"Telefonerò a Willow per chiederle
di portare l'indispensabile per entrambi: cibo e generi di prima necessità.
Per fortuna qui è rimasto tutto come l'ho lasciato." Commentò
il vampiro dirigendosi in cucina e dimostrando più senso pratico
di quello che Buffy gli avrebbe attribuito.
Le sembrò di percepire una nota di tristezza nella sua voce, ma
si rimproverò immediatamente. Se voleva sopravvivere, non solo
fisicamente, ma anche moralmente, ai giorni che sarebbero venuti non poteva
permettersi illusioni.
Angel tornò poco dopo.
Il suo atteggiamento era rigido e teso, come se stesse preparandosi per
un combattimento.
"Questo non sarà un combattimento" pensò Buffy
"ma una lunga guerra!"
"Ho controllato. E' tutto in ordine. Willow ci porterà quello
che ci serve. Tu devi mangiare e io ho bisogno di testi che qui non ci
sono."
Buffy cercò nel suo sguardo un pò
del calore che aveva visto poco prima, ma non lo trovò. Represse
un sospiro di rimpianto.
"Perchè sono stata male?" chiese, tentando di assumere
lo stesso tono neutro del compagno.
"Non ne sono sicuro." Rispose Angel dubbioso. "Il bambino
aveva paura. Era come se...si sentisse perso...solo."
"Tu puoi sentirlo? Puoi sapere che cosa prova, quello che pensa?"
chiese Buffy stupita.
"Sì." Ammise malvolentieri Angel. "Sento la vita
che cresce dentro di te. Sono un vampiro." C'era amarezza e dolore
in quelle parole. Buffy rimpianse di aver fatto una domanda così
stupida proprio a lui. I vampiri bramavano istintivamente il sangue, la
vita. Era ovvio che ne percepissero ovunque la presenza.
Angel però riprese subito il discorso interrotto. Il suo tono ora
era cattedratico, ma i suoi occhi esprimevano dolore.
"Le emozioni sono una manifestazione della vita. Anche gli esseri
meno evoluti, in modo rudimentale, hanno emozioni. Perfino i demoni che
animano i vampiri le possiedono e se ne nutrono. Dolore, odio, ira e terrore
spesso sono per un vampiro più dolci del sangue."
Buffy strinse le labbra con irritazione. Angel
non aveva del tutto perso la sua vecchia di commiserarsi e soprattutto
torturarsi ricordando a se stesso quello che era.
"Quindi posso percepirle." Concluse il vampiro in tono deciso,
come risvegliandosi da un brutto sogno. "Non conosco però
i pensieri del bambino. Non sono neppure certo che abbia dei pensieri
veri e propri. Deve ancora finire di svilupparsi. Probabilmente in lui
ora è forte solo l'istinto primordiale della sopravvivenza."
La parola sopravvivenza intimorì Buffy.
"Lui...sta bene vero? Voglio dire...non gli ho fatto del male? Sono
uscita al sole, ho indossato un vestito con delle croci e ho mangiato
dell'aglio, ma...non sapevo che...non ci ho pensato. Angel io..."
Il panico stava di nuovo prendendo il sopravvento dentro di lei. Aveva
paura di non essere all'altezza del suo compito e non sapeva neppure esattamente
quale fosse il compito che doveva assolvere. Certo, doveva proteggere
il bambino, permettergli di rafforzarsi, crescere e infine nascere nel
modo migliore possibile, ma come? Forse neppure Angel aveva la risposta
a quella domanda e allora...tutto sarebbe stato inutile. Quel piccolo
essere, che lei un tempo non aveva voluto, sarebbe morto e forse...lei
sarebbe morta con lui!
"Lui sta bene." La rassicurò Angel avvicinandosi a lei.
Se Buffy non fosse stata cos' concentrata su se stessa si sarebbe meravigliata
per l'intensa tenerezza che esprimevano gli occhi scuri del vampiro in
quel momento.
Angel era consapevole dell'angoscia che viveva la donna che più
amava al mondo e avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, stringerla...fare
qualunque cosa per cancellare la paura dai suoi occhi.
Con un notevole sforzo si trattenne. Il fantasma di un altro aleggiava
fra loro. Buffy non era più sua. Non doveva dimenticarlo mai!
"Credo che abbia avuto un semplice attacco di panico. Forse percepisce
che tu sei diversa da lui e vede in questa diversità una minaccia
contro cui tenta di combattere, a modo suo." Tentò di spiegare,
sperando che una risposta razionale aiutasse Buffy a tranquillizzarsi.
