E uno dei giorni del solstizio destate. Partiamo dallEtruria e attraversiamo gli Appennini verso Nord.
Allaltezza di Bologna abbandoniamo lautostrada a quattro corsie per vagare nelle desertiche stradine della pianura padana, sotto un sole cocente e neanche un albero dove rifugiarci per pranzo .
Lasciamo la macchina risalendo lungo le sponde di un fiume unoasi davanti a noi?!? Degli alberi e delle capanne unallucinazione?
No, è vero! Siamo a Trigallia!!!!!
Alle porte del villaggio incontriamo un uomo con uno strano elmo che ci osserva amichevolmente e ci indica la strada, così eccoci in mezzo a giovani uomini dalle bionde chiome selvagge che portano curiosi ornamenti e bizzarri vestiti. Molti indossano gonnellini a quadri, altri pantaloni legati alla vita e alle caviglie, a strisce verticali (vedi Obelix), quasi tutti hanno tatuaggi o parti del corpo dipinte; giovani fanciulle sono adornate da coroncine di fiori Ci sentiamo un po disorientate, ma non siamo le uniche persone per così dire "normali"; probabilmente in questo giorno del solstizio è capitato a molti di oltrepassare la soglia del Sid (il Paradiso celtico) .!
Il villaggio è formato da poche capanne di paglia con scudi colorati appoggiati alle pareti, da recinti per il bestiame (due vacche, un cinghiale, cavalli) e da una torretta davvistamento.
Subito allesterno del villaggio cè uno spazio recintato dove alcuni giovani si esercitano nel combattimento e poco distante si sono accampati i romani con le loro insegne.
In una radura in mezzo agli alberi un gruppo di giovani danzano.
Vicino scopriamo la Locanda dei Senoni dalla quale vengono sfornati piatti tipici e birra a volontà. Proseguiamo allinterno del mercatino dove si possono acquistare gioielli, abiti, armi, pietre magiche, erbe e tante altre cose. In mezzo a tutto ciò sorge un palco. Ci sediamo lì davanti e riflettiamo mentre ancora cerchiamo di capire, inizia una discussione sulla presenza del popolo celtico in Italia. A parlarci di questo è un ragazzo vestito come noi, rappresentante della Terra Taurina, unassociazione culturale di Torino, che tenta di dimostrare la forte influenza che i Celti hanno lasciato nella nostra cultura, nelle nostre usanze e nella lingua, di come i romani, "i portatori di civiltà", "i vincitori", abbiano cercato di cancellarla e di come però essa sia rimasta radicata nella nostra vita quotidiana.
Più tardi nello stesso palco sale un gruppo di giovanissimi musicisti delle Asturie (Spagna). Non è possibile resistere . Ci togliamo le scarpe e iniziamo a ballare nellerba un giovane passando di lì si rivolge a noi dicendo "O mie muse ispiratrici " e ci offre dellidromele in un linguaggio per noi poco comprensibile (tasta, tasta...). Che gente cordiale!!!!!
Aspettando la sera ci riposiamo allombra di un albero, ma veniamo svegliate dal trambusto della folla che accorre verso il villaggio; corriamo anche noi giusto in tempo per vedere dei romani che scappano con le donne dei Celti in spalla. Arrivano di corsa i giovani guerrieri celtici. Si fermano un attimo al centro della piazza; decidono sul da farsi e le donne rimaste gli offrono dei fiori come simboli di protezione. Poi tutti al recinto dei combattimenti
Qui i rappresentanti dei romani parlano con quelli dei Celti. Inizialmente i Celti non sono daccordo fra di loro ma poi riescono comunque a cacciare i romani e a riprendere le loro donne.
Così si conclude per noi la giornata nel villaggio di Trigallia che ci ha permesso di conoscere una verità che non è scritta nei libri di storia ovvero che i Celti non erano barbari incivili, al contrario: la loro cultura aveva aspetti molto raffinati, erano molto abili nelle arti della guerra ma non usavano le loro capacità per sottomettere gli altri popoli...
...Poi, in maniera improvvisa così
comè tutta la storia che non si riesce a
dominare arrivò il giorno in cui i
Celti scomparvero o cambiarono nome
o continuarono ad esserci, inconsapevoli
di esserlo...o forse paradosso ai fini
della storia raccontata,
cominciarono a esserci veramente...
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