Partenza da La Rasega,
località in frazione Valle,
raggiungibile dalla
strada statale 42 della Valcamonica, deviando, sulla destra, a Cedegolo, per Fresine - Ponte -
Valle: circa 13 km.
Raggiunto Valle si prosegue lungo la strada pianeggiante fino ad un campo sportivo (sulla destra), dove si può
parcheggiare.
Quando la strada per malga Lincino è percorribile si può andarci con l'auto (la strada è stretta,
ha alcuni tornanti critici, ma asfaltata e con pendenze non eccessive)
Andando a piedi dalla Rasiga, si segue la carreggiabile fino alla malga LINCINO quindi
si prosegue sulla destra lungo il sentiero ben segnalato.
Il tratto iniziale, dopo i primi due tornanti, può essere percorso anche sul sentiero
(poco segnalato) che si trova sulla sinistra, transita a ridosso della montagna e
sbuca sulla strada in corrispondenza del rifugio "Stella Alpina" che si trova sulla sommità del
primo gradone glaciale.
Lo "stella alpina" è un bar pizzeria in località "Le Crüste": è un fabbricato caratteristico
per le sue decorazioni "näif" e per le stelle alpine in rilievo sui muri, in granito, nonchè per
una specie di monumento al camoscio nel prato-giardino antistante.
Proseguendo, ora sulla carreggiabile, si transita presso la malga "Le Crüste"
Successivamente si raggiunge la località "Morcc de Töle" dove c'e una Santella che ricorda
un tragico avvenimento dei primi dell'ottocento: una slavina investì ed uccise un
gruppo di giovanissimi che si recavano per "isiga".
24 Aprile 1804 - dal libro dei morti della parrocchia di Valle:
Oltre i molti che furono in grave pericolo restarono sotto la valanga sepolti i qui noti:
- Giovanni Battista figlio di G. Paini anni 23
- Maria Caterina di Giacomo Pasinetti anni 17
- Maria di Bortolo Tosini anni 14
- Lucia del fu Bortolo Bonomelli anni 22
- Domenica di Francesco Spinardi anni 17
Andare per isiga voleva dire andare con una gerla, sui pendii della montagna,
anche in posti molto ripidi, a raccogliere erba (l'isiga è un'erba caratteristica
per essere filiforme e resistente allo strappo), portarla a casa o nella cascina per alimentare
il bestiame, in quanto non avevano sufficienti prati per coltivare il fieno.
Veniva fatta essicare al sole e poi conservata come il fieno.
Era un lavoro particolarmente faticoso oltre che pericoloso.
Immediatamente più a monte (visibile per la staccionata di protezione ora in opera)
è rimasta la testimonianza di un forno per la fabbricazione della calce viva: la zona è
caratterizzata dalla presenza di rocce calcaree e rientra in quella fascia di rocce calcaree, che dalla Concarena,
attraversa la Valcamonica trasversalmente, quindi il monte Colombé-cima Barbignaga, la conc d'Arno, la valle Adamé
in corrispondenza del Lincino e poi prosegue, estendendosi fino alla conca del Baitone.
Questo forno, sicuramente molto antico, è conservato integro in quanto venne utilizzato anche in tempi molto
recenti (anni quaranta), quando c'era carenza di calce e facilità di esbosco senza controlli.
Si raggiunge quindi la malga Lincino e al primo tornante si segue il sentiero (n°15)
che parte sulla nostra destra, e si affronta la "müla" (il sentiero gradonato che risale il gradone glaciale),
in un'ora circa si arriva in Adamé
Sul sentiero pianeggiante immediatamente dopo l'incrocio col sentiero in salita vi è
un cippo a ricordo di quattro ragazzi rimasti vittime di una slavina sul canalino del Castellaccio.
Noi andiamo a destra
Siamo quindi arrivati in Adamé, ecco le opere idrauliche di captazione ed il rifugio.
L'opera di sbarramento porta inciso, sulla dighetta, la data di costruzione: 1911, anno in cui le acque di
Adamè vennero deviate nel lago d'Arno.
Proseguiamo sul sentiero (n°1) lasciando il torrente alla nostra destra; fino alla malga è praticamente
pianeggiante, poi sale per superare un lieve gradino glaciale.
Dopo il primo gradino, segue un secondo, quindi si arriva ad una nuova zona pianeggiante, questa volta molto estesa.
A questo punto risulta visibile la Baita Adamé, in fondo, dove la valle piega sulla nostra sinistra.
Si vedono, a sinistra, le due "casine di mezzo" e a destra la baita Adamé del CAI Cedegolo.
Dal rifugio fino alla Baita Adamé, in condizioni normali, (senza neve) si impiega circa un'ora.
Immediatamente dopo la baita, il sentiero prosegue dividendosi in due, uno continua in sponda destra orografica:
sentiero n° 1 e poi n° 29 per raggiungere rispettivamente: il rifugio Prudenzini in Val Salarno, oppure il passo
Salarno (dalla Valle Adamé); il secondo, devia a destra e attraverso un ponticello si sposta in sponda sinistra
orografica, e si dirige verso il passo e la cima Buciaga (n°36); noi seguiamo quest'ultimo.
Si prosegue per cinque minuti, quindi alla nostra destra troviamo una deviazione, che seguiamo
(proseguendo diritto si va verso il bivacco Baroni, sentiero n° 30).
Il sentiero sale a zig-zag lungo un conoide morenico inerbito che si estende da una valletta che scende da
uno stretto canalino più a monte; più avanti il sentiero si sposta sulla nostra sinistra per superare
un promontorio di roccia, quindi si gira ancora verso sinistra e si prosegue in diagonale, in salita,
dirigendosi verso il passo di porta Buciaga.
Dopo il promontorio roccioso che abbiamo appena superato, il sentiero non sempre è visibile,
noi proseguiamo comunque tra il "salto" del gradone che delimita verso il basso il coster e la base del monte
Buciaga.
Giunti al passo possiamo osservare tutte le testimonianze lasciate dagli alpini della grande guerra:
ci sono resti di fabbricati, trincee, camminamenti, gallerie e postazioni di tiro per mitragliatrici;
fino a pochi anni fa si vedevano ancora notevoli quantitativi di filo spinato ed altri residui metallici.
In questa zona giungeva anche, durante la guerra 1915-18, una teleferica militare per trasporto di materiali;
c'è ancora la testimonianza della stazione di partenza nel fondo valle, vicino al sentiero lungo la valle Adamé,
a ridosso di un grosso maso erratico.
Dalla baita Adamé al passo ci vogliono circa due ore - due ore e mezza.