Luigi
De Bellis

 


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Luigi Malerba (Luigi Bonardi)



SALTO MORTALE: Romanzo


La voce narrante del romanzo (che si compone di trentotto brevi capitoli) è quella di «Giuseppe detto Giuseppe», in continuo dialogo, talvolta anche polemico, con il proprio alter ego, dal quale si separa alla conclusione dell'opera. Lo spazio in cui si svolge la vicenda è rappresentato dalla Pianura di Pavona, nei pressi di Roma, una «tabula rasa» percorsa in lungo e in largo dal narratore e di volta in volta riempita dalle sue ossessioni e proiezioni oniriche. In una delle sue peregrinazioni alla ricerca di metalli, Giuseppe (che di mestiere fa il robivecchi) trova in mezzo a un prato, presso la Torre Medievale, un cadavere con la gola tagliata. Da qui, cioè dall'indagine privata condotta dal protagonista, parallela a quella della polizia, scaturisce l'esile trama del romanzo, alla quale sono inframmezzate digressioni di ogni genere. Il primo a entrare nella lista degli indiziati, tutti di nome Giuseppe, è il macellaio di Pavona, che scambia l'improvvisato investigatore per un prete travestito, deciso a convertirlo. In seguito, allorché si viene a sapere che la polizia è alla ricerca di un uomo con una bicicletta nera (oggetto posseduto anche dal protagonista, che sente la necessità di scagionarsi), i sospetti cadono sul «demoscatore» di Albano, un individuo ossessionato dallo sterminio delle mosche. Ancora la bicicletta nera fa spostare l'attenzione prima su un vecchio, poi sul bagnino di uno stabilimento del Lido di Lavinio, il quale racconta a Giuseppe detto Giuseppe una storia che altro non è se non un episodio dell'Eneide. Risulta difficile stabilire fino a che punto i personaggi indagati siano figure effettive e non proiezioni dell'io narrante, il quale si identifica, a tratti, con l'assassino e persino con il morto.
Da un certo momento in poi, ha inizio una serie di morti che coinvolge tutti coloro che erano stati precedentemente indagati: ciascuno di essi perde la vita in circostanze oscure, tanto che non si sa se si tratti di suicidio, di omicidio o di un semplice incidente. Così, il macellaio affoga «in venti centimetri d'acqua» nel Fosso dei Preti; il «demoscatore» cade con la bicicletta dal ponte di Ariccia, mentre il bagnino rimane carbonizzato nel tentativo di incendiare una macchia di nafta che minaccia la spiaggia. Il protagonista - il quale più volte immagina di essere in pericolo, sotto il tiro di un assassino appostato dietro qualche cespuglio - si forma la convinzione che dietro questa catena di delitti si celi una grande organizzazione criminale, i cui scopi restano imperscrutabili.
Parallelamente alla vicenda appena esposta, si sviluppa il rapporto con una donna, il cui nome cambia continuamente (da Rosa a Rosmunda, da Rossana a Rosalba, e così via). Con lei, che stranamente lo allatta, il protagonista discute l'evoluzione delle indagini, condivide alcune divagazioni (come quella sul puma, che immediatamente trasforma la Pianura di Pavona nella foresta americana) e mette in scena un bizzarro «gioco erotico cinese». A un tratto, la donna gli svela che il ragazzo che le porta il latte, di nome Giuseppe, è il loro figlio: rivelazione che non sembra turbare eccessivamente il protagonista. Il narratore fa continue divagazioni, sovente provviste di una base scientifica o pseudoscientifica, che si dipanano a partire da un elemento minimo, amplificato a dismisura: per esempio, il desiderio di essere un uccello dà luogo a un ragionamento sugli incidenti aerei, mentre una cicatrice sul collo costituisce lo spunto per una digressione sul taglio della testa e sul libero vagare dei pensieri per l'aria. In altri casi, l'immaginazione prende le mosse da un problema fortemente radicato nel reale - come l'inquinamento atmosferico delle grandi città - per risolverlo tuttavia sul piano dell'assurdo, nella fattispecie con il progetto di convogliare, attraverso enormi condutture, l'aria dal mare e dalla montagna. E l'intero romanzo è pervaso dal senso di una oscura minaccia, di una macchinazione su vasta scala che pesa sul mondo.
Le simmetrie («tutte le cose si assomigliano»), il succedersi degli eventi «a catena», le «confusioni» che il protagonista-narratore è costretto ad annotare sono tutti segni di una sostanziale indecifrabilità del reale, che sembra proporsi come l'autentico nucleo problematico del discorso narrativo di Malerba. E il «ronzio», con cui si apre il romanzo e di cui è impossibile individuare la fonte, ne è l'emblema più vistoso. L'ossessione interpretativa da cui è animato Giuseppe sancisce in ultima analisi un incolmabile divario tra il reale e il linguaggio, che a sua volta si configura quale strumento di inganno: è questo il significato dei numerosi e polemici appelli del protagonista a spiegarsi meglio, lanciati all'indirizzo dei funzionari della radio (che fa da sottofondo a buona parte della vicenda) o di coloro che hanno disseminato la pianura di cartelli pubblicitari. Il linguaggio stesso assume, talvolta, una consistenza maggiore di quella dell'opaco reale - le pantere della polizia sono descritte come «belve feroci» - oppure viene fatto oggetto di un fulmineo spostamento di senso, come nel caso della breve dissertazione sulle mignatte che si trasforma, con una consequenzialità paradossale, in discorso sulla prostituzione. Lo stesso ricorso al meccanismo del romanzo giallo, che in teoria dovrebbe garantire un rigoroso svolgimento logico, serve all'autore per denunciare, nello stesso tempo, l'illusorietà del reale e quella della finzione romanzesca, per cui appare pressoché impossibile arrivare all'acquisizione di una verità sul delitto (e non solo su di esso).
Privo com'è di un effettivo centro, e costruito pertanto seguendo un criterio meramente associativo, Salto mortale si presenta come una vera e propria "opera aperta", nella quale confluiscono e vengono messi a frutto, con originalità, molti dei procedimenti peculiari del romanzo sperimentale degli anni Sessanta. Accanto all'evidente deflagrazione dell'io narrante in diverse voci, è possibile registrare la mancanza di determinazione, se non persino la confusione, dei piani spazio-temporali; dal canto suo, la scrittura procede per cerchi concentrici, nel tentativo di riprodurre il modo di ragionare deviato del protagonista. Come scrive Walter Pedullà, «il linguaggio di Malerba si oppone con irresistibile comicità alla rinascita di ogni idea che pretenda di trasformarsi in ideologia dominante».
Il romanzo ha conosciuto un notevole successo di critica all'estero: nello stesso 1968 è stato tradotto in francese e insignito del Prix Médicis; sono seguite altre traduzioni in inglese, in polacco e in rumeno.

 

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