AUTORE: Giovanna
E-MAIL: gerbi.g@libero.it
TITOLO: Fame d'amore
SERIE: Oltre i confini del mondo
SPOILER: I e II serie di ATS, I, II III, IV serie di BtVS
SOMMARIO: Buffy e Angel scoprono che essere genitori significa anche sacrificio,
ma sarà proprio il comune sacrificio per loro figlio a riunirli.
DISCLAIMER: i caratteri descritti non sono di mia proprietà, ma
di Joss Whedon, della WB e della UPN. Per l'Italia i diritti appartengono
alla Mediaset.
L'opera è stata scritta solo per mio divertimento e senza alcun
fine di lucro.
FEEDBACK: si, grazie! Mi aiuteranno a scrivere di più e magari
anche meglio!
NOTA: questa storia è appunto una storia, non un trattato di etica
o morale. Il comportamento e le parole dei protagonisti riflettono il
loro personaggio. Le idee qui espresse e le scelte compiute sono le "loro"
idee e le "loro" scelte, che non coincidono necessariamente
con le idee e le scelte dell'autrice.
Non è mia intenzione esprimere qui giudizi morali di nessun tipo.
Capitolo n.10
Fame d'amore
Il rumore della porta che si richiudeva alle
spalle di Buffy esplose nella mente di Angel con la forza di un tuono.
Il vampiro si voltò deciso e si diresse verso la sua stanza. Frettolosamente
si vestì e senza esitare uscì, deciso a svolgere il suo
dovere fino in fondo.
Era normale che Buffy desiderasse rivedere il suo compagno, ma Angel non
si fidava di lui.
Se lei si fosse sentita male mentre erano insieme, le conseguenze potevano
essere imprevedibili.
Sapeva di dover essere particolarmente cauto. Buffy non era una ragazza
come le altre, era la Cacciatrice. Seguirla in segreto non sarebbe stata
un'operazione semplice.
Angel lo aveva fatto molte volte in passato, ma ai vecchi tempi se fosse
stato scoperto avrebbe subito al massimo qualche commento pungente. In
realtà lei sarebbe stata felice di scoprire la sua presenza vicino
a sè, anche se non l'avrebbe ammesso.
I vecchi tempi erano però il passato. Buffy stava andando probabilmente
da Riley e avrebbe sicuramente reagito violentemente a quella sua intrusione
nella sua vita privata, interpretandola forse come un suo tentativo di
allontanarla dall'uomo che amava. Con un sospiro Angel ammise con non
avrebbe avuto tutti i torti. In fondo a se stesso sperava che accadesse
qualcosa capace di impedire quell'incontro.
Sunnydale non era una città molto grande e Buffy non aveva motivo
di nascondersi. Riley era il suo ragazzo! Angel non tardò molto
a trovarla. Il luogo del loro appuntamento era del tutto prevedibile.
Angel la seguì cauto, restando nel buio e benedicendo la capacità
dei vampiri di camminare senza fare alcun rumore. Vedeva nettamente la
sua figura esile camminare velocemente, verso casa, come se avesse fretta
di arrivare.
Constatare la sua impazienza di rivedere il compagno generò un'altra
fitta di gelosia nel vampiro che strinse le mani a pugno e si costrinse
a rallentare il passo. Istintivamente avrebbe voluto raggiungerla, fermarla,
ma non aveva nessun motivo plausibile per farlo a parte il dolore che
provava per averla persa per sempre.
Buffy si era incamminata senza avere una meta
particolare in mente. Camminando spedita sperava di dare sfogo alla frustrazione
che la tormentava.
Quando riconobbe intorno a sè le case dei suoi vicini provò
un istante di sollievo. Sentiva il bisogno di avere intorno a sè
la realtà che le era famigliare. Forse in quel modo sarebbe riuscita
a dimenticare i suoi sogni impossibili.
