La
raccolta prende il titolo dal primo e più noto racconto lungo, il cui incipit
(«Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte») inquadra immediatamente il
punto di vista dal quale è osservato l'ambiente di una delle zone più depresse
del Meridione, descritto con accenti lirici e fortemente evocativi. Qui i
pastori sono ancora soggetti alle dure condizioni imposte dalla natura e dai
padroni. In primo piano la famiglia dell'Argirò, una delle tante poverissime
famiglie prive di qualsiasi speranza di mutare la propria condizione. Vanto
dell'Argirò è che il figlio Benedetto studi in seminario, visto che un figlio
prete significherebbe la tranquillità economica e il riscatto sociale davanti ai
potenti locali, primi tra tutti i fratelli Mezzatesta, proprietari terrieri che
vivono nell'abbondanza e spadroneggiano senza ritegno. Intanto l'altro figlio,
Antonello, comincia a rendersi consapevole del proprio stato: «Per la prima
volta capiva di essere in mezzo a qualche cosa di ingiusto; il sentimento della
sua condizione gli si affacciò improvviso e chiaro e si sentiva come un angelo
caduto». L'Argirò tenta una serie di iniziative, tutte senza esito. Infine
acquista una mula che utilizza per trasportare merci, ma i figli illegittimi di
Filippo Mezzatesta danno fuoco alla stalla e la mula muore. Antonello, che era
stato mandato a lavorare come manovale lontano dal paese per sostenere le spese
del seminario, malato e sfinito dagli stenti, torna a casa e, dopo qualche
tempo, appicca il fuoco a un bosco di Filippo Mezzatesta e si mette a
distribuire ai pastori la carne delle bestie morte nell'incendio: «C'è da
mangiare per tutti. Riempitevi la pancia per quello che avete digiunato».
Iniziata così per lui una vita da fuorilegge (continua a razziare nelle
proprietà dei potenti) per vendicare i soprusi subiti dai più deboli, finirà
arrestato: «Finalmente, disse, potrò parlare con la Giustizia. Ché ci è voluto
per poterla incontrare e dirle il fatto mio».
La pigiatrice d'uva.
Una donna partecipa alla pigiatura dell'uva e risponde sdegnosa alle attenzioni
di un uomo che la corteggia apertamente e che non si rassegna a quel rifiuto:
«Io ti ucciderò, un giorno, ti ucciderò». Quando la donna si innamora
furiosamente del figlio del padrone, si intuisce che il coltello che lo
spasimante respinto gingilla nella tasca diventerà l'arma dell'imminente
tragedia.
Il rubino.
Un emigrante, tornando dall'America, trova un grosso rubino e lo prende senza
rendersi conto del suo enorme valore. Rientrato in patria, apre una bottega e
avvia con fatica un'attività commerciale. Un giorno dà al figlio quella che gli
sembra una semplice pallina di cristallo perché ci giochi con i suoi compagni.
La zingara.
Storia di Crisolia, una ragazza che sogna di andar via dal suo paese e infine si
unisce a uno zingaro, condividendo con lui una vita nomade.
Coronata.
È il nome di una ragazza che, per un presentimento, rifiuta di andare al
santuario per ringraziare la Madonna della guarigione da una malattia.
Costrettavi dai genitori, durante il pellegrinaggio viene rapita dall'uomo che
ama, e da allora il padre, che non vuole più saperne di lei, la considera morta.
Teresita.
Il Ferro è abituato a essere servito da Teresita, la figlia prediletta, e
continuerà a esigerlo anche dopo le nozze della ragazza. Una mattina d'inverno,
la giovane - che nella notte ha dato alla luce un bambino -bussa a lungo alla
porta del padre e, quando finalmente è ammessa in casa, si accascia e muore.
Romantica.
È la storia di un giovane che, partito volontario al seguito di Garibaldi dopo
la spedizione dei Mille, per una delusione d'amore torna nel Meridione e si
unisce a una donna dalla quale ha una figlia. È però incancellabile il ricordo
di quell'amore giovanile, al quale egli resterà legato fino alla vecchiaia e
che, dopo il matrimonio della figlia, racconterà anche alla moglie. Quando
l'uomo è morto da tempo, giunge al suo indirizzo una lettera, partita da un
paese del Nord trentacinque anni prima, nella quale la donna amata gli chiedeva
di tornare dichiarandogli il suo amore.
La signora Flavia.
Piccolo quadro nel quale un ragazzo, che sta a servizio di una casa signorile,
si invaghisce della padrona. Quando, durante una passeggiata a cavallo, la
signora Flavia ha un mancamento, il ragazzo ne contempla estatico il corpo
abbandonato.
Innocenza.
Biasi, un giovane che lavora come manovale, parte per andare a trovare la madre.
Al sopraggiungere della notte, viene ospitato da Venera, senza che egli si renda
conto che la ragazza è una prostituta. La ragazza, che per quella notte ha
allontanato i clienti abituali, ha potuto così interrompere un'esistenza
squallida e vivere con quel giovane un breve momento di innocenza.
Vocesana e Primante.
Da sempre nemici, Vocesana e Primante si contendono anche il ruolo del Cristo
per la processione del Venerdì Santo. La sorte favorisce Vocesana e l'altro -
cui spetta la parte dello sbirro approfitta della situazione per sferzare a
sangue il rivale, il quale a un tratto si vendica e lo colpisce con una
coltellata.
Temporale d'autunno.
Durante un temporale, Filippo Ligo incontra Immacolata Strano. I due giovani,
che appartengono a due famiglie rivali e che non si erano mai conosciuti, si
amano immediatamente e da quel momento il loro destino sarà quello di fuggire
l'ira delle rispettive famiglie.
Cata dorme.
Due ragazzi, fuggiti dalla città dove sono stati mandati a studiare, si
nascondono in casa di Cata, la più bella donna del paese. Cata giace abbandonata
sul letto e, solo dopo averla contemplata, i due si rendono conto che è stata
uccisa e che, con la morte della donna dei loro sogni, sono finite le illusioni
dell'età giovanile.
Ventiquattr'ore.
Tre giovani che vanno in cerca di fortuna si trovano ad assistere a una
cerimonia religiosa, alla quale si presenta una donna dai capelli nerissimi e
dall'aspetto stravolto. Tutti danno segni di agitazione perché quando quella
donna, raminga al seguito del suo amante, si rivolge a qualcuno in circostanze
particolari, costui muore nell'arco di ventiquattro ore. Dal momento che lei si
è rivolta verso i tre giovani, essi cominciano ad aspettare trepidanti il
trascorrere del tempo previsto.
E' questo un mondo ancora regolato da leggi arcaiche e inviolabili, segnato da
una netta spartizione tra vincitori e vinti e in cui si coglie qualcosa «di
fermentante, di irrequieto, di torbido» (Natalino Sapegno). Le vicissitudini
dell'Argirò, per esempio, sembrano sostanzialmente originate dalla sua
prepotente ambizione di modificare la posizione sociale della sua famiglia. Ma
anche l'innocenza e la purezza di sentimento espresse dall'infanzia e dalla
giovinezza sono destinate a scontrarsi con il mondo degli adulti e a soccombere
tragicamente. Lo slancio generoso di riscatto di cui si rendono protagonisti
alcuni personaggi cade inevitabilmente come infrazione di un ordine fissato e
punito severamente dalla società. La raccolta è considerata tra le maggiori
espressioni della letteratura meridionalistica e tra le più significative del
nuovo realismo novecentesco.
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