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1. |
E' la parte del discorso più importante. Infatti esprime il
modo di essere della persona, dell'animale o della cosa di cui si parla, cioè del
"soggetto", o l'azione da questo fatta o subìta. |
2. |
I verbi vanno
pertanto divisi anzitutto in due categorie: i copulativi
ed i predicativi.
I copulativi servono per indicare il modo di essere del soggetto e devono essere sempre accompagnati da un aggettivo o da un sostantivo, perché da soli non hanno un senso compiuto:
"essere", "divenire", "diventare", "parere", "sembrare",
"riuscire", ecc.
(L'espressione "lo sembro" non ha alcun senso, mentre
"lo sembro cattivo" sì).
I predicativi esprimono un'azione. |
3. |
I verbi predicativi
si dividono poi in
transitivi e intransitivi. I transitivi
sono quelli che esprimono un'azione che ha necessariamente
bisogno di un oggetto su cui esplicarsi. Per esempio il verbo
"leggere" presuppone un libro, una lettera su
cui il soggetto esercita l'azione, ma in assoluto non esiste.
Anche quando dico "lo leggo molto" per
intendere che sono una persona intellettualmente impegnata, è
chiaro che non potrei fare l'azione del leggere senza
giornali, riviste, libri.
Gli intransitivi sono
quelli che esprimono un'azione che rimane sul soggetto che la
compie, che non ha bisogno di un oggetto: "andare", "venire", "camminare",
ecc. esprimono azioni che non transitano su un oggetto.
Il verbo essere, di solito
copulativo, è predicativo intransitivo nel senso di
esistere, stare, trovarsi ("Sarò a Roma per la fine della
settimana").
Alcuni verbi possono essere transitivi e intransitivi: ad
esempio il verbo "ardere" ("I romani arsero la città"; "lo ardo
d'amore") e quelli come "alzare - alzarsi"
che nella prima forma sono transitivi ("Alzo il tavolo" - "Il tavolo è alzato da me")
e nella seconda riflessivi apparenti e, quindi, intransitivi
("Mi sono alzato alle otto"). Alcuni verbi
intransitivi possono avere il cosiddetto complemento
oggetto interno, l'unico oggetto per essi possibile,
costituito, di solito, da un sostantivo che ha la stessa
radice del verbo: "Vivere una vita beata",
"Sognare finalmente un sogno felice". |
4. |
I verbi predicativi
transitivi hanno tre forme: quella attiva
(quando il soggetto compie l'azione), quella passiva
(quando il soggetto subisce l'azione) e quella riflessiva
(quando il soggetto compie l'azione e questa ricade
direttamente o indirettamente su di lui). |
5. |
Tutti i verbi
hanno una coniugazione che si articola in modi
e tempi, avendo riguardo
alle persone ed al loro numero.
Nei tempi composti sono accompagnati dai verbi essere
e avere che assumono la funzione di verbi ausiliari.
I verbi transitivi hanno l'ausiliare avere nella
forma attiva ed essere nelle forme passiva e riflessiva.
I verbi intransitivi, che hanno solo la forma attiva,
richiedono alcuni l'ausiliare avere, altri essere
ed altri ancora li ammettono entrambi (per la scelta consulta
la sezione PRONTUARI). |
6. |
I verbi dovere,
potere e volere, seguiti da altro verbo nel modo
infinito, si dicono servili
perché in effetti sono al servizio del verbo seguente, che
esprime l'azione fatta o subita dal soggetto.
