Luigi
De Bellis

 


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Opere riportate:

     
 

Spaccanapoli

 
 

Gesù, fate luce

 
 

 

 
     
     

 





Domenico Rea



SPACCANAPOLI: Racconti


La raccolta comprende: La «Segnorina» (1945), Pam! Pam! (1945), Tuppino (1945), L'Americano (1943-1945), L'Interregno (1946), I capricci della febbre (1946), Mazza e panelle (1947) e La figlia di Casimiro Clarus (1943), il testo più antico, originariamente collocato in appendice, perché dissonante rispetto agli altri. Vi si narra la vicenda di un giovane maestro elementare trasferito nel paesino pugliese di Roccapina, il quale si innamora di Katy (Caterina), figlia del suo facoltoso padrone di casa, Casimiro, un ex contadino arricchito, ossessionato dalla gelosia nei confronti della moglie. Una volta scoperto l'amore tra i due giovani, Casimiro allontana la figlia mandandola in collegio, perché vuole per lei un matrimonio economicamente vantaggioso. La narrazione, tutta costruita sui ricordi dell'io narrante, ormai anziano e deluso dalla vita e dell'amore, è caratterizzata da toni dolenti e vagamente patetici che stridono non poco con il diverso atteggiamento stilistico degli altri testi. La svolta nel modo di scrivere è motivata dal «bisogno di usare un sistema linguistico più aderente alla nuova realtà» della guerra, che ha trasformato l'Italia e soprattutto Napoli.

Pur evocata nel titolo, ma mai menzionata in maniera esplicita, la città d'origine dell'autore (con la Campania in genere) costituisce l'autentico fulcro di molte delle vicende narrate, come documenta il primo racconto, nel quale compare un soldato, di nome Peppino, che al momento del ritorno a casa, a guerra finita, scopre dai vicini che la moglie Lenuccia, per sopravvivere, si è data alla prostituzione con i nuovi occupanti. Trovata una divisa militare americana nel proprio armadio, la indossa ed esce per cercare la donna e vendicarsi, armato di coltello; quando la incontra, lei non lo riconosce e lo scambia per un «boi», lo conduce con sé a casa ma la vicina l'avverte che il marito è tornato. La conclusione del racconto - che ha termine con l'urlo di Lenuccia, «Maronna!» testimonia di un procedimento piuttosto frequente in Spaccanapoli, cioè lo spostamento dell'evento vero e proprio al di fuori dello spazio del racconto, con la conseguente concentrazione del discorso narrativo sull'antefatto. Talvolta, invece, la narrazione ha una risoluzione pressoché imprevista, fulminea, come accade in Pam! Pam!, di cui sono protagonisti un bandito e la sua amante, la quale è «giaciuta col maresciallo» per farlo uscire dal carcere. I due decidono di farsi uccidere dal cocchiere che li trasporta, ma vengono invece uccisi dal maresciallo che ha teso loro un'imboscata. La sinteticità del raccontare di Rea, che si avvale spesso di brusche cesure nel flusso narrativo, raggiunge il proprio vertice in Tuppino, che, peraltro, insieme con il racconto precedente, rappresenta l'unica deroga all'uso della prima persona. Si tratta della storia di un uomo particolarmente brutto e violento, soprattutto nei confronti della moglie Matalena, il quale non vuole che sua figlia Maria amoreggi con il giovane e bell'ufficiale Antuono. Assillato dal pensiero della «lussuria» della figlia, una sera s'apposta nella «cassa del cane» per sorprendere gli innamorati in giardino; sale su un albero per poter vedere meglio quanto avviene tra i due, ma in tal modo allarma il tenente, il quale spara e lo uccide.

