Il volume riunisce le seguenti raccolte: Dal fondo delle campagne; Nel magma, Su
fondamenti invisibili, Al fuoco della controversia, . L'opera costituisce il
vol. II di Tutte le poesie nella collezione «Opere di Mario Luzi».
Dopo Il giusto della vita, questo ciclo rappresenta la seconda fase della
riflessione di Luzi sulla propria poesia. Il contatto tra la soggettività
dell'autore e il mondo circostante si fa molto più drammatico che in passato.
Gli stessi valori messi in discussione, ma rimasti ancora saldi, nelle ultime
suites di Il giusto della vita diventano più precari e labili nei confronti di
una realtà che si sgretola sotto i suoi stessi «colpi dati all'impazzata» (A
mezzacosta) e si allontana dall'ideale di «onesta» semplicità, confondendosi nel
«magmatico» universo della massificazione delle opinioni. La difficoltà del
discorso luziano consiste ora nel dimostrare che la poesia ha ancora un ruolo
conoscitivo. Nel contesto delle polemiche ideologiche degli anni Sessanta,
l'ispirazione cristiana, che nutriva la materia poetica e filosofica del primo
periodo, trova non pochi ostacoli dal punto di vista della comunicazione. Sono
anni di lotta che obbligano il poeta ad abbandonare la propria ritrosia
intellettuale, per scendere sul terreno della «controversia» e dell'attualità;
ma, nonostante ciò, il suo messaggio non va perso: «volgere / morte e
sopravvivenza in altra, in nuova / vita, segnare al mondo il suo destino. / E
per opera di un più vero amore» (La valle).
«Dal fondo delle campagne» è la più antica delle raccolte riunite sotto il
titolo Nell'opera del mondo, nonostante sia stata pubblicata nel 1965, e cioè
dopo l'uscita di «Nel magma» (1963). Questa raccolta, le cui poesie sono state
scritte negli anni 1956-60, mantiene ancora evidenti vincoli con le ultime due
del precedente ciclo. È ancora centrale il paesaggio della campagna, di quella
«terra toscana brulla e tersa» (Dalla torre) nella quale si riverbera una
«storia millenaria / di gioie e tribolazioni» (Di notte, un paese). E sui motivi
(Api, Caccia, La corriera) e luoghi (Dalla torre, Di notte, un paese, A
mezzacosta, La valle), tipici della campagna, si innesta con prepotenza il tema
della morte della madre. La donna è vista in uno stretto legame con la terra, ma
la sua commemorazione, in particolare nella sezione «Morte cristiana», non cede
mai alla malinconia o all'elegia («la vivente comunione / di tempo e eternità
vale a recidere / il duro filamento d'elegia», Il duro filamento). A seguito
della «sentenza nuda e cruda» (ivi) della morte, anche se «non si percepisce mai
la vita / così forte come nella sua perdita» (Quanta vita), tutto questo
movimento, in cui «seguita a pullulare morte e vita» (Dalla torre), fa parte
cristianamente dell'eterno divenire. Anche la morte è riassorbita nel ciclo
naturale, «fuoco nel fuoco sempre acceso» (Erba).
Con «Nel magma», Luzi, al principio degli anni Sessanta, si cala senza
esitazioni in una realtà che preme in modo sempre più minaccioso e incalzante.
La storia editoriale di questa raccolta è significativa della volontà
dell'autore: Luzi ritarda l'uscita di Dal fondo delle campagne, pur di far
sentire la propria voce nel dibattito culturale di quegli anni. L'aspra polemica
lo coinvolge personalmente. I suoi detrattori ne criticano l'apoliticità e lo
dipingono come un poeta "stantio", ancorato a una ricerca religiosa ormai fuori
tempo; ma l'autore si dimostra capace di aggiornare temi e linguaggio,
intraprendendo un nuovo percorso umano e conoscitivo. Nel frastuono «in cui si
sfrena la nostra moltitudine / morsa dalla tarantola della vita» (Presso il
Bisenzio), nella «calca», la voce del poeta stesso va a confondersi con quella
dei suoi occasionali interlocutori, i quali appaiono ai suoi occhi «compagni
esperti del dolore del mondo» (Bureau). Gli incontri con questi personaggi (che
sono descritti con precisi dettagli) avvengono in luoghi e situazioni comuni
(Nel caffè, Tra quattro mura, Bureau, Dopo la festa); a volte è la storia stessa
a penetrare nei testi («Dicono a una radio di Eíchmann», Nel caffè), oppure sono
i viaggi e le esperienze concrete dell'autore (L'India, Presso il Bisenzio). Ciò
che rimane e dura è un senso enorme della disperazione umana («penso a me e ai
miei compagni, al rotto / conversare con quelle anime in pena / di una vita che
quaglia poco», Ma dove), un sentimento della realtà che si riscatta tuttavia
nell'apparizione-evocazione di personaggi salvifici, come la figura femminile di
Ménage («"Non in questa vita, in un'altra"»), ma soprattutto attraverso
«qualcuno» - Luzi, ma non solo - che «resiste nella sua fede tenuta stretta» (Ma
dove).
