Era trascorsa tutta
la notte e un intero giorno senza che si incontrassero.
Buffy più di una volta aveva ringraziato il destino per aver spinto
Angel a scegliere come sua dimora una casa così vasta.
Si erano accuratamente evitati a vicenda, lasciando trascorrere le ore
nel silenzio, rifugiandosi dove erano certi che l'altro non li avrebbe
trovati. Eppure, proprio perchè temevano disperatamente il momento
in cui avrebbero dovuto affrontarsi, non avevano mai cessato di pensare
a colui che non era presente.
Buffy si sentiva ancora più depressa.
Era stata felice fra le sue braccia, troppo felice. Il dolore del rimpianto
ora era diventato ancora più acuto e ad esso si era aggiunta la
vergogna di essersi rivelata .... quella che sapeva di non essere.
Se avesse potuto dire ad Angel "Ti amo ancora, come e più
di prima!" il suo comportamento sarebbe stato logico e giustificato.
Lui avrebbe compreso perchè si era così completamente abbandonata
a lui, godendo tanto intensamente delle sue attenzioni. Non poteva però
farlo.
Con che coraggio avrebbe potuto dichiarargli il suo amore mentre nel suo
ventre stava crescendo il frutto di un suo amplesso con un altro uomo?
Lui non le avrebbe certo creduto! In ogni caso sarebbe stato inutile.
A serrarle le labbra era soprattutto la consapevolezza che lui...ormai
non provava più nulla per lei. Per questo non aveva osato guardarlo
mentre l'accarezzava. Aveva avuto troppa paura di quello che certamente
avrebbe visto nei suoi occhi: pietà, niente altro che pietà
per una persona che nulla aveva in comune con la ragazza che un tempo
aveva amato!
La notte era stata per Angel costellata di sensi
di colpa e rimpianti.
Solo con il sorgere del sole aveva trovato la forza di reagire pensando
a Buffy.
Ora il sole stava di nuovo tramontando e lui non era ancora certo di avere
trovato le risposte che cercava.
Aveva meditato a lungo, valutando ogni possibile soluzione per il bambino.
Con una stretta al cuore si corresse. Non era "il bambino" per
Buffy: era "il problema" e lui avrebbe dovuto viverlo nello
stesso modo.
L'essere che avevano generato era un'incognita, una scommessa con il destino.
La posta in gioco era il futuro di Buffy, una posta troppo alta per lui!
Se per vincere doveva barare...l'avrebbe fatto!
Con notevole sforzo uscì dalla sua stanza
per cercare Buffy.
La trovò in soggiorno, seduta sul divano, davanti al fuoco spento.
Lei non lo udì entrare. Pallida e fragile fissava il nulla con
sguardo vacuo. In quello sguardo privo di espressione il vampiro trovò
la forza di continuare nella strada che aveva deciso di intraprendere.
"Buffy, dobbiamo parlare." Esordì, entrando nella stanza
fredda.
Buffy lo fissò implorante. "Non adesso, ti prego...non sono
ancora pronta!". Il vampiro parve aver udito i suoi pensieri.
"Mi riferivo al...bambino." La tranquillizzò subito,
consapevole dell'equivoco e anche lui ansioso di evitare spiegazioni spiacevoli
quanto inutili. "Quello che è accaduto ieri...non credo ci
siamo molto da dire, a parte che non doveva succedere." concluse
brevemente.
"No." Concordò Buffy sollevata "Non c'è nulla
da dire".
Angel si sedette sulla poltrona di fronte a lei. Era indeciso su come
affrontare il discorso perchè non era certo di come lei l'avrebbe
interpretato.
"Il bambino" incominciò esitante, chinando il capo per
evitare il suo sguardo "non è ...come dovrebbe essere. Questo
è palese. Ma soprattutto non sappiamo come diventerà."
"E' vero." Ammise Buffy. "Ma
forse se scoprissimo perchè è diverso..."
