Luigi
De Bellis

 


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Alfonso Gatto



MORTO AI PAESI: Raccolta di poesie


Fu composta tra il 1933 ed il 1937. L'edizione successiva alla prima, inclusa in Poesie (Milano, Edizioni di Panorama, 1939), presenta alcune aggiunte. Nuovamente rivisti e perfezionati, i versi di Morto ai paesi vennero ripubblicati nel 1941, nella seconda e definitiva edizione delle Poesie, dove si legge la seguente dedica: «A mio padre morto, a mia / madre raccolta nella sua ombra, / queste Poesie si dedicano ancora / a ricordarli felici».
La raccolta è composta da trentasette liriche di media lunghezza. Il tema della meditazione sulla morte, svolto in cadenze elegiaco-musicali, assurge spesso a una superiore contemplazione della vita, scrutata con lucida razionalità: «Nelle povere spalle è scesa morte, / il freddo della terra, / come intorno a te solo scompari / voltando nella sera» (All'altezza dei gridi); «Ma nell'esilio resta / a spegnersi il falò / d'una povera festa. / Lontano io morirò» (Ballata); «Forse è questo la morte, un ricordare / l'ultima voce che ci spense il giorno» (Elegia). Le effusioni sentimentali hanno accenti parossistici appena temperati da una vena moralistica. I motivi sono universali, come l'ansia per il tempo che scorre, il dolore, il rancore. In questo modo il poeta dà voce a un assorto senso di abbandono e di malinconia, a cui corrisponde la misura di un riserbo macerato: «Nelle mani vuota / resta la sera pura / di lontano clamore. / Non sapremo se lunga, remota / la morte avrà quest'amore / del vento sulla pianura» (Pianura); «Riposarono al canto con la casa / aperta all'aria, nuova, senza mura: / ultima libertà, chiara, la morte» (Cielo).
Le immagini oscillano tra il sensuale gusto della parola poetica e il ripensamento mitico e fantastico: «Pace alle acque, e sulle mani giusti, / caddero fiori ricordati in sogno» (Sirena). Ecco quindi che, lungo tutta la raccolta, si legge - accanto alla fluttuazione costante di risoluzioni surreali - l'adesione ad autentici moti dell'affetto, come accade per la figura del padre scomparso: «A fiore del sonno decanti / il tuo petto sommesso, la tregua / ove in povera carne sei sceso / a rassegnarti al profilo» (Padre morto).
Da questo contrasto emerge un quadro lirico in cui l'intensità elementare della realtà combacia con l'intensità delle emozioni.
In questo secondo libro di Gatto si avverte un'esplicita adesione all'universo tematico e stilistico degli ermetici, con esiti di grande rarefazione formale: «Fitto, d'abbrividito esilio il mare / leva puro silenzio / da rive bianche a volo / l'eco fredda della luna / morta in ampio stupore» (Luna d'alba).
In particolare, nella «complessiva tradizionalità dei ritmi tanto recitativi quanto cantabili e la frequente pittoricità erosi nota più forte l'influenza della costruzione dei versi secondo i modi e lo stile di Montale o di Quasimodo. Giuliano Manacorda ha sottolineato «una più cupa insistenza sul tema della morte, una chiusura dell'espressione poetica in termini più ermetici per rendere ai limiti espressivi l'angoscia del poeta». Una poetica che si muove nel vagheggiamento elegiaco di fatti e persone: «Il tuo volto ha smarrito / il ridere negli occhi / per una vaga libertà che corre / dal tuo corpo» (Bambina). Sul piano linguistico e stilistico si nota l'affiorare di conglomerati verbali volutamente oscuri: «...con molli / ciglia dormo, tardo, / remoto nel mio sguardo» (Inverno).

 

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