È il terzo giallo, dopo La forma dell'acqua e Il cane di terracotta, ad avere
come protagonista il commissario Salvo Montalbano, poliziotto flemmatico e
generoso, amante della buona tavola e della vita semplice. II romanzo è diviso
in venti capitoli, a cui fa seguito una «Nota» dell'autore.
La vicenda si svolge a Vigàta, immaginario paese della Sicilia nel quale
l'autore ambienta tutti i suoi romanzi. Durante le indagini relative all'omicídio
di un commerciante di Vigàta, Aurelio Lapecora, trovato accoltellato in un
ascensore, il commissario Montalbano sospetta l'esistenza di un collegamento tra
questo crimine e la morte violenta di un tunisino imbarcato sul motopeschereccio
Santopadre di Mazara del Vallo. Si scopre una relazione segreta del signor
Lapecora con la donna delle pulizie tunisina Karima Moussa, misteriosamente
scomparsa. Il commissario indaga recandosi nella casa della donna a Villaseta e
scopre che Karima ha un bambino, Francois e un libretto di risparmi di
cinquecento milioni affidato a un'amica. Passando davanti a una scuola
elementare, il commissario viene a sapere che un bambino extracomunitario ruba
le merendine ai compagni; sospettando che si tratti di Francois si apposta nei
pressi di una villa abbandonata dove il piccolo va a rifugiarsi: trovata
conferma ai suoi sospetti, convince Francois a nascondersi in casa sua, dove
viene affidato alle cure della fidanzata, Livia Burlando. Tra il bambino e la
donna nasce una grande simpatia che preoccupa il commissario, spaventato dalle
propensioni di Livia al matrimonio e alla maternità.
Il romanzo prosegue con un complesso intrico di vicende, nelle quali si
affacciano numerosi altri personaggi, tutti variamente collegati alla malavita e
colpevoli in misura diversa di reticenza. Nonostante l'omertà, il commissario
riesce, sulla base di minimi indizi, a ricostruire la trama dei due delitti. Per
la morte del signor Lapecora arresta la vedova, Antonietta Palmisano, uxoricida
per gelosia e perché il marito stava dissipando i suoi soldi con Karima. La
morte del tunisino viene spiegata in relazione a un traffico internazionale di
armi. Durante un colloquio con il colonnello dei servizi segreti Lohengrin Pera,
il commissario gli rivela di avere scoperto la rete di quel traffico illecito,
per neutralizzare il quale numerosi rappresentanti delle forze dell'ordine - tra
cui lo stesso colonnello - hanno giustiziato segretamente i responsabili. Il
colonnello invita Montalbano a mostrare comprensione verso quei metodi illegali,
ma il commissario replica: «Io e lei abbiamo concezioni diametralmente opposte
su che cosa significhi essere servitori dello Stato, praticamente serviamo due
stati diversi. Quindi lei è pregato di non accomunare il suo lavoro al mio».
Montalbano garantisce al colonnello di non svelare la vicenda, ma in cambio
esige che egli faccia ritrovare il cadavere di Karima, affinché Francois possa
essere adottato; e inoltre, non volendo essere trasferito altrove come
vicequestore, gli chiede di bloccare la propria promozione. Infine scrive una
lettera a Livia, chiedendole di sposarlo e di adottare il bambino.
Come in altri romanzi, anche nel Ladro di merendine l'autore utilizza diversi
dialetti per caratterizzare i personaggi e una sorta di italo-siciliano nelle
parti narrative di raccordo.
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