Continuava ad avere l'immagine di Angel, alto, imponente eppure dolce
e comprensivo, di fronte a sè. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur
di potersi abbandonare contro il suo petto, certa che le sue braccia l'avrebbero
amorevolmente accolta. Erano però solo sogni legati ad un passato
che non esisteva più.
Giunta di fronte al vialetto, che conduceva
alla sua porta, si fermò. Restò immobile a guardare le finestre
illuminate. L'ombra di qualcuno, probabilmente sua madre, si profilò
per pochi istanti attraverso i vetri. A quell'ora probabilmente stava
preparandosi per andare a dormire.
Buffy provò un acuto senso di nostalgia. Infinite volte era sgattaiolata
fuori da quella casa, dalla finestra della sua stanza, nel buio, per andare
a caccia, rimpiangendo di essere troppo giovane per godere della libertà
che la sua missione richiedeva.
Ora era adulta, libera di compiere le sue scelte, ma la vita le aveva
lasciato ben poco da scegliere.
Con tristezza realizzò che il famigliare edificio, che si ergeva
di fronte a lei, le era ormai estraneo. Sarebbe tornata a viverci con
il bambino, almeno per un certo periodo. Non aveva nessun altro posto
dove andare. Non poteva restare oltre il necessario, con il piccolo, da
sola nella villa dove aveva condiviso con Angel tanti momenti felici.
Non sarebbe stato giusto per Angel e soprattutto lei non sarebbe riuscita
a sopportare la costante presenza dei ricordi. Eppure quella in cui viveva
ancora sua madre non era più la sua casa. Era un altro frammento
di quel passato che non sarebbe più tornato.
Angel attese, ad alcuni isolati di distanza.
Poteva scorgere facilmente sulla strada illuminata dai lampioni la esile
figura scura che avrebbe riconosciuto ovunque.
Riley certo la attendeva dietro a quella porta. Joyce doveva essere stata
felice di accogliere quel bravo ragazzo nella famiglia. "Lui è
qualcuno di cui ci si può fidare ed essere fieri!" Pensò
con amarezza il vampiro.
Almeno Buffy aveva avuto il buon senso di incontrarlo in un luogo protetto,
dove non sarebbero stati soli, a meno che la madre di Buffy non avesse
scelto proprio quella sera per uscire.
Buffy appariva indecisa. Il vampiro pregò in silenzio che cambiasse
idea, tornasse sui suoi passi, alla loro casa, da lui. Era però
una vana speranza. Buffy aveva preso la sua decisione il giorno in cui
aveva deciso di lasciar entrare nella sua vita quel al nuovo amore, relegando
il vecchio, primo amore nel cassetto dei ricordi che il tempo avrebbe
sbiadito.
Infatti, alla fine imboccò il vialetto. Angel provò il desiderio
di farsi fisicamente del male, sbattendo la testa contro un muro qualsiasi,
al pensiero di averla costretta lui stesso a quella decisione. Rimase
però immobile ad osservarla sparire oltre la porta, entrando in
quel mondo da cui lui era e sarebbe stato sempre escluso.
Dopo alcuni minuti, ritrovato il controllo di
se stesso, lentamente si avvicinò alla casa. Stancamente si appoggiò
ad un lampione, lo sguardo fisso sull'asfalto.
Buffy ora era con il suo compagno, l'uomo che amava, fra le sue braccia,
finalmente felice. Era questo che aveva voluto per lei.
Avrebbero parlato. Sicuramente lei gli avrebbe raccontato qualche bugia,
per proteggere il bambino, ma non aveva importanza. La sola verità
veramente importante era che lo amava.
Il vampiro ricordò come lei si era abbandonata al piacere, pochi
giorni prima, sotto le sue carezze, con gli occhi chiusi, pensando sicuramente
all'altro, Riley, l'uomo di cui presto avrebbe portato il nome. Rivide
la sua espressione di sofferenza quando era tornata se stessa e risentì
il tono freddo della sua voce che lo invitava a lasciarla sola, ad uscire
dalla sua vita.