Angel si affrettò ad interromperla. "Non credo che cambierebbe
molto la situazione Buffy."
Non voleva mentirle, ma non poteva neppure dirle la verità. Sapere
di aver perso un giorno così importante della propria vita avrebbe
confuso Buffy e soprattutto l'avrebbe fatta sentire tradita. Lui l'aveva
tradita, anche se per il suo bene, rubandole i suoi ricordi, ma certo
lei sapendolo avrebbe reagito allontanandosi da lui. Questo Angel non
intendeva permetterlo. Doveva restarle vicino. Buffy aveva bisogno di
lui adesso più che mai.
"Ho riflettuto a lungo e credo che la scelta più saggia da
parte tua sarebbe..." la voce gli mancò. Alzò lo sguardo
cercando aiuto nella compagna, ma Buffy lo osservava senza dare cenno
di sapere quello che lui stava per dire.
Aveva gli occhi cerchiati di scuro, sedeva eretta, ma protesa verso di
lui. Attendeva la risposta ai suoi dubbi e alle sue ansie. Si fidava...dell'uomo
che le aveva rovinato la vita. Fu proprio quella sua cieca fiducia a dare
al vampiro la forza di completare la frase interrotta. "....rinunciare
a lui!"
"Angel, non essere assurdo!" esclamò
subito Buffy, quasi divertita. "C'è tempo per prendere in
considerazione l'idea dell'adozione e comunque a chi potrei affidarlo?
Proprio perchè è così speciale non può certo
essere allevato da genitori qualsiasi, mi sembra ovvio!"
Angel chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro. Non aveva bisogno
di ossigeno, ma aveva bisogno di tempo per controllare le proprie emozioni.
L'idea di convincere Buffy a lasciare a lui il bambino all'inizio gli
era parsa assurda. Era un vampiro. Non sapeva nulla di bambini e certo
non poteva offrire al piccolo neppure una parvenza di "vita normale".
Se anche lui fosse stato "speciale" però questo forse
sarebbe stato un bene e lui...poteva imparare ad essere padre. Cordelia
e gli altri lo avrebbero aiutato sicuramente e ...Buffy avrebbe potuto
tornare da Riley e condurre con lui la vita che aveva sognato.
Si era cullato per lunghe ore fra quei pensieri.
Aveva sorriso immaginandosi occupato a cambiare pannolini e preparare
biberon. Occuparsi del figlio suo...e di Buffy: sarebbe stato come possedere
per sempre un piccolo, prezioso frammento di lei.
Nessuno meglio di lui avrebbe potuto vigilare sulla natura del bambino,
quando si fosse trasformato in un uomo, soffocare immediatamente il suo
lato oscuro, quando fosse emerso. Lo avrebbe protetto e avrebbe fatto
di lui una creatura degna di vivere nel mondo.
Anche quel sogno si era però presto infranto. Non avrebbe funzionato.
Anche se Buffy avesse accettato quella proposta non sarebbe mai riuscita
a separarsi veramente dal piccolo. Prima o poi lo avrebbe cercato e la
sua vita ne sarebbe comunque stata sconvolta.
Inoltre il vampiro sapeva di essere presuntuoso, dando per scontato di
essere in grado di controllare il frutto della sua unione con la Cacciatrice.
Era probabile che il loro poteri, congiunti, risultassero amplificati.
Se i suoi peggiori timori si fossero dimostrati fondati non solo Buffy,
ma tutto l'Universo poteva essere in pericolo.
"Non mi riferivo all'adozione, Buffy. Credo
che dovresti interrompere la gravidanza, mentre sei ancora in tempo per
farlo." Disse infine con voce pacata, come un giudice che pronuncia
una sentenza.
Buffy lo guardò allibita come se lui fosse improvvisamente impazzito.
Il vampiro aveva un estremo rispetto per la vita. Buffy lo sapeva bene.
