E'
il racconto dell'avventura amorosa che il
trentenne Emilio Brentani si concede cogliendola
di proposito sulle vie di Trieste. Emilio è un
impiegatuccio che gode nei circoli cittadini di
una piccota fama letteraria e si duole dì aver
sprecata (e di non aver goduto) tanta parte di
vita. Vorrebbe vivere come fa lo scultore Balli,
suo amico, ch'è indennizzato dell'insuccesso
artistico da un grande successo personale con le
donne specialmente. Finora ad Emilio era sembrato
di non aver saputo imitare l'amico, per le grandi
responsabilità che su lui incombevano, la sorte di
una sorella, Amalia, che vive accanto a lui nella
stessa inerzia, non più giovine e affatto bella.
Subito la sorella è agitata vedendo che il
fratello senza alcun ritegno si dedica al giuoco
pericoloso e proibito dell'amore, ma presto si
convince in seguito all'esempio del fratello e
alle teorie del Balli, ch'essa fu ingannata e che
l'amore dovrebbe essere il diritto di tutti. Per
Emilio intanto la piccola avventura a cui aveva
voluto abbandonarsi si fa importante proprio in
proporzione al valore morale di Angiolina. Anzi
ogni scoperta di una bassezza o di un tradimento
di Angiolina non ha altro effetto di legarlo
meglio a lei. Egli sente il suo attaccamento e la
sua soggezione a quella donna quale un delitto.
Non sapendo imitare il Balli ne invoca l'aiuto.
L'intervento del Balli fra i due amanti ed anche
tra il fratello e la sorella ha effetti
disastrosi. Tutt'e due le donne s'innamorano di
lui. Inutilmente Emilio tenta di allontanarlo da
Angiolina, perché costei gli si attacca, ma con
facilità l'allontana dalla sorella che ora
dovrebbe ritornare alla sua prima inerzia e invece
segretamente si procura l'oblio con l'etere
profumato. Un giorno Emilio trova la sorella nel
delirio della polmonite. Richiama il Balli e i due
uomini aiutati da una vicina assistono la
moribonda. Ancora una volta per aver scoperto un
nuovo tradimento di Angiolina, Emilio lascia sola
la sorella, ma poi ritorna a lei e le resta
accanto finché chiude gli occhi.
A casa di Angiolina
Emilio Brentani è una nuova incarnazione
dell'inetto sveviano. Un'avventura occasionale,
con una giovane di cui presto scopre la dubbia
reputazione, cercata per mostrarsi capace di avere
successo con le donne e di godere i piaceri
dell'amore (a risarcimento del grigiore della sua
vita abituale e della propria mediocrità di
letterato cui non è arriso il successo) finisce
col travolgerlo e tormentarlo. Questa parte del
romanzo descrive la prima visita di Emilio in casa
di Angiolina e la scoperta, non tanto
dell'ambiguità della ragazza (egli infatti ne era
stato già avvertito), quanto dell'ambigua
sofferenza che, a dispetto delle intenzioni; il
fatto suscita in lui.
Ambiente e coscienza.
Anche questo episodio (e l'intero romanzo)
mantiene qualche legame con i modi della narrativa
naturalistica. La descrizione ambientale in
Senilità, però «nella sua estrema essenzialità,
non risponde più ad un interesse autonomo, quello
di fornire il documento di un ambiente sociale,
come nelle descrizioni minuziose di Zola e dei
suoi seguaci, ma è strettamente funzionale alla
costruzione dell'intreccio e alla
caratterizzazione del personaggio. In Senilità non
vi è più l'indagine dell'ambiente, sociale e
fisico, in cui si muovono i personaggi, a
differenza di Una vita, in cui i residui
naturalistici erano più consistenti. A Svevo ora
interessa solo esplorare l'interno della
coscienza» (Baldi). Anche in questo caso e ancor
più decisamente che nel romanzo precedente, la
natura psicologica del protagonista e la volontà
analitica del narratore ci portano oltre i limiti
del naturalismo.
Inettitudine e mutevolezza.
Anche Emilio Brentani - come si diceva - è un
inetto. In lui, ancor più manifestamente e
clamorosamente che in Alfonso Nitti, il tratto
distintivo è la perenne mutevolezza: egli
continuamente oscilla tra fiducia e gelosia, tra
affetto e ira, tra diverse valutazioni di
Angiolina (ora pura e onesta, ora «donna volgare»)
e tra diverse opinioni del legame che ha
instaurato con lei (ora un'avventura, ora un Amore
con la maiuscola), e così via.