La luce della sua camera da letto si accese. Erano andati di sopra. Questa
volta Buffy non sarebbe stata costretta a mentire a se stessa, chiudere
gli occhi per non vedere una spiacevole verità. Avrebbe dovuto
essere contento per lei, ma...c'era troppa gelosia, troppo dolore in lui
per lasciare spazio a qualsiasi altro sentimento.
Il rumore di un'auto che sopraggiungeva ad alta
velocità distrasse il vampiro dai suoi cupi pensieri.
L'auto inchiodò proprio di fronte alla casa di Buffy. Giles ne
uscì prima ancora che il motore fosse del tutto spento. Con pochi
balzi Angel fu al suo fianco.
"Angel! per fortuna che sei qui! Buffy sta male!" esclamò
l'Osservatore, senza dare il tempo al vampiro di pronunciare una sola
parola. Insieme si precipitarono all'interno della casa, dove Joyce li
stava già aspettando, evidentemente in ansia.
"L'ho portata in camera sua. All'inizio non sembrava nulla di grave,
ma poi..."
Angel non si fermò ad ascoltare il resto della frase. In pochi
secondi raggiunse la stanza di Buffy, ma non entrò. Rimase immobile
sulla soglia, esterrefatto dallo spettacolo che si presentava sotto i
suoi occhi.
Si era aspettato di trovarla a letto, in preda
al dolore. Buffy invece camminava nervosamente per la camera nella quale
sembrava essere passato un tornado. Non si accorse della sua presenza.
Gli occhi spiritati, in preda ad una furia cieca con un rapido gesto gettò
a terra i libri e gli oggetti che erano appoggiati su una mensola. Poi,
usando entrambe le mani, rovesciò l'armadio sul pavimento.
A quel punto Angel decise di intervenire. Buffy rischiava di farsi male
continuando in quel modo. Con decisione avanzò verso di lei e la
immobilizzò stringendola a sè.
"Lasciami! Non hai diritto di ...." urlò lei, tentando
inutilmente di divincolarsi.
"Basta! Buffy devi smetterla! Se hai un problema, lo risolveremo...ma
non così!" la interruppe lui con tono autoritario, pregando
che lei lo ascoltasse. Non era certo di riuscire a contrastarla a lungo
sul piano fisico.
Buffy però al suono della sua voce si
tranquillizzò immediatamente crollando contro di lui.
"Portami a casa." Mormorò sottovoce.
"Certo." La rassicurò Angel con un sospiro di sollievo.
Gentilmente la sollevò da terra, prendendola in braccio.
"Andiamo a casa." comunicò brevemente a Giles che lo
aveva seguito senza poter però fare nulla di utile.
"Vi accompagno con la mia macchina." Si offerse immediatamente
il Signor Giles.
"Grazie." mormorò distrattamente Angel, concentrato sul
viso di Buffy, appoggiato contro il suo petto. La ragazza non sembrava
voler più opporre nessuna resistenza. Fissava il vuoto, ma il suo
corpo era rilassato.
"Che cosa è successo? Io...." tentò di chiedere
Joyce, che era rimasta ad attenderli di sotto. Uno sguardo dell'Osservatore
fu sufficiente a farle comprendere che le spiegazioni dovevano aspettare.
Giunti a casa Angel depose Buffy delicatamente
sul divano.
"Che cosa pensi che sia successo?" chiese il gentiluomo inglese,
talmente preoccupato da perdere la sua naturale compostezza. Durante il
viaggio era riuscito a pensare soltanto ad arrivare il prima possibile,
come se il semplice fatto di trovarsi in quella vecchia villa bastasse
a guarire Buffy. Ora si rendeva razionalmente conto che non poteva essere
così e il timore per la vita della sua protetta era tornato più
assillante di prima.
