Luigi
De Bellis

 


 HOME PAGE 
  
Opere riportate:

     
 

Il serpente

 
 

 

 
 

Salto mortale

 
     
     

 





Luigi Malerba (Luigi Bonardi)



LA PELLE: Romanzo


L'opera è divisa in quindici capitoli numerati, ciascuno dei quali reca come titolo una citazione tratta dal capitolo stesso, ed è seguito da una pagina di pensieri apparentemente slegati dall'andamento narrativo. L'autore segnala anche graficamente la distanza tra le due parti, adoperando il carattere maiuscolo per i titoli e il corsivo per le pagine finali.

Nel Serpente - il primo romanzo di Malerba - il protagonista racconta la propria storia, frutto della sua fantasia mitomane e di una distorta visione della realtà. Vive a Roma, dove ha un negozio di francobolli. Per superare il malessere dì un'esistenza solitaria e la noia di un matrimonio infelice, si iscrive a un coro: «all'età di trentatré anni il Figlio dell'Architetto è morto sulla croce, io invece ho scoperto il canto che è un modo di esprimersi anche quello e la mia vita è cambiata». Ma, svanito il piacere iniziale di cantare in un gruppo, si sente insoddisfatto delle proprie doti vocali. Volendo, perciò, superarne i limiti, inventa il «canto mentale», il modo con cui far risuonare infinite volte dentro di sé, con la perfezione di un'esecuzione solo virtuale, le melodie più difficili. Entusiasta della scoperta, rinuncia a cantare in modo "tradizionale" e perciò anche a partecipare al coro: «Perché cantare in modo mediocre, perché zoppicare quando potevo correre e volare?»,
Il «canto mentale», incompreso dal mondo, diviene l'emblema delle modalità comunicative del protagonista che, lungo la narrazione, si scoprirà capace di ottenere, «con il pensiero», «risultati strabilianti», come, per esempio, indirizzare i propri sogni e chiamare a sé, con (immaginazione, fatti e persone. La confusione tra realtà e fantasia è totale, e coinvolge anche il lettore, il quale, avvisato solo al sesto capitolo di una delle finzioni («Veramente ho mentito quando ho detto di essere sposato. Non ho mai avuto una moglie o qualcosa del genere. Per dire quello che ho detto ho preso come esempio una compagna di scuola che se l'avessi sposata sarebbe diventata così come ho detto»), può cominciare a sospettare le altre.
Nella palestra dove si riunisce il coro, il protagonista incontra Miriam, che diviene la sua amante. Nel descrivere il loro rapporto, frutto della sua fantasia onirica, indugia lungamente su scene impossibili e paradossali, quali il bacio prolungato per una notte intera, e «l'erotismo puro» ritmato su composizioni musicali. Presto, però, comincia a sospettare della donna e, preso dalla gelosia, la incalza con domande. Immagina, poi, il suo unico amico Baldasseroni intento a sedurla e, se arriva a pensarli insieme, è sopraffatto dal dolore: «Un serpente si è insinuato nel mio corpo, cammina, morde ora qui ora là. Mi fermo ad ascoltare il dolore, non riesco a localizzarlo». Costringe Miriam a fare una radiografia, alla ricerca dei «segni di tradimento. Corpuscoli, bacilli estranei, segni di una intrusione dall'esterno, materia vivente eterogenea». Offesa, la donna si allontana.
Abbandonato a se stesso, il protagonista esaspera la propria visione ossessiva di un mondo crudele e ostile: immagina che «dietro alla filatelia si nasconda una associazione internazionale del delitto», capeggiata da Miriam e Baldasseroni, e composta da tutti i suoi conoscenti.
Dopo un tempo indefinito, incontra casualmente la donna sul Lungotevere: la porta nel negozio, la avvelena con «un bicchiere d'acqua», e la mangia. «Io ero vivo, lì davanti a lei morta, che cosa avevo dunque lì davanti a me? Non era Miriam quella, era un po' di sostanza naturale, un po' di carne, un po' di ossa. Questo non si poteva chiamare Miriam perché Miriam era morta dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua». Prova «pietà e meraviglia insieme» per l'accaduto, per essersi scoperto cannibale, ma tenta di consolarsi, pensando ai cannibali africani, che «disprezzano i bianchi perché non sono cannibali», Osservando la realtà contemporanea, fatta di omicidi efferati e di stranezze incomprensibili, giunge a concludere: «ci sono uomini ancora più strani», «sta' tranquillo c'è posto anche per te in questo mondo». Ossessionato dal ricordo di Miriam, crede di vederla ovunque, e di sentire la sua voce chiamarlo e invitarlo a raggiungerla nel mondo dei morti, un luogo freddo e tremendo.
Rivoltosi, infine, alla polizia per confessare il delitto e l'atto di cannibalismo, è costretto ad accorgersi dell'incongruenza tra i propri pensieri e la realtà: su invito del commissario, prende a stendere faticosamente il proprio racconto.
Quando il romanzo si avvia alla conclusione, il protagonista vaga in un cimitero, con i resti di Miriam sottobraccio: incapace ormai di sopportare il peso della propria immaginazione e della propria percezione della realtà, desidera solo «restare fermo, immobile, in posizione orizzontale, con gli occhi chiusi, senza tirare il fiato, senza sentire voci e campanelli, senza parlare. Al buio».

La critica ha accolto favorevolmente il romanzo, sottolineando il carattere autonomo dello sperimentalismo di Malerba, sostanzialmente diverso da quello del «Gruppo 63» in cui l'autore militò: nei suoi esiti grotteschi e allucinati, Malerba, infatti, «non stravolge le linee del racconto, né scompone l'ordine sintattico della lingua» (Lucio Felici).

 

HOME PAGE


Copyright ¿ 2002 Luigi De Bellis.
Webmaster: letteratura@tin.it