Rifugio Salarno


 

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Sentiero degli invasi dell'Adamello

DESCRIZIONE

Venne costruito nel 1881 ed inaugurato nel 1884.
Gualtiero Laeng lo descrive così: "poco più di una spelonca, un vano ricavato a ridosso di un gigantesco macigno, e ricoperto da una tavola di masselli di granito; gocciola da ogni parte e dà l'impressione di crollare da un momento all'altro."

Nel 1897 venne aggiunto un altro locale che aveva accesso dal primo e poteva ospitare 8 persone.

Dal volume: Adamello: il tempo dei pionieri di Vittorio Martinelli - ediz.Martinelli Povinelli - 1992

....viene descritta la salita in Adamello da parte di una comitiva partita da Sarezzo il 21 agosto 1871 che raggiunse l'Adamello il 24 agosto guidata da Lodovico di Brehm....

in quel periodo il rifugio Salarno non esisteva ancora....

"....Dopo aver superato un altro piccolo salto, che s'innalza fra il Lago di Massisio e quello di Salarno, si giunse ad un'altezza di circa 200 metri sopra quest'ultimo lago; esso è certo due volte piu vasto dell'altro, piu tetro e piu orrido.

Alle .... si poneva piede sulla soglia della Baita o capanna di Salarno, ultima della valle (devo usare questa parola del dialetto, «Baita», che indica propriamente quelle misere capannucce dei mandriani).
Selvaggio assai è questo luogo.
Ambo le chine dei monti della vallata son coperte di massi granitici e solo il fondo, per picciol tratto piano, è formato da praticelli paludosi fra i quali serpeggia il torbido Poja.

La vegetazione non è qui rappresentata che da poca e magra erba e da miseri «rhododendron»; in generale questa vallata è molto scarsa di vegetazione e al Lago Massisio, alto appena 1986 metri, vi sono già gli ultimi pini nani.

La capanna riposa sui macigni di sopra accennati, anzi una parte di essa è precisamente formata da un immenso sasso; le altre pareti son composte di pietre messe l'una sull'altra senza cemento di sorta e il mal connesso e fracido tetto di assi non è certo bastevole riparo contro i venti, le piogge e le nevi di lassù. La capanna era abitata da un bel giovanotto, possessore d'alcune vacche, che al nostro arrivo pascolavano più su nella valle e da due sudici ragazzi, i quali però non si fecero vedere che a sera.
Intorno stavano oziando due grossi maiali.
La Baita mancava d'ogni cosa; non si trovò nemmeno un pugno di buon fieno ma solamente un po' di muschio secco, compresso entro una specie di nicchia, luogo di riposo delgiovanotto e senza dubbio di mille e mille altri lesti animaletti... Ognuno vede che non c'era da star molto contenti in quel tugurioo e le nostre speranze di passar quivi la notte scemarono a segno che il Nessi (Cassiere della comitiva) aveva offerto come stanza da letto la stalla dei porci, poco discosta da lì, sotto un masso sporgente, alto forse 80 cm; ma ciò fu assolutamente rigettato da mio Padre (comandante in capo).

Intanto le cime dei monti si coprivano di nubi; poi cominciò a piovere e di quando in quando a farsi udire l'eco del tuono, ripercosso dalle balze circostanti. Così le nostre speranze pei giorni venturi divenivano sempre più tenui. La fame però si faceva sentire e si pensò senza indugio al pranzo; i sei polli furono da noi stessi spennati o meglio scorticati e poi messi tutti insieme in un paiuolo e con ciò si produsse una eccellente minestra di riso, nella quale vennero gettati non foglie, ma gambi addinttura di ortiche, grazie alla scienza botanica del Cassiere. Un bel polentone, abilmente preparato dal mulattiere, pose fine al nostro pranzo ed irradiò di allegria i nostri volti, tanto più che di vino non c'era carestia e chi poteva essere più contento di noi, quando verso sera il cielo si rasserenò a poco a poco e si fece visibile il monte Salarno e tutta la strada per la quale, il gionio dopo, speravamo di toccare il ciel col dito, cioè di arrampicarci sulla cima dell'Adamello?

Verso le otto ore ciascuno già sentiva gli occhi pesanti pel sonno e ben presto tutti ci coricammo sopra un po' d'erba secca distesa sopra l'umido suolo di quell'antro, serrati l'uno contro I'altro in modo da non potersi voltare. Il vecchio cacciatore s'era già da un pezzo sdraiato nella nicchia delle pulci e russava fortemente. Anche gli altri però non tardarono ad addormentarsi profondamente e l’alto silenzio della vallata non veniva interrotto che dal rumoreggiare del torrente.

Alle 4 del mattino (24 agosto) tutti ci trovavamo già in piedi. Visto il bel sole che indorava le cime circostanti, si partì allegramente noi sei, lasciando indietro le guide e si arrivò dopo un’ora di cammino e dopo varie avventure accadute nel attraversare il Poja, ai piedi della Vedretta di Salarno, donde quest’ultimo usciva diviso in moltissimi rigagnoli.

Sulla morena laterale del ghiacciaio s’incominciò la salita, la morena è di considerevole mole e da essa si vede chiaramente che il ghiacciaio doveva essere molto più esteso. Il Boldini ci assicurò che da che egli la conosceva, la vedretta si era ritirata per ben 30 metri e questa è un’altra prova del rapido retroce­dere dei ghiacciai.

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IMMAGINI


rifugio


rifugio


retro


interno


esterno


Val Salarno dal rifugio Salarno

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