ricerca glaciologica


lineamenti meteorologici per l'arco alpino Ghiacciaio di Salarno

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Riporto un interessante articolo tratto dalla rivista "Geografia Fisica e Dinamica quaternaria" vol 18 (2) 1995

ROBERTO MALARODA (*)CENTO ANNI DI RICERCA GLACIOLOGICA IN ITALIA

La dettagliata rassegna, storica e bibliografica, pubblica­ta nel 1927 da Federico SACCO(1) a quel tempo Presidente della Commissione per la Glaciologia del Comitato Geode­tico e Geofisico del CNR, mi consente di abbreviare molto il discorso sull’inizio degli studi glaciologici in Italia.

Dopo i lavori di cartografia geografica e topografica in cui i corpi glaciali hanno trovato quasi sempre una qualche illustrazione, dopo singole, rare, osservazioni glaciologiche disperse entro pubblicazioni di altro carattere del ‘500, ‘600 e ‘700, uno sviluppo coordinato ed un infittirsi di stu­di relativi a ghiacciai attuali ed estinti si verifica solo, ma in maniera esplosiva, verso la metà dell’800 e in particolare negli anni 60 di quel secolo.

È di quel decennio la tesi di laurea di Martino BARETTI «I ghiacciai antichi e moderni», discussa presso l’Università di Bologna e pubblicata a Torino nel 1866. Benché essen­zialmente di carattere compilativo, essa costituisce un lavo­ro monografico ordinato e completo che, grazie al fatto di essere stampato, deve aver avuto una discreta diffusione ed aver contribuito non poco a promuovere la conoscenza e l’interesse per i ghiacciai.
Fra gli autori di quel tempo dominano il campo, per l’ar­gomento che ci riguarda, Bartolomeo GASTALDI, il BARETTI, Luigi BRUNO ed il SACCO, illustri piemontesi, geologi ed al­pinisti. Tutti, hanno operato con studi sui ghiacciai attuali e quaternari, e molto anche nella divulgazione delle cono­scenze di questo settore. Naturalmente, i loro contributi ri­guardano essenzialmente le Alpi e, per lo più, le Alpi del Piemonte. E bisogna ricordare che la loro azione, spesso af­fiancata ad imprese alpinistiche, fu fortemente incoraggiata e coordinata dalla Sezione Torinese del CAI, di cui faceva­no parte, cui va riconosciuta perciò, nel nostro campo, par­ticolare benemerenza. E nell’ambiente degli amanti della montagna che, inizialmente, gli autori sopra ricordati cerca­rono di diffondere l’interesse e la capacità di corrette ed or­dinate osservazioni sul fenomeno glaciale.

Nella seconda metà del XIX secolo escono, per la prima volta corredate da copiosa documentazione cartografica, ol­tre ad opere minori, dettagliati lavori di Glaciologia. Non si può non ricordare, tra questi, quello del BARETTI (1880) sul Ghiacciaio del Miage, l’unico che tratti in maniera esau­riente di un ghiacciaio attuale.


Vedretta di Salarno: fronte e morene laterali(27 settembre 2001)

Per quanto riguarda i ghiacciai pleistocenici le pubblica­zioni sono invece numerose. Si tratta precisamente:
  1. di uno studio sull’anfiteatro morenico d’Ivrea dovuto al BRUNO (1877) e di una carta geologica dello stesso, opera di A. MARCO (1892);
  2. di una rassegna sul glacialismo dell’Appennino Set­tentrionale elaborata da SACCO (1984);
  3. di una serie di monografie, tutte di SACCO e tutte corredate da carte alla scala 1:100.000, relative agli anfi­teatri morenici: di Rivoli (1887), del Lago Maggiore (1892), del Lago di Como (1893), del Lago d’Iseo (1894) e del Lago di Garda (1896).

Queste pubblicazioni compaiono nel Bollettino del Club Alpino Italiano, nelle Memorie e negli Atti dell’Acca­demia delle Scienze di Torino (che ha ospitato la già citata prima illustrazione monografica, quella del Ghiacciaio del Miage del BARETTI) e negli Annali dell’Accademia di Agri­coltura di Torino (che hanno accolto molte delle monogra­fie del SACCO).