Esaminiamo alcuni momenti chiave della dinamica
psicologica del personaggio attentamente rilevati
dal narratore: dopo aver sentito nascere in sé la
gelosia per gli indizi che gli rivelano la vera
natura di Angiolina, egli ad un certo punto sembra
riacquistare la coscienza che (essendo quella per
lui, nelle intenzioni, non più che una semplice
avventura) non doveva, né poteva permettersi di
essere geloso. Allora si fanno strada in lui la
volontà di non umiliarla né offenderla e di qui il
senso della propria superiorità nel riconcederle
l'affetto e un bacio «tanto significante». Ma
subito al suo rifiuto (al rifiuto di un gesto che
per lui ha il sapore di una benevola concessione)
subentrano in lui il senso di una sgradevole
sorpresa e l'ira. Poi, con altrettanto repentino
mutamento, egli sente rinascere in sé la speranza
e la tranquillità, su una base però diversa che in
precedenza: egli infatti si pacifica non più
perché conscio che quella è per lui un'avventura
ma perché nuovamente illuso della purezza di
Angiolina, alla sola menzione che costei fa del
confessore.
Ma la tortuosa dinamica degli stati di
coscienza del protagonista non ha fine qui: illuso
della sua purezza (nonostante i giochi verbali
blasfemi di Angiolina) o forse, più probabilmente,
non più illuso della sua purezza (eppur pacificato
e dimentico che solo la presunta religiosità di
Angiolina aveva in lui fatto scattare il
meccanismo di perdono e pacificazione), Emilio si
decide a spingere oltre il corteggiamento «solo
per diffidenza, per timore di venir deriso da
tutti quegli uomini che lo guardavano» e tuttavia
è ingenuamente pronto di fronte alle lacrime di
Angiolina a convincersi nuovamente di aver di
fronte un angelo, la cui purezza lo mette al
riparo da ogni possibile derisione. Egli diventa
quasi patetico, poi, quando prende per prova
d'amore lo spregiudicato stratagemma di Angiolina
(bisogna trovare un terzo!) e irrazionalmente si
autoconvince sia della onestà di Angiolina, sia
della propria forza («Ella era in verità come egli
l'aveva voluta, e gli dava l'amore senza legami,
senza pericolo», salvo immediatamente dover
constatare la forza del legame psicologico che lo
avvince a lei («Certo, per il momento tutta la sua
vita apparteneva a quell'amore») con quel che
segue. E più avanti: alla notizia del ritrovamento
del «terzo», cioè di un marito che consentisse ai
due amanti di "consumare" il proprio amore, invece
di esserne contento - come immagina la tanto più
lineare Angiolina - egli prova, in modo
apparentemente irragionevole, un cocente dolore.
La doppiezza psicologica.
Il fatto è che ci troviamo di fronte a un
personaggio niente affatto lineare, che anzi vive
tutto della propria perenne mutevolezza
(insicurezza, instabilità), e della propria
contraddittorietà e doppiezza psicologica. Il
motivo dei «due individui che vivevano tranquilli
l'uno accanto all'altro» è la razionalizzazione da
parte del narratore di questa condizione dimidiata
di Emilio; come lo è il lungo passo in cui egli
mostra come la "malattia" di Emilio sia il tenace
attaccamento alla propria tranquilla inettitudine,
e l'accontentarsi dì fantasie compensative che
anzi egli non può tollerare che si realizzino (non
appena per sbaglio si concretano, immediatamente
gli fanno paura). «Ora invece il sogno s'era fatto
realtà ed egli, che pur l'aveva voluto, se ne
sorprendeva, non ravvisava il suo sogno perché
prima aveva avuto tutt'altro aspetto».
Gli autoinganni della coscienza.
Emilio, per mantenere il suo perennemente
instabile equilibrio, è anche pronto a mettere in
atto tutti gli autoinganni della coscienza, come
quando, di fronte all'incomprensione da parte di
Angiolina della sua reazione al matrimonio col
Volpini e al rimprovero di incongruenza, si
commuove e si convince: «Tu,
certo, mi vuoi bene, nevvero? Eppure non ammetti
la possibilità di sposarmi» dice
Angiolina, e il narratore commenta: «Egli
si commosse al sentirla parlare senz'alcun
risentimento del suo egoismo. / Infatti. Forse
ella faceva un buon affare. Con la consueta
debolezza, non potendo convincere lei, per andare
d'accordo egli procurò di convincere se stesso».