"Io non sono una minaccia!" protestò lei con veemenza.
"Sono sua madre!"
Angel sorrise. La razionalità non era mai stato il punto di forza
di Buffy.
"E' vero, ma lui non lo sa." Commentò
seriamente. "Probabilmente si è calmato quando io ti ho toccato
perchè ho percepito qualcosa di simile a lui."
Il vampiro stava seguendo la logica dei suoi pensieri. Fu consapevole
delle implicazioni della sua affermazione solo quando vide l'orrore con
cui Buffy lo stava guardando.
"Buffy, no! Non ho detto che è un vampiro!" Le urlò
praticamente in faccia, afferrandola violentemente per le spalle. "Certo...si
comporta come se lo fosse, ma non può assolutamente esserlo! I
vampiri sono morti, a cui i demoni restituiscono una parvenza di vita.
Lo sai. Lui è un bambino. E' vivo ed è figlio tuo e...di
Riley! Voi siete esseri umani normali, a parte i tuoi poteri, ma che non
fanno certo di te un vampiro!"
Buffy emise un lungo sospiro e appoggiò
il capo sulla sua spalla.
"Mi dispiace," mormorò, la voce soffocata contro la stoffa
della sua giacca. "ma...è un incubo che mi perseguita da quando
ho scoperto che non sopportava il sole. L'idea che mio figlio sia quello
che più odio al mondo...mi ossessiona!"
"Lo capisco" le sussurrò Angel contro l'orecchio "ma
non può essere così. Si tratta semplicemente di un riflesso
spiacevole di quello che sei, che con il tempo è destinato a sparire.
Forse tuo figlio sarà un bambino come tanti altri o forse sarà
speciale, come sua madre, ma certo non sarà un mostro, Buffy, questo
te lo posso assicurare. Sono riuscito a calmarlo solo perchè ha
ritrovato in me quello che lui prova in questo momento, come il bruco
probabilmente si sente più vicino al verme che alla farfalla. Il
tuo bambino con il tempo diventerà una bellissima farfalla, come
sua madre, credimi!"
Buffy sfregò il viso contro la stoffa
ruvida. Sapeva di lui, di amore, tenerezza e comprensione.
Le dita forti ora non le stringevano più le spalle, ma le accarezzavano
la schiena in lente carezze. Aveva ascoltato solo in parte il discorso
inusualmente lungo per lui, ma non aveva importanza. Le bastava la sensazione
del suo corpo solido contro il proprio, la forza del suo abbraccio che
la avvolgeva a darle la certezza che nulla di male le sarebbe accaduto.
Il tempo passò lentamente. Ora entrambi tacevano, pregando silenziosamente
che quei brevi istanti non finissero mai. Il campanello della porta che
suonava ripetutamente li ricondusse però alla realtà.
"Deve essere Willow." Commentò Angel, sciogliendosi dall'abbraccio
con imbarazzo, e dirigendosi verso la porta.
"Tutto bene?" fu la prima cosa che chiese Willow a Buffy, entrando
nel soggiorno.
Buffy le sorrise. "Sì, ora va tutto bene!" rassicurò
l'amica. Si sentiva veramente bene come non le succedeva da tempo.
Angel prese i pacchi dalle mani della giovane strega e si diresse in cucina
con l'evidente intenzione di lasciare sole le due ragazze perchè
potessero parlare liberamente. Il vampiro aveva il dono innato di comprendere
le necessità degli altri e sapeva essere discreto. Buffy provò
un moto di nostalgia. Per restare sola con Willow avrebbe dovuto letteralmente
buttare fuori della stanza Riley prima che lui comprendesse che doveva
andarsene.
"Anche con lui?" aggiunse Willow abbassando il tono.
"Più o meno" Rispose Buffy, con una smorfia. "Mi
aiuterà e ha deciso che resteremo qui fino alla nascita, in modo
che io sia più vicina a voi."
"Sono contenta." commentò la
compagna con un sorriso sincero. "Mi preoccupava saperti così
lontana in un momento simile. Lui è stato...gentile?" Domandò
timidamente.
"Sicuramente più di altri ex nella stessa situazione, credo."
Ammise Buffy controvoglia. "E' solo che io...mi chiedo se ci sarà
mai qualcosa di veramente "normale" nella mia vita." Sospirò.