«Su fondamenti invisibili» rappresentò, al momento della sua pubblicazione, una
novità non meno grande della raccolta precedente, sia per i contenuti sia per la
forma e la struttura. L'opera si compone di due sezioni: la prima costituita da
tre poesie su altrettante tematiche particolarmente care alla riflessione
luziana passata e futura (Il fiume, Per mare e Vita fedele alla vita); e la
seconda da tre poemi di ampio respiro - dove si alternano dialoghi tra il poeta
e diverse figure -, anch'essi legati a un tema specifico (Il pensiero fluttuante
della felicità, Nel corpo oscuro della metamorfosi, e Il gorgo di salute e
malattia). In mezzo al vociare confuso di un presente sempre più affollato e non
meno complesso della stagione appena trascorsa, in cui il poeta recupera veri e
propri frammenti di vissuto («Si naviga tra Sardegna e Corsica», Per mare; «La
strada tortuosa che da Siena conduce all'Orcia», Nel corpo oscuro della
metamorfosi), accanto ai dolori della storia («I morti male /dopo Hiroshima,
dopo Mathausen», Il pensiero fluttuante della felicità; «le risaie del Vietnam»
e «il treno di Trotzkij», Nel corpo oscuro della metamorfosi) e a spunti di
cronaca (l'alluvione di Firenze del 1966), la tensione conoscitiva di queste
liriche si indirizza prevalentemente al ritrovamento dell'«origine continua», in
cui «passato e avvenire s'invertono, /su sé si capovolgono» (Nel corpo oscuro
della metamorfosi). L'accento è di nuovo posto sull'incessante «mutamento del
mondo», nella metamorfosi e nel movimento di «questo presente eterno», con
un'indagine poetico-filosofica sul tempo che mescola suggestioni agostiniane e
spunti della filosofia orientale (Aurobindo) e che sorprende «il mutevole e il
durevole / strettamente mischiati nella sorgente».
In «Al fuoco della controversia» la lirica luziana si scontra ancora di più -
soprattutto nelle sezioni «Muore ignominiosamente la repubblica» e «Graffito
dell'eterna zarina» - con i temi storici contemporanei, dalla crisi della
politica e delle ideologie alla mancanza assoluta di risposte universali, al
«silenzio». Gli anni Settanta sono anni di stragi, di violenza, e i poemi di
questa raccolta sanno replicare, in una disputa che è allo stesso tempo morale,
ideologica e religiosa, soltanto attraverso la naturalità della fede, la
«celeste gratuità» («Graffito dell'eterna zarina», II), tema che emerge
costantemente declinato fin dalle prime esperienze poetiche dell'autore. È il
tempo assoluto, l'«entrotempo cristiano» («Graffito dell'eterna zarina», III) a
poter riscattare ancora una volta e per sempre il «muto / miscuglio di moto e
immobilità, appese» (Oppure nella lente di solitudine), laddove invece «passato
e avvenire / si cercano, sì, ma alla cieca... / e falliscono il tempo di un
immancabile appuntamento» (O, anche meno dicibile, un'oscura riluttanza).
Anche dal punto di vista stilistico, «Dal fondo delle campagne» appare legata
alla fase precedente e sembra contribuire al procedimento di rarefazione
dell'endecasillabo iniziato nelle altre raccolte degli anni Cinquanta. La
prospettiva lirica viene decisamente abbattuta in «Nel magma»: qui anche il
verso si riempie del confuso e drammatico rimbombo della cultura di massa.
Oggetti, immagini e parole, dilaganti nell'attualità e precedentemente
estromessi dal registro poetico luziano, irrompono a testimoniare l'abbandono di
ogni tentazione di tipo melodico, in favore di un prevalente andamento
prosastico e dialogico che trova riscontro metrico nei versi lunghi e non
convenzionali.
Un simile movimento si riscontra nei successivi componimenti di «Su fondamenti
invisibili», dove la vocazione poetica si riflette in una sintassi spezzata e
involuta, ricca di risoluzioni prosastiche, e che denuncia un uso onnivoro del
linguaggio, dai gerghi tecnici agli arcaismi, dai neologismi alla lingua aulica.
E una lingua complessa e variegata è quella che caratterizza anche i frammentari
poemi di «Al fuoco della controversia», in cui si osservano inoltre una netta
ripresa della rima e un'ampia utilizzazione di forme pronominali e
interrogative.
«Mai come ora la poesia di Luzi, dissolvendo i confini fra poesia e prosa, e
dilatando al massimo le proprie strutture formali, ha aggregato tante schegge e
larve di realtà; eppure anche ora, in questa sorta di ubiquità spaziale e
temporale in cui fluttua, essa continua ad affermare, con orgoglio travestito da
umiltà, la sua integrale vocazione metastorica, o ciò che con parola dell'autore
si può chiamare il "dopotempo"» (Pier Vincenzo Mengaldo).
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