La scultura

  Rispetto al periodo dinastico antico, la scultura egizia conobbe nell'Antico Regno una rapida evoluzione: fin dal tempo di Zoser, tipiche furono le grandi statue dei faraoni, che si credeva ne ospitassero lo spirito. La tecnica ricorrente prevedeva che il blocco di pietra venisse dapprima squadrato fino ad assumere la forma di un parallelepipedo, quindi sbozzato sul lato frontale e sui due laterali secondo la figura umana da rappresentare: la scultura che ne risultava era pensata per essere osservata frontalmente.
Dovendo creare un'immagine atemporale ed eterna della persona ritratta, l'artista non era interessato a una descrizione naturalistica della sua fisionomia: inoltre rappresentava la figura perlopiù in piedi, bloccata in una posizione statica, anche quando la situazione evocata doveva essere di movimento. L'anatomia umana era nota, ma veniva tradotta in forma astratta; le immagini dei regnanti, in particolare, venivano idealizzate e caricate di una grande dignità.
Una statua in diorite di Chefren (2530 ca. a.C., Museo egizio, Il Cairo), il faraone per il quale fu costruita la seconda grande piramide di Giza, riassume tutte le caratteristiche tipiche del modo di rappresentare i sovrani nell'Antico Egitto: il re è assiso su un trono decorato da un emblema delle terre riunificate, con le mani sulle ginocchia, il capo eretto e lo sguardo rivolto lontano. Il falcone del dio Horus posto alle sue spalle simboleggia che egli è "Horus vivente". I volumi sono compatti, quasi geometrici, e tutte le parti della figura sono bilanciate, dando vita a una potente immagine di regalità divina.
I personaggi della famiglia del faraone e gli alti dignitari potevano venire raffigurati anche in gruppi scultorei, insieme a congiunti e consanguinei ancora viventi. Le statue erano in pietra, in legno e raramente in metallo, e venivano dipinte; gli occhi erano fatti con altri materiali, come il cristallo di rocca, e incastonati nella statua per aumentarne l'effetto di verosimiglianza. Le sculture ritraevano quasi esclusivamente persone altolocate; talvolta venivano rappresentati anche personaggi umili intenti a preparare il cibo o a svolgere attività artigianali, in statue da deporre nella tomba degli aristocratici, quale immagine imperitura della loro servitù.
Se i rilievi sui muri dei templi dovevano perlopiù glorificare il re, quelli nelle camere interne delle tombe rappresentavano gesti e cose gradite allo spirito del defunto, che lo accompagnassero nella vita dell'aldilà. Spesso si tratta di scene in cui il defunto prende parte o sovrintende a varie attività, come quando era in vita. Il tipico metodo di raffigurazione bidimensionale della figura umana, sia scolpita sia dipinta, fu dettato dall'intento di cogliere l'essenza della persona; combinava la rappresentazione di profilo del capo e della parte inferiore del corpo a un'immagine frontale del torso, offrendo così la descrizione più chiara di ogni parte. Questa regola era sempre adottata nei ritratti dei re e dei membri della nobiltà; mentre per i servitori e i lavoratori dei campi erano concesse variazioni e interpretazioni più libere. Per completare l'effetto di verosimiglianza i bassorilievi venivano colorati e alcuni dettagli aggiunti solo a pennello; abbiamo anche testimonianze, risalenti all'Antico Regno, di rare decorazioni non scolpite, ma interamente affrescate.
Dai bassorilievi funerari si possono trarre molte indicazioni relative alla vita e ai costumi egizi; vi sono illustrati i metodi per allevare il bestiame, le varietà dei cibi e i modi per prepararli, la cattura degli animali selvatici, la costruzione delle navi e diverse attività artigianali. Le immagini erano disposte sulle pareti in bande orizzontali, o registri, e dovevano essere lette come narrazioni di eventi ricorrenti, ciclici
 
      
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