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LA RASEGA - LAGO DI CAMPO
Si parte dallo spiazzo esistente immediatamente prima del campo sportivo, si
attraversa il torrente Poia
sul ponte carrabile quindi si gira a destra verso valle e poi subito a sinistra,
(ci sono dei cartelli indicatori con la scritta passo di campo) il sentiero (mulattiera)
è ben segnalato e porta il n° 20. Copertura cellulare: fino
al monte Zucchello, sopra il vertice Q; successivamente, nella conca d'Arno, non si riceve. |
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Riporto il diario di viagio di... Lodovico di Brehm che, nel 1871 in comitiva con.......
Alle 5 ore e 3 minuti del giorno dopo (26 agosto 1871) tutti allegri e freschi avean già fatta colazione ed erano pronti per la partenza. Non volendo ascendere l'ertissimo salto della Valle d'Arno, si risalì quasi per un'ora la Valle di Saviore fino al luogo detto Resiga ('la Rasega' - n.d.A.) poi si attravetsò il torrente e si ncominciò a salire per un sentiero erto, a zig-zag, sul Monte Campeis ('Campellio' - n.d.A.). La strada correva fra alti e profumatI boschi di pini, i quali, però toglievano la vista; ma più in su la vegetazione incominciò a diminuire e alla fine cessò affatto: dopo tre ore d'un cammino faticoso si raggiunse il monte Campeis che elevandosi si prolunga in una cresta di roccia e forma la sponda sinistra della Valle di Ada- mé. Su questa cima, che meglio si può chiamare un passo, si presentò agli occhi dei viaggiatori una bellissima veduta. Fra due chine dei monti della Valle Camonica si ergeva maestoso il Gruppo del Bernina e specialmente il Monte Rosso di Scer- cen (per quante supposizioni e ricerche abbia fatto, non m'è riuscito di stabilire a quale monte intendesse riferirsi - n.d.A.). La vivezza dei colori, la gentilezza delle forme, la trasparenza dell'aria, tutto concorreva a formare un quadro pieno d'inde- scrivibile bellezza. Ma quale non fu il nostro contento e la nostra ammirazione quando, salendo pochi passi, si vide in- nalzarsi ardita nel cielo la candidissima punta dell'Adamello, sopravanzante l'irta catena della Valle di Adamé. Veduto da quel lato, il monte avea l'apparenza di un vero cono e non sembra possibile poterlo ascendere. L'oscure rocce del Miller sporgean anch'esse il loro irto capo, benché piu basse. Oh! bello, magnifico, sublime! proruppero tutti in coro a quella vista e Pastori prese tanto del Beniina come dell'Ada- mello due ben riusciti schizzi. A quel punto si piegò nella Valle d'Arno, sopra il sentiero divenuto ormai cattivo, correndo esso sopra enormi ammassi di pietre. Alla nostra destra, circa trecento metri piu in basso, giaceva la tranquilla superficie del lago d'Arno, il cui colore azzurro traente al nero ne indicava la considerevole profondi- tà. Selvaggio oltremodo era il paese (paesaggio - n.d.A.) che lo contornava; da un lato, quello su cui eravamo noi, non erano che pietre ammonticchiate alla rinfusa, frane e rupi a piom- bo; dall'altra, erti pendii e rocce e alcuni tetri boschi di pino nascosti nei burroni e arrampicantesi lungo le pareti di sasso; più in alto incominciavano I ghiacci e le nevi, perpetue vesti del Monte Castello ('Re di Caste[lo' - n.d.A.). Non e da passare sotto silenzio questo monte, il quale, benché non di grande altezza (2891 m - n.d.A.) è tuttavia rimarche- vole per la maestosità della forma e per la singolantà della sua cresta rocciosa, che forse gli valse la denominazione di Castel- lo. Intanto tra l'ammirare la Natura, tra lo scherzare e il di- scorrere, nessuno avea pensato che questa marcia doveva essere la più lunga e la piu faticosa dell'altre che avevam fatte. Questo ci venne in mente soltanto quando si volle far colazio- ne (circa alle 10.30)e si conobbe che di tutte le nostre provvi- gioni non eran nmasti che 7 litri di vino, la mezza Bondiola (qualita di salame - n.d.A.). e 19 pani. Questo doveva servire per 8 stomachi affamati! Ad una misera fonte si divorò l'an- cor piu misera colazione, ridendo tuttavia della nostra sorte e delle nostre belle figure, chè parevamo tanti capi di assassi- ni. Alle 10.45 si riprese la via e alle 12.5 si amvò al confine tra la Lombardia e il Tirolo (al Passo di Campo - n.d.A.); |