Niente di razionale poteva giustificare un simile cambiamento da parte
sua.
"Angel, perchè dici questo?" mormorò sconcertata.
"Non lo pensi veramente, non è vero? Solo pochi giorni fa
eri felice che...non l'avessi fatto!"
"E' vero" ammise Angel "ma allora non sapevo...non immaginavo
come potesse essere...lui. Ora lo so, o almeno credo di saperlo. Non possiamo
correre il rischio di farlo nascere!"
"Come sarebbe a dire "non possiamo" Angel?" esplose
Buffy, adirata, ma soprattutto spaventata dal fatto di non riuscire più
a comprendere il compagno. "Non è un oggetto, che si può
conservare o buttare. E' un bambino, il MIO bambino! MIO! Hai capito?
E non permetterò a nessuno di fargli del male! Neppure a te! Nascerà,
come gli altri bambini, e quando crescerà sarà una persona
stupenda, come suo padre!"
Angel balzò in piedi, al suono di quelle
parole, con l'espressione di chi ha appena ricevuto un colpo mortale.
Buffy si ritrasse inorridita. Nell'ira aveva inconsapevolmente cercato
le parole più adatte a ferirlo...e c'era riuscita più di
quanto avesse previsto.
Angel chiuse gli occhi e restò immobile per istanti che a Buffy
parvero eterni. Quando tornò a sedersi sembrava portare sulle spalle
il peso del mondo.
"C'è qualcosa che non ti ho mai detto Buffy, qualcosa che
è successo, ma...che tu non ricordi." sussurrò il vampiro
con espressione sconfitta.
Buffy corrugò la fronte perplessa. "Come fai a sapere che
io non ricordo Angel? A che cosa ti riferisci?" Una parte di lei
era curiosa di ascoltare quello che il vampiro doveva dirle, ma l'istinto
le suggeriva di tapparsi le orecchie e fuggire lontano. Era certa che
altre lacrime e altro dolore l'attendevano. "In ogni caso nulla di
quanto potrai dirmi mi farà cambiare idea." dichiarò
decisa.
Il vampiro sospirò. Conosceva bene quello sguardo. Dirle la verità
sarebbe stato inutile. Buffy avrebbe avuto il bambino.
"Allora?" lo incitò lei impaziente.
"Non ha importanza." rispose stancamente Angel "Come hai
detto tu stessa sarebbe inutile cercare di convincerti a cambiare idea."
Buffy strinse le labbra. Era indecisa se insistere per sapere...o continuare
a ignorare quello che il vampiro stava per dirle. Con un sospiro alla
fine si arrese. In ogni caso non sarebbe stato facile indurre Angel a
parlare ormai che era determinato a tacere. Aveva già tanti problemi...non
aveva bisogno di altri!
I giorni e le notti trascorsero lentamente.
Angel non riprese più il discorso di rinunciare al bambino e Buffy
gliene fu grata. Si limitava a guardarla con uno sguardo preoccupato e
implorante, che lei si sforzava di ignorare.
Continuava a non comprendere come il vampiro avesse potuto concepire una
simile idea, ma soprattutto non voleva litigare con lui. Aveva bisogno
di sentirlo vicino, forte, sicuro, confortante.
Non passavano molto tempo insieme. Buffy continuava a dormire prevalentemente
di notte. Aveva provato a farlo di giorno, ma si svegliava regolarmente
intontita e irritabile. Il bambino quando splendeva il sole era più
tranquillo e questo le permetteva di essere più efficiente.
La sera il piccolo iniziava ad agitarsi. Quando accadeva non aveva bisogno
di cercarlo: Angel compariva sempre al suo fianco, come dal nulla.
Lei si sedeva sul divano e lui si inginocchiava ai suoi piedi. Posava
le mani sul suo ventre, senza guardarla negli occhi, e il bambino immediatamente
si quietava. Restavano a lungo così, immobili, senza parlare, entrambi
persi nei propri pensieri.
