Iniziato verso la fine del 1887, fu completato probabilmente alla fine dell'89.
Rifiutato dall'editore Treves, al quale era stato presentato con il titolo di Un
inetto, fu pubblicato dalla triestina Vram nel 1892, anche se sul frontespizio
compare la data fittizia 1893. Il manoscritto è andato disperso.
Nel romanzo, ambientato nella Trieste di fine Ottocento e ripartito in venti
capitoli, è narrata la storia di Alfonso Nitti, impiegato presso la Banca Maller
& C., che conduce una vita tediosa e austera, all'insegna della passività.
Alfonso proviene da un paese della provincia e si adatta con qualche difficoltà
alla vita cittadina, tanto più che il suo carattere debole e insicuro non gli
agevola né le relazioni sociali né, a maggior ragione, i rapporti con le donne.
Anche la sua passione per la letteratura risulta sterile: dà inizio a un
trattato di filosofia morale arrestandosi dopo poche pagine. Il compito cui
attende in ufficio è monotono e per nulla gratificante; una distrazione nella
compilazione di una lettera commerciale gli procura aspri rimproveri e
frustrazioni ulteriori. Tra gli impiegati regna la diffidenza reciproca e
ciascuno ricorre a ogni accortezza per limitare il carico di lavoro da svolgere
e per mettersi in luce agli occhi del capufficio. Al di sopra di vari personaggi
che popolano la banca (Cellani, Ballina, Sanneo, Miceni, White, caratterizzati e
resi a tutto tondo), aleggia la figura minacciosa di Maller quasi invisibile ma
temutissima.
Nitti sta a pensione presso i Lanucci, una famiglia modesta presso la quale
trascorre molte delle ore libere dal lavoro. Quando questi gli propongono di
dare lezioni di italiano alla figlia Lucia, con l'evidente scopo di suscitare il
suo interesse per lei, Alfonso accetta senza alcun entusiasmo e la stessa
ragazza si sottomette malvolentieri al desiderio dei genitori che non nascondono
il desiderio di trovare per lei un buon partito e farla sposare al più presto.
Lucia, non bella e piuttosto goffa nei modi, è intellettualmente limitata e
priva di interessi, per cui le lezioni cessano ben presto, con sollievo di
entrambi. Alfonso conosce Annetta, la figlia di Maller, una ragazza sicura di sé
e abituata a una vita agiata, che si compiace unicamente di vedersi attorniata
da molti ammiratori. Benché sia stato avvertito circa il suo carattere volubile
e la freddezza con cui è solita trattare i corteggiatori, Alfonso fa di tutto
per essere ammesso tra i frequentatori abituali di casa Maller e ottiene di
vedere tutte le sere la ragazza con il pretesto di scrivere insieme con lei un
romanzo. Gli incontri avvengono sempre alla presenza di Francesca, originaria
dello stesso paese di Alfonso: Annetta non ha alcun talento per la letteratura,
ma il giovane si assoggetta volentieri a questa finzione pur di starle vicino;
anzi troverà il modo di dichiararsi e, reso più audace dalla confidenza, nei
rari momenti in cui è solo con lei, si permette delle affettuosità alle quali la
ragazza non si sottrae, ma che accoglie con indifferenza, come un dovuto omaggio
alla sua bellezza.
Anche nell'innamoramento Alfonso si comporta in modo contraddittorio:
costantemente preda di dubbi e ripensamenti, è incapace di mantenere un
proponimento o di portare a esecuzione un progetto. Una sera, approfittando
dell'assenza di Francesca, si spinge oltre i soliti abbracci e baci e fa sua
Annetta. Ciò costituisce una svolta decisiva nel romanzo: da quel momento la
ragazza abbandona l'indifferenza ostentata fino ad allora e si mostra ad Alfonso
nelle vesti dell'innamorata, mentre lui comincia a farsi più freddo e
distaccato. Cosicché, quando Annetta lo prega di allontanarsi dalla città per
qualche giorno, per avere il tempo di avvertire suo padre e prepararlo all'idea
del loro matrimonio, Alfonso obbedisce. Francesca, che è stata l'amante di
Maller e spera di trarre vantaggi personali dall'unione di Annetta e Alfonso, lo
mette in guardia dal partire perché, così facendo, rischierebbe di perdere
l'amore della capricciosa ragazza. Invano: egli mantiene il suo proposito di
obbedire ad Annetta, non perché la ami ma perché vuole porre fine a quella
storia, rimettendo a lei l'iniziativa di lasciarlo. Chiede di assentarsi
dall'ufficio con il pretesto che sua madre è in gravissime condizioni; giunto a
casa, scopre che la donna è stata realmente in serio pericolo di vita.
Si apre così un'altra fase del romanzo, dedicata alla malattia della madre fino
alla sua morte, e segnata da un'ulteriore sconfitta per Alfonso, indotto a
vendere subito e a condizioni svantaggiose la casa paterna. Infine egli si
ammala e trascorre vari giorni in condizioni di semi-incoscienza. Rientrato in
città, si avvede con amarezza che nessuno ha sofferto per la sua assenza e gli
giunge notizia che Annetta si è fidanzata con il cugino, il brillante avvocato
Macario. In casa Lanucci, Lucia è incinta ma il fidanzato non ha mezzi per
affrontare il matrimonio e la abbandona. Impietosito, Alfonso si offre di pagare
la dote purché il fidanzato la sposi. Anche in ufficio la situazione volge al
peggio: sempre più osteggiato da Maller, viene retrocesso a un incarico di
second'ordine. Tenta invano di avere un chiarimento prima con lui e poi con
Annetta, ma viene invece sfidato a duello dal fratello di lei, un giovane fatuo
e arrogante. Constatato il totale fallimento della propria esistenza, Alfonso si
suicida, lasciando la signora Lanucci erede dei suoi beni.
Il romanzo mette in luce un mondo squallido, in cui i rapporti sono improntati a
ragioni di mera utilità e l'interesse economico è il solo motore delle relazioni
sociali. Il meccanismo si ripete anche nelle classi inferiori: la signora
Lanucci, per esempio, vuole un matrimonio conveniente per la figlia e la spinge
senza ritegno prima verso Alfonso, poi verso il fidanzato.
Alfonso - un personaggio che presenta diverse "coincidenze" con l'autore - è
incapace di inserirsi in un mondo così ferocemente dominato dall'utile: ha
ambizioni letterarie ed è un sognatore, perennemente scollato dalla società che
lo circonda. Intorno a sé nessuno sembra possa corrispondere ai suoi interessi,
e la fantasticheria è uno sbocco insufficiente alle sue frustrazioni.
Consapevole della propria inettitudine e costantemente impegnato
nell'autoanalisi, risulta privo di energie quando deve affrontare le situazioni
concrete della vita. Alfonso (come Emilio di Senilità e, in parte, come il
protagonista della Coscienza de Zeno) è condannato ad attraversare un'epoca
trionfante di apparenti progressi, restando prigioniero del disagio e del
fallimento, di quella malattia i cui sintomi sono «coazione a ripetere, pratiche
autopunitive, nevrosi di scacco, monologo ininterrotto, razionalizzazione
abusiva» (Gabriella Contini).
Dal romanzo è stato tratto un film trasmesso dalla Rai nel 1978, con la regia di
Heinrich Carle e Eberard Itzenplitz, nell'ambito dell'iniziativa Mezzo secolo da
Svevo, ciclo di film-inchiesta curato da Tullio Kezich e Claudio Magris, in
occasione del cinquantenario della morte di Svevo.
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