L'Americano (il testo più ampio dell'intera opera) compone con accenti quasi romanzeschi le vicissitudini sentimentali del povero fornaio Auricchio, il quale ha una relazione con Amalasunta, moglie del suo padrone, ma fin da fanciullo è innamorato della irraggiungibile duchessina Leonora, la quale è stata promessa al cugino don Fabrizino. Davanti a lei sembra tacere del tutto l'esuberanza sessuale - da «animale montone con la faccia d'uomo» del giovane, che invece si sfoga con una prostituta molto avvenente. Quando quest'ultima inizia a dare scandalo nel paese di Ponte, Leonora lo prega di tornare da lei, ma Fabrizino lo aggredisce e, nella colluttazione che segue. rimane ucciso. Auricchio è quindi costretto a fuggire in America; in tal modo, entra in scena il mondo dell'emigrazione, con il suo linguaggio ibrido. A «Neviorco» il protagonista intraprende una brillante carriera di «ganghesterro» e si arricchisce; conosce la prostituta Niciuccia, della quale si innamora; ma allorché la donna resta incinta, l'abbandona e riparte, dopo trent'anni di assenza, per l'Italia. Alla Madonna di Pompei raccomanda l'anima di Niciuccia e si sente così rasserenato, una volta spiegate le proprie ragioni di «buon'uomo».

In L'Interregno la narrazione trae spunto dalla seconda guerra mondiale, con i bombardamenti, la distribuzione del pane, le timide sortite per cercare acqua e provviste. La guerra è vista appunto come un «interregno», un periodo di sospensione in cui fioriscono i commerci clandestini, tanto che il ritorno della pace è temuto perché rappresenta anche il ritorno «della legalità commerciale e delle tasse sui profitti di guerra». La vitalità del giovane protagonista, che a causa dei bombardamenti perde i genitori e la fidanzata, trova un corrispettivo nella compaesana Mariannina, prostituta a Salerno, contenta perché finalmente ha «le mani piene di dollari, cioccolata e sigarette».

In I capricci della febbre la scena si sposta in un ambiente borghese. Quando al figlio di Zarro viene diagnosticato il vaiolo, il padre tenta invano di ostacolarne in tutti i modi il ricovero in ospedale, che ritiene «l'ultimo gradino della miseria». Una volta uscito dalla protettiva casa paterna, il giovane va incontro a un'autentica iniziazione alla vita: in ospedale conosce le miserie dell'umanità e una sessualità bassa e sguaiata. La qualità più peculiare del racconto risiede nella violenta deformazione delle cose prodotta dalla febbre, che investe anche il linguaggio e produce una visionarietà grottesca. E' ancora l'ambiente borghese a fare da sfondo a Mazza e panelle, che altro non è se non il precetto educativo del padre del protagonista: «Mazza e panelle fanno i tigli belli; panelle senza mazza, figli pazzi!». Al centro della storia sta lo scontro continuo tra un padre violento e un figlio sfaccendato, che compie un itinerario di degradazione fino a un'esplosione di violenza contro il padre stesso. Infine sembra redimersi, ma troppo tardi perché ì genitori possano accorgersene e apprezzare il cambiamento.

Quella di Spaccanapoli è un'umanità violenta, nel contempo tragica e carnevalesca, mossa da passioni travolgenti e primitive, che risponde a un'etica dettata esclusivamente dalla fame e dai bisogni materiali. La straordinaria vitalità dei personaggi è compendiata nella frequente scelta di protagonisti giovani, alla prese con la propria disordinata educazione alle miserie della vita. L'attenzione del narratore si concentra soprattutto sui destini individuali - di qui la scelta prevalente del racconto in prima persona - e manca quasi del tutto dell'impegno sociale caratteristico della successiva raccolta Gesù, fate luce, la cui atmosfera sembra nondimeno anticipata in L'Interregno. Dal canto suo, la lingua tenta di riprodurre mimeticamente le movenze dei personaggi l'influsso esercitato dal dialetto, largamente utilizzato nei dialoghi, è percepibile non soltanto in relazione al lessico (le contaminazioni con l'italiano e l'inglese sono numerose), bensì anche nel ritmo della frase, assai vivace e mosso, che collabora a esiti di estrema espressività.

 

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