In quei preziosi momenti Buffy trovava finalmente
sollievo dalle sue angosce. Quel contatto gentile le trasmetteva la serenità
e la sicurezza che tanto le mancavano in quei giorni.
Era l'unica occasione in cui lui la toccava. Non erano carezze. Le sue
mani restavano ferme contro di lei, ma erano concrete, reali e avevano
il potere si scacciare dalla sua mente tutti i fantasmi che la tormentavano.
Per Angel ascoltare quella fragile vita crescere, evolversi, cambiare
per diventare ogni giorno più unica e definita era diventata una
tortura. Riconosceva in quell'energia pulsante di vita Buffy, e tutto
quello che lei rappresentava: la luce, la bellezza, l'innocenza. Ma sentiva
anche chiaramente come un'eco lontano, destinato a trasformarsi in un
rombo assordante, il potere nascosto, che lui aveva generato.
Se avesse fatto il suo dovere, verso Buffy e
l'umanità intera, quella creatura che non avrebbe mai dovuto esistere,
non sarebbe venuta al mondo. Gli era però mancato il coraggio.
Sarebbe stato facile ignorare la volontà di Buffy, ingannarla e
trovare il modo di interrompere la gravidanza senza mettere a repentaglio
la sua vita. Tanto la magia quanto la scienza gli offrivano mille modi
per farlo e lei...non l'avrebbe mai saputo.
Angel aveva letto le formule tante volte al punto che le ricordava a memoria
così come ricordava i nomi complicati degli innumerevoli farmaci
dall'effetto letale per il feto. Qualcosa dentro di lui però riusciva
sempre a dissolvere il suo coraggio.
Aveva perfino tentato di appellarsi al suo demone, ma l'unica risposta
che aveva ricevuto era stata una risata beffarda! Angelus voleva che il
bambino nascesse. L'anima aveva provato il gelido morso del terrore quando
l'aveva scoperto. Non aveva osato indagare sul perchè. Temeva di
conoscerlo troppo bene!
Aveva accantonato il problema. In quel momento
aveva altro di cui preoccuparsi.
La verità era che con il trascorrere del tempo lo stupore che aveva
provato all'inizio all'idea di diventare padre si stava trasformando in
un sentimento più profondo. Se la sua mente temeva quello che il
piccolo sarebbe diventato, il suo cuore desiderava con tutte le sue forze
vederlo nascere, crescere, trasformarsi in ... qualunque forma quell'essere
avesse assunto lui l'avrebbe amato. Non poteva accadere nulla di diverso
perchè...lo amava già.
Non riusciva ad impedirsi di amarlo: in lui percepiva Buffy....e se stesso,
insieme per sempre.
Lei, ora che aveva recuperato le sue energie, gli appariva più
che mai meravigliosa e attraente. L'ascoltava per ore, dietro la porta
chiusa della sua stanza, chiacchierare al telefono con Willow, sua madre
e il Signor Giles. Era quasi tornata ad essere la Buffy di sempre: vivace,
intrepida, coraggiosa. Scherzava, con gli amici, a volte rideva perfino.
Lui si sentiva un pò in colpa a spiare le sue conversazioni, ma
erano solo discorsi innocenti, e Buffy non faceva nulla per nasconderglieli.
Non ne aveva motivo. Lui in fondo era per lei meno che un estraneo: era
il passato, un passato che presto avrebbe del tutto dimenticato.
Il vampiro doveva continuamente controllare i suoi gesti e le sue parole
in presenza della sua protetta. Non voleva tradirsi. Se lei avesse immaginato
quello che lui provava ancora per lei forse si sarebbe allontanata spaventata,
o peggio ancora, si sarebbe sentita in dovere, per gratitudine e pietà,
di mentirgli. Lui non voleva le sue menzogne! Aveva il suo orgoglio anche
se nei momenti più tetri delle sue giornate, quando i suoi incubi
diventavano più reali, nel silenzio della sua stanza, la sofferenza
lo costringeva ad ammettere che... le voleva, desiderava che lei gli mentisse,
anche solo per un istante ... desiderava qualunque cosa lei avesse voluto
offrirgli, ma non sarebbe stato giusto per lei e per il suo futuro.
