La dettagliata rassegna, storica e bibliografica, pubblicata nel 1927 da Federico
SACCO(1) a quel tempo Presidente della Commissione per la
Glaciologia del Comitato Geodetico e Geofisico del CNR, mi consente di
abbreviare molto il discorso sull’inizio degli studi glaciologici in Italia.
Dopo i lavori di cartografia geografica e topografica in cui i
corpi glaciali hanno trovato quasi sempre una qualche illustrazione, dopo
singole, rare, osservazioni glaciologiche disperse entro pubblicazioni di altro
carattere del ‘500, ‘600 e ‘700, uno sviluppo coordinato ed un infittirsi di
studi relativi a ghiacciai attuali ed estinti si verifica solo, ma in maniera
esplosiva, verso la metà dell’800 e in particolare negli anni 60 di quel
secolo.
È di quel decennio la tesi di laurea di Martino BARETTI «I ghiacciai antichi e
moderni», discussa presso l’Università di Bologna e pubblicata a Torino nel
1866. Benché essenzialmente di carattere compilativo, essa costituisce un lavoro
monografico ordinato e completo che, grazie al fatto di essere stampato, deve
aver avuto una discreta diffusione ed aver contribuito non poco a promuovere la
conoscenza e l’interesse per i ghiacciai.
Fra gli autori di quel tempo dominano il campo, per l’argomento che ci riguarda,
Bartolomeo GASTALDI, il BARETTI, Luigi BRUNO ed il SACCO, illustri piemontesi,
geologi ed alpinisti. Tutti, hanno operato con studi sui ghiacciai attuali e
quaternari, e molto anche nella divulgazione delle conoscenze di questo
settore. Naturalmente, i loro contributi riguardano essenzialmente le Alpi e,
per lo più, le Alpi del Piemonte. E bisogna ricordare che la loro azione,
spesso affiancata ad imprese alpinistiche, fu fortemente incoraggiata e
coordinata dalla Sezione Torinese del CAI, di cui facevano parte, cui va
riconosciuta perciò, nel nostro campo, particolare benemerenza. E
nell’ambiente degli amanti della montagna che, inizialmente, gli autori sopra
ricordati cercarono di diffondere l’interesse e la capacità di corrette ed ordinate
osservazioni sul fenomeno glaciale.
Nella seconda metà del XIX secolo escono, per la
prima volta corredate da copiosa documentazione cartografica, oltre ad opere
minori, dettagliati lavori di Glaciologia. Non si può non ricordare, tra
questi, quello del BARETTI (1880) sul Ghiacciaio del Miage, l’unico che tratti
in maniera esauriente di un ghiacciaio attuale.
Vedretta di Salarno: fronte e morene laterali(27 settembre 2001)
Per quanto riguarda i ghiacciai pleistocenici le pubblicazioni sono invece
numerose. Si tratta precisamente:
- di uno studio sull’anfiteatro morenico
d’Ivrea dovuto al BRUNO (1877) e di una
carta geologica dello stesso, opera di A. MARCO (1892);
- di una rassegna sul glacialismo dell’Appennino
Settentrionale elaborata da
SACCO (1984);
- di una serie di monografie, tutte di SACCO e
tutte corredate da carte alla scala 1:100.000,
relative agli anfiteatri morenici: di Rivoli (1887), del Lago Maggiore (1892),
del Lago di Como (1893), del Lago d’Iseo (1894) e del Lago di Garda (1896).
Queste pubblicazioni compaiono nel Bollettino del Club Alpino Italiano, nelle Memorie
e negli Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino (che ha ospitato la già
citata prima illustrazione monografica, quella del Ghiacciaio del Miage del
BARETTI) e negli Annali dell’Accademia di Agricoltura di Torino (che hanno
accolto molte delle monografie del SACCO).
Tali le premesse, che vedono il Piemonte, le Alpi Occidentali, il CAI piemontese e
le accademie di Torino in primo piano. Nasce così, sul finire del secolo
scorso, il nucleo di quello che sarà il COMITATO GLACIOLOGICO ITALIANO. Nella
storia di queste origini e degli anni successivi emerge la figura di Federico
SACCO (2), che domina la transizione tra l’800 ed il ‘900, grazie alla sua
passione e tenacia di ricercatore e rilevatore ed alla prodigiosa opera
promozionale che ha potuto esplicare nel corso di tutta la sua lunga vita.