Tant'è che, dimentico della gelosia, è pronto a
teorizzare la prudenza del loro futuro rapporto,
e, dimentico del legame che lo avvince a Angiolina,
si confessa pronto anche al sacrificio della
rinunzia (per tranquillizzare la propria
coscienza, anche se ciò viene mascherato come
volontà di non far del male ad Angìolìna.
Alfonso ed Emilio.
Irresoluto e contraddittorio come e più che
Alfonso, Emilio Brentani non dà la scalata al
successo mirando a una donna di condizione sociale
superiore, ma vuol mettere alla prova la propria
forza e "salute", la propria capacità di vivere
"normalmente" (come il Balli che ha successo in
amore e consuma senza tentennamenti un'avventura
dopo l'altra) gettandosi in un'avventura con una
donna che, proprio perché di dubbia reputazione,
dovrebbe consentirgli un soddisfacimento
spensierato dei sensi («l'amore senza legami e
senza pericolo»). Per entrambi c'è lo scacco
(drammatico) e l'impossibilità di uscire dal
labirinto della propria natura e inettitudine.
Gioventù e senilità di Emilio
Dopo aver scoperto un "tradimento" di
Angiolina (con un ombrellaio), per suggerimento
del Balli Emilio decide di abbandonarla, ma la
decisione è seguita da infiniti tormenti e
ripensamenti, finché egli può dire al Balli: «sono
guarito». E tuttavia...
I tratti fondamentali di Emilio rimangono,
naturalmente, immutati anche in questo episodio.
Egli muta continuamente il proprio stato d'animo e
il giudizio su Angiolina e sul sentimento che
prova per lei. Egli cerca ancora di fingere con se
stesso e mette in atto i consueti autoinganni
della coscienza. Egli, inoltre, si mostra incapace
di prendere una risoluzione stabile e di farsi
protagonista della propria vita: si noti come, una
volta che gli ritorna il desiderio di rivedere
Angiolina (subito dopo aver creduto di essere
"guarito" dall'amore e aver manifestato,
autoingannandosi, il proposito di rivederla solo
per curiosità e per sperimentare la propria
guarigione), l'occasione dell'incontro reale con
Angiolina sia un mero frutto del caso e la
decisione dì trascorrere la notte assieme (per la
prima volta) sia presa da Angiolina e non da lui.
Anzi il narratore maliziosamente rileva: «Poi gli
si abbandonò o, meglio, lo prese».
Ma altri tratti significativi compaiono in
questa scena.
L'aridità sentimentale di Emilio, componente
decisiva della sua inettitudine: « La calma
d'Emilio era aumentata ancora. Tutti gli
permettevano di fare quello ch'egli voleva ed egli
in fondo non voleva niente. Proprio niente». Il
suo pseudo estetismo, che si risolve in ulteriore
autoinganno: «sperava di vivere il romanzo che non
sapeva scrivere»; «il desiderio fece sentire ad
Emilio d'aver accanto la dea capace di qualunque
nobiltà di suono o di parola». Ma soprattutto la
dialettica senilità/gioventù, che giustifica il
titolo, altrimenti enigmatico del romanzo. Nel
momento della calma e dell'aridità egli, pensando
ad Angiolina, lo fa «continuamente come un vecchio
alla propria giovinezza». Nel momento in cui, dopo
la pur deludente notte d'amore («Aveva posseduto
la donna che odiava, non quella ch'egli amava»),
egli sente a proprio dispetto rinascere un
inequivocabile sentimento d'amore («Non poteva più
illudersi ecc.»), il mutamento è descritto come un
ritorno dì gioventù: «La gioventù ritornava! ».
Il senso del titolo del romanzo si chiarisce
allora così: la senilità (aridità e inettitudine a
vivere, poi "malattia") è la condizione naturale e
abituale di Emilio, quella in cui egli si trovava
prima dell'avventura con Angiolina, quella da cui
vanamente tenta di evadere e in cui fatalmente
ricade dopo la delusione.
Mentre la gioventù (pienezza sentimentale,
capacità di godere la vita, poi "salute") è la
condizione desiderata, ma per lui inattingibile,
proibita, quella che egli sa solo immaginare (la «
donna tigre» del suo fallimentare romanzo,
comunque più vera e vitale di quella che egli
rappresenta ritraendo dal vero Angiolina). Quando
poi sperimenta la «gioventù» e la passione lo fa
maldestramente e tragicamente, a proprie spese,
come potrebbe farlo un vecchio (il vecchio che lui
è): « La gioventù ritornava! Egli non anelava più
di uccidere ma si sarebbe voluto annientare dalla
vergogna e dal dolore».
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