"Non ne sono sicuro Giles," rispose Angel freddamente "ma
di qualsiasi cosa si tratti credo sia meglio che tu te ne vada."
Era stato brusco, ma in quel momento il centro dei suoi pensieri era Buffy.
"Angel, non credo che sia una buona idea lasciarvi soli." obiettò
l'Osservatore in tono ragionevole. "Potresti aver bisogno di aiuto."
Angel perse la pazienza. Doveva dedicarsi a Buffy. Non aveva tempo per
discutere. Si voltò irritato verso l'amico, senza però allontanarsi
dalla ragazza stesa sul divano. "Quello che ho bisogno è di
scoprire che cosa vuole il bambino e perchè sta facendo questo
a sua madre!" Esclamò con energia. "Considerato che tu
non sei un vampiro non credo che potresti essermi utile e soprattutto...non
penso che Buffy sarebbe lieta di sapere, in futuro, che tu hai condiviso
certi aspetti della sua gravidanza con lei! Quindi vattene!"
Giles, senza rispondere, indietreggiò lentamente verso la porta.
Era spaventato, ma non per se stesso. A fargli paura era stato l'abisso
di dolore che aveva intravisto negli occhi del vampiro.
"Che il cielo vi aiuti, tutti e due!" Mormorò tristemente,
uscendo dalla casa.
"Buffy, come ti senti?" chiese Angel,
inginocchiandosi vicino al divano e posandole una mano sul ventre. Voleva
accertarsi delle condizioni del bambino e comprendere che cosa aveva scatenato
in Buffy quell'attacco di violenza irrazionale.
Con preoccupazione scoprì che il normale flusso vitale che, attraverso
il corpo della madre, gli giungeva dal piccolo era ridotto ad un debole
pulsare. La vita era ancora presente, ma si stava lentamente spegnendo.
"Mi sento come se l'intero Universo mi fosse caduto addosso!"
rispose Buffy, la voce incrinata dalla debolezza. "Lui come sta?"
domandò esitante posando una mano su quella di lui.
"Gli mancano le energie, ma non capisco perchè!" rispose
Angel esitando. Avrebbe voluto mentirle, ma sapeva che non sarebbe stato
giusto farlo.
"Sta morendo?" Gli occhi di Buffy esprimevano una paura senza
limiti.
Angel tentò di distogliere gli occhi dal suo viso, ma lo sguardo
fermo dei chiari occhi grigi glielo impedì.
"Non lo so." Ammise alla fine sconfitto.
"Sei un vampiro! Devi saperlo!" esplose
improvvisamente Buffy con ira impotente. "Di che cosa ha bisogno
un vampiro per vivere?"
Angel la guardò senza parlare. Conoscevano entrambi la risposta
a quella domanda, ma per Buffy si trattava di qualcosa di così
innaturale che non riusciva neppure a concepirlo.
"Come ho potuto farle questo?" si chiese Angel tormentato dai
sensi di colpa.
L'incredulità e l'orrore lentamente si diffusero sul viso di Buffy.
Stava iniziando a comprendere.
"Non è possibile! Non può volere...questo!" sussurrò
disperata, più a se stessa che al compagno.
"Io...non posso farlo!"
Angel gentilmente le accarezzò il viso. "Non sei costretta.
Nessuno ti può costringere a fare una cosa simile, neppure tuo
figlio." Tentò di consolarla. "Aspetteremo e...forse
lui ce la farà da solo!"
Una luce di speranza si accese negli occhi di Buffy.
"Credi che sia possibile? In fondo...i vampiri non muoiono di fame...almeno
credo!" osservò, animata da una nuova energia.
"No" rispose tristemente il vampiro.
Fece una lunga pausa. Non avrebbe voluto dirle la verità, ma...se
avesse taciuto avrebbe scelto ancora una volta per lei, e questa volta
non aveva diritto di farlo. "I vampiri non muoiono, senza sangue,
ma si riducono ad ombre deformi, che non hanno più nulla di umano.
