«E’ nata su un treno il 3 Ottobre 1859 [sic!] da padre repubblicano e da madre veneziana, figlia della gaiezza e della poesia. I suoi genitori erano poveri attori d'infimo ordine che giravano per la provincia, spesso senza trovare nè pane nè alloggio. Ha sofferto il freddo e la fame. Più d'una volta ha chiesto l’elemosina. |
||
Mentre il padre e la madre andavano a recitare la sera, la piccola restava sola in casa, senza luce naturalmente, per economia; la solitudine e l'oscurità spaventavano la bambina al punto che saliva sul tetto, preferendo rabbrividire sotto le stelle nei suoi miseri cenci anzichè aspettare il ritorno dei genitori, tremando di paura in un angolo della cameretta buia. Un giorno ebbe una grande gioia; un signore, colpito dalla sua gentilezza e dalla sua grazia, le diede una bambola che era, o che le sembrava, una vera meraviglia. Lei conserva ancora un ricordo meraviglioso di quel giocattolo, e non vuole che se ne metta in dubbio la bellezza. Fu una compagnia per lei, non era più sola, le parlava coi suoi occhi celesti di porcellana, non aveva più paura e non saliva più sui tetti per paura di far prendere il raffreddore a sua figlia. Insomma, tutta questa sovrabbondanza di sentimentalità che traboccava in lei, la riversava sull'oggetto amato che si animava alle sue carezze (come le madonne davanti agli slanci di fede dei devoti). Quando andavano a Verona o a Vicenza a recitare, la coppia abitava in case di povera gente. Non avevano guadagnato soldi, e alla vigilia della partenza il padre si accorge che non puo' pagare l'affitto. Va dall'uomo che gli subaffittava la camera e gli espone con tutta franchezza il suo caso. Fra povera gente si è spesso e volentieri più indulgenti che fra il gran signore e l'indigente; ci si sente più esposti a una vita simile, e ci si mette più volentieri nei panni del proprio collega in povertà. "Pazienza", dice il brav'uomo, "voi non avete guadagnato abbastanza, non potete pagare sentite, vostra figlia ha una bambola che a mia figlia piace tanto, ha tanto voglia di averla, voi dategliela e siamo pari". Il padre dovette ringraziare per questo generoso baratto, andò da sua figlia, e la trovò che cullava la propria figlia di porcellana. La guardò, e non ebbe il coraggio di parlarle. In due parole mise la madre al corrente dell'accaduto, e la incaricò di farsi dare la bambola. La madre prese la bambina fra le braccia come la figlia teneva la sua bambola. Le fece comprendere tutta la loro povertà, e il sacrificio che ci si aspettava da lei. “Va bene" disse la piccola, senza versare una lacrima "ma voglio darla io stessa". E andò direttamente dalla figlia del proprietario: "Prendi" le disse, tendendole sua figlia - E ritornò da sua madre, a mani vuote. Era talmente povera che il pezzo di misero tappeto sul pavimento davanti al letto di quella gente le sembrò il massimo del lusso. "Almeno lei non mancherà di niente" - si disse. Il giorno dopo lasciando la casa la piccola volle gettare un ultimo sguardo nella camera della nuova madre di sua figlia - quale non fu la sua disperazione quando vide, sul pezzo di tappeto che l'aveva tanto colpita la sera prima, la bambola sventrata, decapitata, in mille pezzi. Lei che non aveva pianto al momento del sacrificio scoppiò in lacrime alla vista di quella mutilazione, di quello scempio. La miseria le tolse presto la madre: lei m'ha confessato senza falsa vergogna che più d'una volta fu ridotta a tendere la mano. Era orfana in una compagnia di guitti che giravano per le fiere e durante gli intervalli facevano i cavadenti. Cresceva come poteva». Dai Ricordi del Conte Primoli (dal 1883) |