Poesia e versi:
Chi e perché scrive in rima oggi?
di Luciano SOMMA - Poeta e Scrittore
E’ chiaro che la poesia di oggi, sia a livello contenutistico che formale, è
ben diversa da quella dei nostri predecessori; tematiche e stili seguono di
pari passo l’epoca nella quale si vive, è un dato di fatto naturale e scontato.
Ciò che c'è da chiedersi, ed è veramente un bell’interrogativo, è come faccia
l’autore d’oggi, di tutte le età, sesso e condizioni sociali, a decidere di dedicarsi
a questa forma d’arte povera, con le tantissime distrazioni e l’accorciamento delle distanze
che almeno apparentemente dovrebbero impedire quella concentrazione indispensabile per
poter mettere su carta i propri pensieri e le proprie emozioni. Infatti, ciò che
colpisce è proprio il fatto che non è certamente piccola, anzi direi tutt’altro, la
produzione in versi di questi ultimi 50 anni.
Naturalmente la vastità è a netto discapito della qualità, ecco perché ho parlato
di "versi" e non di "poesia". Quest’ultima è appannaggio soltanto di
pochissimi eletti e per questo, quando appunto è tale, viene giustamente osannata
e diventa motivo di studio indipendentemente dalla fama o dall’agiatezza, raramente
raggiunta dall’autore o dall’autrice.
Chi, come me, si è trovato a dover presiedere la giuria di un Premio Letterario,
o comunque ad esserne componente, si è trovato spesso nella triste situazione di dover
bocciare, mettiamo su 500 elaborati, la quasi totalità dei lavori. Per carenza appunto
di originalità, stile, contenuti e forma.
Non è importante avere una cultura a livello accademico, licealistico o universitario,
per poter scrivere una bella poesia; ho conosciuto dei poeti semianalfabeti che hanno
espresso, magari in una forma zeppa di errori di sintassi e d’ortografia, concetti davvero
coinvolgenti. E lo hanno fatto sicuramente meglio di “professori” che, sulla falsariga
di Dante, Leopardi, D’annunzio o Pavese, pensavano di far passare i loro scopiazzati scritti
per capolavori. A volte anche costoro ci sono riusciti, ottenendo una coppa ed un diploma,
ma il tempo, galantuomo e puntuale, ha poi sistematicamente smascherato il loro plagio.
Dovessi dare un suggerimento ad un mio nipote, che decida di avvicinarsi a tale forma
d’arte, gli direi innanzitutto di scrivere senza puntare al guadagno; sarebbe un grave errore
di valutazione, perché non è assolutamente il caso di coltivare a priori aspirazioni di fama e
ricchezza che porterebbero inevitabilmente alla demoralizzazione.
Anche la speranza che tutti gli editori di questo mondo siano interessati ai versi
degli Esordienti è una diceria da sfatare.
Per poter emergere, bisogna innanzitutto farsi conoscere; non ho mai saputo di qualcuno
che pratichi qualsiasi forma d’arte, dalla scultura alla narrativa, che sia nato con
l’aureola della notorietà. Per farsi giudicare e valutare, si rende necessario mettere le
proprie opere in mostra. Quanti sono gli autori “incompresi” che relegano nei
cassetti i propri lavori e poi si lamentano che nessuno li prenda in considerazione? Cercare
di promuovere e pubblicizzare al massimo il proprio nome con i mezzi divulgativi che abbiamo
oggi a disposizione, tra i quali la stessa potentissima internet, non dovrebbe poi essere
difficilissimo. E una volta raggiunta una certa notorietà, ci si potrà proporre ad un Editore
in una veste diversa. Intendiamoci, anche così è difficilissimo farsi pubblicare, ma uno su
centomila ce la fa. Qualcuno potrà dirmi: Perché proprio io?
Gli rispondo: Perché non tu?
Per concludere, una cosa è certa, le statistiche non sbagliano: ci sono più autori
in versi che lettori di poesie. Ma proprio per l’alto numero di autori esistente, e per un
mero calcolo delle probabilità, le possibilità di essere tra coloro che ce la fanno non sono
affatto inesistenti, e non è quindi il caso né di bocciare a priori le proprie possibilità di
successo, né di escludere a priori di vedere coronati, prima o poi, i propri desideri.
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