Vedretta di Salarno: 27 settembre 2001
Benché lavori di Glaciologia vengano pubblicati su riviste diverse anche dopo il
1895, la storia della nostra disciplina è documentata, da allora,
essenzialmente nel periodico del Comitato Glaciologico Italiano, anche se esso
non vedrà la luce se non nel 1914, cioè a circa ventanni dalla fondazione.
Basta una semplice occhiata allo scaffale su cui si allineano i 76 volumi del
nostro Bollettino per rendersi conto che esso è stato variabile tanto nella
regolarità dei tempi di pubblicazione, quanto nel formato, quanto nella natura
e volume del materiale pubblicato. Basta questo per comprendere che anche il
CGI, della cui attività il Bollettino è testimonianza scritta, ha avuto una
vita non facile, con alternanti momenti di espansione, di stasi e di regresso.
Rileggendo tra le righe il suo sviluppo nel tempo, si capisce che ciò è stato
soprattutto dovuto alla aleatorietà dei finanziamenti ed alla natura
«volontaristica» delle sue strutture, che mai hanno avuto un appoggio
permanente e sicuro.
Si possono distinguere, nella vita del COMITATO GLACIOLOGJCO ITALIANO,
sommariamente, una preistoria e quattro episodi storici separati tra loro,
grosso modo, dalle due guerre mondiali e dalla nascita di «Geografia Fisica e
Dinamica Quaternaria».
Quella che chiamerei «preistoria» va dal 1895 al 1910, porta la netta impronta del CAI
dal quale la «Commissione per lo Studio dei Ghiacciai Italiani» (3) è stata fondata, fu dominata dalle figure di
Francesco PORRO e Federico SACCO e, per scarsità di mezzi, riuscì soltanto ad
essere un modesto
stimolo per ricerche glaciologiche individuali. La Commissione non aveva una propria sede e si
riunì pochissime volte. Nel 1910 essa, rivitalizzata dal nuovo presidente del
CAI Lorenzo CAMERANO, dà il via alla 1a campagna glaciologica che
sarà effettuata nell’Estate 1911. Campagne glaciologiche regolarmente
istituzionalizzate esigeranno un organismo strutturalmente efficiente e, per la
archiviazione e la divulgazione dei dati da esse raccolti, un’apposita
pubblicazione periodica. Da queste necessità è sorta probabilmente la spinta a
potenziare il Comitato ed a far nascere, nel 1914, il «Bollettino del Comitato
Glaciologico Italiano».
Questo per gli inizi, la «preistoria». La storia comincia con un periodo breve, che va
dal 1910 alla 1a guerra mondiale, vede affiancarsi al CAI e poi
diventare preminente, nel sostegno al nostro Ente, la Società Italiana per il
Progresso della Scienza (Sips) ed i contributi occasionali di altre strutture
(Uffici Idrografici, Ministeri,...). Si svolge sotto la presidenza di Carlo
SOMIGLIANA e la vicepresidenza di Federico SACCO.
Vedretta di Salarno: conoidi di rimpasto (27 settembre 2001)
La Commissione, che viene ora indicata anche come «Commissione Glaciologica
Italiana» e, a partire dal 1915, come «Comitato Glaciologico Italiano», trova
una sede presso il Politecnico di Torino e vi avvia i primi nuclei della
biblioteca e dell’archivio fotografico. Segretario, come nel periodo
precedente, è Alessandro ROCCATI.
