Scritto fra il maggio e il settembre del 1953 e lasciato incompiuto, fu
pubblicato postumo in un'edizione che comprende tredici lettere di Saba e una
nota di Sergio Miniassi, poi ripresa l'anno successivo.
Diviso in sei parti, cinque «episodi» con la breve «Quasi una conclusione» a
separare il «Quarto» dal «Quinto»>, Ernesto è il romanzo della vecchiaia e della
malattia di Saba e narra trasparente la proiezione autobiografica
dell'adolescente protagonista - le vicende dì una maturazione sessuale e umana.
Nella Trieste di fine Ottocento, Ernesto è un giovane tra i dodici e i
diciassette anni, unico figlio di una donna intristita che da tempo è stata
abbandonata dal marito. Pur essendo soprattutto amante del violino e delle
letture, oltre che candidamente anarchico nel comportamento, Ernesto è impiegato
nella ditta commerciale del signor Wilder, un ungherese collerico e a volte
ridicolo. Durante una pausa del lavoro, all'inizio del romanzo, Ernesto conosce
«l'uomo», un bracciante ventottenne con il quale intreccia, per impulsiva
curiosità e incertezza di desiderio, una relazione segreta. L'uomo, mai
altrimenti nominato, concepisce presto un vero e proprio amore per il ragazzo,
il quale invece ricambia con una tenerezza sempre più distratta, mista di
crescente distacco intellettuale e di turbamento. Ma il loro rapporto è anche
franco e ignaro delle differenze sociali, come quando, nel «Secondo episodio»,
in un dialetto triestino addolcito e agile. Ernesto racconta al compagno le
beffe da lui organizzate ai danni del signor Wilder. Tuttavia, la "vergognosa"
relazione, la figura materna, debolmente austera, e gli zii, che incutono
timore, stringono Ernesto in un cerchio da cui sente il bisogno di liberarsi.
L'episodio del barbiere Bernardo, che senza immaginarne le conseguenze emotive
rade la prima peluria al ragazzo, fa scattare l'impulso a una nuova maturazione:
ed Ernesto conoscerà anche la Tanda, una prostituta che lo accoglierà con
stupita benevolenza e lo inizierà all'amore eterosessuale.
Il «Quarto episodio» è il centro del libro: Ernesto scopre che il suo principale
ha assunto un nuovo praticante di contabilità, un ragazzo silenzioso e senile, e
medita allora di provocare il proprio licenziamento. Oltre all'orgoglio e
all'insofferenza, lo spinge la volontà di sottrarsi agli sguardi dell'uomo e ai
sensi di colpa che ne derivano. Scrive dunque al signor Wilder una lettera
impertinente e volutamente provocatoria, ottenendone la reazione immaginata.
Tornato a casa, comincia il doloroso confronto con la madre alla quale si
confida con inquiete reticenze; alle insistenze di lei, che pure riesce a farlo
riammettere al suo posto di lavoro, Ernesto è costretto a svelare l'autentica
regione della sua "fuga"; e la confessione, inaspettatamente, ottiene il
difficile perdono. Qui compare il breve inserto intitolato «Quasi una
conclusione», nel quale Saba attribuisce alla vecchiaia e alla stanchezza la
probabile impossibilità di continuare la narrazione. Segue tuttavia un «Quinto
episodio», che narra del concerto del violinista Ondricek durante il quale
l'appassionato Ernesto conoscerà Ilio, un ragazzo dalla cui bellezza rivarrà
soggiogato. Scivolando in questa nuova "deviazione", impostagli da un incontro
eccezionale, Ernesto riuscirà a ottenere la compagnia del ragazzo, al tempo
stesso sconvolto e consolato da un'affinità profonda.
Scritto durante l'ultima parentesi felice della sua vita, il romanzo ebbe per
Saba la funzione di una grande liberazione psicologica. L'istintività e il
candore mostrati dal protagonista costituiscono la modalità con cui l'autore,
ormai vecchio, assolve con vigile benevolenza le tendenze altrimenti
inconfessabili di tutta la sua vita, peraltro nascoste nella sua opera poetica e
nelle pieghe della sua personale, lunga nevrosi. Inserendo nel racconto commenti
e ammonizioni all'immaginario lettore, Saba svela la continuità fra le decisive
esperienze fisiche e sentimentali della propria adolescenza e i tanti enigmi
della sua arte maggiore.
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