Filippo Bonavitacola Medaglia d’Oro al Valor Militare
Filippo Bonavitacola, primogenito di sette fratelli, nacque a Montella il 3 settembre 1914 ove visse fino all’età di 13 anni, quando, con i suoi genitori, Domenico e Maria Michela Perillo, si trasferì a Cassano Irpino. Figlio di contadini, conobbe ben presto il duro lavoro dei campi, le lunghe, aspre mulattiere degli altipiani irpini, le malinconiche distese di neve e i rigori del clima. Il suo corpo e il suo spirito si forgiarono fra la libertà, la letizia e le arcigne balze montane imprimendo al suo carattere la fortezza, l’animosità e la generosità della gente Irpina, e, anche se di carattere vivace, esuberante e coraggioso, fu un ragazzo coscienzioso, buono, intelligente e non mancava di adempiere ai suoi doveri scolastici. Dopo aver assolto agli obblighi di leva ed aver ottenuto il congedo illimitato, venne richiamato alle armi il 14 gennaio 1939 e, assegnato al 2° Rgt. Ftr., partì volontario per la campagna di Spagna ottenendo la croce al merito di guerra, la medaglia di benemerenza per i volontari e la medaglia commemorativa. Il 25 novembre 1940 venne richiamato nuovamente e il 28 giugno del 1941 giunse a Tirana per partecipare alla guerra d’Albania ove, nel giugno del ‘42 entrò nell’Arma dei Carabinieri come ausiliare. Con la firma dell’armistizio Filippo si unì ai partigiani albanesi nella lotta contro i tedeschi e, fatto prigioniero (14.12.’43), finì nel campo di concentramento tedesco di Elbasani (Albania centrale). Nell’aprile del ‘44 venne trasferito in Germania dove evase, nell’ottobre dello stesso anno, ma, trovandosi nell’impossibilità di raggiungere l’Italia, si unì ai partigiani cechi e russi. Nuovamente catturato venne trasferito a Branoro, da dove riuscì ad evadere ancora e si unì alle formazioni partigiane slovacche. Di nuovo catturato, venne rinchiuso nel carcere di Nicolizzi e quindi trasferito a Branovo (Slovacchia) dove, l’8 dicembre 1944 venne fucilato. Durante il processo e la lettura della condanna a morte mantenne un contegno fierissimo, rincuorando i compagni di prigionia e inneggiando al Re d’Italia. Fulgido esempio di alte virtù militari e di fierezza nazionale, al momento dell’esecuzione, assestando un vigoroso pugno al capitano tedesco che voleva bendarlo, scoprendosi il petto gridò: - Sparate pure, non temo la morte ! - . |