Il periodo successivo è quello essenzialmente compreso tra le due guerre e si
conclude nel 1950. È dominato ancora, salvo per un breve interregno di Carlo
Fabrizio PAR0NA, dalla presidenza di SOMIGLIANA. Continua a collaborare, ed è
sempre vicepresidente, SACCO, ma è soprattutto influente l’opera del nuovo
segretario Umberto MONTERIN. Nel 1923 viene pubblicato il primo Statuto e il
Bollettino ha un’autonoma redazione. Si riprende, dopo quella iniziale di
SACCO, la raccolta di una Bibliografia Glaciologica, che viene curata ora da
MONTERIN, poi da Carlo Felice CAPELLO e, sul finire del periodo (1941) da
Manfredo VANNI, per giungere fino ai giorni nostri attraverso gli aggiornamenti
apprestati dai responsabili dei tre settori attuali delle campagne
glaciologiche, messi in forma tabellare, negli anni più recenti da Giovanni
Battista CASTIGLIONI (1980-82) e da Giorgio ZANON (1983-92).
La sede del Comitato Glaciologico Italiano viene trasferita a Palazzo Carignano
nel 1933, il Bollettino non si fregia più del patrocinio della SIPS anche se la
stessa, come del resto il CAI, resta fra gli Enti sostenitori. Con il 1937
compare invece, nella testata del Bollettino la promettente indicazione del
Consiglio Nazionale delle Ricerche che fa sperare in un riconoscimento
ufficiale ed un sostegno che dia garanzie di continuità per l’avvenire.
Il periodo è fertile di iniziative scientifiche
glaciologiche e, più o meno nel corso di esso, compaiono numerosi studi
monografici illustranti i ghiacciai del Bianco (SACCO, CAPELLO), del Rosa
(MONTERIN), del Gran Paradiso (SACCO, MARETTi, PERETTI), del Monviso (SACCO),
dell’Argentera (SACCO, CAMOLETTO), dell’Adamello-Presanella (MERCIAI, SEGRE),
delle Breonie (Bruno CASTIGLIONI), del Cevedale (BAR0NI0), della Valtellina
(NANGERONI), dell’Alto Adige (PERETTI), del Rutor (PERETTI), della Valpelline
(VANNI), del Livignaso (NANGERONI).
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Sui ghiacciai si compiono non solo studi morfologici ma anche geodetico-topografici,
fisici, climatologici, idrologici, geofisici, geomorfologici, vegetazionistici
e, soprattutto, del glacialismo quaternario. Per merito di Carlo PORRO (che in
precedenza aveva curato un primo schedario dei ghiacciai) e di P. LABUS, l’IGM
pubblica un «Atlante dei Ghiacciai Italiani». Per la prima volta viene studiato
l’unico ghiacciaio appenninico, quello del Calderone (T0NINI, 1930). Sono
descritti anche alcuni ghiacciai extraeuropei.
Con la seconda guerra mondiale, a partire dal 1943 si apre il più lungo periodo di crisi.
Essa è dovuta agli eventi di quel periodo, ma in maniera rilevante anche alla scomparsa,
in rapida successione, di PARONA, MONTERIN e SACCO. Per lunghi anni il
Comitato si regge solo sull’impegno del segretario VANNI, che contribuisce
anche con ricerche personali ma soprattutto mantenendo vive le due rubriche
delle variazioni dei ghiacciai italiani e delle relazioni delle » campagne
glaciologiche. Fortunatamente, tra il 1950 ed il 1965, il Comitato Glaciologico
Italiano conosce un altro periodo di rivitalizzazione, caratterizzato dalla
comparsa di nuovi finanziatori (Enti industriali ed Enti locali piemontesi) ma
soprattutto dall’ormai acquisito patrocinio e finanziamento da parte del CNR.
Vedretta di Salarno: conoidi di rimpasto (27 settembre 2001)
Ai 25 volumi della prima
serie del Bollettino vengono ad aggiungersi quelli della 2 a serie,
più fitti e regolari, più ricchi di lavori monografici e di documenti
cartografici. Sono di questo periodo le prime carte a grande scala con
rilevamenti stereofotogrammetrici, come quelle del Ghiacciaio del Lys
(CUNJETTI & MARAZIO, 1955), dell’alta Valnontey (PERETTI & LESCA,
1956), dei ghiacciai di Verra nel M. Rosa
(VALTS & DE GEMINI, 1956), del Ghiacciaio di Valtournanche (LESCA, VANNI
& DE GEMINI, 1995), del Ghiacciaio di Tyndall nel Cervino (LESCA, 1955).
