a qualcosa di particolare e unico, che richiedeva cura, ma di cui
non doveva avere paura.
Il vampiro dava per scontato che l'essere che lei avrebbe presto generato
non poteva essere altro se non qualcosa di positivo e di bello. Buffy
avrebbe voluto avere quella stessa sicurezza. Fino a quel momento per
lei il nascituro era stato un "pasticcio", come aveva detto
a Willow, e soprattutto un'incognita di cui aveva timore.
Angel aveva iniziato a percorrere la stanza con lunghi passi, le mani
in tasca, il capo chino. Buffy non poteva vedergli la fronte, dalla posizione
in cui si trovava, ma era certa che fosse corrugata.
Il vampiro stava riflettendo e in quel momento non esisteva altro per
lui se non il problema che lo assillava. Buffy aveva sempre trovato sorprendente
la sua capacità di concentrarsi, estraniandosi dal mondo, anche
nelle situazioni più improbabili.
Sospirò sollevata. Per qualche tempo l'attenzione di Angel sarebbe
stata tutta per il bambino invece che per la madre e soprattutto... per
il padre.
Lui continuò per lunghi minuti a meditare, senza dire nulla. Ad
un tratto però si fermò voltandosi per fissarla intensamente
negli occhi.
Buffy drizzò istintivamente la schiena
preparandosi ad affrontare quello che lui le avrebbe detto. Non aveva
idea del risultato delle sue riflessioni, ma aveva la netta sensazione
che nulla di piacevole la attendeva. Ancora una volta lui la colse impreparata.
"Quando...lo avete concepito?" chiese con voce scostante. Buffy
questa volta non si sentì ferita per il tono distaccato. Era la
freddezza usuale con cui la mente acuta di Angel analizzava i problemi.
"Perchè ti interessa?" chiese, con genuina curiosità.
Angel fece una smorfia di impazienza, un'espressione che lei conosceva
bene. Detestava essere interrotto da domande, quando seguiva la logica
dei suoi pensieri. In passato l'indole curiosa e polemica della Cacciatrice
aveva messo spesso a dura prova il suo autocontrollo.
"Perchè potrebbe essere accaduto in un momento o in un luogo
particolare, capace di influire sui tuoi poteri amplificandoli o distorcendoli."
Fu la sbrigativa risposta.
Buffy dovette fare uno sforzo di volontà
per impedirsi di sorridere. Riley era estremamente metodico e ordinato
anche nella sua vita privata. Non l'aveva mai neppure sfiorato l'idea
di fare l'amore in un posto che non fosse il suo letto. Di fronte allo
sguardo cupo di Angel il desiderio di sorridere svanì però
subito, e lei rispose con tutta la serietà del caso.
"Quanto al luogo non c'è problema." Rispose prontamente.
Esitò poi un istante. Non le era facile discutere con Angel l'intimità
che aveva condiviso con Riley. "L'abbiamo fatto sempre nel suo letto."
Spiegò alla fine. "Quanto al momento...potrei fare i conti.
Non ne sono sicura. Noi...non l'abbiamo cercato. E' semplicemente arrivato."
"Potevate stare più attenti!" Non riuscì a trattenersi
Angel. Non voleva rimproverarla. Non ne avrebbe avuto il coraggio, non
dopo aver sentito quella piccola calda vita vibrare in tutto il suo corpo.
In lui ardeva però sempre, come un fuoco sopito, la gelosia e il
dolore di averla persa per sempre.
"Siamo stati attenti!" si difese istintivamente
Buffy. "Non capisco come sia accaduto, ma...se mi dai un po di tempo
per fare i calcoli ti dirò quando è probabilmente successo."
Era impaziente di scoprire che cosa aveva reso il suo bambino quello che
era, ma soprattutto...essere rimproverata da lui era un tormento. Se avesse
pensato che la sua ira era dovuta al fatto che l'amava ancora sarebbe
stato più facile sopportarla, ma era solo il suo orgoglio maschile
ferito a parlare. Ne era certa.
"Tu e la matematica non siete mai andate molto d'accordo Buffy!"
Obiettò Angel ironicamente. "Dammi le date e farò io
i calcoli." Si offerse il vampiro.
Neppure quella prova di sfiducia nella sua abilità matematica offese
Buffy. Le diede anzi un confortante senso di intimità. Il vampiro
conosceva bene le sue debolezze e aveva spesso dimostrato di amarle quasi
più dei suoi pregi. Quei tempi erano ormai passati, ma il fatto
che lui ricordasse era comunque una consolazione.
All'inizio provò un certo imbarazzo ad
elencargli le date richieste. Era stupido da parte sua, ma riguardavano
quella sfera intima che una donna è sempre reticente a condividere
con un uomo. Scoprì presto però che parlarne con lui era
... incredibilmente semplice.