Willow scherzosamente alzò gli occhi verso il soffitto. "Giles
ha perso l'amore della sua vita a causa di un vampiro e passa le ore immerso
in vecchi libri di magia, il primo ragazzo con cui ho fatto l'amore è
un lupo mannaro e Xander è innamorato di un demone della vendetta....non
credo di sapere che cosa intendi per "nomale"!" concluse
con un sorriso malizioso.
"Hai ragione!" ammise Buffy, sorridendo a sua volta. "Forse
è la vita a essere meno "normale" di quanto noi ci aspettiamo."
"Che cosa è successo? Avete scoperto
perchè il bambino è...così?" domandò
Willow con evidente disagio.
Buffy ricordò la naturalezza con cui Angel aveva definito "speciale"
il suo piccolo. Non poteva però certo fare una colpa a Willow se
viveva con tanto imbarazzo quella situazione. Neppure per lei era facile
pensare a quello che poteva essere l'essere che portava dentro di sè.
Scosse tristemente il capo. "No. Angel pensa che sia importante stabilire
quando è successo perchè potrebbe esserci stata qualche
strana congiunzione astrale. Spero tu sappia di che cosa sto parlando
perchè io non sono sicura di saperlo! So soltanto che vorrei che
quella maledetta notte non fosse mai stata!"
Angel rientrò nella stanza in tempo per
ascoltare le ultime parole di Buffy: "...una notte che non ci fosse
mai stata." Oppure, pensò "....un giorno che non ci fosse
mai stato!"
L'idea lo colpì come una folgore. Rimase immobile, sulla porta,
a fissare le due ragazze senza vederle, impietrito per lo stupore.
"Angel?" Lo chiamò Buffy perplessa. "Che cosa hai?"
"Nulla!" Rispose lui bruscamente, tornando alla realtà.
"Sono solo stanco. E' giorno. Dovresti approfittarne per dormire
anche tu!"
"Io non riesco a dormire di giorno!" Protestò Buffy,
ma la sua protesta era inutile. Il vampiro era già sparito nella
camera da letto.
Buffy alzò le spalle rassegnata.
"La sola cosa che mi consola" disse sedendosi sul divano vicino
a Willow "è che spesso non lo capivo neppure quando mi amava.
Non dovrei stupirmi quindi se non lo capisco ora che, nella migliore delle
ipotesi, non gli importa più nulla di me!
Angel si chiuse alle spalle la porta della camera
da letto con più forza del necessario.
Era fuggito quasi di corsa dal soggiorno. L'idea assurda che gli era balenata
nella mento lo aveva stordito. Non era possibile! Quel dannatissimo giorno
non era mai esistito! Era stato cancellato...completamente. Di quegli
incredibili, unici, fantastici momenti restavano solo i suoi ricordi,
ricordi che non poteva condividere neppure con Buffy. Lei non ricordava
ed era giusto così! era stato lui a volerlo ed era felice di averlo
fatto.
Buffy non avrebbe mai conosciuto il dolore del rimpianto, l'agonia della
irrevocabile perdita che aveva sofferto lui. Quello che per lui sarebbero
stati ricordi, amari, ma preziosi di istanti irripetibili per Buffy sarebbero
solo stati un fardello troppo pesante da sopportare nella nuova, normale
vita che l'attendeva.
Perchè costringerla a ricordare qualcosa che non era mai esistito?
Eppure le date corrispondevano così come
la natura del piccolo...i pensieri di Angel si bloccarono per l'orrore.
Non poteva avere fatto questo a Buffy!
L'aveva lasciata per permetterle di avere una vita normale e poi le aveva
dato un bambino che le non voleva e che le avrebbe rovinato l'esistenza!
Non sarebbe però stato un bambino come gli altri. Avrebbe potuto
essere proprio il mostro che lei temeva che fosse! Un mostro capace di
uccidere la sua stessa madre.
Angel crollò seduto sul letto, prendendosi il capo fra le mani.
Non era possibile!
Avevano fatto l'amore più volte, in quelle
poche ore. Era tanto tempo che desideravano amarsi. Finalmente si sentivano
liberi da tutte le maledizioni, paure e timori che li avevano tormentati
dalla sera in cui si erano conosciuti. Accarezzarsi, baciarsi, riscoprire
il piacere che reciprocamente sapevano offrirsi era sembrata la cosa più
naturale e logica da fare.
Dovevano festeggiare la sua ritrovata umanità e soprattutto il
futuro che si apriva davanti a loro, un futuro di luce e di felicità.
Era stato meraviglioso poterla amare come un uomo qualsiasi ama la sua
donna, senza limiti e remore, al punto che avevano scordato di prendere
qualsiasi precauzione.
