I.P.I.A. "E. MATTEI" - Latina
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Ai tempi aurei di saturno, quando i coloni ausoni saltavano sopra otri gonfi, unti d’ olio, e invocavano Bacco con liete canzoni, i nostri monti erano rivestiti di sacri boschi. A
sera le
fate, vaghe
fanciulle che
animavano e
vivevano nel
seno dei
fiumi, all’
ombra dei
boschi e
sui monti,
sorvolando appena
le sacre
querce e
gli altri elci,
salivano in coro
sulla cima della
montagna. Qua
venivano le
Naiadi avvolte
in veli
azzurri, le
brune Oreadi,
le Driadi
inghirlandate di alloro,
attese da
Pan e da
Silvano o
da tutti gli
Dei agresti. Venere
leggiadra guidava
la danza
al cielo
stellato o
sotto l’
imminente luna,
mentre le
Fate liete
cantavano in
coro le
lodi di
Bacco e
gli amori
delle antiche
divinità italiche. Ma
un giorno,
i sacri
boschi furono
profanati e
tagliati, le
fonti e
i fiumi
contaminati. Allora le
fate fuggirono
piangendo a
nascondersi nelle
caverne azzurre
e nei
fiumi sotterranei
della sottostante
paurosa voragine,
dove ora
giacciono addormentate.
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