Angel domandava, commentava, rifletteva ad alta voce con pacata tranquillità
e molto rispetto, trattando la sua fisiologia come qualcosa di naturale,
ma anche di molto importante.
Si erano seduti al massiccio tavolo di legno del soggiorno. Angel scriveva
i numeri su un foglio bianco con una vecchia stilografica ad inchiostro.
Vicino a lui aveva raccolto un'alta pila di testi di astrologia ed eventi
soprannaturali. Lei rispondeva alle sue domande e lo osservava lasciando
la mente libera di vagare. Per la prima volta sentiva di potersi veramente
affidare a qualcuno.
Angel fissava i numeri con crescente inquietitudine.
Le date non combaciavano. Era stupito che Buffy non se ne fosse resa conto
da sola, ma se i dati che gli aveva fornito erano corretti il concepimento
sarebbe dovuto avvenire prima che lei avesse avuto rapporti con Riley.
Doveva esserci stato un altro uomo, di cui lei non gli aveva parlato.
L'idea irritò il vampiro. Buffy non era tenuta a rendergli conto
delle sue relazioni, ma...il fatto che ci fosse qualcosa nella sua vita
che lui ignorava lo turbava profondamente. Sollevava, infatti, domande
a cui non era certo di voler dare risposta, come ad esempio con quanti
uomini Buffy fosse stata dopo di lui.
La notizia non sarebbe comunque stata gradita a Buffy. Riley almeno si
era dimostrato disposto ad assumersi le proprie responsabilità.
Se il bambino fosse stato però il frutto di un incontro occasionale
lei si sarebbe ritrovata completamente sola. Con amarezza Angel considerò
l'ipotesi che lei neppure sapesse con certezza chi fosse il padre.
"Con quanti uomini sei stata a letto, da
quando ci siamo lasciati?" chiese infine, più bruscamente
del necessario. Non era sua intenzione giudicarla. Non ne aveva il diritto.
Il risentimento e la gelosia erano però troppo forti, dentro di
lui, perchè riuscisse a mascherarli completamente.
Buffy spalancò gli occhi: un'altra domanda inattesa. Questa volta
però impallidì addirittura per l'ira.
"Chi credi che io sia Angel? Non mi conosci? O forse, come Angelus,
anche tu pensi che visto che ti è stato facile sedurmi io sia disposta
a offrirmi ad uomo che incontro e che mi piace?"
Angel sospirò. Aveva permesso alla gelosia di offuscargli la ragione.
Buffy era sempre...Buffy: onesta, pulita, a volte ingenua, ma soprattutto
capace di credere in ideali come l'amore.
Sentì improvvisamente su di sè il peso di tutte le brutture
e gli orrori a cui aveva assistito e partecipato nella sua lunga vita.
Aveva fatto bene a lasciarla. Una creatura così luminosa non meritava
di essere corrotta da uno come lui.
"Mi dispiace." Mormorò, abbassando
lo sguardo sul foglio che aveva davanti. "E' solo che..." Non
riuscì a terminare la frase. Non poteva dare a Buffy anche questa
preoccupazione, proprio ora che era così in ansia per il piccolo.
""Solo" che cosa...?" ripetè lei, più
calma, con espressione perplessa.
"Niente...era solo un'ipotesi." Tentò di spiegare il
vampiro. "Mi era solo venuto in mente che se il padre fosse un'altro..."
"Non è possibile." Dichiarò decisa Buffy. "E'
passato troppo tempo da quando io è Parker..."
Lo sguardo di puro odio di Angel ad udire quel nome le fece morire le
parole in gola.
Si morse le labbra e provò un intenso desiderio di fuggire. Fuori
però era ormai giorno, quindi poteva solo restare seduta su quella
sedia e affrontare tutto il disprezzo dell'uomo che un tempo l'aveva amata.
In fondo lui aveva avuto ragione, poco prima, a mettere in dubbio la sua
serietà. Con Parker si era comportata in modo terribilmente stupido
e superficiale. Aveva atteso anni prima di far l'amore con l'uomo che
amava. Pochi appuntamenti erano stati sufficienti a quell'idiota per portarla
a letto!
Angel non sapeva che cosa dire. Quando aveva
saputo da Cordelia i dettagli di come quello smidollato si era comportato
con Buffy aveva dovuto usare tutto il suo autocontrollo per non tornare
a Sunnydale e permettere ad Angelus di emergere, almeno per il tempo necessario
a ridurre in minuscoli brandelli quella parodia di uomo. Non ricordava
quante volte aveva sognato di ucciderlo, lentamente, molto lentamente
e solo dopo averlo privato degli attributi maschili, che uno come lui
non meritava di possedere. Era stato un periodo orribile, di rabbia e
paura, paura che Buffy incontrasse ancora uomini simili, che soffrisse
per chi non meritava neppure un suo sguardo, che non trovasse qualcuno
degno di lei.
