Fernando Pessoa - l'uomo di Porlock - ii/ ii -
Comunque sia, credo che il caso di Coleridge rappresenti - in forma esasperata, destinata a dar vita a una allegoria vissuta - ciò che capita a tutti noi quando in questo mondo tentiamo, con la sensibilità per cui si fa arte, di comunicare, falsi pontefici, con l'Altro Mondo di noi stessi.
Il fatto è che tutti noi quando componiamo, anche se siamo svegli, è come se lo facessimo in sogno. E a tutti noi, anche se nessuno viene a trovarci, si presenta dal nostro intimo " l'Uomo di Porlock", il seccatore inatteso. Tutto quanto veramente pensiamo o sentiamo, tutto quanto veramente siamo subisce (quando lo esprimiamo anche solo a noi stessi) l'interruzione fatale di quel visitatore che siamo noi, di quella personalità estranea che ciascuno di noi ha in sé, più reale, nella vita, di noi stessi: la somma vivente di ciò che impariamo, di ciò che pensiamo di essere e di ciò che desideriamo essere.