"Procede tutto bene. Il peggio è
passato." dichiarò Buffy serena, apparentemente senza una
sola preoccupazione al mondo.
Il volto del vampiro si oscurò. I suoi occhi, normalmente di un
caldo color nocciola, divennero improvvisamente gelidi.
Il tono di Buffy era diventato più incerto, titubante. "Certo...anch'io...penso
presto, ma non so ancora quando."
Stava parlando al telefono. Ignorava la presenza di Angel, dietro di lei,
che ascoltava immobile nel vano della porta del soggiorno.
Era venuto ad avvisarla che la cena era pronta. Non aveva avuto l'intenzione
di origliare. Era convinto che Buffy stesse parlando con Willow, Giles
oppure sua madre.
Aveva atteso per non interromperla, sperando che la comunicazione finisse
presto. Solo dopo aver ascoltato alcune frasi aveva compreso di essersi
sbagliato. Il suo interlocutore non era uno dei suoi amici e neppure sua
madre. A quel punto però non aveva più avuto la forza di
voltarsi e tornare in cucina.
"Mi dispiace Riley, ma...avevo bisogno di stare un pò da sola.
Abbi pazienza e non ti preoccupare. C'è chi si occupa di me."
"Sì, hai ragione, c'è chi
si occupa di te!" esplose il vampiro, entrando a lunghi passi nella
stanza. Violentemente strappò la cornetta del telefono dalle mani
della ragazza, che rimase ferma a fissarlo allibita.
Con un unico gesto gettò l'apparecchio lontano da sè, recidendone
il filo.
Buffy sobbalzò al suono della plastica che colpiva il pavimento
di marmo. Aprì la bocca per protestare, ma lui non gliene diede
il tempo. Con vigore la spinse contro il muro, usando il proprio corpo
imponente per impedirle qualsiasi ogni movimento.
Con dita crudeli le strinse il mento, costringendola a guardarlo negli
occhi. Voleva leggere nella sua mente e nel suo cuore il pentimento per
il suo tradimento.
Appoggiò l'altra mano sul ventre prominente, in cui il piccolo
stava crescendo. Il bambino rimase tranquillo, come se non percepisse
affatto i sentimenti che turbavano sua madre e gradisse quel tocco, più
possessivo che gentile.
"E' ora di finirla Buffy con questa farsa!"
decretò il vampiro, con le labbra a pochi centimetri da quelle
di lei. "Lui deve sparire dalla tua esistenza oppure...provvederò
io a farlo sparire...a modo mio!". Buffy spalancò gli occhi
ad udire quel sussurro minaccioso, un brivido di paura le percorse il
corpo e un lampo di odio le attraversò lo sguardo. Lui si impadronì
delle sue labbra stringendole con ira fra le proprie. Lei cedette. Socchiuse
la bocca e lui ne potè assaporare l'umido calore, l'aroma inebriante.
Con calma reclamò quello che gli apparteneva di diritto. Esplorò
a lungo quell'antro fonte di mille delizie eccitato dall'intimità
di quell'atto.
Sentì il potere fluirgli veloce nelle vene.
Lei avrebbe fatto quello che lui le aveva chiesto. Ne era certo. Era sua!
Gli apparteneva. Era stata creata solo per lui!
La sua mano scese dal viso lungo il collo esile.
Percepì lo scorrere regolare della vita, sotto la pelle sottile,
il pulsare affrettato di quel piccolo cuore così ricco di forza
e di energia. Era eccitata, desiderosa di essere posseduta da lui!
Le afferrò un seno, reso prosperoso dalla gravidanza. Lo strinse
fra le dita, esultando all'idea che quel seno avrebbe allattato suo figlio.
Il bambino...il suo bambino...lo specchio del suo essere, la sua immortalità
era dentro di lei, nel suo corpo.
Si alimentava del suo sangue, della sua anima, di tutto il suo essere.
Quella creatura ancora indefinita aveva segnato ogni parte del perfetto
corpo di sua madre e lei...ne era felice! Ogni pensiero, ogni respiro
di Buffy erano per il figlio che lui aveva generato! Non avrebbe mai creduto
di poterla possedere in modo così totale e completo.
L'avrebbe partorito con dolore, un dolore che avrebbe accettato serenamente,
senza ribellarsi.
Separò per pochi istanti la bocca dalla
sua, concedendole generosamente il tempo per trarre un breve respiro prima
di impossessarsi di nuovo delle sue labbra. Aveva troppa sete di lei,
della sua vitalità, del suo corpo morbido e caldo per fermarsi.