Tali le premesse, che vedono il Piemonte, le Alpi Occi­dentali, il CAI piemontese e le accademie di Torino in pri­mo piano. Nasce così, sul finire del secolo scorso, il nucleo di quello che sarà il COMITATO GLACIOLOGICO ITALIANO. Nella storia di queste origini e degli anni successivi emerge la fi­gura di Federico SACCO (2), che domina la transizione tra l’800 ed il ‘900, grazie alla sua passione e tenacia di ricer­catore e rilevatore ed alla prodigiosa opera promozionale che ha potuto esplicare nel corso di tutta la sua lunga vita.


Vedretta di Salarno: 27 settembre 2001

Benché lavori di Glaciologia vengano pubblicati su rivi­ste diverse anche dopo il 1895, la storia della nostra disci­plina è documentata, da allora, essenzialmente nel periodi­co del Comitato Glaciologico Italiano, anche se esso non vedrà la luce se non nel 1914, cioè a circa ventanni dalla fondazione. Basta una semplice occhiata allo scaffale su cui si allineano i 76 volumi del nostro Bollettino per rendersi conto che esso è stato variabile tanto nella regolarità dei tempi di pubblicazione, quanto nel formato, quanto nella natura e volume del materiale pubblicato. Basta questo per comprendere che anche il CGI, della cui attività il Bolletti­no è testimonianza scritta, ha avuto una vita non facile, con alternanti momenti di espansione, di stasi e di regres­so. Rileggendo tra le righe il suo sviluppo nel tempo, si ca­pisce che ciò è stato soprattutto dovuto alla aleatorietà dei finanziamenti ed alla natura «volontaristica» delle sue strutture, che mai hanno avuto un appoggio permanente e sicuro.
Si possono distinguere, nella vita del COMITATO GLA­CIOLOGJCO ITALIANO, sommariamente, una preistoria e quattro episodi storici separati tra loro, grosso modo, dalle due guerre mondiali e dalla nascita di «Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria».
Quella che chiamerei «preistoria» va dal 1895 al 1910, porta la netta impronta del CAI dal quale la «Commissione per lo Studio dei Ghiacciai Italiani» (3)  è stata fondata, fu dominata dalle figure di Francesco PORRO e Federico SACCO e, per scarsità di mezzi, riuscì soltanto ad essere un modesto stimolo per ricerche glaciologiche individuali. La Commis­sione non aveva una propria sede e si riunì pochissime vol­te. Nel 1910 essa, rivitalizzata dal nuovo presidente del CAI Lorenzo CAMERANO, dà il via alla 1a campagna glaciologica che sarà effettuata nell’Estate 1911. Campagne glaciologi­che regolarmente istituzionalizzate esigeranno un organismo strutturalmente efficiente e, per la archiviazione e la divul­gazione dei dati da esse raccolti, un’apposita pubblicazione periodica. Da queste necessità è sorta probabilmente la spinta a potenziare il Comitato ed a far nascere, nel 1914, il «Bol­lettino del Comitato Glaciologico Italiano».
Questo per gli inizi, la «preistoria». La storia comincia con un periodo breve, che va dal 1910 alla 1a guerra mon­diale, vede affiancarsi al CAI e poi diventare preminente, nel sostegno al nostro Ente, la Società Italiana per il Pro­gresso della Scienza (Sips) ed i contributi occasionali di al­tre strutture (Uffici Idrografici, Ministeri,...). Si svolge sotto la presidenza di Carlo SOMIGLIANA e la vicepresiden­za di Federico SACCO.


Vedretta di Salarno: conoidi di rimpasto (27 settembre 2001)