qui si trovava piantato, prima del 66, il pilastro di pietra che indica- va il confine e portava l'iscrizione Tirolo Italiano e Lombar- dia. Un distaccamento di garibaldini, fra i quali si trovava pure la nostra guida Conti (si veda il Capitolo 8 - n.d.A.) lo atterrò e curò di precipitarlo nella Valle d'Arno; ma la pietra inciampando in un cespuglio o in qualche lavina si arrestò a pochi passi di là e vi rimase a vista dei viaggiatori. Questa pietra, però, serve a rettificare l'errore di quasi tutte le carte e a confermare la precisione della carta dello Stato Maggiore Austriaco. Quest'errore consiste nel tracciato del confine, il quale in tutti gli Atlanti e in molte altre carte è fatto passare sulla sponda sinistra della Valle di Fumo fino al laghetto di Chiudissem (è probabile si rifensca al Lahgetto di "Copedello", ad est del Chiese - n.d.A.); di là la linea di frontiera si volge, sempre erroneamente, a Ovest, taglia la valle e corre sino al lago di Campo e di là nuovamente piega a Sud. La carta del Tirolo fatta dallo Stato MaggIore Austriaco, confor- memente alla pietra da noi veduta, fa scendere il confine dal Monte Fumo in direzione mendionale sempre lungo la spon- da destra della Valle: ed è chiaro abbastanza quanto sia più giusta e naturale questa linea di confine (che era infatti quella esatta - n.d.A.). Si cominciò a discendere per un sentiero erto e si pervenne al Lago di Campo, sulle cui rive giaceva una bella Malga (stalla di mandriani). Questo lago è molto più bello degli alti tre che avevamo veduto; le cui acque sono piU limpide, i dintonii piu aggradevoli, la vegetazione piu ricca. Discendendo giù pel fianco della montagna, in mezzo a pro- fumati boschetti ed a bellissimi ponticelli, si giunse nel fondo della Valle di Fumo, in mezzo alla quale serpeggiava il rapido Chiese. Qui per l'ultima volta si diede un addio alle nevi ed ai ghiacci di quelle alte regioni e si ammirò il cono maestoso del Monte Caré, che spiccava, come capo principale, fra quel- le cime nevose. Superba è la vegetazione di questa vallata, abbondantissima di boschi; la scure, però e la mano dell'uo- mo l'ha già di molto diminuita di questa ricchezza. La strada corre ora a destra, ora a sinistra, or bassa sul fondo della valle, ora alta sorpassando rocce perpendicolan fra le quali s'inabis- sa nimoreggiando il vorticoso torrente. Le cascate si susse- guono continuamente, belle e maestose; esse costringono il viandante a fermarsi e ad ammirarle. Ora tu vedi il fiume in tutta la sua larghezza stisciare, direi, quasi, lungo un'ampia ed alta muraglia, ora furibondo piombare racchiuso fra due strette pareti di granito, ora, divenuto ad un tratto mite e calmo, serpeggiare fra ombrosi boschi di abeti, che col loro verde oscuro oppongono un impareggiabile contrasto alla vi- vace ed abbagliante verzura dei prati. È tale l'incanto della Natura, che e quasi impossibile il distaccare lo sguardo da quelle svariate e meravigliose scene ed i sentimenti che ivi si provano non li può descrivere la piu abile penna di questo mondo. Ma nell'ammirare tanta bellezza, tanta maestà non si può fare a meno di pensare all'autore di essa, autore superiore a qualunque umana potenza; sì; poiché nessun calcolo, nes- sun meccanismo potrà mai creare cose, alle quali un sol essere ha potuto dar forma e vita. Al solo artista forse è dato il riprodurre quella grandezza, quella sublimità; egli solo, per mezzo del suo genio (che altro non è che una scintilla divina) può far provare agli animi altrui la vista dell'opera sua, quegli stessi sentimenti ch'essi provano alla vista della Natura, della creazione di Dio... |