Buffy, la Cacciatrice, soffriva e presto avrebbe sofferto ancora di più
per suo figlio...e quindi per lui...quel dolore era pura ambrosia per
la sua fame di conquiste, un'inebriante lusinga per il suo orgoglio, la
conferma del suo potere!
Ancora immobile vicino alla porta, il viso contratto per il terribile
sforzo di volontà che stava compiendo, Angel si riscosse e riprese
il controllo dei suoi pensieri. Respinse con ira il demone nell'antro
oscuro del suo essere, dal quale era uscito, strisciando, inosservato.
Ascoltare Buffy parlare con tanta disinvoltura con colui che era stato
il suo ragazzo lo aveva indotto ad abbassare le sue difese...e Angelus
ne aveva subdolamente approfittato.
Si voltò di scatto per tornare in cucina, silenziosamente come
era venuto.
Buffy stava ancora parlando al telefono. "No, non ho bisogno di nulla.
Grazie." furono le ultime parole che le sentì pronunciare.
Era adirato con lei, ma ancora di più
con se stesso perchè era consapevole della irrazionalità
della sua ira. Buffy non stava facendo nulla di male. Tentava semplicemente
di proteggere il futuro di suo figlio...e anche dell'uomo che amava. Lui
invece di esserle grato per questo, ancora una volta, aveva permesso al
demone di emergere nella sua mente.
Gli accadeva sempre più frequente da quando Buffy aveva bevuto
il suo sangue, rifletté preoccupato.
Non c'era nessun rischio reale, almeno così lui sperava, che Lui
influisse sulle sue azioni. Angelus poteva solo gemere, urlare, tormentarlo,
ma non aveva nessun potere sui suoi atti, almeno per il momento.
I pensieri del demone, corrotti dall'odio e dalla pazzia, si insinuavano
fra i pensieri dell'anima, in modo prima subdolo poi con sempre maggior
prepotenza.
Angel, in passato, li aveva sempre cancellati
dalla sua coscienza, prima che potessero assumere una forma compiuta.
Ma quella sera... reso più forte dalla sua assurda gelosia, Angelus
era riuscito ad andare oltre. Le immagini da lui create erano state quasi
reali. Ad Angel, per un istante, sembrò di sentire ancora il caldo
respiro di Buffy accarezzargli la bocca. Represse un gemito di disperazione.
Buffy, senza esserne consapevole, aveva assunto su di lui un enorme potere.
Le sue azioni, le sue parole, la sua semplice presenza in una stanza riuscivano
a indebolire le sue difese, facendo affiorare quello che lui tentava disperatamente
di nascondere negli abissi oscuri del suo essere.
Giunto in cucina afferrò il bordo del
lavandino, come se necessitasse di un sostegno per non cadere a terra.
In realtà aveva bisogno di sentire sotto le dita la ceramica fresca,
solida, concreta per restare in contatto con la realtà, quel contatto
che aveva disperatamente paura di perdere.
"Giles ti manda a salutare." la voce spensierata di lei ebbe
su di lui l'effetto di una frustata, facendolo trasalire violentemente.
Buffy si sedette con naturalezza al tavolo apparecchiato. Era troppo concentrata
a mantenere un atteggiamento falsamente indifferente per notare la rigidità
del corpo del compagno.
Non si sentiva in colpa verso di lui, quando telefonava a Riley.
Era così intensamente felice alla prospettiva della loro vita futura
insieme, con il loro bambino, che non reputava un tradimento quelle poche
frasi di convenienza che era costretta a scambiare con chi considerava
ormai un suo ex. Riley non era stato altro che una breve, insignificante
parentesi nella sua vita. Angel era la sua vita.
Si sentiva però in imbarazzo. Sapeva
che avrebbe dovuto chiarire una volta per tutte la situazione, ma il tenero,
ingenuo ragazzo che aveva apprezzato per la sua affidabilità improvvisamente
le faceva paura.
Temeva non per se stessa, ma per suo figlio e...per Angel.
Non riusciva ad immaginare la reazione di Riley quando avrebbe saputo
la verità e purtroppo non poteva tacergliela a lungo.
Ovviamente, con i bambino di mezzo, lui non si sarebbe accontentato di
spiegazioni vaghe. Avrebbe potuto mentirgli, ma non c'erano molti padri
alternativi credibili a disposizione.