La Commissione, che viene ora indicata anche come «Commissione Glaciologica Italiana» e, a partire dal 1915, come «Comitato Glaciologico Italiano», trova una sede presso il Politecnico di Torino e vi avvia i primi nuclei del­la biblioteca e dell’archivio fotografico. Segretario, come nel periodo precedente, è Alessandro ROCCATI.
Il periodo successivo è quello essenzialmente compreso tra le due guerre e si conclude nel 1950. È dominato anco­ra, salvo per un breve interregno di Carlo Fabrizio PAR0NA, dalla presidenza di SOMIGLIANA. Continua a collabora­re, ed è sempre vicepresidente, SACCO, ma è soprattutto in­fluente l’opera del nuovo segretario Umberto MONTERIN. Nel 1923 viene pubblicato il primo Statuto e il Bollettino ha un’autonoma redazione. Si riprende, dopo quella inizia­le di SACCO, la raccolta di una Bibliografia Glaciologica, che viene curata ora da MONTERIN, poi da Carlo Felice CAPEL­LO e, sul finire del periodo (1941) da Manfredo VANNI, per giungere fino ai giorni nostri attraverso gli aggiornamenti apprestati dai responsabili dei tre settori attuali delle cam­pagne glaciologiche, messi in forma tabellare, negli anni più recenti da Giovanni Battista CASTIGLIONI (1980-82) e da Giorgio ZANON (1983-92).
La sede del Comitato Glaciologico Italiano viene trasferita a Palazzo Carignano nel 1933, il Bollettino non si fregia più del patrocinio della SIPS anche se la stes­sa, come del resto il CAI, resta fra gli Enti sostenitori. Con il 1937 compare invece, nella testata del Bollettino la promettente indicazione del Consiglio Nazionale del­le Ricerche che fa sperare in un riconoscimento ufficiale ed un sostegno che dia garanzie di continuità per l’av­venire.
Il periodo è fertile di iniziative scientifiche glaciologi­che e, più o meno nel corso di esso, compaiono numerosi studi monografici illustranti i ghiacciai del Bianco (SACCO, CAPELLO), del Rosa (MONTERIN), del Gran Paradiso (SAC­CO, MARETTi, PERETTI), del Monviso (SACCO), dell’Argen­tera (SACCO, CAMOLETTO), dell’Adamello-Presanella (MER­CIAI, SEGRE), delle Breonie (Bruno CASTIGLIONI), del Ceve­dale (BAR0NI0), della Valtellina (NANGERONI), dell’Alto Adige (PERETTI), del Rutor (PERETTI), della Valpelline (VANNI), del Livignaso (NANGERONI).

Sui ghiacciai si compiono non solo studi morfologici ma anche geodetico-topografici, fisici, climatologici, idrologi­ci, geofisici, geomorfologici, vegetazionistici e, soprattut­to, del glacialismo quaternario. Per merito di Carlo PORRO (che in precedenza aveva curato un primo schedario dei ghiacciai) e di P. LABUS, l’IGM pubblica un «Atlante dei Ghiacciai Italiani». Per la prima volta viene studiato l’uni­co ghiacciaio appenninico, quello del Calderone (T0NINI, 1930). Sono descritti anche alcuni ghiacciai extraeuropei.
Con la seconda guerra mondiale, a partire dal 1943 si apre il più lungo periodo di crisi. Essa è dovuta agli eventi di quel periodo, ma in maniera rilevante anche alla scom­parsa, in rapida successione, di PARONA, MONTERIN e SAC­CO. Per lunghi anni il Comitato si regge solo sull’impegno del segretario VANNI, che contribuisce anche con ricerche personali ma soprattutto mantenendo vive le due rubriche delle variazioni dei ghiacciai italiani e delle relazioni delle » campagne glaciologiche. Fortunatamente, tra il 1950 ed il 1965, il Comitato Glaciologico Italiano conosce un altro periodo di rivitalizzazione, caratterizzato dalla comparsa di nuovi finanziatori (Enti industriali ed Enti locali piemontesi) ma soprattutto dall’ormai acquisito patrocinio e finanziamento da parte del CNR.


Vedretta di Salarno: conoidi di rimpasto (27 settembre 2001)

