Scritto fra l'ottobre e il dicembre del 1953 quando Goffredo Parise si era
appena trasferito a Milano per lavorare presso Garzanti, Il prete bello fu
pubblicato da questo editore dopo che Leo Longanesi lo aveva rifiutato.
Conoscerà un vastissimo successo e numerose ristampe.
Il romanzo è ambientato a Vicenza, negli anni del fascismo e del consenso. II
protagonista è un figlio di N. N., un ragazzino proletario, Sergio, che è anche
l'io narrante; l'apertura è subito violenta e sconcertante: «Il nonno aveva un
cancro alla prostata», il nonno socialista che fa il custode di biciclette. Il
prete bello è Don Gastone, giovane, alto, elegante, ingenuamente vanitoso, con
la sua maglieria intima finissima e le calze di organzino di seta: egli
introduce Sergio presso la signorina Immacolata, la padrona del palazzo sotto il
cui porticato lavora il nonno e la convince a far recitare il ragazzo al circolo
delle donne cattoliche. Le «signorine» del paese, come la ricca Immacolata, sono
tutte innamorate del prete e si contendono Sergio per avere da lui notizie e
informazioni preziose su don Gastone; fra di esse c'è Camilla, «piccola,
grassa», dal «viso flaccido e pallidissimo». Don Gastone e Immacolata conducono
Sergio dal sarto, per fargli provare l'abito nuovo di velluto che indosserà alla
recita; Sergio racconta poi tutte le novità al gruppo dei suoi amici, «la naia»,
ragazzini poveri e affamati e più o meno delinquenti, capitanati da Cena, il più
sveglio e trasgressivo. All'opposto, il nipotino della signorina Immacolata,
Desiderio, è un figlio della buona società, «reso ebete dall'educazione», come
commenta l'io narrante: mentre il protagonista si intrattiene con lui, Cena ne
approfitta per rubare la legna della signorina. Altri personaggi si delineano
nel microcosmo provinciale, angusto e un po' folle del romanzo, come le due
Walenska, madre e figlia, nobili decadute, così disperatamente povere che usano
una lente per aumentare il calore del «miserabile raggio di sole, tisico,
marcio, ultravioletto fino all'inesistente», che entra nella loro casa al
tramonto; la miseria e la ricerca di espedienti rendono grottesche queste due
figure, apparentandole singolarmente al teppista Cena, icona principale della
povertà disperata e vanamente vitalistica. C'è poi il cavalier Esposito, con le
figlie chiuse in casa, esseri umani descritti attraverso i loro odori che si
spandono per l'abitazione creando uno «strano miscuglio» di aromi "meridionali",
dolciastri e untuosi; il cavaliere possiede un gabinetto, lusso invidiatissimo,
ed è un fanatico del Duce. Un'altra «signorina» è la Botanica (così
soprannominata per la sua professione), meno affamata delle altre; la comunità
zoomorfa, teriomorfa dei personaggi include anche il ciabattino Bombana, con le
«dita ridotte ad artigli violacei» per le martellate accidentali; il cappellaio
Silvestrello, che ha un pancione agitato, tormentato dall'aria negli intestini:
Cena gli dà una testata sul ventre e Silvestrello si libera, in un uragano di
flatulenze.
Giunge finalmente il giorno della recita: ci sono tutti, e fra tutti spicca don
Gastone, in veste da parata, splendente come un corazziere, adorato dalle
signorine in delirio. Al momento di recitare le poesie, Desiderio fa fiasco,
mentre Sergio declama senza intoppi, trionfalmente; poi don Gastone offre agli
astanti copie del suo libro sulla guerra di Spagna, dove ha fatto il cappellano
militare: i ragazzi, con Cena in testa, approfittano della confusione e rubano
quel che possono dalle borsette rimaste abbandonate sulle seggiole. Cena è un
ladro e un imbroglione provetto, anche se nel fondo sentimentale e facile a
commuoversi; Sergio scopre che l'amico, a tradimento, va dalle «signorine» a
ingraziarsele, riferendo complimenti che don Gastone avrebbe fatto alle loro
presunte bellezze: diventa così intimo delle isteriche zitelle. «In tale ridda
di sconcerti e turbamenti Cena era giunto come il messia dell'amore», ottenendo
in cambio denaro, oggettini preziosi ecc. Ma poi comincia a esagerare,
pavoneggiandosi e straparlando, per cui perde presto ogni credibilità: subentra
di nuovo Sergio, che acquista tutta l'autorevolezza di confidente che Cena ha
perduto in un istante. Il protagonista, però, magnanimo, riesce a far
riabilitare l'amico, e così tutti e due godono insieme dei favori delle
mentecatte infoiate e generose. Don Gastone sembra non sapere nulla di questi
traffici. Tutto preso dall'ambizione letterario-mondana, promuove il suo libro,
si sente un grande, ma è frustrato perché non escono recensioni: perseguita
invano il redattore del giornale cittadino, che alla fine lo tratta a male
parole. Viene il Natale, un Natale per i poveri, senza lusso e con un presepe
fatto di statuine di mollica di pane, modellate con l'aiuto dello zio di Cena,
detto il Ragioniere, quasi sempre in galera per piccoli furti, un gran brav'uomo,
in realtà. Con l'anno nuovo arriva la Contessa Manina, moglie di un capitano dei
carabinieri, detta così «perché nei cinematografi, che frequentava ogni giorno
da sola, era solita masturbare giovani dai sedici ai diciotto anni». Don Gastone
comincia a trascurare le sue «signorine», che impazziscono di gelosia: si
diffonde infatti la voce che il prete bello e la Manina siano amanti. Sergio
approfitta del suo ruolo di informatore per ottenere denaro dalle «signorine»
sconvolte, e anche Cena fa lo stesso. Il cavalier Esposito è entusiasta per la
prova di virilità dimostrata dal prete «vero uomo», eroe fascista anche a letto.