A peggiorare le cose Riley sapeva di Angel. Si era sentita stupidamente
in dovere di raccontargli la loro storia, almeno in piccola parte. In
quel momento le era sembrato giusto, ma ora si malediceva per averlo fatto.
Naturalmente non gli aveva confidato nulla che potesse mettere a repentaglio
la sicurezza del vampiro, come ad esempio dove abitava e che cosa faceva,
ma ora...Buffy prevedeva che niente avrebbe fermato Riley e i suoi dal
fare ricerche e...Buffy non osava pensare a quello che sarebbe potuto
accadere se padre e figlio fossero finiti nelle loro mani.
Lei e Angel non ne avevano mai apertamente discusso.
Si erano concentrati sul bambino e il problema del "padre ufficiale"
era passato in secondo piano. Angel non ne aveva mai fatto cenno, ritenendo
forse che fosse una questione che lei doveva risolvere da sola e Buffy...aveva
continuato a rimandare, limitandosi a chiamare ogni tanto al telefono
il ragazzo in ansia per lei sperando di riuscire a tenerlo tranquillo.
Telefonava sempre quando sapeva che il vampiro non la poteva sentire.
Non perchè volesse nascondergli qualcosa di cui non aveva motivo
di vergognarsi. Le sembrava solo una questione di sensibilità e
buon gusto. Inoltre, ammise onestamente con se stessa, in questo modo
evitava di dare ad Angel l'opportunità di affrontare un argomento
che lei preferiva evitare.
Stava infilando la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, e non ne era
fiera. Confidava però nel fatto che lui, pur sapendo delle telefonate,
avrebbe avuto pazienza e le avrebbe perdonato la sua titubanza.
"E' pronto?" chiese allegramente. "Sono affamata."
"Sì!" fu la brusca risposta. Angel depose sul tavolo,
di fronte a lei, il vassoio, che aveva preparato prima di andarla a chiamare,
e senza guardarla in volto si diresse verso la porta.
"Perchè te ne vai?" chiese Buffy candidamente. "Hai
qualcosa di urgente da fare?"
Angel si fermò sulla soglia cercando una giustificazione per la
sua fuga, perchè fuggire, come sempre, era esattamente quello che
stava facendo. Alla fine, esasperato e desideroso di andarsene, decise
di non dare nessuna spiegazione.
"No" rispose ermeticamente, e senza attendere risposta, quasi
di corsa, raggiunse la sua stanza sbattendosi la porta alle spalle.
Al rumore della porta chiusa con violenza Buffy sollevò le sopracciglia.
Dopo pochi istanti però si alzò e senza riflettere si diresse
verso la stanza del compagno.
Trovò la porta chiusa a chiave. Bussò,
ma dall'interno non venne nessuna risposta.
Non era adirata. Solo preoccupata e anche curiosa di scoprire che cosa
fosse successo.
Prima che lei andasse a telefonare aveva chiacchierato con Angel, aiutandolo
in cucina. Avevano perfino riso insieme della sua inettitudine come cuoca.
Il vampiro le era parso sereno e rilassato, come non era da tempo. E ora...
"Angel?" chiamò con ansia. Anche questa volta lui non
rispose.
Le sorse improvvisamente il dubbio che lui si fosse irritato comprendendo
che, oltre al Signor Giles lei aveva telefonato anche a Riley.
Quella però non era stata la prima volta che lei e Riley si erano
parlati. Angel non era stupido. Sapeva che lei periodicamente lo chiamava
e non ne aveva mai fatto menzione, neppure vagamente.
Buffy chiuse gli occhi e sospirò. Non poteva essere stata così
idiota! Proprio il fatto che lui non avesse mai accennato al fatto che
lei ufficialmente era ancora impegnata con Riley avrebbe dovuto metterla
in guardia. I silenzi di Angel erano spesso più significativi di
mille parole.
"Angel, puoi non farmi entrare, ma devi
ascoltarmi!" Esclamò determinata."Non è in questo
modo che risolveremo i nostri problemi." cercò di convincerlo
in tono ragionevole. "E' finito il tempo in cui puoi semplicemente
sparire per lasciarti tutto alle spalle."
Buffy si interruppe presa dai rimorsi. In fondo era esattamente quello
che lei stava facendo con il problema di Riley: nascondersi, evitare di
affrontare le difficoltà, fuggire.