La ragione li abbandona e diventano belve fameliche impazzite. Il tuo
bambino non è un vampiro. E' umano...almeno in parte. Non sappiamo
che effetto avrà su di lui negargli....quello di cui sembra avere
bisogno. Potrebbe morire...o sopravvivere, ma non sappiamo quali cambiamenti
questo porterà in lui."
Buffy sospirò affranta. "Quindi, se sopravvive, invece di
generare un mostro dotato di ragione rischio di generare una creatura
ancora più mostruosa e priva di raziocinio. Fantastico!"
"Forse dovresti ripensare a quello che ti ho detto qualche giorno
fa." Suggerì Angel, consapevole della risposta che avrebbe
ricevuto. Buffy non deluse le sue aspettative.
"No!" proclamò decisamente. "Scordatelo! E non osare
propormelo mai più! Mio figlio nascerà, qualsiasi cosa io
sia costretta a fare per lui!"
Il silenzio cadde fra loro.
Buffy cercava il coraggio di affrontare quella nuova prova e Angel non
sapeva che cosa dire.
Era a causa sua se Buffy doveva subire anche questo oltraggio alla sua
umanità. Era la parte di lui, presente in loro figlio, che le chiedeva
di rinnegare ogni suo istinto.
"Va bene" sussurrò Buffy. "Lo farò."
dichiarò decisa. "Chiuderò gli occhi e sarà
come ingoiare una medicina." Cercò di consolarsi.
Angel, con un sospiro si alzò, per dirigersi in cucina.
Tornò poco dopo, con un tazzone in mano. Lo offerse alla compagna.
I suoi occhi imploravano un perdono a cui sapeva di non avere diritto.
Buffy osservò con disgusto la superficie scura, densa, del liquido,
le pareti bianche della ceramica macchiate di rosso acceso. Con sorpresa
Buffy notò che ad Angel tremava la mano. Alzò lo sguardo
e incontrò i suoi occhi. Fu sconvolta dall'intensità del
dolore che vi lesse. Senza pensare tolse il tazzone dalle mani del vampiro,
chiuse gli occhi, e ingoiò un sorso del suo contenuto.
Era salato e denso, ma non così ripugnante come si era aspettata.
Bastava dimenticare la sua origine! Lo stomaco le si contrasse a quel
pensiero. Chiuse gli occhi e trasse un lungo sospiro.
Angel le tolse gentilmente di mano il tazzone
ancora pieno. Ne aveva bevuto una minima parte, ma per il momento non
riusciva proprio a fare di più.
Quando sollevò le palpebre la prima cosa che vide fu un bicchiere
di acqua fresca che lui le stava offrendo. Bevve avidamente, grata di
poter così cancellare quel sapore immondo dalla sua bocca.
Il vampiro pose di nuovo le mani sul suo ventre. Il flusso di energia
gli giungeva quasi impercettibile. Rughe sottili si formarono sulla fronte
e intorno agli occhi di Angel. Forse la quantità di sangue ingerita
da Buffy non era stata sufficiente, oppure non aveva ancora raggiunto
il piccolo.
Tentò di analizzare le emozioni che percepiva: tristezza, solitudine,
abbandono. La volontà che si stava sviluppando nel corpo di Buffy
soffriva per la mancanza di qualcosa. Ma di che cosa?
Il sangue era ciò che più bramava
un vampiro. Angel lo sapeva bene. La fame di quel liquido rosso, caldo,
denso, colmo di vita e di energia era qualcosa di divorante, che travolgeva
ogni altra sensazione, annullava la ragione, perfino l'istinto di sopravvivenza.
Lui stesso, nonostante la ripugnanza che provava la sua anima, non riusciva
a dominare quel bisogno radicato nella sua natura di vampiro. Non uccideva,
ma doveva comunque alimentarsi se non voleva impazzire.