Ai 25 volumi della prima serie del Bollettino vengono ad aggiungersi quelli della 2 a serie, più fitti e regolari, più ricchi di lavori monografici e di documenti cartografici. Sono di questo periodo le prime carte a grande scala con rilevamenti stereofotogrammetrici, come quelle del Ghiac­ciaio del Lys (CUNJETTI & MARAZIO, 1955), dell’alta Val­nontey (PERETTI & LESCA, 1956), dei ghiacciai di Verra nel M.          Rosa (VALTS & DE GEMINI, 1956), del Ghiacciaio di Valtournanche (LESCA, VANNI & DE GEMINI, 1995), del Ghiacciaio di Tyndall nel Cervino (LESCA, 1955).
Questa produzione cartografica sarà poi proseguita in varie aree glaciali alpine italiane e, assieme all’Archivio Fotografico e alle campagne glaciologiche, rappresenterà quanto di più notevole nel campo della documentazione glaciologica il Comitato ha potuto raccogliere nel corso della sua attività. Le qualità editoriali del nostro Bolletti­no, e in particolare le illustrazioni delle campagne glacio­logiche, migliorano sostanzialmente con il 1969, anno in cui esso viene dotato di una vera e propria struttura reda­zionale. Chiusa la serie della rubrica «Bibliografia Glacio­logica Italiana», dopo la «Bibliografia dei ghiacciai della Valle d’Aosta» di Carla ORIGLIA (1953) e quella sui «ghiac­ciai dell’Ortles-Cevedale» di Ardito DESJO (1965) l’utilissi­ma segnalazione di quanto pubblicato in campo glaciologi­co viene ripresa, sotto altra forma, dalla «Bibliografia ana­litica dei ghiacciai italiani nelle pubblicazioni del CGI» di Michele PANTALEO (1973) di cui, con il primo numero del­la nuova rivista «Archivio del Comitato Glaciologico Ita­liano», è stato distribuito ai partecipanti all’odierna manifestazione «l’aggiornamento» curato da Giovanni MORTARA, Luca MERCALLI, Furio DUTTO e Armando CASA­GRANDE.
Si succedono, dopo l’ultima presidenza di SOMIGLIANA, quelle di Egidio FERUGLIO e, più lungamente, quella di Giulio DE MARCHI.
Cominciano a comparire lavori sul manto nevoso. Tro­veranno incremento nella neocostituita «Commissione per la Neve» (1952) che farà capo a Giuseppe MORANDINI.(4)


Vedretta di Salarno: 1996

Le ricerche sul manto nevoso diventerranno, in seguito, sempre più numerose tanto che nel 1956 verrà loro riserva­ta annualmente una seconda parte del Bollettino, competi­tiva, quanto a ricchezza di dati ed estensione, con la pri­ma. La Commissione per la Neve continuerà la sua attività fino alla scomparsa di MORANDINI (1969) e produrrà, fra l’altro, l’installazione di stazioni nivometriche, nonché stu­di illustranti varie caratteristiche della meteora «neve» (precipitazioni nevose, permanenza della neve al suolo, spessori del manto nevoso, carte tematiche nivometriche e ricerche sulle valanghe).
Verso la fine del quindicennio il CGI dà corso alla più appariscente delle sue iniziative inserendosi nell’Anno Geofisico Internazionale 1957-58. Essa, con il concorso finanziario dell’ANIDEL (Associazione Nazionale Imprese Distributrici Energia Elettrica), della SADE (Società Adria­tica Elettricità), della Sip (Società Idroelettrica Piemonte) e del Magistrato alle Acque, produrrà la fondamentale opera in 4 volumi «Catasto dei Ghiacciai Italiani» (1959-62) e inoltre alcune monografie su singoli ghiacciai corredate da carte fotogrammetriche a grande scala. I ghiacciai scelti come particolarmente significativi sono quelli del Miage nel Gruppo del Bianco, del Belvedere nel Gruppo del Rosa, del Caresèr nel Gruppo del Cevedale, della Marmolada nelle Dolomiti e dal Calderone nel Grup­po del Gran Sasso.
Segue la storia dell’ultimo trentennio, caratterizzata dalla progressiva riduzione dell’impegno del CNR, conse­guente alla ristrutturazione dei suoi organi e ad una nuova politica dei finanziamenti.
Ne viene compromessa, oltre al resto, anche la regolari­tà di edizione del periodico, che conosce alcune disconti­nuità (1966-69) e che, con il 1978, è obbligato ad iniziare una terza serie nella quale viene introdotta la nuova testata «Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria». A fianco di que­sto sofferto sacrificio della tradizione, che apre il nostro periodico a tutti i settori della Geografia Fisica e anche della Geologia del Quaternario, si devono riconoscere i vantaggi di una migliore veste tipografica e di una più va­sta diffusione. La nostra rivista è ora meglio conosciuta e più ricercata e gode di una notevole autonomia per quanto riguarda la redazione, inizialmente diretta da me ed ora da Paolo Roberto FEDERICI.