In ogni caso perchè avrebbero dovuto farlo? Erano giovani, innamorati
e con la prospettiva di tutta una vita da trascorrere insieme. Angel si
rese conto che inconsciamente aveva desiderato che accadesse quello che
era accaduto.
Un figlio da Buffy era la cosa che più desiderava al mondo! Lui
che non era stato altro che un corpo privo di vita, animato da un essere
demoniaco, ora improvvisamente, era in grado di dare la vita ad un altro
essere, attraverso la creatura che incarnava tutto quanto di più
bello esisteva nell'Universo. Come avrebbe potuto fare qualcosa per impedire
che un evento così straordinario si verificasse?
Non ne avevano parlato, discusso. Non avevano
ragionato e considerato quella possibilità. Non era stato necessario.
Angel aveva sentito in Buffy lo stesso desiderio di vita che pervadeva
lui stesso. Si erano uniti, con passione e amore, affidando alla natura
ogni decisione.
Il destino però aveva di nuovo mescolato le carte.
Lui aveva dovuto scegliere fra la sua umanità e la vita di Buffy.
Buffy era sopravvissuta e....aveva dimenticato. Lui aveva perso tutto...tranne
i ricordi.
Quegli istanti preziosi non erano solo stati cancellati dallo scorre del
tempo, era stato annientata la loro stessa esistenza! Eppure...Buffy ora
portava un figlio che non poteva essere stato concepito se non durante
quel giorno fatidico che non ricordava.
Il bambino non era un ricordo. Era reale, concreto al punto da far soffrire
sua madre. Se lui non l'aveva mai amata...come un uomo, come poteva essere
accaduto?
Doveva esserci un'altra risposta, si consolò
il vampiro. Probabilmente si era spaventato per nulla! Il bambino doveva
essere di Riley e per la prima volta Angel ne fu felice.
Non avrebbe detto nulla a Buffy, naturalmente, ma avrebbe raccontato tutto
al Signor Giles. L'equilibrato gentiluomo era il solo che avrebbe creduto
alle sue parole e lo avrebbe certo rassicurato.
Angel prese in mano la cornetta del telefono e constatò con gratitudine
che Willow era già riuscita a far ripristinare la linea.
Compose il numero dell'amico senza esitare anche se un leggero tremore
le pervadeva la mano. Giles rispose dopo pochi squilli.
"Sono Angel. Devo raccontarti qualcosa." esordì senza
mezzitermini.
Essere svegliato da Angel nel mezzo della notte
non era una novità per Giles. Quella telefonata quando era da poco
passato mezzogiorno però lo preoccupò immediatamente.
Si dispose quindi ad ascoltare con ansia, ma anche curiosità.
Le parole di Angel gli giungevano chiare, precise. Il vampiro comunicava
in modo immediato ed essenziale gli avvenimenti lasciando solo trasparire
a tratti le tremende emozioni che essi celavano.
Giles immaginò quello che Angel non disse per discrezione o perchè
gli faceva troppo male parlarne. Lo studioso attendeva già, ovviamente,
un finale tragico per quella storia di così intensa gioia e felicità.
Angel era ancora un vampiro, ne era certo, quindi qualcosa doveva non
aver funzionato. Quando però il suo interlocutore con voce cupa
e impersonale gli descrisse il sacrificio che aveva compiuto l'impassibile
inglese si tolse gli occhiali e serrò le palpebre per impedirsi
di piangere.
Cadde un lungo silenzio fra i due uomini quando
il racconto finì, un silenzio colmo di sofferenza, rimpianto e
rabbia contro un destino troppo crudele per essere passivamente accettato.
Fu Angel ad interromperlo.
"Giles....ho paura che qualcosa non sia andato come Loro hanno previsto.
Ma Loro non possono sbagliare! Non è così? Il bambino...non
può essere mio!" La voce di Angel ora non era più la
metodica voce del relatore che relaziona una nuova scoperta scientifica.
L'angoscia e la paura erano evidenti nelle sue parole.
L'Osservatore, colpito da quell'inusuale manifestazione di emozioni da
parte dell'amico, si riscosse e tentò di riflettere lucidamente
per offrirgli l'aiuto di cui aveva bisogno.
"Angel...dovrei rifletterci più a lungo, certo che se fosse
così tutto troverebbe una spiegazione.