Per questo restava con Buffy il minor tempo possibile. Si accontentava
del privilegio di potersi occupare di lei restando nell'ombra. La soddisfazione
nel costatare che lei aveva mangiato quello che lui le aveva preparato
era un balsamo per la sua anima tormentata. Mentre lei dormiva riordinare
gli oggetti che aveva lasciato in disordine era un piacere. Il suo vagare
per Sunnydale la notte non era più senza scopo: c'era sempre qualcosa
di cui lei aveva bisogno o che le sarebbe semplicemente piaciuto, da acquistare.
Buffy aveva smesso di evitare il vampiro, ma
Angel continuava a trascorrere lunghe ore chiuso in camera sua, a pensare,
o immerso nella lettura di vecchi libri di magia. Lei però non
si sentiva più così sola e spersa come all'inizio della
loro forzata convivenza. Anche se non era presente fisicamente Buffy lo
sentiva continuamente intorno a sè.
Un mattino si alzava e scopriva che nel frigo era comparso il succo di
arancia della sua marca preferita, riviste di moda sempre nuove la attendevano
vicino al caminetto, che Angel aveva cura di accendere ogni sera, anche
se lui non soffriva il freddo. La mensola del suo bagno era ormai completamente
occupata da tutti i prodotti di bellezza che una donna potesse desiderare.
Buffy notò che lui usciva solo dopo che lei si era addormentata.
Non voleva lasciarla sola. Le preparava i pasti, che lasciava pronti nel
forno, solo da riscaldare. Se per qualche motivo lei non mangiava quello
che lui aveva preparato, o ne avanzava la maggior parte, lui aggrottava
la fronte, quando la incontrava, scrutandola con attenzione. Buffy si
sentiva a disagio sotto quell'esame attento e mormorava una scusa. Accadeva
però di rado. Con stupore aveva scoperto che lui era un ottimo
cuoco e conosceva bene i suoi gusti.
Il vampiro vigilava continuamente su di lei,
ma con molta discrezione e senza mai assillarla.
Alcuni suoi oggetti personali privi di importanza sparirono per essere
sostituiti con altri, con la stessa funzione e generalmente di miglior
fattura. Inizialmente irritata per quella invasione della sua sfera personale,
Buffy ragionando ne comprese il motivo. Avevano tutti dettagli, come croci
o altri simboli, o erano fatti di sostanze potenzialmente pericolose per
il bambino.
Angel avrebbe potuto chiederle il permesso di ispezionare la sua stanza
e dirle semplicemente di liberarsi di ciò che poteva costituire
un rischio per lei e per il piccolo. Buffy però si sarebbe sentita
imbarazzata a vederlo frugare fra le sue cose molto di più di quanto
non si fosse irritata nello scoprire che lui l'aveva fatto. Sicuramente
avrebbe vissuto come una violenza essere obbligata a rinunciare a quello
che era suo. Agendo in silenzio, come suo solito, il vampiro in fondo
le aveva semplificato le cose, rendendogliele più tollerabili..
Insomma tutto procedeva tranquillamente e le attenzioni di Angel avevano
sortito il loro effetto. Non c'erano più stati incidenti.
Buffy usciva raramente la sera e solo per fare
brevi passeggiate con Angel, quando lui la invitava ad accompagnarlo,
ricordandole che un movimento misurato o tranquillo faceva bene al bambino.
Normalmente abituata ad uno stile di vita molto attivo la Cacciatrice
si era gradualmente impigrita. Uscire significava correre il rischio di
incontrare vampiri, contro cui a quel punto della gravidanza non avrebbe
potuto battersi, o peggio ancora incontrare Riley.