Questa produzione cartografica sarà poi proseguita in varie aree glaciali alpine italiane e,
assieme all’Archivio Fotografico e alle campagne glaciologiche, rappresenterà
quanto di più notevole nel campo della documentazione glaciologica il Comitato
ha potuto raccogliere nel corso della sua attività. Le qualità editoriali del
nostro Bollettino, e in particolare le illustrazioni delle campagne glaciologiche,
migliorano sostanzialmente con il 1969, anno in cui esso viene dotato di una
vera e propria struttura redazionale. Chiusa la serie della rubrica
«Bibliografia Glaciologica Italiana», dopo la «Bibliografia dei ghiacciai
della Valle d’Aosta» di Carla ORIGLIA (1953) e quella sui «ghiacciai
dell’Ortles-Cevedale» di Ardito DESJO (1965) l’utilissima segnalazione di
quanto pubblicato in campo glaciologico viene ripresa, sotto altra forma,
dalla «Bibliografia analitica dei ghiacciai italiani nelle pubblicazioni del
CGI» di Michele PANTALEO (1973) di cui, con il primo numero della nuova
rivista «Archivio del Comitato Glaciologico Italiano», è stato distribuito ai
partecipanti all’odierna manifestazione «l’aggiornamento» curato da Giovanni
MORTARA, Luca MERCALLI, Furio DUTTO e Armando CASAGRANDE.
Si succedono, dopo l’ultima presidenza di SOMIGLIANA, quelle di Egidio FERUGLIO e,
più lungamente, quella di Giulio DE MARCHI.
Cominciano
a comparire lavori sul manto nevoso. Troveranno incremento nella neocostituita
«Commissione per la Neve» (1952) che farà capo a Giuseppe MORANDINI.(4)
Vedretta di Salarno: 1996
Le ricerche sul manto nevoso diventerranno, in seguito, sempre più numerose
tanto che nel 1956 verrà loro riservata annualmente una seconda parte del
Bollettino, competitiva, quanto a ricchezza di dati ed estensione, con la prima.
La Commissione per la Neve continuerà la sua attività fino alla scomparsa di
MORANDINI (1969) e produrrà, fra l’altro, l’installazione di stazioni nivometriche,
nonché studi illustranti varie caratteristiche della meteora «neve»
(precipitazioni nevose, permanenza della neve al suolo, spessori del manto nevoso,
carte tematiche nivometriche e ricerche sulle valanghe).
Verso la fine del quindicennio il CGI dà corso alla
più appariscente delle sue iniziative inserendosi nell’Anno Geofisico
Internazionale 1957-58. Essa, con il concorso finanziario dell’ANIDEL
(Associazione Nazionale Imprese Distributrici Energia Elettrica), della SADE
(Società Adriatica Elettricità), della Sip (Società Idroelettrica Piemonte) e
del Magistrato alle Acque, produrrà la fondamentale opera in 4 volumi «Catasto
dei Ghiacciai Italiani» (1959-62) e inoltre alcune monografie su singoli
ghiacciai corredate da carte fotogrammetriche a grande scala. I ghiacciai
scelti come particolarmente significativi sono quelli del Miage nel Gruppo del
Bianco, del Belvedere nel Gruppo del Rosa, del Caresèr nel Gruppo del Cevedale,
della Marmolada nelle Dolomiti e dal Calderone nel Gruppo del Gran Sasso.
Segue la storia dell’ultimo trentennio, caratterizzata dalla progressiva riduzione
dell’impegno del CNR, conseguente alla ristrutturazione dei suoi organi e ad
una nuova politica dei finanziamenti.
Ne viene compromessa, oltre al resto, anche la regolarità di edizione del
periodico, che conosce alcune discontinuità (1966-69) e che, con il 1978, è
obbligato ad iniziare una terza serie nella quale viene introdotta la nuova
testata «Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria». A fianco di questo sofferto
sacrificio della tradizione, che apre il nostro periodico a tutti i settori
della Geografia Fisica e anche della Geologia del Quaternario, si devono
riconoscere i vantaggi di una migliore veste tipografica e di una più vasta
diffusione. La nostra rivista è ora meglio conosciuta e più ricercata e gode di
una notevole autonomia per quanto riguarda la redazione, inizialmente diretta
da me ed ora da Paolo Roberto FEDERICI.
