La storia era stata raccontata in un articolo apparso su «Il Mondo» il 2
novembre 1954 e fu ripubblicata in Diario notturno con lo stesso titolo. La
prima rappresentazione avvenne nel novembre 1960, portata in scena dalla
Compagnia del Teatro Popolare Italiano di Vittorio Gassman, con partitura
musicale di Guido Turchi. Fu un clamoroso insuccesso. L'opera fu pubblicata nel
1960 da Einaudi (Torino), alle pp. 3-143 del volume Un marziano a Roma e altre
farse, terzo dei «Quaderni del teatro popolare italiano», con introduzione di
Luciano Codignola.
I. La notizia della discesa di un'astronave marziana nel Galoppatoio di Villa
Borghese scuote in tutte le sue componenti la «povera e grande Roma» della fine
degli anni Cinquanta. I ministeri sono chiusi, le classi sociali perdono la loro
identità, e poi «si trovano donne, quante ne volete!». L'eccitazione della folla
pervade anche artisti e intellettuali; c'è chi vede in Kunt, il marziano
atterrato, l'«angelo revisore» e discetta di palingenesi o almeno di «nuova
armonia» e di inizio di un nuovo mondo, ma c'è anche chi liquida il tutto come
«qualunquismo apocalittico».
II. «Lo stesso luogo, qualche ora dopo, all'alba». Kunt, affidato dalle autorità
al Dottore, al Barone e ad alcuni Agenti, viene condotto di nascosto in un
albergo. Durante il viaggio risponde alle domande dei suoi custodi; parla del
suo pianeta, che si considera fratello della Terra, e illustra il suo programma
personale («conoscere, vedere, vivere»). Davanti all'albergo è attratto da Anna,
addormentata, ma se ne allontana docile alle sollecitazioni del Dottore. Più
tardi fa in modo di incontrare Anna, che nel frattempo si è svegliata e ricorda
tra sé di avere avuto in sogno un incontro con il marziano. Finché i due
rimangono soli, Anna si abbandona fiduciosa all'interlocutore e al futuro («lei
ci ha riaperto un po' il cuore alla speranza»); ma allorché i burocrati,
sopraggiunti, chiariscono allarmati a Kunt che Anna è una puttana, lei rinnega
la commozione precedente, concludendo amareggiata che «le cose che si desiderano
veramente non dovrebbero mai succedere!». Ciononostante, Kunt la richiama
all'amore e alla fiducia e la vuole con sé.
III. «Venti giorni dopo, ai primi di giugno». Il rapporto con i giornalisti e i
fotografi avvia una riflessione dapprima sulla stampa, poi sul significato della
discesa del marziano.
IV. «Un mese e mezzo dopo». Uno scrittore fallito confessa a Kunt per telegramma
la propria ignoranza, grida il sospetto di tradimento e invoca un segno («un
segno, un segno che sei ancora vivo!»). E tempo di vacanza, e la città comincia
ad abituarsi alla novità; lo stesso Kunt sente il bisogno di prendere una
qualche decisione che gli consenta finalmente di «agire». In nome dell'azione
lui e Anna rinunciano al matrimonio che stavano per celebrare e fuggono insieme
da Adriano, lo scrittore, al mare.
V. «La sera dello stesso giorno». Una festa in casa di Gloria. «La canzone della
ricchezza che porta all'indecisione» avvia una discussione sulle automobili e
sulle macchine in generale, ma poi i discorsi si accavallano e si parla di
bellezza, di champagne, di acqua, finché Kunt non annuncia di voler partire per
il Sud. Romano, uno degli «intellettuali», gli chiede quale idea si sia fatta
della «condizione umana», e il marziano risponde che quella domanda rappresenta
proprio lo scopo del suo viaggio celeste. Il fatto è, spiega, che la Terra si
trova da qualche tempo nella situazione - nota da molto tempo ai marziani - di
chi si accorge di non essere più il centro dell'universo. La sua proposta è di
rovesciare la tentazione del suicidio in quella del «suicidio vitale», per cui
«ogni uomo sia il centro del "suo" universo». Seguono altri discorsi, sugli
stranieri, sull'estetica dei marziani («c'è una sola arte: la Vita. Una sola
bellezza: il Nulla»), sull'abitudine, sull'amore. Arrivano Fabrizio («artista»)
e Adriano («cronista»). Il primo infila una serie di gaffe; il secondo chiede
seccamente di Anna se lo vuole seguire. Lei accetta e partono insieme. Gli
altri, compreso Kunt, ballano.
VI. «Due mesi dopo». In una torre sulla spiaggia, affittata dal marziano. Kunt
incontra casualmente Alvaro, uno scrittore, e gli chiede di aiutarlo nella
stesura di un libro, «qualcosa tra il diario e la relazione di viaggio», che
avrebbe dovuto intitolarsi «Un marziano a Roma». La trattativa è interrotta
dall'arrivo di una comitiva impegnata su un vicino set cinematografico; ne fanno
parte, fra gli altri, Fabrizio, Nardone (un produttore) e Anna. Kunt rifiuta la
proposta di Nardone di girare un film, e poi chiede ad Anna - che rivede dopo
due mesi, quando è stata lasciata da Adriano e da altri - di partire.
Incomprensioni e incidenti. Arrivati alla sera, resterà solo Fabrizio.
VII. «Una tiepida notte di fine dicembre». In un caffè. Il marziano ha perso
definitivamente prestigio e autorevolezza. È una macchietta, oggetto della
derisione generale. Gli appunti per il suo libro sono letti ad alta voce e
commentati con osservazioni agrodolci. Seguono, a chiusura, «Le strofe della
conclusione», sei quartine cantate da altrettanti personaggi. La prima, intonata
da Fabrizio, recita: «La cosa significa tutto / e niente. È soltanto un rito. /
Sta a voi darle un costrutto, / fingendo di aver capito».
|