Angel le aveva creato intorno un nido caldo e confortevole dal quale non
desiderava uscire. Fra quelle mura si sentiva protetta e sicura...anche
da quel futuro oscuro che incombeva su suo figlio.
Quella sera però una strana inquietitudine si era impossessata
di lei. Non riusciva a trovare pace. Aveva cenato, parlato con Willow
al telefono, letto delle riviste, ma nulla sembrava soddisfarla.
Alla fine, esasperata, si decise a bussare alla porta di quella che era
stata la loro stanza e ora era il rifugio di Angel.
Lui spalancò immediatamente la porta.
Era coperto solo da un asciugamano, che tratteneva con una mano avvolto
intorno ai fianchi. Sul corpo e sui capelli corti brillavano goccioline
d'acqua. Evidentemente era sotto la doccia. Buffy restò a contemplarlo
in silenzio, colta di sorpresa da quell'immagine così seducente.
"Che cosa succede? Non stai bene?" chiese lui preoccupato.
Il suono della sua voce riportò Buffy alla realtà. Evidentemente
il vampiro si era spaventato sentendola bussare. Non lo aveva mai disturbato
da quando vivevano sotto lo stesso tetto.
"No" lo rassicurò subito lei "volevo solo dirti
che esco." Mormorò imbarazzata, non tanto dalla nudità
di lui, quanto dalla propria reazione alla sua vicinanza.
Prima di rischiare di commettere qualche sciocchezza, come allungare una
mano per accarezza quel petto sul quale tante notti aveva riposato, la
Cacciatrice si voltò per dirigersi velocemente, quasi fuggendo,
verso la porta di casa.
La mano forte di lui stretta intorno al suo
braccio però la fermò dopo pochi passi.
"Aspetta...mi vesto in un attimo e vengo con te." Si offerse
gentilmente Angel.
Buffy restò interdetta alcuni istanti. Stare con lui, camminare
al suo fianco nella notte di Sunnydale era l'ultima cosa di cui aveva
bisogno in quel momento.
"No...grazie." rifiutò cortesemente. "Io...preferisco
uscire da sola, devo..." Il suo disagio era quasi palpabile. Angel
sollevò un sopracciglio perplesso, poi...la sua espressione diventò
gelida.
Era ovvio che volesse uscire da sola. Desiderava andare da Riley, il suo
compagno, il padre di suo figlio!
"Certo, capisco....scusami." mormorò
freddamente, lasciandole andare il braccio come se improvvisamente scottasse.
"Vai pure, ma...non fare tardi." Concluse amaramente, sentendosi
umiliato per averlo dovuto dire.
Buffy non era al sicuro lontana da lui, ed era quindi meglio che fosse
a casa il prima possibile. Non era quello però il vero motivo che
lo aveva spinto a pronunciare quelle parole. Era geloso, soprattutto ora
che sapeva che lei portava SUO figlio.
Non poteva impedirle di vedere l'amore della sua vita, ma almeno avrebbe
avuto la consolazione di sapere che il tempo che potevano trascorrere
insieme era limitato.
Buffy non riusciva a pensare ad altro che a
quel corpo muscoloso e solido a pochi centimetri da lei. Resistergli le
sarebbe stato facile se fosse stato il corpo di un uomo qualsiasi, ma
lui era Angel! Conosceva troppo bene il tocco gentile delle sue labbra,
la forza del suo abbraccio, l'infinita tenerezza delle sue carezze per
non essere tentata di sfiorarlo, stringersi a lui e implorarlo di condurla
ancora in quel Paradiso del quale solo lui possedeva le chiavi.
Preoccupata di mascherare le proprie emozioni non si accorse del cambiamento
avvenuto nel compagno. Appena fu libera tornò a dirigersi verso
la porta con passo deciso.
"Non farò tardi! Ciao." Salutò, uscendo sola nella
notte.
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