Luigi
De Bellis

 


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Sergio Corazzini



PICCOLO LIBRO INUTILE: Raccolta di poesie


Contiene, come chiarisce in calce il libro stesso, poesie di Sergio Corazzini e dell'amico Alberto Tarchiani. I componimenti di Corazzini all'interno della raccolta sono otto, di cui tre pubblicati precedentemente su periodici, mentre le altre liriche sono di Alberto Tarchiani.

Come avveniva già in L'amaro calice, le liriche tendono a riassumere e a sviluppare alcuni tratti del crepuscolarismo romano. L'autore prosegue e approfondisce il distacco dal dannunzianesimo - e dall'idea di una poesia in grado di affermare verità assolute -, esaltando l'intensa «comunione» con la cerchia dei propri amici e sodali riuniti intorno a un'uníca vocazione esistenziale e letteraria.
Fin dal componimento d'apertura viene enunciata la riduzione programmatica della figura del poeta: nella Desolazione del povero poeta sentimentale, il poeta, che esprime nella ripetuta invocazione iniziale la propria perplessità («Perché tu mi dici: poeta?»), nega di meritare tale qualifica («Non sono, dunque, un poeta: / io so che per esser detto: poeta, conviene / viver ben altra vita! »; «Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio»). Dal punto di vista dell'ambientazione, le atmosfere cittadine (San Saba), e i paesaggi grigi (Per organo di Barberia) o conventuali (Sonata in bianco minore), alimentano una «tristezza / monotona» (Per organo di Barberia) che si diffonde attraverso tutta la raccolta in modo pressoché identico a L'amaro calice, esprimendo le drammatiche emozioni di cui un animo che appare sempre più «rassegnato». E sono la malattia e la sofferenza, unite alla consapevolezza del proprio destino («Oh, io sono, veramente malato! / E muoio un poco ogni giorno»; «[...] mia anima sette volte dolente»; «io sono morto per il troppo dolorare»), che amareggiano questi versi fino al grido estremo: «Io voglio morire, solamente, perché sono stanco» (Desolazione del povero poeta sentimentale). Inquietante, in questa direzione, il ritornello della ballata Canzonetta all'amata: «Conviene che tu muoia, / dolcezza, oggi, per me».

Fondamentale, in queste liriche, anche l'elemento religioso, che compare in forme dimesse (il quadretto di vita monacale di Sonata in bianco minore; San Saba) e assume molto spesso una connotazione cupa («i grandi angioli / su le vetrate delle catedrali / mi fanno tremare d'amore e d'angoscia»; «sgranare un rosario di tristezza», Desolazione del povero poeta sentimentale), quando non addirittura funebre («Questa notte ho dormito con le mani in croce», Desolazione del povero poeta sentimentale). A tratti traspare un'autentica attesa di salvezza («Noi veglieremo fino / all'alba originale, / fino che un immortale / stella segni il cammino, / novizii, oltre la morte!», Dopo); ma ciò che predomina è soprattutto l'ennesima conferma di una sorte cìeca e inesorabile che a poco a poco si impossessa del poeta «che piange le sue primavere» (Sonata in bianco minore). Tutto questo non comporta alcun accenno di ribellione, nell'orizzonte di una rinuncia e di una rassegnazione-accettazione («Io non so, Dio mio, che morire. / Amen», Desolazione del povero poeta sentimentale), che in alcuni tratti sembrano trascendere la vicenda strettamente personale («Il passo delli umani / è simile a un cadere / di foglie», Dopo; «nostra sora Morte / da la qual nullo uomo può scampare», San Saba). Significativa di questo atteggiamento è la serie di riflessioni nell'Ode all'ignoto viandante Da una parte il personaggio sembra assumere il ruolo di un ascoltatore a cui Corazzini direttamente si rivolge - frequente la presenza di vocativi («Viandante, [...]» ; «tu, [...]») - e alla presenza del quale si «confida» («[...] chiamarmi a nome / e dirmi: «... Creatura / vergine [...] Apprendi, ora, a morire / nella tua sepoltura"»); dall'altra richiama una sinistra figura di morte, che presso la «soglia» del poeta stesso «voglia / battere e domandare» e alla quale egli, fatalmente, si rimette: «vedovo di speranza. / ormai, te folle invoco, / che le tue mani / sono colme e di doni: porti / ai dolenti conforti, / ai felici perdono».

Una varietà metrica e ritmica contraddistingue in modo singolare la raccolta. La versificazione libera si alterna ai metri tradizionali, in prevalenza settenari (Per organo di Barberia, Ode all'ignoto viandante, Canzonetta all'amata, Dopo), ma anche endecasillabi (San Saba), ottonari (A Gino Calza) e occasionali novenari (Sonata in bianco minore). Dal punto di vista della forma metrica, accanto a un andamento strofico libero, con conseguente irregolarità di rìme (Desolazione del povero poeta sentimentale, Per organo di Barberia), si riscontrano anche forme consacrate come il sonetto (San Saba) e l'ode-canzonetta (Ode all'ignoto viandante, Canzonetta all'amata). Il linguaggio, in armonia con la poetica crepuscolare, privilegia un registro comune e una povertà lessicale sistematica che spesso coincidono con il parlato o la preghiera, fino a raggiungere, nelle punte estreme, la cadenza recitativa e il ritmo da filastrocca: « - Noi non abbiamo che Gesù, / Maria e niente più. / - Un po' d'acqua nella scodella / e un po' di sole nella cella» (Sonata in bianco minore).

 

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