Non mi sorprenderebbe scoprire che ad entità così superiori
sia sfuggito un fatto tanto naturale quanto un concepimento. In fondo
all'epoca si trattava solo di una singola cellula. Un'inezia che può
non aver attratto l'attenzione di menti tanto eccelse e che quindi hanno
dimenticato di "annullare".
Esiste però anche un'altra possibilità. Forse...semplicemente
non avevano il potere di "annullare" quella microscopica cellula,
perchè era viva! In quelle ore, che Loro hanno condannato a non
essere mai esistite, tu e Buffy avete creato una vita. Quella vita non
poteva essere cancellata neppure da loro. Hai presente il lavoro di un
giardiniere? Sradica le erbacce, dà i diserbanti, a volte versa
perfino il cemento, ma ad ogni primavera l'erba cresce anche nei luoghi
più aridi e ostili. Non credo esista un potere più grande
di quello della vita."
Un nuovo silenzio accolse la sua ultima affermazione.
Giles attese, prendendo la tazza di the ormai freddo, appoggiata accanto
a lui. Non bevve. Si limitò a tenerla in mano. Di fronte a quelle
ipotesi che oltrepassavano ogni confine della logica e della razionalità
sentiva il bisogno del contatto rassicurante di quell'oggetto così
famigliare.
"Se anche fosse così Giles, quando il bambino è stato
concepito io ero un uomo. Perchè allora lui...non sembra esserlo?"
Avrebbe dovuto essere un tentativo di confutare la sua tesi, ma Giles
si accorse che mancava troppo di convinzione per risultare convincente.
Angel aveva accettato le sue teorie, ma trovava arduo rassegnarsi a quello
che avrebbero implicato per lui, per Buffy e soprattutto per il nascituro.
"Stiamo sempre parlando di possibilità.
Purtroppo non abbiamo certezze, ma poichè tutto è stato
riportato ad essere come era è probabile che anche la parte di
te che ha generato la vita in Buffy sia tornata ad essere...come sei tu
ora. Immagino non sia la prima volta che il destino debba fare le capriole
per non spezzare il sottile filo di logica e coerenza che tiene insieme
l'Universo. I paradossi esistono da sempre. Tu stesso, vampiro con un'anima,
sei un paradosso. Le streghe li chiamano incantesimi, i filosofi ci scrivono
sopra trattati inconcludenti, i credenti li proclamano miracoli, ma determinate
cose accadono semplicemente...perchè devono accadere. Non credo
che noi questa sera troveremo risposte più illuminanti delle loro.
Penso che dovresti preoccuparti piuttosto di informare Buffy." Concluse
l'Osservatore preoccupato per come la sua protetta avrebbe preso la notizia.
"Non posso farlo!" Esclamò
immediatamente il vampiro.
"Preferisci sia io a farlo?" propose Giles, desideroso di sollevare
quell'anima già così tormentata da quell'incombenza così
tragica.
"Non ora" tentò di dissuaderlo Angel. "Lei è
già troppo angosciata dalla paura. Se le dicessi che il bambino
è mio...non so come reagirebbe. Penso sia meglio aspettare."
Giles sospirò piano. Comprendeva i timori del vampiro, ma conosceva
anche bene Buffy.
"Va bene, ma non attendere troppo, Angel, o peggiorerai solo le cose.
Io intanto cercherò sui testi dei precedenti, anche se so che è
un lavoro inutile. Abbi cura di lei."
"Certo" fu la quieta risposta "Grazie di tutto Giles."
Angel posò la cornetta del telefono
e rimase immobile a fissare il vuoto. Le ultime parole dell'inglese continuavano
a ronzargli nelle orecchie. "Abbi cura di lei."
"Certo!" disse a se stesso con doloroso sarcasmo "Ho avuto
così cura di lei da mettere a repentaglio la sua stessa vita, a
causa del bambino che io ho concepito con lei. Il mio egoismo, il mio
desiderio di essere felice le rovineranno per sempre l'esistenza...e lei
è venuta da me ad implorare il mio aiuto, umiliandosi, perchè
salvi mio figlio! Sono davvero la persona più indicata per occuparsi
di lei!"
Si alzò di scatto e iniziò a camminare nervosamente per
la stanza. Si sentiva in prigione. Avrebbe voluto fuggire, nascondersi
nel luogo più buio e desolato del pianeta, lontano da qualsiasi
essere vivente. Avrebbe voluto morire....ma non poteva lasciare Buffy
ora. Non era una questione di coraggio od orgoglio. Non restava per se
stesso, ma solo per lei, per non privarla del piacere di ucciderlo...quando
avesse scoperto la verità.
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