Nei tempi composti possono usare il loro naturale ausiliare (avere)
ma preferiscono assumere l'ausiliare del verbo che li segue
("Ho dovuto andare
a Roma" o, meglio, "Son
dovuto andare a Roma"). |
7. |
Tutti i
verbi, ad eccezione di essere e avere, sono
distribuiti in tre coniugazioni: alla 1a
appartengono quelli che all'infinito hanno la desinenza are,
alla 2a quelli che hanno ere,
alla 3a quelli che hanno ire. |
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PROSPETTO
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Generi |
Transitivo |
(se
può avere un compl. oggetto) |
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Intransitivo |
(se
non può avere un compl- oggetto) |
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Forme |
Attiva |
Io
lavo; io vengo |
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Passiva |
Io
sono lavato |
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Riflessiva |
Io mi
lavo (mi=me: forma rifles. propria) |
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Io mi
lavo le mani (mi= a me: impropria) |
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Noi ci
salutiamo (forma rifles. reciproca) |
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Io mi
vergogno (forma rifles. apparente) |
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- |
I
verbi transitivi possono essere attivi, passivi e riflessivi |
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I
verbi intransitivi sono soltanto attivi o riflessivi apparenti |
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il
verbo di forma riflessiva è sempre preceduto da una
particella pronominale che si riferisce al soggetto. Esempi: Noi
ci salutiamo (riflessivo perché "ci" si
riferisce a "noi") Voi ci salutaste (non
riflessivo perché "ci" non si riferisce a
"voi" |
- |
I
verbi senza soggetto si dicono di "forma
impersonale" (piove, si dice). |
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Modi |
Definiti
Indicativo, congiuntivo, condizionale, |
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imperativo |
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Indefiniti |
Infinito,
participio, gerundio |
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Tempi |
dell'Indicativo |
Presente |
Passato prossimo |
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Imperfetto |
Trapassato
prossimo |
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Passato remoto |
Trapassato remoto |
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Futuro semplice |
Futuro anteriore |
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del Congiuntivo |
Presente |
Passato |
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Imperfetto |
Trapassato |
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del Condizionale |
Presente |
Passato |
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dell'Imperativo |
Presente |
Futuro |
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dell'Infinito |
Presente |
Passato |
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del Participio |
Presente |
Passato |
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del Gerundio |
Semplice |
Composto |
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Persone |
Prima,
seconda, terza |
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Numeri |
Singolare,
plurale |
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L'interpretazione
Marcello Mastroianni, disse - in un'intervista all' "Informazione" del 5 aprile 1995 - parlando della morte,
una frase che fa rizzare i capelli in testa un po' a tutti, credenti e non credenti. La frase è la seguente:
"A quel barbone che sta lassù vorrei dire:
ma ti vuoi fare i cacchi tuoi? Io non ho voglia di raggiungerti".
Ad un critico che volesse dare un'interpretazione di questa frase apparentemente blasfema, si prospetterebbero almeno tre ipotesi:
1°
L'autore è un ateo che si diverte a scandalizzare i credenti -per chissà quale suo intimo morboso desiderio-, indirizzando un messaggio offensivo ad un "Essere supremo" nella cui esistenza egli non crede affatto.
2°
L'autore è un credente che ha qualche conto in sospeso col Padreterno, per cui gli si rivolge in modo volgare (incurante della di Lui onnipotenza), forse con l'inconscia speranza di strappargli un po' di vita in più, dal momento che -come si dice- Dio chiama a sé i migliori.
3°
L'autore non solo è credente, ma nutre verso il Signore un così sviscerato amore, una così incondizionata fiducia, una così cordiale dimestichezza, da sentirsi nella condizione di potersi rivolgere a Lui in termini scherzosamente bruschi, certo che Dio è tanto buono e tollerante da non prendersela affatto per l'impertinenza di un Suo figlio prediletto, che Gli parla con amore. E, poi, amare la vita significa onorare il Creatore.
In questo caso specifico il critico, preso dai dubbi, non avrebbe
dovuto far altro che telefonare a Mastroianni (oggi, purtroppo, è
morto) e farsi spiegare l'autentico significato della frase. Eppure dovrebbe andare coi piedi di piombo nell'accettare per buona la risposta dell'autore. Infatti questi potrebbe ingannarlo. Ma se la frase fosse stata scritta da un autore del Quattrocento? Il critico, per venire a capo del problema e dare una plausibile interpretazione, dovrebbe fare una approfondita ricerca su tutti i testi dell'autore in esame, dovrebbe analizzarli uno per uno ed estendere l'indagine a quanti altri hanno lasciato testimonianze sulla sua vita. Insomma dovrebbe impiegare anni ed anni di studio prima di pronunciare un verdetto. E questo non sarebbe che una "ipotesi"...
discutibile.
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