Non era però quello il punto. Angel poteva isolarsi dal mondo,
tutti lo fanno prima o poi, ma non aveva il diritto di isolarsi da lei,
non ora che stavano iniziando a costruire il loro futuro.
"Dobbiamo parlare, aprimi!" Insistette con forza.
Un iroso "Vattene!" fu la sola risposta che ottenne.
Angel steso sul letto, le mani posate dietro
la testa, strette una con l'altra, fissava il soffitto.
Non percepiva il dolore alle mani dovuto alla forza con cui serrava le
dita al punto di arrivare quasi a spezzare le fragili ossa. Nella sua
mente ardeva un solo pensiero: "Devo starle lontano!"
Tutto il suo essere era proteso verso la porta che li divideva. Sarebbero
bastati pochi passi e in un attimo l'avrebbe aperta. Lei sarebbe stata
di fronte a lui fragile, innocente, luminosa.
Avrebbe potuto stringerla a sè, implorare il suo perdono per avere
avuto la presunzione di amarla. Ma non sarebbe stato quello che avrebbe
fatto. Non in quel momento.
Il demone si agitava dentro di lui presagendo una facile vittoria, sentendo
già il sapore del suo trionfo.
"Non me ne vado, Angel!" Gli urlò
Buffy, questa volta con ira. "Sarò anche incinta, ma ho ancora
abbastanza energie per abbattere questa maledetta porta!" minacciò,
determinata, se necessario, a passare dalle parole ai fatti.
"Vattene!" insistette Angel. "Tu non capisci!" tentò
di giustificarsi con disperazione.
"Hai ragione." confermò lei, con tono tagliente. "Non
capisco proprio perchè, di qualsiasi problema si tratti, non ne
possiamo semplicemente discutere, come fanno tutte le persone adulte e
ragionevoli."
La risposta giunse dopo un lungo silenzio.
"Ho paura Buffy...di quello che potrei farti."
Se Angel le avesse urlato quelle parole con
rabbia Buffy avrebbe semplicemente raddrizzato le spalle per prepararsi
alla lotta, sicura che lui non le avrebbe mai fatto seriamente del male.
Era già accaduto in passato. Erano amanti, ma anche combattenti
abituati a lottare, fianco a fianco, contro lo stesso nemico. Dispute
assurde, nate dalla paura e dalla stanchezza si erano spesso risolte fra
loro con innocui scontri fisici, destinati soprattutto a dare sfogo alla
tensione che logorava i loro nervi. Normalmente si concludevano con una
risata oppure...un bacio. L'ira nell'impeto della lotta svaniva per lasciare
il posto al cameratismo o alla passione.
Angel però non aveva urlato. La sua non era stata una minaccia,
ma una confessione, sussurrata a bassa voce, con un tono colmo di terrore.
Buffy sentì quello stesso terrore penetrarle nell'anima. L'ambiente
famigliare in cui si trovava improvvisamente le parve gelido e estraneo.
Un sapore amaro le invase la bocca.
Aveva affrontato ogni genere di mostri, alcuni
terribili per la loro forza, altri, come il Maestro e Angelus stesso,
per il loro potere e il loro in genio corrotto. Conosceva la paura. Era
abituata a conviverci da quando era diventata la Cacciatrice. Quello che
però provava in quel momento andava oltre la paura. Era il vuoto
che porta con sè l'ignoto, la consapevolezza di non avere speranze,
di essere destinati ad affrontare un dolore superiore alle proprie forze.
Nessuno, nè il Maestro e neppure Angelus, avevano avuto il potere
di farla soffrire quanto...Angel.
Tutte le domande che fino a quel momento le
avevano vorticato nella mente improvvisamente svanirono.
Non le importava più sapere perchè Angel si stesse comportando
così, che cosa l'avesse turbato, quale nuovo ostacolo ci fosse
tra loro.
Desiderava solo voltarsi, lasciare il soggiorno buio e freddo per tornare
nella cucina illuminata. Consumare la sua cena e attendere il momento
in cui l'uomo che conosceva e amava, l'uomo di cui si fidava, sarebbe
tornato da lei. Allora avrebbe potuto abbandonarsi fra le sue braccia.
I suoi fantasmi e le sue paure si sarebbero dissolte come nebbia trasportata
via dal vento e tutto sarebbe stato come prima...fino alla prossima volta,
che avrebbe potuto essere l'ultima. Sarebbe prima o poi venuto il giorno
in cui lui non sarebbe più tornato da lei, annientato da quello
stesso terrore da cui lei ora voleva fuggire.
