Contenitori per sostanze radioattive (parte terza)
Ed ora invertiamo le parti: il contenitore non serve più a tenere dentro le radiazioni, ma serve a tenerle "fuori".
In altre parole, stiamo parlando delle celle di misurazione, un ambiente il più possibile esente da radiazioni spurie, dove noi mettiamo le sostanze da misurare con la massima precisione e con la minima interferenza dall'esterno.
Precisiamo subito che non intendiamo isolarci dai raggi cosmici: le radiazioni che hanno viaggiato per migliaia di chilometri non si fanno certo fermare dal nostro scatolotto di piombo !
Ci vogliamo proteggere invece da quelle radiazioni che sono presenti nella nostra stanza in cui operiamo, o perchè abbiamo alcuni campioni di minerali radioattivi, o perchè il davanzale della finestra è in travertino, o perchè c'è un bellissimo e coreografico caminetto o per tante altre cose che possono interferire con le nostre misure e che non sono rimovibili con facilità.
Vi faccio notare che il problema è più localizzato, ma anche più difficile da risolvere. Infatti, mentre nei contenitori per minerali bastava una sottile lamina di piombo per ottenere già buoni risultati, qui occorre andare giù molto più pesanti, nel vero senso della parola.
Infatti, se una radiazione è già arrivata fino al nostro strumento di misura, vuol dire che è piuttosto penetrante e che non si lascierà certo intimidire da un sottile foglio di piombo. Quindi schermature piuttosto pesanti, piombo in lastre da almeno 40/10, spesso anche molto oltre. La lavorazione diventa molto più complessa, per saldare non basta più neppure il grosso saldatore, ma si dovrà usare il mini cannello e la fiamma ossidrica.
Come primo esempio vediamo una semplicissima cella d'isolamento per il nostro vecchio RAM 63, in modo da sfruttare la sua estrema sensibilità nelle misure attorno al valore di "fondo". In foto vedete che è bastato fare un semplice cilindro in piombo 60/10 da infilare sulla sua sonda, come fosse un manicotto. Naturalmente lo si solleva per depositare il piattino con il campione, poi lo si riabbassa per eseguire la misura usando il tempo di campionamento più lungo, quello di 10 secondi.
In questo modo, nella mia stanza laboratorio ottengo una variazione del "fondo" dai 25/30 microR/h, ai più umani 15/20 microR/h. Forse vi sembrerà poco, ma senza questo semplicissimo accessorio non riuscirei mai a valutare la radioattività dei refrattari, delle vernici e delle maledettissime biglie all'Uranio.
Come secondo esempio una richiesta di un gruppo di ricerca speleo che analizza le acque sotterranee, all'interno delle grotte e delle cavità carsiche. Il loro problema era che dovevano analizzare sia l'acqua sia le rocce, in un ambiente spesso contaminato da Radon e dai suoi derivati, quindi con livelli di emissione talvolta anche consistenti e che rendevono impossibile un rilievo immediato e preciso delle acque di sorgiva, costringendoli a fatiche improbe per portare decine e decine di campioni nel laboratorio esterno per le analisi da svolgere in tempi successivi.
Data la strumentazione da loro normalmente utilizzata, ho fatto una cella di rilevamento in lastra di piombo da 60/10 con una opportuna serie di fori ed il diametro adatto a contenere le sonde utilizzate, la Johnson GP200 di tipo "end window" per l'analisi dei solidi e la magnifica FHZ 72T per i liquidi. L'uso è quindi semplicissimo, l'unica nota di rilievo è che nell'analisi dei liquidi si usa al posto del bicchierino in plastica il contenitore in piombo, riempiendolo dell'acqua da esaminare. Inserendo poi la sonda adagio, l'acqua in eccesso fuoriesce dai fori, lasciando la sonda a bagno nella giusta quantità di liquido, pronta per la misurazione.
L'ultimo contenitore che prendiamo in esame è per la comunissima sonda Ludlum 44-9, la classica "pancake" tutto fare. In questo caso, data la forma, sarebbe più corretto parlare di una specie di mantellina che ricopre completamente la parte superiore della sonda.
In questo modo il probe è completamente schermato, mentre la sua parte sensibile è direttamente a contatto con il campione da valutare. Tra l'altro, abbiamo anche il vantaggio che il peso della "mantellina" è più che sufficiente a tenere in posizione la sonda, senza bisogno ne di appoggiarla, ne di sostenerla.
Naturalmente volevamo solo esprimere un concetto e mostrare alcuni esempi di realizzazioni. La tecnica costruttiva è molto semplice e si presta a risolvere tanti altri problemi simili.
Buon lavoro ! E se avete problemi o volete un preventivo, scrivetemi.