Senonché Sergio e Cena assistono a un duetto Contessa-Gastone davanti alla Casa
del Clero, in cui la donna tenta di strappare un bacio al prete, ma invano,
poiché lui la respinge e scappa. Sergio racconta tutto alla signorina Immacolata
e questa, piena di gioia, gli regala una bicicletta per ricompensa. L'acquisto
della bicicletta è un rito cui partecipano vari personaggi, fra cui don Gastone
che vuole provarla, ma cade subito a gambe all'aria, con la veste che si
solleva, quasi un'Angelica ariostesca al maschile. Si sparge la nuova voce che
il prete ha guarito la Contessa del suo "viziaccio", acquistando così un'aureola
di santo, redentore, con grande scorno e delusione del cavalier Esposito, che lo
voleva piuttosto grande amatore. Intanto la mamma di Sergio si fidanza con un
tipo alto come una giraffa, mentre don Gastone riesce a fondare un gruppo
femminile fascista, «Fede e Ardimento», con tanto di divisa, cui aderiscono le
«signorine», entusiaste. Poi il prete bello, con i soldi di Immacolata, si
compra un'automobile seminuova, una Balilla cabriolet amaranto, e diventa una
vera leggenda. Ma il fatto che don Gastone non tocchi le donne neppure con un
dito, cruccio del cavalier Esposito, diviene fonte di delusione, pian piano,
anche per le «signorine»; alla gelosia subentra un sottile disprezzo. Il prete
ignaro, scorrazza veloce con la sua automobile, felice e soddisfatto.
Con la primavera arriva in casa di Sergio una ragazza, Fedora, giovane
«rigogliosa» e sensualissima, che suscita il desiderio adolescenziale del
protagonista e di Cena, che se ne innamorano. Tutti, nel caseggiato, la
corteggiano; in particolare il cavalier Esposito perde la testa e naturalmente
non ottiene nulla dalla giovane, che gioca con lui maliziosamente. Anche il
prete bello conosce Fedora e prende a frequentarla, trascurando nuovamente le
altre: arriva però questa volta a ballare con lei, a baciarla e infine a
possederla; ne diventa amante geloso, follemente. Intanto lo zio Ragioniere
organizza un furto in un negozio, che viene perpetrato con successo da Sergio,
Cena e il fratello Mario. Poi tentano un secondo furto, che però finisce male:
Cena accoltella una guardia e verrà chiuso in riformatorio, mentre lo zio
Ragioniere rimane ucciso. Nel paese cresce un'elettrica animazione per l'arrivo
del Duce, ma proprio nel grande giorno si verifica un incidente tragicomico:
crolla il gabinetto del cavalier Esposito, il quale resta pencolante a
mezz'aria, mentre tutti si riversano in piazza a vedere il Duce. Anche Sergio
cerca di parlargli e chiedergli una grazia per Cena: nella confusione Mussolini
gli sorride, ma non lo sente. Allora Sergio, con don Gastone e Fedora, va a
trovare l'amico al riformatorio di Venezia. Gli eventi, quindi sembrano
precipitare drammaticamente: don Gastone si ammala ai polmoni, mentre Fedora
resta incinta di lui; la notizia, come è facile immaginare, fa impazzire le
«signorine». Cena scappa, finisce sotto un tram e gli viene amputata una gamba:
non sopravvive, e il romanzo a "dominante" grottesca si chiude in modo
lirico-patetico, rivelando nel contempo l'autentica fisionomia tragica, cupa,
dell'opera: «Cena, rifiuto di riformatorio, ladro e miserabile a dodici anni,
abbandonò le strade di questa terra». Nell'autografo il finale, cassato,
comprendeva i funerali di Cena e il matrimonio della madre di Sergio.
Parise, in un articolo pubblicato su «Il Resto del Carlino» del 5 ottobre 1957
(Incontro con Longanesi), raccontò del suo arrivo a Milano nel '53 e della
malinconia di quelle sere solitarie nella grande città: «Avevo pubblicato già
due romanzi [Il ragazzo morto e le comete La grande vacanza], essi avevano
ottenuto un buon successo di critica ma pochi li conoscevano ed erano
introvabili. Volevo dunque scrivere un altro romanzo che mi tenesse compagnia
durante l'inverno milanese, che mi divertisse, che mi commuovesse quel tanto da
cacciare il freddo e la solitudine: un romanzo con molti personaggi allegri e
sopra ogni altra cosa un romanzo estivo che mi facesse un poco caldo». Ne uscì
Il prete bello, dove in realtà c'è molto freddo e l'allegria si insinua in una
assai acre miseria. «Una vena di angosciosa poesia» fu rilevata da Emilio
Cecchi, mentre l'andamento picaresco delle vicende venne sottolineato da più di
un critico.
Dal libro, nel 1989, è stato tratto un film con la regia di Carlo Mazzacurati;
sceneggiatura del regista con Franco Bernini e Enzo Monteleone; interpreti
Roberto Citran (protagonista), Massimo Santelia, Adriana Asti e Marco Messeri.
|