"Angel...non importa quello che mi farai.
Puoi picchiarmi se vuoi. Immagino che ci riusciresti anche, visto quanto
sono diventata goffa." Tentò di scherzare, nonostante la sua
voce tremante tradisse lo stato di angoscia in cui si trovava. "Oppure
puoi insultarmi. Quando ti impegni riesci bene a ferirmi, ma non so se
ti conviene. Dalle parole credo che riuscirei a difendermi meglio. Niente
può farmi più male di quello che stai già facendo."
La sua voce, incrinata dalle lacrime, raggiunse il vampiro nell'oscurità
della stanza, ovattata, ma chiara.
"Non sto facendo nulla." tentò di difendersi Angel confuso,
sedendosi sul letto, parlando più con se stesso che con lei..
"Mi stai lasciando...un'altra volta." rispose Buffy che ormai
stava piangendo.
Dopo istanti che a Buffy parvero un'eternità la porta lentamente
si aprì.
I capelli arruffati e gli occhi profondamente segnati rendevano ancora
più tragica l'espressione costernata di Angel.
"No, Buffy, sono qui, con te" mormorò, senza osare toccarla.
"Sarò sempre con te." dichiarò, tentando di guardarla
negli occhi. Buffy però sfuggiva al suo sguardo. "Te l'ho
promesso." Le rammentò, sperando che il ricordo di quel momento
felice alleviasse la sua pena.
"No, non è vero." lo accusò lei, con ira repressa,
asciugandosi rabbiosamente le lacrime con una mano. "Eri dietro a
quella porta e...non volevi farmi entrare." Si lamentò, detestandosi
per il tono infantile della sua voce.
Il viso di Angel si contrasse per la sofferenza.
Lei pareva una bambina, delusa e tradita. Nell'ansia di proteggerla lui
non aveva riflettuto sul male che avrebbe potuto farle.
"Ci sono porte, Buffy, che non voglio che tu apra." tentò
di spiegarle con pazienza. "Conducono in luoghi di cui le persone
come te non dovrebbero neppure conoscere l'esistenza.
Ricordi la favola di Barbablù e di cosa accadeva alle spose quando
entravano nell'unica stanza del castello a cui gli era stato negato l'accesso?
"
"Non sono più una bambina, Angel." rispose Buffy, che
aveva recuperato il controllo di se stessa e, insieme ad esso, il suo
spirito combattivo."E' passato il tempo delle favole. Sono la tua
compagna e vado dove vai tu. Non ti permetterò di lasciarmi in
dietro chiudendomi una porta in faccia!"
"Non sai quello che chiedi Buffy!" esclamò Angel, ora
esasperato dalla sua cocciutaggine.
"Bene, allora...dimmelo! Portami con te nel tuo mondo."
"Prima devi cenare." obiettò il vampiro, con espressione
sconfitta, invitandola con un gesto della mano a tornare in cucina.
Buffy lo assecondò volentieri. Sapeva ormai di avere vinto. Angel
le stava chiedendo solo un pò di tempo per riordinare i suoi pensieri
e lei decise generosamente di concederglielo.
Mangiò però velocemente la cena ormai fredda, sotto lo sguardo
assorto di lui che, silenzioso, la scrutava all'altro capo del tavolo.
Era impaziente di ascoltare quello che Angel doveva dirle anche se le
sue parole continuavano ad ossessionarla. "Ho paura...di quello che
potrei farti." Il terrore esisteva ancora fra le pieghe della sua
anima, ma il desiderio di comprendere l'uomo che amava era più
forte.
Quando ebbe terminato il pasto Angel sparecchiò la tavola e con
esasperante lentezza lavò le poche stoviglie. Buffy attese, seduta
al suo posto, qualche minuto, poi decise di precederlo in soggiorno.
Finalmente anche Angel arrivò. Si sedette
sulla poltrona di fronte al divano e restò in silenzio. Evidentemente
attendeva una sua domanda.
Buffy depose sul tavolino la rivista, che aveva distrattamente sfogliato
nell'attesa, più per tenere occupate le mani che la mente.
Non sapeva da dove incominciare e alla fine decise che essere diretta
era la miglior soluzione.
"Si tratta di Riley?" chiese, senza mezzitermini.
"No" rispose Angel, apparentemente sorpreso. "Si tratta
di noi." affermò con decisione, ma subito si corresse. "In
realtà si tratta di me."
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