Sul bambino però il sangue bevuto da Buffy pareva non aver sortito
nessun effetto nonostante ormai fosse trascorsa quasi un'ora.
"Angel...che cosa non ha funzionato?"
domandò alla fine Buffy angosciata.
Le era bastato osservare il volto del vampiro per comprendere che non
c'era stato nessun miglioramento.
"Non capisco." ammise lui sconcertato. "Niente più
del sangue per un vampiro è..." il suo sguardo improvvisamente
si illuminò della luce della comprensione. "Buffy, forse so
di che cosa ha bisogno il bambino!"
Le labbra di Buffy si piegarono in un mezzo sorriso."Ti prego, dimmi
che non è niente di altrettanto disgustoso!" mormorò
speranzosa.
"Mi dispiace." rispose il vampiro, evidentemente desolato di
dover deludere le sue speranze. "Forse sarà anche peggio."
concluse alzandosi e dirigendosi di nuovo in cucina.
Buffy lo seguì con lo sguardo, curiosa e preoccupata.
Il vampiro si fermò, di fronte al lavandino,
osservando il mobilio che lo circondava come se lo vedesse per la prima
volta. Era felice di aver scoperto che cosa prosciugava la vita di suo
figlio, ma anche stordito dalle infinite implicazioni di quella scoperta.
Il bambino aveva bisogno della sicurezza di essere amato, desiderato,
di appartenere a qualcuno e non essere solo nell'universo. Erano bisogni
elementari, comuni a tutti gli esseri viventi. Perfino gli animali, durante
la notte, nei luoghi selvaggi, dormono uno contro l'altro e se restano
isolati emettono il loro richiamo fino a quando un loro simile non risponde.
La vita non tollera il vuoto della solitudine.
Il sangue che Buffy aveva bevuto era sangue di un animale che era morto
senza saperne neppure il perchè. Non poteva saziare la fame del
piccolo. Lui sopravviveva grazie a quel sangue, ma proprio per questo
sapeva che misero sostituto fosse del sangue ricco di vita, emozioni,
energia di coloro che possedevano un anima.
Angel aprì un cassetto e prese in mano, senza esitare, quello che
era venuto a cercare.
Loro figlio avrebbe avuto quello che chiedeva!
Il vampiro tornò immediatamente, con in mano un coltello da cucina.
Buffy osservò l'oggetto con diffidenza. Lui evitò il suo
sguardo e tornò ad inginocchiarsi di fronte a lei. Poi, lentamente,
portò la lama affilata contro il proprio polso e si inflisse una
sottile incisione. Piccole gocce di sangue si formarono lungo il taglio.
Buffy guardò la scena senza interferire, sorpresa ed inorridita.
"Angel, è assurdo. Non vorrai che io...non ha senso. Perchè
così dovrebbe funzionare?"
Il vampiro finalmente sollevò il capo e lei potè vedere
i suoi occhi. Esprimevano dolore, sconfitta, ma anche sollievo. Era sicuro
di aver trovato il rimedio al malessere del piccolo.
"Buffy...ti prego...fidati! Non ho tempo di spiegarti ora. Il bambino
perde energie ad ogni minuto che passa. Ti spiegherò poi ogni cosa....te
lo prometto."
Le ultime parole erano state pronunciate a fatica. Buffy dovette mordersi
le labbra per impedirsi di discutere ulteriormente. C'era qualcosa che
lei non sapeva, qualcosa di importante. Lui aveva già tentato di
dirglielo, ma lei aveva preferito non sapere e ora...avrebbe dovuto attendere
per avere le spiegazioni che in quel momento desiderava ardentemente.
Gentilmente prese il polso del compagno fra
le dita che apparvero piccole al confronto. La ferita non era profonda,
ma il sangue iniziava ad uscire sempre più copioso. Una goccia
cadde sulla sua maglietta bianca. Lei non se ne accorse neppure ipnotizzata
da quel lento fluire.