Vedretta di Salarno: 1990

Alla presidenza del CGI si succedono, rapidamente an­che per effetto del nuovo Statuto approvato nel 1974 che non permette la rielezione se non per una sola volta, Ardi­to DESIO (che ha nel frattempo pubblicato la sua imponen­te monografia glaciologica sui ghiacciai dell’Ortles­Cevedale), chi vi parla, Giovanni Battista CASTIGLIONI, Se­verino BELLONI, e da ultimo Augusto BIANCOTTI che, oltre che per il grande sforzo riorganizzativo, si sta facendo ora apprezzare per questo convegno celebrativo.
Nell’attuale trentennio siamo stati anche testimoni del consenso faticosamente conquistato e faticosamente man­tenuto che ha prodotto finanziamenti da parte dell’ENEL e di alcune Regioni alpine e abbiamo visto aumentare sensibilmente il numero dei membri del Comitato. Par­ticolarmente notevole è stata l’organizzazione di conve­gni glaciologici nazionali, il 10 a Bormio (1970), il 20 a Courmayeur (1971), il 30 a Trento (1973), il 40 a Udi­ne (1975), il 50 a Bolzano (1983) ed il 60 a Gressoney (1991).
Anche se si son dovute trovare nuove fonti di finanzia­mento, diverse da quella, che ci dava una tranquilla sicu­rezza, del CNR, le campagne glaciologiche sono state, co­m’è logico, la «perla» della nostra attività ed hanno visto continuare , rinnovarsi ed accrescersi l’opera dei non mai abbastanza apprezzati «operatori». La redazione delle rela­zioni e quella consuntiva dei dati annuali, che era compito originario del Segretario, è stata, con il 1978, riorganizzata e suddivisa in tre settori ad ognuno dei quali è preposto un Responsabile. Per il Settore Piemontese-Aostano si sono succeduti in questo compito LESCA, CERRUTi e ARMANDO, per quello Lombardo SAIBENE e SMIRAGLIA, mentre il Set­tore Veneto ed Appenninico è rimasto sempre affidato alle cure di ZANON.
Le iniziative non mancano (ricordo ancora, soltanto, quella per il nuovo Catasto) e le difficoltà (che si dice stimolino l’impegno degli uomini di buona volontà) nep­pure. Che il ricordo di quanto è stato fatto in passato sia di buon auspicio per quanto deve essere fatto nell’av­venire!
Nota: mentre il presente lavoro era in corso di stampa, una rassegna delle ricerche glaciologiche e nivologiche ita­liane, corredata da bibliografia, è stata pubblicata anche dalla Société Hydrotechnique de France (MERCALLI L. MORTARA G., Rossi G.C. & SMIRAGLIA C., Neige et gla­ciers dans les Alpes italiennes: un siècle de recherche. Atti Colloque d’Hydrotechnique, 157e Session du Comité Scientifique et Technique, Grenoble 15-16 Février 1995, 2 17-226).

(*) Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Torino.
Relazione presentata al Convegno «Cento anni di ricerca glaciologica in Italia», Torino, 19-20 Ottobre 1995 (Lecture presented at the Meeting «100 yean of glaciological research in Italys» 19-20 October 1995).

(1)Sacco F. - Gli stndi glaciologici in Italia. Consiglio Nazionale del­le Ricerche, Comitato Geodetico e Geofisico - Sezione per l’Idrogeologia Scientifica, Roma 1927.

(2)MALARODA R. - Ricordando Federico Sacco, Alpinismo, Boll. o. 91 del CAI, 1990.

(3) Il Club Alpino Italiano, che già in precedenza aveva incoraggiato gli studi sui ghiacciai, nel corso del 260 Congresso della sua Sezione di To­rino (1894) deliberò la costituzione della suddetta Commissione e ne affi­dò la presidenza a Francesco PORRO.

(4)MALARODA R. - Giuseppe Morandini (190 7-69). Cenni Commemo­rativi. Atti Acc. Sc.Torino, 103 (1970-71).

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