Vedretta di Salarno: 1990
Alla presidenza del CGI si succedono, rapidamente anche per effetto del nuovo
Statuto approvato nel 1974 che non permette la rielezione se non per una sola
volta, Ardito DESIO (che ha nel frattempo pubblicato la sua imponente monografia
glaciologica sui ghiacciai dell’OrtlesCevedale), chi vi parla, Giovanni
Battista CASTIGLIONI, Severino BELLONI, e da ultimo Augusto BIANCOTTI che,
oltre che per il grande sforzo riorganizzativo, si sta facendo ora apprezzare
per questo convegno celebrativo.
Nell’attuale trentennio
siamo stati anche testimoni del consenso faticosamente conquistato e
faticosamente mantenuto che ha prodotto finanziamenti da parte dell’ENEL e di
alcune Regioni alpine e abbiamo visto aumentare sensibilmente il numero dei membri
del Comitato. Particolarmente notevole è stata l’organizzazione di convegni
glaciologici nazionali, il 10 a Bormio (1970), il 20 a Courmayeur (1971), il 30
a Trento (1973), il 40 a Udine (1975), il 50 a Bolzano (1983) ed il 60 a
Gressoney (1991).
Anche se si son dovute trovare nuove fonti di finanziamento, diverse da quella, che
ci dava una tranquilla sicurezza, del CNR, le campagne glaciologiche sono
state, com’è logico, la «perla» della nostra attività ed hanno visto
continuare , rinnovarsi ed accrescersi l’opera dei non mai abbastanza
apprezzati «operatori». La redazione delle relazioni e quella consuntiva dei
dati annuali, che era compito originario del Segretario, è stata, con il 1978,
riorganizzata e suddivisa in tre settori ad ognuno dei quali è preposto un
Responsabile. Per il Settore Piemontese-Aostano si sono succeduti in questo
compito LESCA, CERRUTi e ARMANDO, per quello Lombardo SAIBENE e SMIRAGLIA,
mentre il Settore Veneto ed Appenninico è rimasto sempre affidato alle cure di
ZANON.
Le iniziative non mancano (ricordo ancora, soltanto, quella per il nuovo Catasto)
e le difficoltà (che si dice stimolino l’impegno degli uomini di buona volontà)
neppure. Che il ricordo di quanto è stato fatto in passato sia di buon
auspicio per quanto deve essere fatto nell’avvenire!
Nota: mentre il presente lavoro era in corso di stampa, una rassegna delle ricerche
glaciologiche e nivologiche italiane, corredata da bibliografia, è stata
pubblicata anche dalla Société Hydrotechnique de France (MERCALLI L. MORTARA
G., Rossi G.C. & SMIRAGLIA C., Neige et glaciers dans les Alpes
italiennes: un siècle de recherche.
Atti Colloque d’Hydrotechnique,
157e Session du Comité Scientifique et Technique, Grenoble 15-16
Février 1995, 2 17-226).
(*)
Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Torino.
Relazione presentata al Convegno «Cento anni di ricerca glaciologica in Italia», Torino,
19-20 Ottobre 1995 (Lecture presented at the Meeting «100 yean of glaciological
research in Italys» 19-20 October 1995).
(1)Sacco F. - Gli stndi glaciologici in Italia. Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Comitato Geodetico e Geofisico - Sezione per l’Idrogeologia
Scientifica, Roma 1927.
(2)MALARODA R. - Ricordando Federico Sacco,
Alpinismo, Boll. o. 91 del CAI, 1990.
(3)
Il Club Alpino Italiano, che già in precedenza aveva incoraggiato gli studi sui
ghiacciai, nel corso del 260 Congresso della sua Sezione di Torino (1894)
deliberò la costituzione della suddetta Commissione e ne affidò la presidenza
a Francesco PORRO.
(4)MALARODA R. - Giuseppe
Morandini (190 7-69). Cenni Commemorativi. Atti Acc. Sc.Torino, 103 (1970-71).
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