Come in un sogno abbassò il capo e con la lingua sfiorò
il taglio.
Il bei lineamenti di Angel si contrassero. Il vampiro dimenticò
ciò che era per lasciare emergere tutto quello che era stato nei
secoli. La sua anima e il suo demone, in quel momento cruciale, si congiunsero
e la sua mente esplose in un turbinio di emozioni.
Buffy non era consapevole di quanto l'atto che stava compiendo fosse antico
e denso di significati. Quel gesto segnava l'inizio dell'esistenza di
tutti i vampiri, la creazione di un legame inscindibile, destinato a durare
per l'eternità, un legame fatto di vita, ma anche di morte.
Era il prezioso dono dell'immortalità del Sire al proprio cucciolo.
Ma era anche l'innegabile diritto del cucciolo a non essere abbandonato
a se stesso.
Angel aveva sacrificato i suoi
sogni, le sue speranze per lasciare Buffy libera di essere felice, lontano
da lui. E ora, per loro figlio, lei si stava vincolando a lui in modo
più profondo e intimo di quanto avrebbe mai potuto fare.
Il vampiro si odiò, per averla condotta a questo, ma il suo essere
più profondo esultava.
Ormai sarebbe stata sua...per sempre. Aveva lottato, come la sua coscienza
lo aveva costretto a fare, per impedirlo, ma era stato tutto inutile.
Qualcosa di più forte del destino li aveva uniti: la vita.
I suoi occhi erano fissi sul biondo chiarore del capo, chinato sulla sua
mano. Percepiva il tocco gentile della sua lingua contro la pelle, il
suo respiro caldo mentre accettava l'offerta del suo sangue.
Non le stava donando un'illusione, come aveva fatto con Drusilla.
Ora possedeva un'anima grazie alla quale poteva donare a lei e a loro
figlio se stesso, il suo amore, la sua protezione...per sempre.
In ginocchio, di fronte a lei, come un servo, si sentiva padrone del mondo!
Lei, Buffy Summer, la Cacciatrice sarebbe stata la sua compagna, la madre
di suo figlio per l'eternità!
Buffy era sorpresa. Anche il sangue di Angel era salato, ma il suo sapore
suscitava in lei un effetto diverso. Era un sapore noto, famigliare, non
certo sgradevole come si era aspettata.
Le pareva naturale accarezzare con la lingua la lesione, come avrebbe
fatto istintivamente se lei stessa si fosse tagliata.
La tensione che era cresciuta dentro di lei, dal momento in cui aveva
dovuto violare tutti i suoi istinti e bere dal tazzone, improvvisamente
crollò. Sentì i muscoli delle spalle rilassarsi e provò
il desiderio di ridere per il sollievo.
"Ti faccio male?" chiese ad un tratto, preoccupata, sollevando
il capo per guardare il vampiro in volto.
Il viso di Angel era chiuso, inespressivo, assorto in qualcosa di lontano,
che a lei sfuggiva.
"No." Le rispose il vampiro dopo un istante, lo sguardo fisso
su di lei, ma assente. Con la mano libera, che non stringeva più
il coltello, le accarezzò il collo. Si fermò sulla sua nuca
dove esercitò una leggera pressione, costringendola a piegare di
nuovo la testa. Buffy raccolse il gentile invito e tornò ad occuparsi
della ferita che aveva ripreso a sanguinare.
Il simbolismo di quel gesto improvvisamente la colpì. Quella ferita
rappresentata le innumerevoli ferite che tormentavano da sempre l'uomo
che amava e lei stava tentando di farla rimarginare nel modo più
naturale ed antico del mondo.
Stava accadendo qualcosa che lei non comprendeva, qualcosa di talmente
grande che avrebbe sconvolto le loro esistenze. Per un attimo provò
timore, un timore che però subito si dissolse. Si fidava di lui.
Tutto sarebbe andato nel migliore dei modi. Non sapeva perchè,
ma ora ne era certa.
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