Quando era arrivato Riley nella sua vita Angel
lo aveva detestato, ma almeno, aveva dovuto ammettere, avrebbe trattato
Buffy con il dovuto rispetto.
Ora i vecchi sentimenti che aveva provato per quella nullità erano
riemersi e il vampiro ringraziò il cielo che Buffy non potesse
leggergli nella mente. Sarebbe probabilmente rimasta inorridita da quello
che avrebbe visto. Lucidamente Angel sapeva che nessun essere umano meritava
quello che lui aveva desiderato fare a Parker, infatti, non aveva compiuto
la sua vendetta, ma...c'erano cose di lui che era meglio che Buffy continuasse
ad ignorare.
"...dopo Parker c'è stato solo Riley." Trovò alla
fine il coraggio di concludere Buffy.
"Era solo un'ipotesi." Commentò Angel, ansioso di portare
la conversazione su argomenti più innocenti. Avrebbe affrontato
più tardi, con Buffy, il problema della paternità del bambino.
Ora c'erano problemi più urgenti da risolvere.
Era incerto sul suo ruolo in quella delicata
situazione. Buffy aveva detto che stava andando da lui, ma perchè?
Desiderava aiutarla, ma non sapeva esattamente che cosa Buffy si aspettasse
da lui. Forse voleva solo che lui usasse la sua competenza nelle scienze
occulte per trovare le risposte che cercava. In quel caso però
una telefonata di Giles sarebbe stata sufficiente. L'idea che lei fosse
corsa da lui per avere il conforto del suo affetto gli balenò nella
mente, ma la escluse immediatamente. Per quel tipo di conforto ormai aveva
Riley.
Avrebbe potuto indagare con diplomazia od offrirsi di prendersi cura di
lei, come aveva voluto fare da sempre, scoprendo giorno dopo giorno quello
di cui lei aveva bisogno. Non aveva però il coraggio di rischiare
di essere respinto ancora una volta.
"Perchè venivi da me, Buffy?"
Si decise alla fine a chiedere esplicitamente.
Buffy, imbarazzata, si inumidì le labbra con la punta della lingua.
Un gesto che Angel trovò incredibilmente sensuale. La maternità
l'aveva resa incredibilmente bella e attraente.
"Non riesco...a fare attenzione a tutto quello che dovrei, per la
sicurezza del bambino. Conosco le regole, ma a volte...non ci penso. Ci
sono poi cose che credo di non sapere. Come ad esempio perchè sono
stata male poco fa. Giles e gli altri hanno pensato che...se fossi rimasta
con te almeno fino alla nascita tu avresti potuto...aiutarmi. Sono venuta
qui perchè...non potevo venire a Los Angeles, ma gli altri non
avrebbero capito, e allora..."
Nonostante Angel si fosse preparato a ricevere
una risposta simile il dolore sorse acuto e pungente nel suo animo.
"Così è stata un'idea di Giles e lei....era disposta
a rischiare anche la salute del bambino pur di non venire da me!"
Disse a se stesso. " Sei un idiota!" Si rimproverò violentemente.
"Ho capito." Rispose freddamente. "Va bene, ma credo sia
meglio se ci sistemiamo qui. Così sarai più vicino ai tuoi
amici." Suggerì. "E io più lontano da chi mi conosce
troppo bene per non comprendere l'Inferno che mi aspetta!" concluse
nella sua mente.
Buffy desiderò non aver mai incontrato
Riley, che l'aveva messa in quella situazione impossibile, e soprattutto
di non aver mai lasciato casa sua. Evidentemente Angel non era entusiasta
di doverle dedicare tutto quel tempo. Sicuramente a Los Angeles aveva
di meglio da fare. Magari c'era anche qualcuno che lo stava aspettando,
oltre a Cordelia e ai suoi amici.
"Mi dispiace." Mormorò sinceramente. Era veramente dispiaciuta,
ma più per se stessa che per lui. Una parte di lei provava un perverso
piacere all'idea di costringerlo, contro la sua volontà, a lasciare
i suoi impegni, di lavoro e non, per lei. Le pareva una giusta vendetta
per essere stata lasciata senza aver avuto modo di far valere la propria
volontà.
"Non intendevo sconvolgerti la vita. Mi rendo conto che probabilmente
avevi altri programmi. Credimi...se avessi potuto decidere io, non mi
troverei in questa situazione, ma ...non ho mai l'opportunità di
decidere nulla a quanto pare!" esclamò irritata.
Angel dimostrò di non cogliere il doppio senso della frase, che
comunque non richiedeva una risposta.
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