La fuga puo' essere una costrizione oppure, avendone la possibilità, una scelta, una liberazione.
Nel primo caso eventi negativi (guerre, carestie, persecuzioni) spingono all'esilio, all'esodo, alla diserzione. La storia e' costellata di fuggiaschi, clandestini, rifugiati, esiliati, sradicati, emigranti...
"A volte, invece, l'esilio e' scelto come liberazione dalle costrizioni imposte dal proprio ordine culturale, al fine di liberare un'identita' autentica, profonda....fuggire dunque per liberare il proprio io autentico, transitare per consolidare questa identita' grazie al contatto con la molteplicità". (*)
Esseri in fuga cui
" la loro natura e la nostra inquietudine danno le ali" (**)
"...L'anelito a svincolarsi dal proprio ambiente d'origine puo' anche essere connesso al desiderio di non sentirsi legati a nessun ambiente. Nel 'nomadismo' di individui originariamente stanziali si nota che il viaggio, con l'inatteso e il rischio che porta con se, non è tollerato ma è ricercato. Viene perseguita l'esperienza del transito, in quanto mediatrice di una particolare forma di percezione non consapevole. Il mutamento continuo mette in evidenza le persistenze, le invarianze, sia degli oggetti e dei loro rapporti, sia del soggetto stesso, indipendentemente dai contesti specifici. Qusto grazie alla possibilità di porsi come osservatore distaccato del mondo e di se. Ma c'è anche un effetto del transito sulla percezione non consapevole: la continuità fel flusso provoca un annullamento dell'io cosciente e una unificazione con il mondo e l'azione, libera la mente e la conduce a pensare secondo l'ordine in cui gli oggetti esterni si presentano". (*)
(*): Carla Quaglia, La fuga e il ritorno (**): Marcel Proust